1047 1151 01492 LIBRARY
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Nea\^ton Hall,
Cambridge.
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^hlpSt^S
LIBRARY
JOHNS HOPKINS UNIVERSITY
PRESENTED BY
Lady Walston
MITTEILUNaEN DES KAISERLICH DEUTSCHEN
ARCHAEOLOGISCHEN INSTITUTS ROEMISCHE ABTEI I.ÜNG Band XXV.
BULLETTINO DELL' IMPERIALE
ISTITÜTO ARCHEOLOGICO GERMANICO SEZIONE ROMANA Vol.
XXV.
ROM
LOESCHER (W.
REGENBERG) 1910
&
G,
"PC
SDOS"
ZA (^
Gift ov
LaW
Wamton,
INHALT
M. Bang, Die Herkunft der roemischen Sklaven S. 223-251. J. B. Carter, Die Etrmker und die roemische Religion S. 74-88. A. Del Vita, Dove fu trovata la Chimera di Arezio S. 293-297. E. FoELZER, Eine bronzene Athenastatuette aus
Neumagen
S.
305-313.
Häuser, Der Sarg eines Maedchens^ Bemerkungen zum Sarkophage von Torre Nova S. 273-292 und S. 323. V. Macchioro, Per la cronologia dei Vasi Canosini S. 168-196. F.
A. Maiüri, Viscrizione del Tempio di « Aphaia » in Egina S. 197-205. B. NoGARA, Viaggio epigrafico del Settemhre- Ottohre 1910 per i lavori preparatorii del
rum B. Face,
S.
/
Corpus Inscriptionum Etrusca-
314-322. gioielli nel
nuovo Menandro
Pareti, Per la storia
S.
252-255.
topografia di Gela S. 1-26. E. Petersen, Septizonium (Taf. I) S. 56-73. G. E. Rizzo, // sarcofago di Torre Nova. Contributi alla storia dell'arte e della religione antica (Tav. II- VII) S. 89-167. L.
e la
G. E. Rizzo, Rilievo ellenistico di Genova (Taf. VIII) 298-304. G. RoDENWALDT, Mosaik im Wiener Hofmuseum S. 257-262. T. Sauciuc,
Neue Inschrift des Mithraskultes auf Andros
S.
263-
272. L. Savignoni,
Aphaia
S.
Nuove osservazioni sulV
iscrizione e
sul
206-222.
F. Stüdniczka, Zur Augustusstatue der Livia S. 27-55.
Sitzungen
S.
323.
Berichtigung S. 323. Register S. 324-329. Tafeln
S.
330.
tempio
dt
PER LA STORIA E LA TOPOGRAPIA
fondamentale per molte questioni topografiche siilcom'e noto, qiiel passo di il suo territorio, e,
II testo
l'antica
Gela ed
Diodoro
(^)
405
del
a.
C.
tentata
la
e
(^),
difesa
dei
pei' parte di Dionisio.
Tutta
di
serie
iina
bring (3) allo
Holm (%
ad
studiosi, al
Freeman
incominciare
(^),
al
Busolt
dallo
(«),
furono concordi, se non in altro, nel dedurne che nei tichi
di
in cui descrive l'assedio di quella cittä per parte
Imilcone nell'estate Geloi
GELA
DI
il
fiiime
f ),
tempi
an-
Gela sboccava nel niare non colla sola foce attuale
del Maroglio, raa anche con
Maroglio
Schu-
all'Orsi
e scorrendo per
im
la
altro ramo, al
pianura
che
nord
staccandosi di
dal
Terranova da
Diodoro, XIII, 108-111. Diodoro ne parla sotto l'arconte del 405/404, e da XIII, 108,4 risultache Tassedio incominciö neirEcatombeone, ossia circa il luglio o l'agosto. {')
O
Quanto airanno risulta chiaramente da tutto l'andamento della guerra che non puo trattarsi che del 405. L'Interpolatore di Senofonte, Elleniche, II, 3, 5, parla della cosa come avvenuta nello stesso tempo del fatti di Tessaglia, circa Feclisse del 3 settemhre 404. Egli erra evidentemente. Probabilmente dei fatti di Sicilia ch'egli ricorda in gruppo, solo gli ultimi sono dell estate 404: egli unisce insieme sotto la stessa data anche fatti precedenti. (^) Schubring, Historisch- geographische Studien über Altsicilien, u
Rhein. Mus.
»,
N.
F.,
28 (1873),
p.
82 sgg. 23; II, p. 220 e sgg. 402 sgg. III, p. 562 sgg. 1. Vedi anche Meltzer, Geich,
(*)
Holm, Storia della Sicilia,
I,
p. 278, n.
{^)
Freeman, History of Sicily,
I,
p.
Busolt, Gr. Gesch., P, p. 413, n. Karth., I, 274. («)
C) Orsi, Gela, di storia ant. »,
N.
« S.,
Mon.
XI
ant. »,
XVII, 1906,
(1907), p. 132.
;
c.
10. Cfr.
Giuliano,
«
d-
Riv.
2
L.
PARETI
Oriente ad occidente unitosi col torrente Cattano sboccava con esso
mare
in
ai piedi del
Ma
Monte Longo.
recentemente
Cultrera
il
(*)
convinse della tesi opposta e tentö di dimostrare che non vi sono motivi sufficienti per credere che il
ritornato sulla questione,
Gela
fiiime
si
tempi dell'assedio Cartaginese avesse un corso
ai
verso dairattuale; e qiiesta io credo sia la tesi giusta, pur
nendo utile riesaminare
la questione per assodar
rite-
fatti.
i
meglio
di-
Diodoro (XIII, 108, 2) narra adunque come linilcone dopo d'aver presa e distrutta Agrigento movesse sig ttjv twv rtXuiwv Xiogav stisXSmv dh ravrrjv 7iä(fav xal ttjv Ka^aQivaCav, nXfjQsg sTToirj(Ts
FsXav
To (TTQccTSVina Travroiag wcpsXsiag.
fiSTcc
JTOQsvOslg nagcc röv öiLicovvf^iov noiccjudv
auvta inl
S^ Tfj
noXsi
xars-
aTQaTOTiedevasv. In seguito, lasciando per ora gli altri elementi del racconto, narra (109, 4 sg.) l'attacco da parte di Dionisio ai Cartaginesi, e risulta chiaramente dal contesto ch'egli veniva dalla
parte d'oriente, e che passando a nord, a sud, e nel mezzo della cittä
il
suo esercito doveva scontrarsi
col
ad occi-
Cartaginese,
dente di Gela.
Fu per
due
che
parevan discordanti, di Diodoro, che lo Schubring (^) pensö che il fiume Gela presso di cui Imilcone aveva posto Taccampamento, non potesse identificarsi conciliare
col Maroglio, raa con
i
passi,
un altro ramo del fiume, ora non piü
esi-
stente che aiidava ad unirsi col Cattano. Corroboravano la sua tesi,
secondo
modo di Manna una
suo
il
donna della
spondere a quell'antico
vedere, due
depressione
fatti,
del
letto fluviale (^),
che cioe presso la terreno e
che
Ma-
corri-
potrebbe estremitä
sulla
nelVassedio di Gela (*) Cultrera, Intorno alV accampamento Cartaginese 405 a. C., e al corso del fiume omonimo, « Rendic. deU'Acc. dei Lincei ", XVII (1908), p. 257 sgg. Anche maggior precisione per de(«) Schubring, o. c, p. 82 e sgg. terminare il corso suppcsto del fiume Gela ha posto il Freeman, I, 402-407, del
—
cfr. III, il
p.
562. Quanto al tempio di Apollo sul moiite Longo, sostiene anche l'idea dello Schubring (p. 81). Si veda anche Cannarozi, Dissert.
Freemann
sulla situazione di Gela, Licata, 1871, p. 44 sg., per le discussioni contro la teoria del Cluverio che sosteneva essere accarapati Imilcone a ovest e Dionisio ad est di Terranova. Nella cartina n. 1 riproduco quella dello Schubring. (")
Si noti
che rOrsi,
ramento
col.
che verso ponente v'ä
un
rilievo
marginale
di
10
metri,
10, crede effetto di antichi rigurgiti, in seguito
ad uno sbar-
Vedi invece come spiega la questione della
depressione
artificiale.
CaRTA 0^
I
A PAG.
2.
5
3TS*
PER LA STORIA E LA TOPOGRAFIA
GELA
DI
8
Orientale del Monte Longo vi sono dei riideri, che corrisponderebbero per liii al tempio di Apollo Archageta, il quäle a sua volta si dovrebbe collegare con quel colosso di Apollo preso dal
Cartaginesi al principio dell'assedio (Diodoro, ibid., 108, 4). Ma come ben vide il Cultrera {^) tiitta questa costruzione e infondata. Essa infatti e posata
presupposti fallaci. In primo
che
oltre
luogo non
sii
prove
su
incerte,
e
punto probabile quel riteneva per certo ai tempi dello Schubring, che la cinta delle mura di Gela comprendesse tutta la collina di Terranova:
che
si
rOrsi
(*)
mura
di
ed
il
Cultrera
sostennero con buoni argoraenti che le
(^)
ad un dipresso corrispondere della cittä medievale. In secondo luogo quei ruderi
Gela dovevano
cinta
alla
del
Monte
ch'egli riteneva appartenenti al tempio di Apollo Archanon sono probabilmente che di una chiesa bizantina (*), e geta, a poi rigore, dal testo di Diodoro non risulta l'esistenza di un
Longo
tempio,
ma
unicamente
possibile che
il
di
un colosso
campo Cartaginese
Ciö posto e im-
di Apollo.
fosse a nord-ovest dell'ipotetico
ramo scomparso del fiume Gela, ad una distanza veramente surda dalla cittä cui
si
voleva dar l'assalto,
e
su
steso
as-
una
di
linea enorme.
Per il primo lo Holm (^) vide alcune difficoltä, derivanti anche da Diodoro (XIII, 110, 1) da cui risulta che i Cartaginesi il
Cultrera, p. 259.
Non
escluso inoltre, ove
h
un ramo
tere ch'essa provi Fesistenza di
si
voglia ad ogni
del Gela, che per
modo arametcol.
10,
sarebbe di origine antica, preistorica, che appunto in epoca storica non stesse piü, tranne forse nelle piene. Ma anche questo e insicuro.
esi-
Cj
0.
c, p. 257 sgg.
(^)
o.
c,
col.
l'Orsi,
11 seg.; 557.
259
e sgg. 11 Beloch, Bevölk., pp. 487 e 488 dando per p. Gela un'estensione di ha. 200, si attiene ancora ai conceiti dello Schubring e dello Holm. La cittä compresa nelle mura doveva esser minore della metä. Giä il Beloch stesso, « Arch. st. sicil. », XIV (1899), p. %Q (estr.), («J
0.
c,
la cittä di
ripetendo i calcoli sulla cartina dello Holm, aggiungeva: incertezza intorno al giro delle mura ». (*)
Orsi, 0. c, col.
(*)
Holm,
749 seg.; Cultrera,
St. della Sicilia,
I,
p.
«
Vi
^
perö molta
259.
278, n. 23;
II,
p.
222,
n.
1
e in
Bei-
trage zur Berichtigung der Karte Siciliens, p. 30. Si attiene invece allo Schubring il Meltzer, « N. Jahrb. », 1873, p. 283. Si veda anche Siefert, Gelon, Alt., 1867,4, p. 20.
Holm.
—
Nella cartina
n.
2,
riproduco la XII dello
L.
PARETZ
non eran lungi dal mare: xal yag ovo' (hxvQooiisvov rb fxsQog el^ov artav to naqoi rov alyiaXov Trjg dTqatoTtsSsCctg^ e perciö suppose che il campo cartaginese fosse piü a sud, in modo da aver il mare presse l'ala destra, sulle peiidici del Monte Longo. La tesi dello Holm era meno improbabile di quella dello Schubring, ve-
O'ONapoli • Ansi.Y.
Gart. 2 (da
Holm,
*S'^
nendo a diminuire l'estensione
J.
C.fcach,
Li*
p;
della Sicil, carta XII).
deH'accampamento ed
dolo un po' piü alla cittä assediata;
ma
si
avvicinan-
basava ancora sugli
stessi presupposti, specialmente su qiiello della cinta delle
mura
circondanti Fintera collina.
Per ultimo
Cultrera
il
sull'estensioDe delle
campamento
mura
(^),
rifacendosi
di Gela,
alla
nuova
cercö di dimostrare
opinione
che
l'ac-
cartaginese assalito da Imilcone era posto sulla parte
occidentale della collina di Terranova, nella localitä di Capo Soprano. Egli e confortato
C)
0.
c,
p.
262
e sgg.
nella sua
opinione
dai
seguenti
fatti:
PER LA STORIA K LA TOPOGRAFIA
GELA
DI
5
che cioe l'esercito di Dionisio diviso in tre schiere, miiove parallelamente al mare, e quindi in tal direzione doveva trovarsi l'esercito nemico,
mare
presso al
;
tanto piü per
fatto che delle tre
il
schiere g\i Italioti, che costeggiavano mare, giunsero pei primi a destinazione, e quindi la loro via doveva esser la piü corta per il
andare contro
il
nemico. Inoltre
troppo chiaro che se la regione
e
Oapo Soprano non era inclusa nelle mura, o Imilcone, o Dionisio dovevan pensare di occuparla, e poiche non la occupö certa-
di
mente quest'ultimo doveva giä averlo
fatto
duce cartaginese
il
:
e
la opinione del Cultrera e certo convalidata dal luogo in cui Diodoro (XIII, 110,4) dice: ol 6k FsXijioi, iisxqi tivoq ins^iovTsg sns-
ßorj^ovv xara ßqaxvv tonov Totg 'iTaXiiaTaig, evXaßov^evoi XmeTv TTjv twv rsix^ov (fvXaxrjv, da cui deriva che lo scontro fra gli Italioti ed
Cartaginesi avvenne presso le miira della cittä;
i
conferma
si
ha nel
nisio,
coUa tripartizione
i Cartaginesi s'intenderebbe tutto
dell'esercito giä
Quanto all'accampamento esser a Bittalemi, ad
non
che se
fatto
vicinissimi alla cittä non
di Dionisio
Oriente
ad
del Maroglio
stati
di
Dio-
di
secondo
(*).
im'altra
fossero
l'attacco
Oriente
doveva
e
il
Gela
(^).
Cultrera
In conclusione
il
Cultrera crede che nel racconto di Diodoro ei sia una lacima nell'esposizione degli avvenimenti, in questo
torio
modo: prima
Camarinese
si
e
che
si
debban
ricostruire
i
fatti
Cartaginesi che provenivano dal terrifermarono ad Oriente della cittä, e poi dini
nanzi all'avanzata di Dionisio
e dopo essersi assicurati della fapensarono ad occupare il Capo Sovrano. « Nella sia che fosse poco chiara la sua fönte narrazione di Diodoro e avesse generato nel suo concetto un po' di confusione, sia per
cilitä dell'impresa «
« « «
«
«
altra ragione
—
—
questo ulteriore spostamento delle truppe farebbe cenno e si parierebbe invece con anticipo di palizzate e di opere di trinceramento, che con magcartaginesi non
di
si
giore probabilitä debbono riferirsi al
campo primitivo
»
(p. 268).
C) Infatti egli avrebbe dovuto senza dubbio evitare in tal caso la suddivisione delFesercito in marcia, ch'era sempre pericolosa per la difficultä di ottenere l'isocronismo nelle azioni delle varie parti. (»)
nione.
Cultrera, p. 267.
Lo Schubring era
a ragione
Anche THolm
(II.
cartina XII) era di
incerto fra la contrada di Volada e
S.
quest'opi-
Lucia (che
il Cultrera, 267, n. 1, dice troppo distante) e la Piana del Signore, piü vicina a Bittalerai (dalla parte di nord-est) p. 84.
6
L.
PARETI
Ma
anche contro questa opinione del Cultrera credo vi siano ostacoli per alcuna parte, oltre quello ch'egli stesso nota nelle parole soyra esposte, relative alla costriizione delle trincee. Infatti 30 il campo dei Cartaginesi non restö per tutto il tempo dell'asil tiume, a nord-est della cittä, mal s'intende perche Dionisio siasi fermato col suo esercito per venti giorni, prima dell'attacco, ad Oriente del fiiime, senza porger subito aiuto alla cittä
sedio presso
assediata eäg
Dice infatti Diodoro (XIII, 109, 2 sg.):
(^).
rjyyKfs r^g
tav. 'ECtisvSs Tonov
n aq a
ä aXa ilov avtov
TToiovfisvog xaTcc y7]v afxa xal xajcc
^ocXarTav
*
ßhv yag
xoTg
äycavC^eadai si'a
il'iXoTg
fjycovi^STo xal Tr]v
7iQovofX€V€(T-^m, zoTg d' tmievtSi xal taig
ayoqcxQ hcipaiQsXa^ai tag xopu^oatvag roTg Idiag sTiixQaTsiag. 'EcpfjfjiSQag fi^v
ovdhv a^iov Xoyov
ngciTTovTsg.
Ed
schiere in cui divise l'esercito per
xal ToTg fxhv utofirjfiävovg, X.
TTCC^Sifx^ai
(Dionisio)
'cr]v
yccQ
Trjv ÖQfxrjv
...
ccXX' ix
xaTSdtQaTonsSsvcSs SiuCrtav ttjv (TTQaviav, {xyj
Ttolscog,
/w^ar ovx
vavalv sTTsigaTO vag
Raq^r^dovCoig
sx
Ttjg
ovv Sixodi diäzgißov
in
seguito,
parlando
delle
Tassalto
aggiunge (109, 5): l'dcaCi xovg ns^ovg TiaQijyysiXsv, Sia ßrjv ai rbv ttot a fibv xal to nsdiov xa^ m-
insiSav
trcTVsvfSi
T.
X.
Quindi e, che condivido col Beloch l'opinione che le cose vadano spiegate im po' diversamente. La soluzione di qiiesto pro-
blema
ci
deve esser suggerita dall'analogia coU'assedio
che pre-
cedentemente Imilcone aveva posto ad Agrigento. Secondo quello che risulta in modo abbastanza chiaro da Diodoro (XIII, 85. 87), i Cartaginesi avevan presa la cittä tra due accampamenti, uno posto ad Oriente e l'altro ad occidente della cittä stessa (^). Per Gela credo debba esser successa la stessa cosa, e mi pare che nel
racconto di Diodoro,
il
quäle al solito ha ben poco attentamente
trascritto sunteggiando dalla sua fönte, si conservino pur tuttavia
degli elementi tali da confermare la nostra tesi. Imilcone dopo d'aver scorrazzato, dice Diodoro, per il territorio di Gela e Cama-
(^)
La
ferraata di Dionisio prova
evidentemente che
subito
dall'altra
parte del fiume Gela v'era il nemico che ostacolava le mosse. Se cosi non fosse mal si intende anche come Dionisio non cercasse di dominare i Campi Geloi,
rendendo (")
difficile
Non
e
il
qui
vettova^liamento il
'assedio di Agrigento,
al
nemico.
caso di ferraarrai sulle questioni sollevate intorno al-
PER LA STORIA K LA TOPOGRAFIA liua,
andato verso Gela pose
siio
il
DI GEI
A
campo presso
7
omo-
fiume
il
nimo (108, 3), diinque probabilmente a nord-est della cittä. nella pianiira e viciuo al fiume, posizione necessaria per fornir d'acqiia Diodoro aggiunge ancora sii questo accampamento Orien(108, 5) ot S' ovv KaQxrjSovioi dsvSgoTofiovV'
l'esercito.
tale alcune notizie:
rsg
yuuoQav Täg>gov tt
T'r]v
71 ooasSb/ovTO
yceg
sqis ß dXovi
tov Jiovvcfiov
o
rjj
jusTce
7]^€iv
aTgatonsSsia* SvrduscDg
TioXXTig
ßnrj^i]aoiTa loi; xivdvvsvovaiv. Pol passa a parlare delle decisioni prese dai Geloi (108, 6-7) e qiiando torna ai Cartaginesi ci parla giä della parte delle mura, senza dubbio occidentali di Gela, ch'essi attaccano; si tratta di quella stessa localitä dove piü tardi
av7ieno la
battaglia(0*
Diodoro
e
passato
senza
accampamento, posto su Capo Soprano:
all'altro
accorgersene lior dh
(108,8)
ij noXti xal TOig ysvvcciwg rjfxvvovjo ;c. r. X. Anzi xQioTg xaraßaXXoi'Twv su quel che supponeramo per la ci conferma stesso qiiesto passo KaQXf]^ovi(ov ccTvb
jusQovg
TTQotTßaXXovTdov
tcc tsix^j
posizione deH'accampamento Orientale, un po' a nord-est della cittä,
perche cosi
si
spiega quell'
änb
fxägovg
poiche dallaccampamento Orientale
ciö
viva iuvece pel vettovagliamento e la
vedemmo
Ma
:
dice Diodoro stesso (108, 5). intanto sopraggiunse Dionisio coU'esercito
(109, 1-2), e da quel che giä
prima
rf] rroXei,
nqnaßaXXovToav
non poteva farsi esso serdifesa da Dionisio, come
notammo,
colle
e
si
vede
navi
che
si
accampö rragcc rrjv OdXattav (109, 3), e ad Oriente del fiume Gola (109, 5). In quella posizione adoprandosi dall'una parte colle navi, dall'altra coi cavalieri, si fermö per 20 giorni (109, 3-4), spiega benissimo perche oltre che dalle navi Cartaginesi e dciiraccampamento su Monte Soprano, era tenuto a bada dalil
che
si
l'accampamento Orientale, posto presso il fiume tovg ns^ovg dispose per l'attacco (109, 4 sg.) :
Xsv, sr fi^v Tccyfia 7ioir](jag
tmv
('*).
slg
Ma rgia
finalmente iLUQrj
Sist-
2ixsXi(0fu)v, oig 7iQo
dgi(TT€na trjv noXiv syovxag snl xbv ;faoaxa twv sraviiojv noQevtfTOai' xb 6' 6T€qov Tccyincc (Tvu/tax^v xavaaxrjaag sxäXevdsv
(^)
XrjdoyliDy (^)
4: aixbg (Dionisio) (f'e/wv rb r&v fJta9ocp6Q(t)v nöXeojg ägurjaev inl xbv x6nov, ol xä fitj/ay^fiaxa xßy Kag-
Cfr. XIII, 109,
a^yrccy/ua
ifiä rfjg rjv.
Vedi indietro.
8
L.
PARETI
(ßvy Ss^ia T7]v TToXiv ^xovcug STisiysa^cct, nccQ^ ambv tov myiaXov avTog 6' s^mv tb tSjv fHKfS^ocfoQcov (Svvxayfxa 6ia rfjg 716Xsoag MQiiirj(Tsv inl tov vicov f^v
xal ToTg [xir
.
tonov, ob %a iiri%avri\iaTU riov KaQ%rj6o' InnevCi naQTqyysiXsv^ ineiöäv iSfodl
Tovg 7i8^ovg mg ixi] ßävovg, dia ßf^v ai tov Ttotaiiov (^) xal tb neSiov xaOiTuia^sffOai, xccv f^uv ÖQ&ai rovg ISiovg ngoTSavv€nilaiißccvtax)ai T^g
Qovvtag,
d' SXaiTcofUbVovg^
ccv
liidxr^g, '
6 iv
'
daxsd^ai tovg ^Xißofierovg loTg ' nqbg Z'rjv tmv Itahcotwv s(fo6ov
ratg vaval TiagrjyyeiXe
naq€}.ißoXfj
rrj
twv
noXf-jUiMV
iniTikstxtai.
Ora im
e chiaro
che tanto
ufficio ausiliario che non
i
cavalieri,
quanto
le navi
riferisce piinto contro
si
compiono
l'accampa-
di Capo Soprano: come le navi devon difendere gli Itanon dai Cartaginesi del campo ovest, ma dalle navi, cosi gli tTTTTstg davon difendere i Sicelioti durante la loro marcia per la
mento
lioti
pianura a noid di Gela da qnalche ossia
dallaccampamento
vero, che gli inneTg
devon attender
la :
fiume.
il
Orientale, presse
daU'altra del fiume, e poi giiadarlo Sicelioti
distaccamento nemico,
altro
zuffa
e troppo
dei
E
ciö e tanto
pedoni
stando
chiaro quindi che
i
dovevan correr rischio di esser attaccati precisamente in
liiogo vicino al
dallaccampamento Orientale (^): Diodoro che cosi assume un signiHcato
fiume, e quindi
altrimenti questo passo di perspicuo ditficilmente si intenderebbe. E cosi per quel che segue. Diodoro (110, 1) continua: ivxaigoog 6' amStv [la fiotta di Dionisio] 7ioirj(TdvT(ov tb TiagayysX&e'v^ ol }ikv Kagxrj66vioi ngbg ixsTvo To nsgog nagsßorjOovv, ccrsigyovtsg tovg ex
ßaCvovtccg'
TO
ccTtav
Ora anche
t&v vs&v
octto-
xal ydg ov6' mxv go) ftiärov zb /Litgog tl^ov naga tbv alyiaXbv Tfjg C t gaton e d sCag. male
quest' ultimo particolare
si
accorderebbe con quel
(M Qui e chiaro che si parla del Maroglio attuale. Questa e un'altra prova che il fiurne Gela di Diodoro non e che l'attnale Maroglio, perchö infatti non s'intenderebbe come egli non faccia alcuna distinzione tra il fiume presso cui vien posto il campo cartaginese, e quello guadato dagli Innas di Dionisio:
egli
scrive
Sarebbe assurdo
in
modo che
infatti,
a Capo Soprano per attaccare
il
ove
i
si
nemico,
loro insieme. Essi potevano servire invece iisciti
dal
campo
vicino al fiume.
devon identificare senza dubbio.
Sicelioti avessero
che
i
assai
Orientale avessero attaccato
i
dovuto marciare fino
cavalieri
bene
Sicelioti
non marciassero
contro
i
durante
nemici, che la
marcia,
LA STORIA E LA TOPOGRAFIA DI GELA
PF.K
9
che diaDzi aveva detto deiraccampamento posto accanto al fiume, il
quäle parrebbe trincerato tutto intorno: (108, 5)
liovvteg tjjv
veva
xccipQov
x<ö(>av
...SsvSqoto-
argaTO-
tfj
spiega colla nostra tesi dei due accampaintende infatti come raccampamento Orientale, che doe la cosa
nsSeCa^ menti:
Tisqis ß aXovTO
si
difenderli
si
dalle
contemporaneamente
dall'attacco di Dionisio
(108, 5)
raccampamento occidentale posto
dei
iiscite
tutto
fosse
Geloi,
naturalmente
in luo;:o giä
e
mentre
trincerato;
forte,
e meno minacciato potesse esser indifeso dalla parte di mare, per cui era in comunicazione colla flotta.
Ed
altri
elementi probatori troviamo ancora,
esaminiamo
se
seguono suUe azioni dei dice che da parte loro non venne aiuto
nel racconto di Diodoro le notizie che Sicelioti.
Cosi prima ci
agli Italioti (110, 4):
xaOvaTs'povv Tu)v xaiQoJv,
Qsvoiisvoi,
dato che
si
6)
€x 6^
che
il
Ma
fiägovg ot
&aTbQov
ci
si
aXXovg
dentemente l'orientale]
*
ävetXoVj
vede da quanto precede che
si
Tovg [evi-
sn
rSiv 6h 'Ißrjgwv xal KaiiTiavSn',
si
(110,
rovg änavzrjdav-
Ct QaroTisd sCav avvsdCw^av
slg xr^v
KaQxr]6ovi(ov [i quali
benissimo, trovavan nel-
restan notizie piü diffuse
^ixsXiwtai nqbg
%ag Aißvag diayoaviüctfxsroi (fvxvovg fusv aviwv d'
tisSCov tto-
8'intende
trovassero alle prese coi nemici che
l'accampamento Orientale. :
tov
re yccg ^ixsXiwrai Siä
ol'
6h
trovavan
nell'accampamento occidentale], naQccßorjd^Tqaavxdav %6tg ACßvci [che dovevan quindi esser nel campo Orientale], tisqI s^axoaiovg ccTioßaXovTsg jiQÖg ttjv ttoXiv ä7t€%(i)Qr^Cav ot 6' InTisXg (ag si6ov xal avtol Tigög Tr^v ttoXiv oc7r7]XOov, sttirjirrjfjisvovg, .
tovg l6Covg
x€ifi6V(ov avioTg
t&v
TToXtfiiwv,
Ora tutto questo ipotesi.
Si
spiega
aiutare gli Italioti
non
si
come ;
spiega i
come
assai
Sicelioti essi si
bene,
non
credo,
giungano
colla in
nostra
tempo ad
trovino a lottare coi Libii, che
compaiono alle prese cogli Italioti e la flotta, e che quindi dovevan esser distaccati altrove da Monte Soprano; come i Carci
tagineöi dei
campo
occidentale, dopo d'aver superato gli Italioti,
ch'erano stati respinti nel
potessero accorrere in difesa dei Libi, loro
accampamento, che per la piauura
coi Sicelioti
;
come
nella cittä, insieme
al
nord di Gela
lottavan
infine questi Ultimi riparassero a mezzogiorno,
cogli InTtsTg
che
azione nell'assalto dei Capo Soprano.
anch'essi
non troviamo
in
10
PARKT
L.
I
Qiiindi e che io sono convinto che Imilcone pose due accamiino a nord-est e l'altro ad ovest di Gela, e che Diodoro,
pamenti
simteggiando dalla sua fönte, non intese che solo
Orientale presso
accampamento
natamente
fiiime
il
si
non
parlava
Gela(');
egli ci couservö nella sua descrizione,
ma
del
fortu-
avveder-
senza
sene, gli elementi che posson servire a corregeila ed a ricostruire
l'andamento dell'assedio: ricostruzione, credo, tanto piü probabile quanto abbiamo l'analogia del precedente assedio di Agrigento. « Monum. (Vedi la cartina n. 3, presa da qnella data dall'Orsi,
in
Line. », XVII, tav. III, colle aggiunte mie).
ant. d.
II.
Diodoro (XIII, 108, 4 Cartaginesi,
Gela,
e
dopo d'aver parlato dell'arnvo dei
sg.)
della costruzione
deiraccampamento presso
da queste altre notizie: sxövtmv di tSn' FsXdjwv
ci
7t6
Xecog 'AnoXlcorog ärSgiavTcc xaXxovv avkrjGavtsg aviov ccTtsCrsiXav dg rrjv Tvqov
Tf]g
acpoSgcc
jovtov
.
[iiirne
il
sxTog fibyar, ^itv
ot
Sh TvQioi xQr^afxov aisOrjxav, ot FsXdjiOi xaO- ov xaiQov vCrsqov vir ^AXs^avdqov nov Maxtdovog srroXiooxovvTO, xaOvßqi^ov wg dvvaymvi^oßsvov xoTg TioXs^ioig' 'AX^^avxavcc
lov tov
Bsov '
'
'
6qov d iXovTog YjpiSQctv
ttjv
xal trjv
nsql FsXav
noXiv wg Tipiaiog
vnb r&v
f]
xara
'^EXXrjrwi',
(hg
ahiov
trjv d/nunvinov
tov
KaoxrjSovioi
Ttjur^OTjvai ävaCaig
(Tvi'äßrj
savXrj(Sccv,
Tatg iisyiüTaig
sv
avtr^v wqccv
cprjai,
xctl
AnoXXcova nQo(s66oic
ysy€VTqf.isvov
irjg
aXwaeiag.
Ora sulla posizione di questo colosso d'Apollo, dopo quanto abbiam detto suUo svolgimento dell'assedio, par chiaro che si deve dedurre non solo ch'era
sxxog
noXbmz^
tfjg
ma
anclie
Oriente di essa, in posizione non lontana dal luogo in cui
taginesi avevau posto
(^)
Chi conosca
il
1'
accampamento
modo con
Orientale, del quäle
i
ad
Car-
appunto
cui Diodoro attingeva alle sue fonti, non tesi. E presupponibile che orinai piü
avrä difficoltä ad amraetter la nostra
nessuno possa sul serio credere aH'infallibilitä si tratti di
cose siciliane.
di
im
siraile
aiitore,
anche se
CaRTA
VII, tav. III]
III
A PAG. 10.
PER LA STORIA K LA TOPOGRAFIA
DI
GELA
11
Diodoro sta parlando (^). Ma non si pu6 specificar meglio dato suUa topogratia qiiel che sappiamo, per merito precipuo dell'Orsi su di alcune identificadi Gela? Qiii e forse il caso di feimarsi
ad
zioni proposte dei templi trovati
est di
Gela.
E
noto come sulla parte Orientale della collina di Terranova, sian trovati dei resti, purtroppo assai miseri ora, di im tempio
si
di Stile dorico (^).
Dalle colonne
esso ancor
di
in
erette
epoca
liume delle Colonne, ed e interessante veder
araba prese il nome il il cenno che ne fa a mezzo lonne « n
(^)
secolo tredicesimo
il
In hac igitur terra
tt
:
dudum
delle Co-
Guido
a barbaris exarata, et data
penitus in ruinam, adhuc supersunt quaedam columpne, quae vulgo columpne Herculis nuncupantur; et in ea quondam Fedefecit construi
n
ricus
«
diernum dicitur Terranova
II...
di
il
capitello, con
»
.
L'Orsi pote ricostruire ancora una di quattro blocchi
m. 7,75, forraata
intera colonna dorica, alta
ed
terram... (quae) usque ad ho-
quandam
una rastremazione
di
stucco bianco, e cosi pure una parte
Vs^ ^d origine ricoperta dei
Che
basanaento.
si
abbia da fare con un tempio e fuor di dubbio, ma di quäl divinitä esso fosse non risulta in modo alcuno per dati archeologici. L'Orsi fece prima l'ipotesi che si trattasse di un tempio di Demeter e e vero da Erodoto (VII, 153) che a Gela un doveva esistere culto per tali divinitä, il che par confermato da tipi di monete sul cui verso ricorre, insieme coUa scritta fEAÜIXlN
Cora
Ora risulta
(*).
una testa
lo
il
fronte
Erodoto
tempio di Gela
(^),
e
o
una
testa
di
Gera
senza dubbio anteriore
in questione;
e inoltre
(®),
ai
ma
tempi
come non
al cambiamento di posizione dei fiume Gela, poneva colosso d'ApolIo ad ovest di Terranova. Vedemmo indietro
Chi credeva
naturalmente
come
di
riferisce
si
in cui sorse
(*)
Demeter
di
l'epoca cui
il
Schubrino^, p. 81, lo ponesse a
Monte Longo. L'Orsi non
e esplicito
?ulla sua posizione: ora, coli. 10, ]9 e 749, accogliendo la tesi dello Schubring sul fiume Gela dovrebbe porre il colosso anch'egli ad ovest; altrove, col. 557, ritiene ch'egli sorgesse isolato,
dei
V
secolo, (*) (_^)
(*)
2, p.
H
ed in luogo piü lontano dei tempio
est di Terranova.
Vedi specialmente Orsi, « Mon. ant. », XVII, col. 547 sgg. Historia destructionis Trojae (ed. Gozza). Vedi Orsi, Gela,
(*)
UI,
dunque ad
Mon. ant. », XVII, C. B. M. Sicily, 74, u
col. n.
col. 548.
557.
77
flg.,
e 78
;
Holm, Storia della Sicilia,
113, n. 157. C. B.
M.
Sicily, 75, nn. 84, 85;
Holm,
ibid.,
p.
233,
n.
589.
12
PARETl
L.
vi sono ragioni intrinseche
fosse dedicato
il
supporre che
per
a
santuario trovato suUa collina
Demeter
Cora
e
Bittalemi
di
ad
(^), non vi sono neppiire per il tempio dorico, assai poco le figurine muliebri fittili col porce dicono ne perche cellino trovate nei dintorni (^). Ma recentemente l'Orsi stesso ha
est del fiiime
Gela
cambiato opinione sulla divioitä cui sarebbe stato dedicato il tempio. Egli infatti, com'e notissimo, trovö iiltimamente ad un centinaio di metri da qiiesto, alla
del
fine
V
altro tempio, che
pare
secolo av. Gr., e che abbia cessato
stando al materiale cipio del
im
traccie di
le
VII
secolo
trovatovi forse col av.
Cr.
(^).
Ora
risalga
di
essere,
del VI. o col prin-
finire
scoperta fortunata
la
di
im
pezzo di pithos colossale coUa scritta
AOANAIA ed inoltre di ima piccola testa elmata della
stessa Dea, lasciano
supporre in modo abbastanza verisimile che quel tempio arcaico fosse dedicato ad Athena. L'Orsi poi si e convinto che qiiesto
tempio fosse demolito dai Geloi
V
cipio del
stessi sul finire del VI, o sul prin-
qiiando costriissero
secolo,
1'
altro
tempio piü recente,
sia perche esso toglieva la visuale, sia per la
mancanza
di pietre;
tempio aicaico era dedicato ad Athena, anche il che recente lo sostitui doveva esser dedicato alla stessa divipiü nitä ("). Ora senza negare la possibilitä di queste cose, non ne se
il
adimque
scorgo bene la probabilitä. stati i Geloi a demolire il
Prima non vedo perche debbano tempio
arcaico
Qiiest'identificazione deH'Orsi e solo
(*)
per
possibile.
costruire
essere
Taltro
L'altra proposta da
un santuario del fiume Gela divinizzato, non h comprovata neppur da un frammentino, ma non e in opposizione con un frammento di .Timeo, come scrisse l'Orsi stesso (fr. 118): Top de rof> ^cdägidog xafiQoi' ol !4xQayavtLvo(, xaxenövtiaav, &g qirjai, Tlfxaiog. Töv yäg iv rfi nökei, deixviB' lui,
che
si tratti
di
dW
eixibv fievov fif] elvai tot) 4>akdQidog, xa^Aneg rj no}.kr] xaTs'xet dö^a, iati riXoavog [corr. TeXo] tot noxafxofi. KaxaaxevAaai de airöy (paai JIbqIkaof xal ngiöToy iv aiiz^ xaraxafjt^ai,. E troppo chiaro infatti che la cittä
in questione
p.
38
non
C)
Orsi,
«
(3)
Vedi
u
b Gela.
Mon. Mon.
Vedi invece
ant. »,
XVII,
ant. «,
XVII,
c. c.
sg. (*)
u
Not. Scavi
«,
1907, p. 40.
«
Mon.
ant. »,
557, n. 558, n.
1
XVII,
col.
728.
2. ;
«
Notizie degli seavi
^,
1907,
PEK
LA.
STORIA.
E LA TOPOGRAFIA
GELA
DI
13
tempio quando in mancanza d'ogni acceuno tradizionale sulla questione, possiamo pure supporre che il tempio sia andato distrutto in qualche occasione sia di rivolte interne, quali nou mancaron certo nel corso del
V
qualche guerra. Sarä stato ai (0? o durante la guerra
secolo, sia di
tempi della rivolta di Sabello a Cleandro
per noi oscura coi Cartaginesi che forse fu condotta da Ippocrate (^)? o nelle lotte coi Siracusani (^)? o in qualche altro fatto connesso coi tiranni? o infine nella lotta coi mercenari (^)? Noi
non ne sappiamo nuUa. Sarä stato distrutto tanti terremoti? da
un incendio
Certo
(^)?
il
e
tempio da uno dei che tutte queste
cose sono possibili e che vien quindi a perder assai di probabilitä la tesi, giä poco convincente
per scopi edilizi dai Geloi. tare sulla
di per se,
E
di
una demolizione voluta
quindi mi permetto anche di dubitempio del V secolo con un
nuova identificazione del
tempio di Athena, che si basa su quei presupposti, tanto piü ove badi che assai poco sappiamo di sicuro suU'epoca precisa in cui fu distrutto il tempio arcaico, e sorse il recente nulla prova che
si
:
le
due cose siano contemporanee
Ed
(^).
ora soffermiamoci su di un
prima corae
fra
i
altro
tanti meriti dell'Orsi,
Notammo
punto.
relativi
a Gela,
anche quello d'averci dato un concetto piü esatto di avesse prima sulla estensione delle
mura di Gela; e mura antiche con
giä
ci
sia
quel che
si
la tesi della
corrispondenza ad un dipresso delle quelle della cittä medie7ale, sostenuta dall'Orsi, e risostenuta dal Cultrera, e senza dubbio molto probabile. Se non che l'Orsi inclina a credere
{')
Erodoto, VII, 153 sgg.; Polieno, V,
(^)
Cfr.
ant. »,
Freeman, llistory of Sicily,
II,
6.
105; Giuliano,
«
Eiv.
di st.
1907, p. 255.
(«)
Vedi esposti
i
fatti,
e
notate le fonti, in Holm, St. della Sicilia,
I,
385, e n.
C) Oocyrh. Pap., IV, 665; De Sanctis, « Riv. Filol. », Pais, « Rend. Lincei », 1908, 329 sgg. (*j
Che avvenissero terremoti
1905,
66 ggg.;
in Sicilia anche in quei tempi,
non puö non si
esser che molto probabile. Dai miseri resti del tempio trovati, credo
possa neppur escludere la possibilitä di un incendio. (^) Si osservi ancora che manca, credo, ogni analogia, che avv.alori la ipotesi deirOrsi. Sarebbe una cosa inaudita che i Greci distruggessero i loro templi per rifabbricarli altrove.
14
L.
che
tempio del
il
V
secolo fosse dentro
osservi che quella localitä era e
PARETZ la
cittä (^).
Se perö
si
della cinta medievale, che non
fiiori
punto necessario che tutti i templi fossero entro le mura (d'algi veda l'analogia del santuario di Bittalemi), tanto piü
tronde
che la cinta di Gela piü che cinta della cittä intera doveva esser dell'Acropoli (^), non si tarderä a convincersi che i templi del pendio Orientale della coUina di Gela potevano benissimo esser
mura.
fuori delle
Ed
allora tolta la difficoltä delle identificazioni, e quella del
posizione relativamente alle mura, puö senza dubbio acquistare maggior carattere di verisimiglianza l'opinione, non nuova per altro (^), che il tempio del V secolo fosse dedicato contrasto per la
Per5
(')
come
(c.
557), concede: « II tempio attuale se non era dentro la cittä, pochissimi passi dalle mura». Vedi anche col. 542 in
io credo, era a
princ. a proposito della torre sud-est, che
come
parte
anche secondo
l'Orsi
doveva far
della cinta medievale, cosi pure della classica.
che abbiamo C*) Non e qui il luogo di fermarsi a lungo sulle notizie SU Lindioi. Noto solo come da Tucidide, VI, 4, 3; Erodoto, VII, 156, e Stef.
nome era considerato come nome di localitä. nome primo dato dai Greci alla colonia, e pol sopraffatto
Biz. {Alvdog), risulti che quel
Se poi
si
tratti del
dal nome locale di Gela puö esser dubbio; ma pare piü probabile che Lindioi fosse l'acropoli di Gela, la parte entro le mura. Per la parte fuori le mura vedi Orsi, Gela, col. 12. Lo Schubring, p. 93, credette che Lindioi fosse a
sua
Capo Soprano, ma la cosa cade naturalniente ove non si condivida la mura di Gela. L'Orsi, Gela, col. 14, dice che Rodii e Cretesi fon-
tesi sulle
darono la cittä nel luogo di Terranova « imponendole il nome di Lindioi, " forse dal quartiere dei Rodii soverchianti, nome che ben presto scomparve, «
assumendo
la cittä unitä, oltreche politica, topografica
propendo a credere che Lindioi fosse Tacropoli contenuta nelle mura. C*)
L'Orsi,
doveva essere
c.
ed onomastica
». Io
di Gela, vale a dire la parte
557, ne accenna per combatterla: secondo lui il colosso piü lontano. Vedi invece il Cultrera, p. 259, Non
in sito
credo sia obbiezione sufBciente quella dell'Orsi, c. 557: « ...se i Cartaginesi « avessero raggiunta, e comodamente occupata la posizione del Molino a « Vento, avendovi tutto l'agio di togliervi, indisturbati, il colosso di bronzo sarebbero stati anche padroni della cittä ». Essi infatti non lo furono neppure subito quando ebbero occupato il Capo Soprano, ch'era posizione l^en piü importante railitarmente. D'altronde la parte della coUina ad est « essi
me fuori delle mura era troppo piccola per prestarsi a porvi un accampamento da parte di Imilcone, e non della cinta medievale oltre ad esser secondo
dominava
la cittä
come Capo Soprano.
L'Orsi,
ibid.,
combatte l'opinione,
PER LA STORIA E
ad Apollo,
e
LA.
TOPOGRAFIA
come
lina di Gela,
GELA
15
Dio, che
qiicl colosso del
che con esso fosse collegato
vedemmo doveva appunto
DI
trovarsi sulla parte Orientale della col-
dice Diodoro sxtbg rrjg noXfoig.
III.
Diodoro, com'e noto, parla a diie riprese in modo discordante della distruzione di Gela come opera o del tiranno di Agrigento
Finzia (xtiCsi d^ (PuTiag ttoXiv, ovopiccaag ccvtrjv (Pivriada, Fe€(TtI cF^ avrr] iragaXajovg ävaffTavovg bvTceg olxi(Tag sv avTfj .
O^aXacaiog. xa^aiQwv ta Tsixr] xai rag olxCag, tovg Xaovg Ttjg Ftlag sk trjv (Pivtidda ^srrjvsyxs, xiCactg rti^og xal ctyoQav a^ioXoyov xai vaovg Bs&v (XXII, 4)) (^), o dei Mamertini (o db ^Is'qmv ansxQivccTO dioti Mcc^sqtTvoi Kafiagivav xai Fe'Xav ava(TtaTovg nsnoirjxoTsg^ MeatfrjvriV 6^ ädsßadiaTa xaT€iXrjg)6rrjg, dixaiiog
TvohoQxovvxai, ^PwaaToi sorta, fis'vrjv
282
(*)
se,
come
i'(Tfi€v
ovT€
viiole
x. t. X. (XXIII, 2)). Se Gela sia poi riStrabone (VI, p. 272: ov sto awoixov-
FäXav
x.
t.
non sia piü stata abitata,
bene che
e
essendo
c'intratteniamo,
depo la
essa
X.),
distruzione
sulla quäle recentemente sostemita
qiiestione
stata
del
credo
cosi l'una che l'altra opinione.
senza dubbio indimostrata, degli eruditi locali che nel tempio dorico videro un tempio di Zeus Atabirios. Vedi anche « Notizie Scavi », 1907, p. 40. Quanto all'ubbiezione che Diodoro parla
solo di
un colosso
e
non del tempio,
evi-
dentemente ha poco valore come tutti gli argomenti ea: silentio. D'altronde e difficile imraaginnre che quel colosso non fosse connesso con un xifxevog, data la povertä di analogie: ed allora tanto vale pensare al nostro tempio. Anche le dimensioni del tempio quali possiamo credere fossero, e le dimensioni dei colosso, SU cui poco specifica Diodoro, non sono in contrasto. di due tradizioni diverse: una (') Si tratta evidentemente giusta, l'altra lalsa. Si tratta
rOrsi, col. 21,
il
accordi presi fra
di
scegliere,
quäle crede che la distruzione sia i
Mamertini
e
Finzia».
E
Lo Schubring pone
di Finziade nel 281
o 280.
dev'esser
combinare, come fa avvenuta « forse per
di
delle due tradizioni devesi senza
dubbio seguire la seconda: Schubring, o. c, 515; Beloch, Gr. Gesch., III, I, 559-560. (^)
non
e
la distruzione di
p.
69 sgg.
:
Holm,
Gela nel 282,
la
St.
Sic,
II,
fondazione
16
PARETI
L.
Furono
trovate
1685, 1778
a Licata
rispettivamente
negli
1811 quattro iscrizioni, che senza tengono ad una stessa classe, ed in diie di esse ricorre la fräse: o Sa^ioc tcöv Fsld^otv,
che
si
anni 1680,
dubbio
e
P
(la
si
appar-
e
la 3^)
debbon consi-
derar corae decreti di quel dcifiog. (Furon quelle stesse iscrizioni, che tempo addietro diedero tanta materia agli scrittori di cose Gelesi, per la posizione geografica di Gela antica, giacche parvero
per un certo tempo prova sicura che quella cittä doveva sorgere dove ora e Licata) (^). Ora di queste quattro iscrizioni secondo lo
Schubring
due prime spetterebbero ad epoca posteriore alla
le
struzione di Gela, le due ultime a tempi precedenti.
una prima base per chi
occiipö della questione.
si
rifacendosi a Strabone, che
dopo
la distruzione,
struzione
— come
si
sostenne che
come
e logico e
si
i
vecchio
il
FsXiimi^ si che s'intende e di
FsXd^oDv,
indurrebbe anche dalla terza iscrizione
nome come
la
si
;
vissero a Finziade,
sede,
Geloi e
di
—
dissero ot sv Oivriadi
prima iscrizione trovata a Licata,
epoca senza dubbio posteriore alla distruzione di Gela abbia
(*)
p. 9;
della di-
della fräse o Safxog
quando condotti da Finzia nella nuova non lasciaron
esistita
sia
come prima t&v
Geloi,
di-
questa fu
Lo Schubring
vedemmo nega che Gela
valevan nei decreti
E
M.
Quella trovata nel 1660 fu pubblicata dal Maffei, Ant. Gall. Sgl, V., p. 239, e dal Pizzolanti, Delle memorie istoriche delVantica
cittä di Gela, Palermo, p. 230,
il
quäle la descrisse, e ne diede una copia La ritroviamo in C.I. Gr.,
in incisione, assai notevole: poi via via fu riprodotta.
5475; in Cannarozi, Dissert., Diäl. Inschr., III,
in
gitore, cod. Pan. 99,
XIV, 257
= Dial
1,
5,
D. 203
p.
4250.
131; in I.Gr.,Xiy, 256 in Michel n. 552 e La seconda, del 1685, ö nelle schede Mon-
= Dorville,
Jnschr., III,
1, 5,
Sic, 11,587
4251.
La
=
CL
Gr.,
5476
=
/.
Gr„
terza trovata nel 1778 (V.: Can-
narozi, p. 128) fu pubblicata dallo Schubring, p. 75. Cfr. Cannarozi p. 128 259. L'ultima trovata nel 1811, fu anch'essa pubblicata dallo /. Gr., XIV,
Schubring, ibid.; Cannarozi,
p.
129;
/.
Gr.,
;
XIV. 258.
[Ringrazio pubblicamente degli aiuti che mi porsero cortesemente, colrinforniarmi sullo stato presente delle cose il sindaco di Licata avv. Gigante prof. Luigi Vitali, studioso di cose licatesi, ed il sig. Giovanni BarCannarozzi, nipote deU'autore della dissert. citata. Ad essi devo la notizia che attualmente a Licata non restano che due delle quatiro iscrizioni
Ke,
il
rile
di cui rai fornirono calchi e fotografie S.
Angelo
pale
(/. Gr.,
:
quella giä incastrata nella chiesa di
XIV, 256) ed ora murata nel salone
del palazzo munici-
— e quella trovata nel 1778, attualmente ancora presso gli
eredi Trigona].
PER L\ STORIA E LA TOPOGRAFIA anch'essa la fräse ö
däiioz twv rsXcnwv
GELA
DI
17
Qiianto alle
(').
diie
iil-
che sarebbero d'epoca anteriore, lo Schubring proche i Geloi le abbiano portate con se venendo a credere a pende e risosteniita tesi dello Schubring fu seguita La Fiuziade (^).
time
iscrizioni
Holm f ),
dallo
Mommsen
dal
dal Beloch
(^),
e
(^),
recentemente
dairOrsi (^), ma a due riprese f ), tornato suirargomento tentö di dimostrare che la teoria dello Schubring era insosteniPais
il
Credo utile tornare sulla questione. tutto vediamo i dati monuraentali.
bile.
Anch'io
Innanzi
opportuno
riferire le
parole
«saurienti scavi di Gela (^): «
e
mesi nelle due
chi
fece
e
Camarina)
credo
fortunati ed
i
lo ho passato », egli scrive,
«
(= Gela
cittä
di
testuali
«
mesi
percorrendone
:
il
ia ogni senso, esaminandane ogni recesso, studiando tutte le raccolte di materiali da esse provenienti. Ne mai mi e acca-
* suolo «
M «
duto di trovare sepolcri romani o di tarda etä greca, mai frammenti epigrafici, mai lucerne o tegole bollate all'infuon di tre
«
miseri frammenti di boUo a Bitalemi;
«
romana ne a Camarina, ne a Gela,
le
mai
Analogie non mancano. Vedi Schubring, Messana spesso son detti Mamertini:
(*)
una
abitanti di
o.
moneta
sola
trovansi invece
quali
c
76 sg.
p.
,
ad
cfr.
es.
Cosi
a
gli
Strabone, VI,
p. 268: xakoVat de MafxsQiivovg f^äXXov änayreg ^ Msaarjvlovg. (Jos! pure si ßa come spesso gli abitanti di Thermae, prendano il norne originario di Imeresi: Thermae stessa e detta Imera da Zonara (VIII, 14, p. 3'^3), ed '^1^8-
n6hv da Plutarco {Pomp.
qaioiv «
Hermes
«, 18,
fondendo
p.
157
=
/.
Gr.,
10,
Eimer a cum
al solito da:
5).
(•)
0. c, p. 76.
(•)
Holm, Storia della Sicilia,
(*)
Mommsen, Beloch,
(*)
^ Arch.
estr.
st.
L„
Bevölk.,
Sicil. »,
XIV
Monum.
X,
p,
p.
Pais, Osservaz. sulla storia
Testr.;
e
Per
I,
La
326;
(')
Arch.
ant. »,
stör, sicil. »,
XVII, N.
la storia di Gela, in
Gela,
«
Kaibel,
Plinio,
con-
Naupatto,
che
nelle
iscrizioni
Syll.^, 31).
278.
popolazione
antica
della
Sicilia,
col. 21.
e
S.,
«
sulVamministrazione
Mon.
ant. »,
della Sicilia,
XIII, 1888, p. 128^€ sgg. p. 136 delStudi storici per Tantichitä classica »,
I, 1908, p. 577 e sgg. (») Orsi,
iscrizioni:
X, 7345.
(1889), p. 75 deU'estr.
Orsi, «
«
L.,
737.
(«)
dair
di
Meaaaviot (Dittenb.,
C. I.
le
pure
L
Poraponio Mela, II, 118. Cosi nomi di Megaresi ed Iblei. Fuori della
troviamo usati contemporaneamente i il caso dei Messen! detti ancora
C.
fluvio, cfr.
Sicilia si cfr. ad es.
vengono
Cosi
XIV, 315;
XVII,
col. 21.
18 K
«
L.
PARETI
centinaia nelle cittä sopravvissiite nei tempi romani. Per me la come unitä politica cessa completamente col 280,
vita di Gela,
ne mai piü risorse essendo solo rimaste di essa le ruine ed il nome della contrada (« Campi Geloi », Virg., En., III, 701) ». Poi v'e la qiiestione delle epigrafi trovate a Licata. Due di esse (^) « «
dicemmo fiuono di Gela, e
dallo Schiibring credute posteriori alla distruzione
due anteriori:
queste ultime, secondo
come arguisce
Pais
il
«
(^):
dei titoli, in cui
liii,
sarebbero
andando a Finziade. Ed ecco invece
State portate dai Geloi stessi
...dacche e necessario riconoscere che
fa
menzione del da^oq twv FfXcimv, non vedo che cosa
«
iino
«
e
*
ci
«
dei Gelani, bensi, piü tardi (^); e che cosa ci vieti credere che,
«
allo stesso
«
dell'etä
n
rsX(j)(ov ».
si
stato trasportato da Terranova a Licata, io
trattenga dal pensare che ciö sia avvenuto, non giä per opera
Ma
modo
romana secondo
sia stata trasportata, piü tardi, l'altra iscrizione
cui
in
me
e
parimente
nominato
il
Safiog
twv
tanto la tesi dello Schubring
quanto quella un presupposto indimostrato, ossia che trovate a Licata, e pubblicate dallo Schu-
del Pais sono basate su di le
due ultime
iscrizioni
bring siano state incise in epoca anteriore alla distruzione di Gela. Vediamo infatti quel che si potrebbe dedurre anche dalle copie pubblicate.
La
terza nella copia dello Schubring, e cosi: Kaibel 259 ?
EniTlMoD.T.»n-
OAAMoCTONrEAOloNLa aspetto
ancora
quarta,
secondo
lo
Schubring,
ha
il
seguente
:
Kaibel 258
EnilEPAnOAOYTEAlNE..O.Ar....
(»)
riori nn. («)
anteriori al
256
280 sarebbero
/.
Gr..
XIV, nn. 258
e
259
;
le poste-
e 257.
Pais, « Arch.
st.
sicil. «,
XIII, p. 130 estr,
Pais, infatti nelle pagine precedenti si k fermato a dimostrare spesse volte le epigraü cambino luogo perche prese come zavorra nei
{^)
come
Le
II
bastimenti. Giä zione C.
I.
il
Franz, C.
Or„ 5476 (==
7.
I.
Gr., III, p.
Gr.,
XIV, 257).
592 Taveva sospettato per
l'iscri-
PER LA STORIA E LA TOPOGRAFIA
La prima
cosa da
notaie
e
che
in
DI
GELA
19
qiiest'ultima
epigrafe,
nel]o stato attiiale e arbitrario sostenere esistesse la fräse ö Safiog
T&v Fslü^mv
ÜQ
(^).
secondo punto
che
e
nulla
deriva
natural-
mente per la cronologia di essa epigrafe dal fatto che di un Teline di Gela parla Erodoto (*), perche non v'e la minima possibilitä per mettere le due cose in relazione. Chi poi osservi senza preconcetti le due iscrizioni vedrä che non vi e alcun elemento valido per sostenerle anteriori al 280 c. Cr. Per noi quella che piü importa e la peniiltima. Giä il Kaibel sostenne ch'essa era non solo anteriore al 280, ma posteriore alle altre che pure sono del I secolo av. Cr. indubbiamente.
av.
Ed
e chiaro
che nell'epigrafe abbiamo elementi tali che
obbli-
ci
scender parecchio per la cronologia. Mentre nella prima gano iscrizione (/. G., XIV, 256) troviamo il Z nel prescritto ed il c a
decreto, qui troviamo
nel
il
solo c,
e
poi
e
noto come
forma della lettera in Sicilia sia molto tarda.
questa
Inoltre v'e
il
fl
con le due aste uguali (^) l'o minore delle altre lettere, la mancanza del magistrato religiöse che nelle altre epigrafi compare civile. Di fronte a tutto questo non sta che il fatta che sarebbe davvero assai strano deiro per w nelle parole tov ysXoiov (gen. plur.). Ma qui e troppo chiaro che non dovrebbe trat-
prima del
tarsi
che di dimenticanza del lapidario, o almeno e che s'avrebbe da fare con o
denza della pietra,
(*)
Qunökov
Pais,
1.
c, p. 128.
TBXLV^..r'^o[ji']
(^).
poca
evi-
ün
utile
Kaibel
II ,
i4[_
di
(n. 258) Integra ad esempio: 'EttI lexaxeviavaiov xoV ^alva x. x. A.]. Inoltre non
h sicara la lettura dei resti in fine della prima, linea. II Cannarozi, Dissert., p.
e
principio
della
seconda
129 legge:
EnirEPAnOAOlOEAlNE-.O.A.r (•)
VII, 153.
(^)
SuUe monete
dlClHOAlC
genda II, p.
Gela del periodo a quel che pare 430-360 coUa legancora il p. Vedi Holm, Storia della Sicilia, III,
113, nn. 154 e 155. n.
588
233,
II
Kaibel, n. 258, da:
(*)
Lo
stesso in
monete posteriori
Si badi che anche di questa epigrafe
Cannarozi
EfllTlM
al 241.
Holm,
ibid.,
retro.
p.
il
di v'ä
nella
non abbiamo nna copia
sicura.
EniTiMOA.r//n oaamoctonteaoion Dissert., p. 128, legge: OAAMoCTONTEAoIoN
OE..n.
|
A.d
un errore deirincisione o
;
della copia pensa eviden-
20
PA RET I
L.
potrebbe slabilire con monete che sembrano indubbia-
confronto
si
mente
epoca romana, ossia posteriori al 241 av. Cr., in cui
di
legge la scritta
Ora
TEA^Ion
si
(0-
che se nessuna delle quattro iscrizioni risale ad HD periodo anteriore al 280, vengono di molto spostati i presupposti e chiaro
della questione
temente
il
TeX[(h'\i[(o]v
{^).
Kaibel quando
utile
coraparisce nella prima linea, G.
(>)
B.M.
L'Hill, Goins
«
ma
elemento lo
ö
Holm,
of ancient Sicily, 1903, themselves Geloans,
^Rfxog
r[ö)]v
potrebbe ricavare dairxi che
si
Schubring dubita della
Sicily, 75, nn. 81-85;
« Phintias still called «
per la seconda linea:
interpreta
un
Si badi che
.
p. 219, scrive:
and
time
in
lettura.
233, nn. 588-589.
III, II, p.
«
The people
some of them
of re-
turned to their old home in the Roman period both eitles existed. Presumably the late coins reading fEAXlIllN ,
is that of a youth about to sacrifice a ram (compare fig. 51, p. 167), belong to Gela and not to Phintias ». Per quali ragioni, egli iion dice, ma la cosa mi par sommamente improbabile. Quanto a questo o frainleso accemiando alle monete in si badi che il Cannarozi, p. 91, e creduto o e cosi pure a proposito che la dice hanno questione leggenda TEACloN
«type
«
,
5
maggior iscrizione (/. Gr., XIV, 256) egli la riporta ad epoca anteriore a Simonide (!), perche in essa mancano i segni (o, t], ^{sic) e \p, mentre Tiscrizione stessa ha molti esempi di (che ancora il Canna(p.
135
e sgg.)
della
^
rozi crede siano degli
molti di
e
»y,
non uno solo di
C.
E
sperabile infatti che dopo questo, nessuno vorrä risostenere che tutte, furono portate a Licata da Terranova. II fatto si e che lutte
(^)
una,
furono
Non
o),
—
si
dicono
—
trovate
a
Licata,
nessuna simile
a
Terranova.
quel che il Linares, Gela in Licata, Palermo, 1845, p. 58, dice del marmo su cui e incisa l'iscrizione maggiore (/. Gr., XIV, 256): «E la pietra durissima, di colore bianco (ed anco del «
privo
di
Interesse
h
ricordare
turchino se ne osserva nella montagna di Licata) e dai Licatesi appellasi non si vede alcun vestigio nelle cam-
«
pietra di ciäcinu, della di cui natura
«
pagne
di
Terranova».
Un
altro utile
cavare da due iscrizioncelle su materia p.
elemento per la questione fittile
si
deve
pubblicate dal Cannarozi,
o,
ri-
c,
109, n. 60:
AAMoZ rEAoloN.. e p. 110, n. 62:
OAAMO Senza tema
di errare si
genuine. Anche qui
ma
nessuno
si
si
E
TEAoloN.
puö riconoscere che esse sono malintese se sono creduto che o od .^ corrispondessero ad
sarä
O
,
nasconderä la stranezza delle formole e della loro presenza in
PER
I.A
STORIA E LA TOPOGRAFIA DI GELA
Tiitto qiiesto si piiö dediirre
finora piibblicate. far
molte
altre
Ma
21
anche dalle copie deU'iscrizione
chi ne osservi la copia che riproduco. dovrä
constatazioni.
o6.AM<'tT O
N
In
realtä
Tiscrizione
ha
tre
o
22
E quanto
/.
1779
I
alla seconda parte e interessante notare
ma
1778
l'iscrizione si dice trovata nel
nel
PAKET
L.
come mentre
non fu edita che nel 1871,
rinvenne a Licata un manico d'anfora {C. Gr., XIV, 2393, n. 481 c. con la scritta: si
Gr.
I.
5488
=
EniTIMOAO KOY ArPIANIOY Si tratta l'anfora e
un magistrato
di
Rodia
Ma
(*).
per Geloa come tutte
come neir
iscrizione
le
Rodi, e non di Gela, perche
di
gli scrittori locali ritennero
altre
ricorra
Ora
simili.
nome
stesso
lo
stesso errore dell'o nella sillaba
i
per
cJo,
iscrizione
1'
strano notare
assai
e
magistrato, collo il vuoto
di
[T«/toJ(t)xot;]
;
una lacuna nella nostra
della seconda linea, corrisponde ad
zione: evidentemente chi la compose
che
credette
iscri-
vuoto della
il
2^ linea sull'anfora fosse una lacuna, ch'egli riprodusse, riempiendola con segni di lottere. L'unica differenza sta nel xm per xov,
ma
Fn
non
il corrispondente del segno s o usava per T ov. Ciö posto senza troppa tema di errare si puö concludere che non solo 1' iscrizione in esame non e anteriore del 280 av. Gr., ma che probabilmente
probabilmente
simili che nei
XVIII,
e del
e che
tempi andati
XIX
o
si
secolo dell'era nostra.
Quanto alle monete dianzi accennai a tipi che si ritengono romana colla leggenda rEAolgN- Ora monete appunto
di epoca
simili devono essere quelle che, trovate a Licata, contribuirono a far sostenere nei
tempi andati, che
vine di Gela
Ne
romana siano
d' epoca
che
e
Quindi
non
(^).
d'altra parte
fu abitata
o
il
280,
(^).
monumentale risulterebbe che Gela e
che
la
di Finziade,
popolazione
almeno una, sicuramente genuina
delle quattro
iscrizioni di Licata, tutte posteriori aila distrnzione di Gela, e
confermano
le
le ro-
che simili monete
risulta
state trovate a Terranova
dall' esame
dopo
come vogliono due
doveano ricercare
lä si
mi
monete, conservarono
il
nome
vecchio
come
di Geloi.
Ma
resta l'esame delle fonti letterarie, a cui passiamo senz'altro. 0) Cfr.
ad
es.
:
7.
Vedi
(^)
ö^r.,XIV, 2393, nn. 481-483;
gli scritti
Cannarozi,
(®)
supporre
Le 11
p.
97
/.
Gr., XII, 1, n. il
;
1193 (Rodi)
Cluverio.
suirargomento, precedenti Linares, p. 22 e specialmeiite 55-56.
relazioni dell'Orsi, che
contrario. Vedi anche
il
non ne
fa alcnn
brano della
col.
cenno mi
E
etc.
poi ancora
pare lascino 21 sopra riferito.
PER LA STORIA K LA TOPOGRAFIA
23
GELA
DI
Vedemmo come
Diodoro (XXII, 2, 2) parlando dei fatti di Gela Finzia dica per xavaiQojv ra tsi'x^ xal tag olxi'ag; e come Strabone (VI, p. 272) dica esplicitamente ov... sti awoixovjutvrjv ovT€ räXav
Xa^sv
x.
Priraa
X.
%.
luogo di Strabone che cni
di
coi neide
considerar
cosi
bene
sufficienti.
Diodoro
(XXII,
2,
Finzia diee a proposito della nuova patria
nohv
xTtt«* ^^ (PiVTiag
admetiantur vel Phintiam
maxume
inter se
summi
ancor
ün
passo di suona cosi:
192)
iuris
di
Geloi:
ai
frumentum
est,
Catinam, ioca
vel
die quo iusseris,
deportabunt ». riferiscono alla cittä di Finziade, dandole
Ma
Cicerone stesso (ibid., 103) dice: « Audietis Agriquaerimonias, cognoscetis Entellinorum... dolorem
gentinorum...
Heracliensum, Gelensium, Soluntinorum incommoda Ma qui si parla non piü della cittä, ma della
et iniurias,
proferentur
si
libro III,
Halaesam
(^) vel
eodem
diversa,
questi due passi
quel nome.
parlando che diede
2)
dvo/xa(Tag avtrjv <^ivTiccSa.
Cicerone [In C. Verrem, Actio II, « Coge, ut ad aquam tibi, id quod
etc. »
.
che
popolazione, e troviamo quel
nome
questo
conclusioni
pur deve venire dall'esame monumentale, vediamo se ve ne siaa
si
delle prove
E
errato
colle
dovevamo
dei Geloi per gli abitanti di Finziade.
ossia
attenderci,
come troviamo
il
nella
iscrizioue greca di quella cittä in epoca allincirca identica.
In Cicerone quindi non v'e punto la prova che Gela e Finziade esistettero contemporaneamente
(^), egli,
unicamente, da uomo
ben informato sulle cose siciliane sapeva che la cittä si chiamava Finziade, ma gli abitanti conservavano il nome primo di Geloi. Ma quel che sapeva Cicerone non seppero altri: chi sapeva che in Sicilia v'era una cittä di nome Finziade poteva indurre, come fecero i moderni, che la sua popolazione fosse unicamente detta dei Fiuziensi; chi sapeva che una popolazione in Sicilia aveva
sapeva di un'antica cittä
di Geloi. e d'altra parte
veva indurre ch'erano
(') I
(^)
codici
Finziade che li
cittadini di questa^ cittä
i
«
Arch.
st.
suoi abitanti
nome do-
Erano indu-
p.
I,
581.
XIII, p. 130 (estr.) deduce dal nome di chiamavau Finziensi, e non Gelani. E Finn. 2 dei Pseudo Falaride. Soltanto io ne de-
sicil », si
dice an che la lettera
doco collo Schabring,
76, che
i
Geloi, abitanti a Finziade potevan indif-
fercntemente esser delti Finziensi o Geloi. tro).
(^).
il
Gela,
danno Plutiam.
Pais, « Studi storici »,
(3) II Pais,
ziensi
i
di
Peru tutto porta a credere che
ufficialmente fosse generalmente
il
il
(Vedi
le
analogie
nome che davano
secondo.
a
addotte indie-
sc stessi
almeno
24
PA RET!
L.
ziooi cosi facili che le rifecero
che avesseio
niilla
i
ma
moderni,
fondamento di
iin
ciö
non prova per
veritä.
Cosi forse si spiega come Plinio {?i. h., III, 91) nomini gli uni e gli altri, nel suo catalogo alfabetico, i Gelani ed i Phtinthienses
(^)
;
come Tolemeo
cosi pure
FsXa
tia come
(III, 4,
7) ricordi cosi (Ptr-
(^).
Quanto a Plinio, fii giä da tempo notato (^) come ci dia im numero maggiore di cittä stipendiarie di qiiel che dovesse: una senza dabbio il duplicato ch'egli da dei dei Phtinthienses, (ove con qiiesto nome abbia voliito parlare degli abitanti di Finziade), mentre i Gelani erano appimto di quelle aggiunte e
Gelani
e
i cittadini di Finziade. Quanto a Tolemeo basti notare com'egli poteva dar benissimo la posizioiie anche di una cittä di ciii a tempo suo non esistevano che i ruderi: in parte la cosa poteva dipendere dalle sue fonti antiche. II Pais scrisse e vero che « la
« K «
piü superficiale lettura deH'opera di Tolomeo convince chiunqiie che questo scrittore nomina soltanto le cittä esistenti al suo tempo e che la sua geografia non ha punto un carattere ar-
» sta il fatto perö che Tolemeo non una volta ('*), cheologico soltanto nota nella sua opera delle cittä non esistenti come tali «
ai suoi
Che d'altronde
tempi
(^).
(*)
N.
III, 91.
(2)
Tolemeo anzi da
//.,
I codici
la fönte di
danno Phüinenses
Tolemeo
non
fosse
o Phtinthienses,
4) HiPila sul mare, e poi ^Lvii« e TsXcc
(III, cap.
neH'mterno. Dalla posizione che da per Tlivila verremmo a 10 iniglia ad est di forse non erra il Müller (ed. di Tolemeo, Didot, I, p. 395) avviSelinunte cinando il passo dell'Itiner., p. 91: ^ aquae Segestane sive Pintianao », donde
—
si
deriverebbe che la cittä era altrove da quel
Finzia
Gela
i
codici danno 4>tvfHa,
C*)
Beloch, il
nome
4>d^iy&la
(cfr.
che
—
Per
Phtinthienses);
yar
dice
Plinio:
Tolemeo
FeXka.
TeXcc, riXcci,
dandoci
o
«
Arch.
st.
XIV,
sie. »,
74.
Cosi
erra senza
dei Naxi, degli Zanclei, e parlandoci di
dubbio Plinio
Mile.
Da
togliere
dalla lista di Plinio sono anche probabilmente i Selinnnzi. Per Camarina, tutto porta a credere che anch'essa non esistesse dopo il 258, benche Plinio si parla di un prosseno parli. Se non che in Dialekt- Inschr.^ II, 2519, Camarinese a Delfi kell'anno delParconte Damosthene. Se si ammettesse che
ne
quest'ultimo fosse
in
carica
nel
182/81,
dovremmo, specialmente nel ]»rimo
ma
caso,
o
nel
232/31 come fu sostenuto, sia ancor
ammettere che Camarina
la dimostrazione dei Beloch, Griech. Gesch., III, 2, p. 329 che I)amosthene si deve porre negli anni 270-263. Ed allora non v'e prova che Camarina esistesse dopo il 258. « Arch. st. sicil. », XIII, p. 131 delPestratto. (*) esistita,
si
veda
sgg., e p. 350,
(*)
Cosi per la Sicilia oltre
il
nostro caso di Gela che Tolemeo nomina,
l'KR LA
STOKIA E LA TOPOGRAFIA DI GELA
molto precisa intorno a Gela, basti a provarlo
il
meditenanee {^saoyeioi) ammettendo che Tolemeo fosse
cittä vien posta tra le
Ma
anclie
denverebbe altro se
iion
che Gela ai
25
fatto
che quella
(').
iiel
vero,
non ne
era
siioi
tempi popolata, magari da poche deciüe di persone, e non se ne potrebbe pimto concludere che Gela foäse distretto amministrativo, come non de-
MvXai
riva per
che Tolemeo nomina (e che Plinio, ripetendo
enoie che per Gela enumera nel siio catalogo). Comunquo sia questi due passi di Plinio e di
lo
stesso
l'uno di
iiu
luogo in
ciii
di iin autore che si
di quel
che dovesse;
nome
della posizione delle localitä,
e
Tolemeo,
autore che commise molte gravi inesattezze, ed in un licorrono iudubbiamente un maggioi* niimero di cittä l'altro
raente da fonti del cui questi due passi, io
valore
che
e
acconteuta del
dipende
indubbia-
difficilmente
possiamo giudicare: credo, non souo punto tali da infirmare tutto
quelle che provano le altre fonti. E quindi in conclusione io credo che una delle epigrafi trovate
a Gela sono
di Gela,
rMioi.
A
tanti
dice
c^li
modo dimostrare
alcun
cittadini
li
stesso
indubbiamento posteriori
(tutte
in
al
282, e che non
importate),
continuarono
condotti a Finziade,
si
pos-
sta a provaro che
i
a chiamarsi
porta Cicerone che parlando degli abi(jelenses, parlando della cittä la dice Phiatia. Allo
questo stesso
ancora
ci
ci
portano le monete
(^).
da anche Camarina che, come dicemmo
e
molto dubbio
se
esistesse ai
A
Ceo dice esistente come cittä KoQrjaaög, meiitre si vcda Slrabone, X, 5, 6, p. 436; Plinio, A^ II., 4, 62. E cosi per 'EUxi] data da Tolemeo si veda Paiisania. VII, 24. Tolemeo da üucße Micene, e dei codici suoi tem}ii.
aggiun^^ono accMiito a Turi, Sibari. Notevole e pure che ricorda Pagase di fianco a Demotrihde: cfr. Strabone, IX, 436. E cosi via. D'altronde si potrebbe fare una lunga serie d'errori di Tolemeo derivanti Ündiscutibilmente dalle fonti di cui si valeva. Per errori e contraddizioni in Tolemeo derivanti dall'uso di varie fonti, combinate insieme si veda ad es,
Geograph]/ of Asia Minor, London, 1890, notano anche errori anacronistici in Tolemeo.
Ilistorical
(*)
W. M. Ramsay,
p.
Si e voluto spiegar la cosa coUMpotesi che egli si servisse di puo anche trattarsi di una fönte letteraria. Comunque
carta errata.
Ma
I'he
68 e sgg., dove
si
una sia
prova che non bisogna basarsi eccessivamente sulla autoritä di Tolemeo. Lo stesso errorc T(»lemeo ripete anche ])er Finziade, per Megara e Camarina: anche Plinio parla dei Gelani e dei Finziensi come cittadini dell'in-
ciö
come tali dice i Cetarini, i Drepanitani, i Galacteni, gli Haiesini, gli Herbulenses, i Naxi, i Seünunzi e gli Zanclei. Chi volesse potrebbe anche pensare ad una funte comuiie, cosa non iraprobabile, ove si osservi che dei codici di Tokinen danno 4>Siv^la, c dei codici di Plinio Phtinfhienses.
terno,
(«)
Vedi
iiidictro.
26
PARETI, PER LA STORIA K LA TOPOGRAFIA DI GELA
L.
che
Invece per Gela noi abbiamo un passo esplicito di Strabone dice ch'essa non fii riabitata, e ci manca ogni resto monu-
ci
mentale che provi il contrario. Tutte le epigrafi, le monete dei Geloi posteriori al 280 non furono trovate a Terranova ma a Licata; vedemmo come TOrsi, che pur ha girato in ogni senso Terranova non sia riuscito a trovare
minimo cenno che provi
il
ch'essa fosse abitata in quei tempi.
Quindi io non tardo ad affermare che non solo Gela, dopo il 282 non risorse piü come grande cittä, ma neppure probabilmente come villaggio (^). Che la contra da sia restata del tutto deserta sarebbe falso sostenere
(^)
ma
certo
e
che
la
collina di Gela.
per quanto sappiamo restö deserta lino al XII secolo. Non credo perciö sia da ammettersi col Pais, che Gela in epoca romana, come piccolo villaggio abbia pur continuato ad essere dütrelto
amministratiüo
distretto amministrativo
il
(^):
cui abitanti furono Geloi villaggio,
Finziade
non visse
se intorno a
:
di vita
autonoma,
fu
a
Terranova
LTtiner. Anton
mpm X
Plintis
,
p.
95-96
(Parthe}^
107 cercö dimostrare che
estremilä occidentale 587, n.
« ossia «
1,
dice:
«
della
p.
qualche di
dipendenza
44), nella
mpm mpm
Ghalis Calvisianis
(refugium)
Cinque codici danno Ghalis, uno Ghalas,
p
i
(*).
Agrigento a Siracusa nota: Daedalio mpm XVIII
p.
fu
vi
ma come
Pareti.
LrjiGi
(')
Finziade,
il
collina
Gela.
di
XVIII
Lo
II
(plagia) etc. o. c.
Schiibring,
deH'Itinerario Pais,
« St.
da
costiera
VIII (plagia)
gli altri Galis.
'refugium Ghalae'
via
cade
storici ",
Se in codesto Ghalae debba vedersi im avanzo
alla
1908,
di
j^A«t
oppure una defurmazione di Pefugium Gelae non oso rime pare che questa seconda opinioiie sia poco sostenibile
di porto,
solvere ».
A
linguislicamente. Essa fu sostenuta dal Cluverio per primo. 11 Cannarozi poi (p. 67 e sgg.) crede che si Iratti di un tempio (refugium) del Dio Calaj, figlio di Borea e di Orizia (!). Per parte mia credo che una cosa sia sicura, la fönte citata non parli punto di refugium. Ghalae: il termine unito col precedente Plintis. Di Ghalis si dice solo: plagia. va refugium {^) Vedi Orsi. Gela, col. 22. oss^ia
che
(3)
Pais, « Arch.
st.
sicil. »^
XIII,
p.
131;
«
Studi storici
»,
I,
p.
512
e
sgg.
«
giusta Topinione dello Schubring che i Geloi anche nella nuova sede continuassero a dirsi, ufScialmente almeno, coirantico nome. Gio non toglie,
(*)
« «
«
Beloch, «Arch. stör
sicil.»,
XIV,
p.
175
dell'eslr.
che l'antica Gela, nel corso del tempo, si sia ripopolata continuato ad esisterc come borgata di Finzia ».
di
:
« ...mi
sembra
nuovo, ed abbia
ZQR AÜGÜSTÜSSTATÜE DER
LIVIA.
Ein Meisterwerk und ein Eckstein der Kunstgeschichte wie die Auffustusstatue von Prima Porta muss immer wieder auf alle
Probleme hin neu geprüft werden, auch nachdem und ge-
seine
rade nachdem
Hauptbuch wie Amelungs Vatikankatalog
ein
die
bisherigen Arbeit in wohlüberlegter Darlegung Ergebnisse zusammenzufassen versucht hat. Mir ergab wiederholte Nachprüfung für mehr als einen Punkt abweichende Urteile. Diese öffentder
begründen wird nicht überflüssig sein, obgleich sich einige beim Nachsehen der älteren Litteratur (') bereits ausgesprochen oder angedeutet fanden. « Denn, was gestern und ehegestern ge-
lich zu
sproclien (')
— wer
hört's? ».
Hier die häufiger, nur mit dem Verfassernamen, angeführten Schriften Amelung, Die Skulpturen des vatikanischen Mu-
in alphabetischer Folge:
II S. 741 f. Babel on, Monnaies de la republique romaine. Römische Ikonographie. C a v e d o n La statua di Augnsto... illustrata colle medaglie, im Bullettino 1863 S. 174 ff. Cohen, Mddailles imperiales. Courbaud, Le bas-relief romain (ßibliotheque des dcoles fran9aises d'Athönes et de Rome LXXXI) S. 63 ff. Von Domaszewski, Der Panzer
seums
I S.
Bern
u
schmuck
19
1 1 i
u.
fi",
i
,
s. f.
in Strona
Helbigiana
S.
51
ff.
,
(neu gedruckt in des Verfassers
Abhandlungen zur römischen Religion S. 53 ff }. Garruc ci, Dissertazioni archeologiche I S. 1 ff. Grifi, La. statua di Augusto etc., in Dissertaz. della l.ontif. accad. Rom. di archeol. XXV, 1864, S. 419 ff. Heibig, Führer durch
Sammlungen kl. Altert, in Rom. 2. Aufl. I Nr. 5 S. 4 ff. Henzen, Scavi Prima Porta, im Bullettino 1863 S. 78 ff. G.F.Hill, Historical Roman coin«, London 1909. 0. Jahn, Aus der Altertumswissenschaft, S. 285 ff. W. K 1 e i n Geschichte der griechischen Kunst III S. 360 ff. ü. K o e h 1 e r Statua di Cesare Augusto, in den Annali XXXV, 1863 S. 432 ff. G. Loeschcke, Zur Augustusstatue von Prima Porta, in den Bonner Jahrbüchern 114/115, 1906, S. 470 ff. Michon, Motif central des reliefs de la statue etc., im Bulletin de die di
,
,
la soc. nat. des antiquaires de
Zeitg.
XXVII, 1869,
sculpture.
Nr. 1640.
S.
118
ff
France, 1900 S. 214 ff. Schlie. in der Arch. 1870, S 34 ff Mrs. A. Strong, Roman
XXVIII
Gipsabgüsse antiker Bildwerke habe ich den Directionen der Cabinette in
(Friederichsund) Wolters,
—
Für
Münzabgüsse
28
F.
Das
stolze
Marmorbild
STUDNICZKA.
war
für
einen
stolzen
Platz
ge-
dem
Tiber und der Hauptstadt zugekehrten Vorbau an der Hauptfa9ade der Villa ad gallinas, die sich Livia schaffen
(^):
für einen
Folge des bekannten Auguriums anscheinend bald nach ihrer zweiten Vermählung (38 v. Chr.) gründete, zugleich mit dem Lorbeerhain, dem die ersten Kaiser ihre Triumphalkränze entnahmen (^). in
Neuerdings freilich hat Löschcke sogar diesem bedeutenden Werke den Charakter einer Originalarbeit abgesprochen. Den Anstoss, es für eine Copie nach Bronze zu erklären, bot ihm eine auch anders wohlverständliche und wirklich verstandene Tatsache (^).
zwar die Rückseite der Statue, die ja in einer einer Nische verankert war, nur angelegt, Wand, vielleicht etwa wie Praxiteles die des Hermes. Aber sofern sie dem weit zur
Der Künstler
liat
in
Seite tretenden Beschauer sichtbar wurde,
namentlich unter
dem
Arme, musste er sie vollkommen ausführen, soweit also auch auf der Rückenschale des Harnischs die Forterhobenen
rechten
setzung des Reliefschmucks andeuten. Dass diese nicht mit einer ganzen Figur, sondern mit einem Teil, der Spitze eines Flügels, abbricht, entspricht nur der Sachlage. Für echt marmorgemässe
Conception des Werkes spricht es erst recht, dass auch der Panzerzierrat die volle Poljchromie erhielt, der in der wirklichen
Waffenschmiedekunst schwerlich ebenso bunte Emaillearbeit entsprochen hat (^). Vollends ohne Grund sclieint mir die dem rechten Bein anhaftende Stütze als Copistenzutat verdächtigt worden zu sein.
Ist sie doch,
ganz anders
als die
meisten
Baumstämme
bei
London, Paris und Wien verbindlichsten Dank zu sagen. Unsere Abbildungen von Münzabgüssen sind, nach photographischen Aufnahmen des Conservators Hackebeil in Leipzig, um die Hälfte des Durchmessers vergröszert.
Berlin,
— Die Detailanfnahmen von der Augustusstatue hat,
mit gefälliger Erlaubniss
des Herrn Directors Galli, Cesare Faraglia ausgeführt. C) Henzen, S. 73. Die Bedeutung des Fundortes betont auch Courbaud S.
66
gegen
f.
(»)
Sueton, Galba 1; Plinius, n. h. 15, 136.
{^)
Vgl.
Amelung
(*)
Wie
sie
s.
I S. 24 und II S. 741 gegen Loeschcke. noch Amelung H S. 741 (zu I S. 20) zu belegen sucht. DaLoeschcke S. 472 und Klein S. 362. Der von ihm vermisste Ver-
in ihren Farben herzustellen, liegt vor bei Fenger, Dorische Polychromie Taf. 8; wiederholt in Seemann's Kunsthist, Bilderbogen.
such, die Statue
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
Nachbildungen Yon Erzstatuen, hinter
Parergon
plastisches
und, soweit sichtbar, als sinnvolles dessen
gestaltet,
Doch hierauf
herabgesetzt wird.
ihrem formlosen Teil sorgfältig
in
dem Standbein verborgen
29
ist
am
Ausführung mit Unrecht Schlüsse zurückzukommen.
Also gilt nach wie vor das Urteil: « hier fragt sich's nicht mehr, ob Original oder Copie » (^); diese schönste und reichste
von allen
erhaltenen Statuen
des Augustus
wirklich für die
ist
glänzende Villa seiner Frau aus erster Hand geschaffen. Wann dies geschah, darüber ist zunächst der Bildniskopf zu naher Kiinstcha-
befragen (*), dessen der Wirklichkeit ziemlich rakter jetzt besonders durch den Vergleich mit
dem
weit stärker
Boston hervorgehoben wird (^). Der Statuenauf die meisten Gelehrten, die sich hiefrüher machte nun kopf rüber bestimmt geäussert haben, den Eindruck, aus der « Blüte
idealisierten
Kopf
des Mannesalters
in
«
herzurühren
(Bernoulli S. 55). Henzen S. 73 Jahre und fand es (S. 77) schon
ihn auf rund vierzig nicht ganz unbedenklich, ihn nach den Saecularspielen (17 v. Chr.), das heisst in des Kaisers sechsundvierzigstes Lebensjahr zu datieren, worauf ihn die Panzerreliefs führten. Rayet nannte vierzig schätzte
und fünfzig
als die
Grenzen
Klein
Erst
(^).
nachdem Amelung
I
S.
361
geht
«
an
27
gar die Züge einem angehenden Fünfziger, das heisst der aus anderen Gründen ins Auge gefassten Bauzeit der Ära Pacis entspechend gefunden die Fünfzig
r
heran,
S.
hatte.
Aber diese Gelehrten erkannten
hatten noch
Kopf des Kaisers vom
nicht den von
Friedensaltar
Sieveking
vor Augen, bei
dessen Vergleich mit dem unseren ich kürzlich, ohne an die hier Frage zu denken, dem ersteren nachsagte, dass seine
erörterte
schärferen
Stirnfalten
deutlicher
Sorgen und Schmerzen verraten
(•)
Petersen,
Vom
alten
Eom,
»
«
die
(^).
Wirkung
der Jahre, der
Dass die Plastik den Kaiser
2. Anfl. S. 144.
Gut abgebildet bei Arndt, Portr. 702 3; Bernoulli Seeck, Augustus S. 51; Domaszewski, Gesch. d. röm. Kaiser I C»)
(=»)
(*)
II 1
Taf. 1;
Titelbild.
Arndt, Portr. 704/5.
Rayet,
Monum. de Part
antique II zu Taf. 71
S. 4.
Zur Ära Pacis (Abhandl. der sächs. Ges. der Wissensch. phil. Cl. XXVII 1909 Nr. 26) ß. 18 zu Taf 4. [Vgl. jetzt die neugefundene Pontifex Statue Nqtizie 1910, fasc. 6° (Pasqui), der nachträglich ein ältlicher Au(*)
30
F.
noch weiter
ins Alter
STUDMCZKA
begleitete, verrät wenigstens das
Bronze-
köpfchen aus Aquitanien im Louvre, welches freilich im Verdacht einer provinziellen, nicht sehr authentischen Arbeit steht (^). Doch
genügt meines Erachtens auch schon der Vergleich mit dem Kopf der Ära Pacis, um die von Henzen am bestimmtesten gefasste
Altersbestimmung: möglichst wenig nach vierzig, zu bestätigen. Erheblich weiter gehen kann man nur um den Preis der Annahme, der Meister habe in diesem eigens für die Kaiserin geschaffenen Standbild ihren Gemahl ähnlich verjüngt, wie es die traditionelle Massenproduktion der Münzen für die weiteste Oeffentlichkeit
Annahme
scheint mir zwingenderer Gründe zu bedürfen, als sie bisher den Panzerreliefs abgewonnen worden
tat
(^).
Eine
solche
sind (Abb. 1 und 2) (^). In möglichst frühe Zeit weist die
klappen, wenn
sie,
Siegel des Augustus zurückgeht.
Denn
auf den Achsel-
Sphinx
woran kaum zu zweifeln es
ist,
auf das bekannte
war das
älteste von drei
aufeinander folgenden Siegeln, dessen er sich nur im Anfang seiner Herrschaft, nach dem Zeugnis der Münzen sicher noch während der asiatischen Expedition bediente
Der parthische
{^).
Erfolg
dieser Reise, der unbestrittene
Hauptgegenstand des Panzerreliefs, fällt in das dreiundvierzigste Lebensjahr des Kaisers (20 v. Chr.). Ihm Messen Einige die Entstehung des Marmor Werkes unmittelbar folgen (^), Andere gingen mit Henzen S. 77, bis auf das Jahr der Saecularspiele (17 v. Chr.)
^
herab
(^).
Neuerdings jedoch hat A. von Domaszewski, im Anschluss
gustuskopf aufgesetzt worden (12
V.
ist,
vielleicht als der Kaiser Oberpontifex
wurde
Chr.)]. (^)
Froehner,
Musees de
Bernoulli II 1 S. 38; C.
f ) Vgl. Cavedoni,
I.
S.
France,
Taf. 1;
Kayet,
a.
a.
0. II Taf. 72;
L. XIII 1 Nr. 1366.
179. lieber die Münzbilder Bernoulli II
1
S.
12
if.
aus Strena Heibig. S. 51 entlehnt, dank dem Teubnerschen Verlag. Abb. 2 aus Jahrbuch d. arch. Inst. XI 1896 S. 85. Dio 51, 3, 6. Vgl. Gabriel (*) Plinius n. h. 37, 10; Sueton, Aug. 50; Cass. {^)
Abb.
und Milani Die
1
Sphinxe am Panzer
Grifi S. 429, {^)
(«)
und 172
ff.
auf das Siegel zurückgeführt von Garrucci S.
9,
in des letzteren Studi e materiali II
Klein
S.
1902
S.
157
ff.
364.
So Garrucci, Courbaud S. 67 und Michon S. 218. So auch Jahn S. 295 und Kekule, Griech. Sculptur
2. Aufl. S.
353.
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
an
mehr
gelegentliche
Bemerkungen Köhlers
weisen versucht, dass es sich in
Abb.
jenen
einzelnen
historischen
dem Bildwerk
31 (S.
445),
nicht
nachzu-
sowohl
um
um
die
1,
Vorgang handelt,
sondern
ganze Stellung des Herrschers als restitutor orbis
Romani
(wie
32
man tet
F.
STLDMCZKA
später sagte), die ja erst zu der Zeit, als die Aia Pacis errichbis 9 v. Chr.) vollendet war. Seiner straffen Dar-
wurde (18
Abb.
2.
legung haben sich im Wesentlichen Anieliiiig
S.
25
f.
linJ
Klein
364 angeschlossen. Ich dagegen glaube, da^s die richtii^e Deutuug im Einzelnen für einen älteren Ausatz spricht. S.
33
ZUR AüGUSTUSSTATL'E DLR LIVIA
Ausser Zweifel steht allem Wesentlichen
die
von Anbeginn (Henzen S. 75 f.) in Benennung des Kranzes rein göttlicher fast
Domaszewski
Gestalten. Die von
(^),
nach einer Anregung Duhns,
im
Interesse seiner Gesamtansicht vorgebrachte Neuerung, zu Unterst sei statt der Allmutter Tellus nur der Orbis Komanus zu ist ganz unhaltbar. Wenn es ein solches Wesen, als Person gedacht, überhaupt geben sollte, dann wäre es doch wohl männlichen Gesclilechtes. Die an sich wenig wahrscheinliche üm-
erkennen,
gestützt werden durch die unerhört anaBeziehung ihrer beiden Kindlein, dieses durchsichtigen Symbols der xovgoTQÖipog, magna virum parens (^), auf die Säuglinge der römischen Wölfin. Wäre diese richtig, dann müssten
deutung der Göttin
soll
chronistische
wir dieselben
zwei Kinder
im
Tellusrelief der
Komulus und Remus nennen, obgleich anderen Stirnseite des Denkmals im richtigen
Amme
4em
die Zwillinge
Lupercalrelief,
auch an der
dort,
mit
ihrer
dem grossen Wiener (^). Auf als Stadtgründer winzige Bübchen dem
dargestellt waren
Cameo müssten gar die Triumph des Tiberius zusehen Augustuspanzer
Ära Pacis
ist
Nein, es bleibt dabei, auch
(*).
am
Tellus dargestellt; sie allein entspricht ja auch
internationalen Hauptvorgang seines Reliefs. Wohl aber wird auf den besonderen orientalischen Schauplatz
dieses Ereignisses die selten ausführliche Darstellung des
aufgangs
(^),
wozu auch der
rote
Sonnen-
Wolkenmantel des Caelus gehört,
zu beziehen sein, im Sinne des schon von Grifi verglichenen Verses der Aeneis Anroramque sequi Parthosque reposcere Signa (®). :
In der letzten
(^)
I
S.
(^)
Vergil, Georg.
Eroten bei
zwei ihre
Anmerkung
seines Aufsatzes. Gebilligt von
Amelung
25. 2,
174.
Vgl. immerhin die
Deutung auf Ge kaum sicher {')
Vgl. S. 29 der oben S. 29
(*)
Furtvvängler,
Taf. 41
S.
(^)
Frau mit Füllhorn und
Pagenstecher, Calenische Eelief-Keramik
Gemmen
steht.
Anm.
S. 54,
obgleich,
•
5 angeführten Schrift. 257; R. v. Schneider,
I Taf. 56, II S.
Album
16; BernouUi II 1 Taf. 29.
Der von Cavedoni
S.
175 zur Aurora verglichene Denar des L. Plauvielmehr zu den Wiederholungen
tius Plancus (Babelon II S. 326) gehört
von des Nikomachos «Victoria quadrigam in sublime rapiens» vgl. Michaelis in Springer's Handbuch I 7. Aufl. S. 249 mit Litteraturnachweis; S. 261 der 8. ;
Aufl. i«)
Klein
S.
Vergil Aen. 363.
7,
606; vgl. Grifi
S.
423; über den Mantel des Caelus
3
84
F.
-STUDNICZKA
Abb. 3
JAKl^
Abb.
4.
Abb.
ZUR AüGüSTUSSTATUE DER LIVIA
Abb.
Abb.
7.
35
G.
Abb. 9
36
F
STUDMCZKA
Denselben Zusammenhang in etwas anderem Sinn angedeutet fanden ältere Erklärer durch das mekwürdige Verfahren des Parthers mit dem Legionsadler (s. auch Abb. 6). Man kann wirklich nicht so einfach sagen, er stehe
im
Begriffe, das Feldzeichen
dem römischen
Krieger darzureichen, wie es Wolters. Heibig, Amelung und Andere tun. Dann wäre die Bewegung seiner Arme wohl derjenigen Arndt'schen Relief bruchstiick der verauf womit dem ähnlicher, meintliche Augustus sein (leider weggebrochenes) Feldzeichen im Rücken des Gottes von Actium hinhält ('). Statt dessen greift der Barbar mit der Rechten so hoch an den Adler, dass Henzen
ohne Weiteres annahm, er halte das Signum zum Himmel empor, was Garrucci mit einem Worte Herodians so erklärte, er tue das ccdncc^opLsvog tov "'HXiov, wg edoq amotg (^). Indess ist der Blick des Parthers kaum mehr erhoben, als um dem viel höher
gewachsenen Römer ins Auge zu schauen. So mag denn auch das erstaunlich weite Auseinandergreifen seiner beiden Hände nur den Zweck haben, dass der Empfänger das Feldzeichen bequem in der
Mitte des Stabes anzufassen vermöge. Jedenfalls ist damit erreicht, dass der Adler selbst genau in die Mitte der dekorativen Kom-
Magengrube des Harnischs zu stehen kommt. Dennoch bleibt der Gedanke Henzen's und Garrucci's beachtenswert. Hat doch L. Aquillius Florus auf die Vorderseite eines von seinen position, in die
Denaren, welche hinten die Rückgabe der Signa
darstellen,
den
Jedenfalls bestätigt das ausführliche Bild des im Panzerrelief, dass die Huldigung der OrienSonnenaufgangs talen sein Hauptgegenstand ist.
Solkopf gesetzt
(^).
doch
Natürlich blieb Sol für den römischen Beschauer
zu-
gleich sein Gott, der nichts grösseres bescheinen soll als die ewige Stadt, wie im Saecularlied gebetet wird. Und mit dem Eingang
desselben
Hymnus übereinstimmend schweben Apollo und Diana,
Brunn und Arndt, Denkm. Nr. 595, von Sieveking sonst trefflich Aber zum Augustus fehlt jenem Krieger doch gar zu viel: die charakteristische Form der Brauen und des Schläfenhaares, der Imperatorenharnisch und eine bevorzugtere Stellung zum Gotte sowie das höhere Relief der (*)
erläutert.
Hauptfiguren; vgl. Petersen in den Jahrb. Taf. 7, S. 39. C) Herodian, Hist. S. 2,
Henzen (3)
S. 76,
Babelon I
1,
4,
auch Jahn S. 217, 9;
f.
kl. Altert.
1906
103; vgl. auch Tacitus, Hist. S. 289.
Cohen
I S. 112, 258.
I S.
3,
922; Strong
24; Garrucci
ZUR AUGUSTl'SSTATUK DER LIVIA die vornehmsten Schiitzgötter
Staates herbei.
des
Princeps,
ä7
Hauses
seines
Jedoch bedurfte der Künstler dazu nicht
und
erst der
Anregung durch den Dichter, wie Henzen annahm. Er fand schon seit 28 V. Chr. die Letoiden mit gleicher Tracht und gleichen At-
dem
tributen in, das Viergespann des Sonnengottes auf
Auch
palatini-
dem
schen Apollotempel, vor
jenes Festlied zuerst erklang (*). die entferntesten Zeugen des parthischen Erfolges, die,
auf den Panzerseiten augebracht, von vorne kaum sichtbar sind (Abb. 2), die beiden trauernden Provinzen (^), fordern keine
über das Jahr 20 wesentlich hinabführende Deutung; ja sie sträuben sich eher dagegen. Die zur Rechten des Beschauers wurde
Anfangs von Köhler S. 443 als Gallia, die links erst neuerdings, von Heibig und Domaszewski S. 52, als Hispania erkannt. Zwar geben der letzteren Münzen des Augustus wie noch gleich
späterer Kaiser
(^)
einen oder zwei Spiesse in die Hand und Dosie statt dessen hier trägt,
maszewskis Deutung des Schwertes, das
zwingend. Wohl aber betont er mit Recht, dass ausser Gallien nur Spanien und das eben durch die Verhandlung an der Ostgrenze repiäsentierte als des gladius Hispaniensis ist an
Syrien von
dem Kaiser
sich
selbst verwaltet
nicht
wurde. Jedoch
Einrichtung so alt, wie die Organisation des Principats (27
ist
diese
überhaupt
V. Chr.).
Nach Köhler und Domaszewski
freilich
westlichen Landschaften in
lief die zwei
worin sie Augustus 18
wären
in
unserem Re-
dem Zustand gemeint,
Chr. verliess, als er nach eigener Aussage prospere gestis heimkehrte, so dass ihm der Senat die Ära Pacis widmete (*). Allein dem widerspricht der Eindruck v.
?^ebus
frisch
überwundener und entwaffneter,
noch
unmutig trauernder
Provinzen, den beide Figuren machen, Gallia nur noch die leere Scheide in der Faust, Hispania das abgenommene Schwert zu
(')
Carmen (^)
R. Heinze's Neubearbeitung des Kiessling*schen sacc. 9
Amelung I S. 25. Bierikowski, De simulacr.
deraufnahmen (=*)
;
öfter. (*)
vgl.
Bienkowski
—
zum
Amelung
I.
barbar. gentium S. 26
ff.
mit gulen Son-
S. 24.
0. S. 56 f. Fig. 48; Michele Jutta, Le rappr. figur. (1908) Taf. 2, 10 und 11 S. 21 Cohen, I, 79. 109 Garrucci S. 3 verwies auf Strabo 3, 154.
delle provincie
und
Conimeutars,
;
a.
a.
Romane
Mon. Ancyr. 2,37; 6,21.
;
38
F.
STUDMCZRA
iibergebeu bereit. Das passt vielmehr auf die Lage der beiden Gebiete um die Zeit des Parthertriumphs, als die Keltiberer von
Agrippa entwaffnet waren (21 v. obschon kurz vorher von Messalla
dem
noch (19
Feldherrn
grössten
des
Chr.),
als
Völker,
gallische
geschlagen (27), gleichfalls Kaisers zu schaffen machten
V.
Chr.) (0. nur für diese Zeit scheint mir auch die ganz persönliche Art zu taugen, wie in der Mitte das gefeierte Hauptereignis zur
Und
Darstellung kommt.
Für Domaszewski zwar herrscht auch hier
rein ideale, religiöse Auffassung. Nicht der
Princeps den
Mars Ultor übernähme
seiner Offiziere, sondern
nicht von einem einzelnen Parther,
von
sondern
Vertreter des ganzen Volkes. Aber an letzterer diese Ansicht.
Wenn
schon Köhler
S.
solch einen unbestimmten
«
441
in
dem
bärtigen
einer
oder
Adler
einem
und
idealen
Gestalt scheitert
Parther
(Abb. 6)
rappresentante di tutta la nazione
»
sah,
wohl im Bann eines Irrtums der meisten damaligen Erklärer der Reliefs, der gelegentlich bis in die letzten Jahre so tat er das
nachgewirkt hat. Die beiden sitzenden Provinzen galten, trotz ihrem ausgesprochenen Frauenhaar, als männliche Figuren, etwa als tt
Genii tutelares
»
der
betreffenden Völker
durch umfassende Sammlungen, dass
(^).
Heute wissen wir
alle solche Personifikationen
voü Ländern und Völkern ideale Frauengestalteu, nur in mehr oder minder ausgeprägtem Nationalcharakter, waren. So erscheint auch
Mün/e Nur eine allein die nächste Analogie anzuführen. Traians (^), solche Gestalt wäre für die von Köhler und Domaszewski vorausParthia
inschriftlich
bezeichnet
auf
einer
kretischen
um
gesetzte abstrakte Veranschaulichung des Volkes geeignet.
n (2)
—
25; Horaz Epist. 1, 12, 26 u. a. m. So deutlich Henzen S. 76. Cavedoni S. 177, Jahn 289, Wolters
Cass. Dio 54, 11; 19
u.
442 redet von «genii tutelares», S. 445 ablehnend von einem Daker, sonst freilich von Provinzen, Gallia u a. Diese Erklärung gab ganz unzweideutig wohl erst Heibig. Aber noch Courbaud S. 68 sieht nur rechts a.
m. Koehler
ein
S.
Weib, links einen Mann.
(») Bierikowski a. a. 0. S. 35 f. Fig. 14; Cohen II S., 328-330. Die barbarische Figur zu Füssen der Livia auf dem Camee de la Sainte Chapelle wird von Furtwaengler Gemmen II S. 269 und Jalta a. a. 0. S. 43, 2 auch
für eine Provinz, von früheren Erklärern für einen Prinzen erklärt.
ZUR AUGUSTLSSTATUE DER LIVIA
39
Wirklich dargestellt ist aber ein ganz konkreter parthiscber für diesen Maaszstab recht charakteristischen Zügen, einer
Mann mit
schrägen, kurzen, derben Nase und
unter herabgezogenen Brauen damit wirk-
(Abb. 10). Soll der Künstler
hervorstechenden Augen irgend einen Parther,
lich nur
nicht
den
gegebenen Repräsen-
tanten eines monarchisch regierten Volkes gemeint haben? Er hat, dünkt mich, letzteres klar genug ausgedrückt. Dem Manne fehlt die übliche asiatische Kopfbedeckung, wie sie doch auch die
vorhin angeführte Parthia trägt. Allerdings erscheinen am Septimiusbogen einige von den Barbaren, die für Parther gelten, in den mir vorliegenden Abbildungen barhaupt (0- Aber am Parther des Augustusharnischs macht die Mütze einem anderen Abzeichen Platz sein braun gemaltes buschiges Haar umschnürt ein weisses :
Band
(Abb. 10), das schon die Zeiclmung der Monumenti (Abb. 1) andeutet und die älteren Beschreibungen erwähnen (^), erst die neusten übergehen. Es ist zwar schmal, aber doch, stellenweise von zwei Rillen begrenzt, sehr deutlich hervorgehoben. Diese das rauhe Barbarenhaupt geschlungene Binde kann unmöglich
um
als blosser
Schmuck
geltcQ, wie die
das weisse
Königsdiadem
eigentlich
charakteristischen
('*)
ist
die dafür
Bandenden im Nacken unterdrückt
am
ist.
geschehen
Von
im Frauenhaar der Gallia. Es
obgleich der Künstler
sidonischen Sarkophag beim Alexander der Löund bei einer Anzahl hellenistischer Fürstenköpfe (^)
hat, wie es schon
wenjagd
(^),
dieser Vereinfachung des
Haar im Nacken abgesehen,
Diadems und dem verkürzten
gleicht der Kopftypus des Parthers
dem
allerdings sehr allgemeinen Schema, worin die wesentlich archaisch
gebliebene
Arsakidenkunst die damaligen Könige jenes Volkes,
C) Rossini, Archi Taf. 57
ff
;
S.
Reinach, Repert. des reliefs I
n
Mon. d. Inst. VI, YII Tf. 84; Henzen Für mich hat Dr. E. von Mercklin freundlichst
S. 76,
die
Koehler
am
Sache
S.
S.
441
261. u.
A.
Original genau
nachgeprüft. (»)
Mau
bei Pauly-Wissowa, Realen cycl. V. S. 303
f.
Hamdy und
Th. Reinach, Necr. royale ä Sidon Taf. 31; 32, 7; 37; S. 298; 299 f.; 309; 311. Zweifel an dieser Deutung zuletzt bei Schreiber, Studien über das Bildnis Alex. (Abhandl. sächs. Ges. d. Wiss. XXX Nr. 3) (*)
S.
121 und Bernoulli, Darst. Alex. S. 121 f. (*) Altertümer vou Pergamon VII Text
Purtr. 92 (Lysimachos)
;
94; 102 (Seleukos).
1
S.
144
f.
(Winter; Arndt,
40
F.
auch Pliraates IV.,
STUDMCZKA
auf ihren
Münzen
darstellt (Abb.
11)
(^).
Königs auf den mitabgebildeten und vielen anderen Reversen gibt ihm auch dieselbe einfache Tracht, sowie,
Und
die ganze Figur des
Abb.
10.
Abb.
11.
nach Art der alten Grosskönige, Bogen und Köcher als einzige Im Panzerrelief (Abb. 6) sind beide Waffen zusammen-
Waffen.
gebunden und hängen am Tragriemen
{')
Nach Wroth, Cat
Brit.
lose von der linken Scliulter
Mus. Parlliia Taf.
20, 6
nnd
9.
ZUR AUGUSTUSSTATLE DER
wenn nach der Fahne auch
herab, wie
werden sollten
41
I.IVIA
sie
dem Römer
dargereicht
(').
Die hier gegebene Deutung bestätigen andere üeberlieferungeu des Vorgangs. Die erste Nachricht darüber, die Horaz seinem
Freund Iccius nach Sicilien
gibt, lautet: ius
imperiumque Phraates
Ceasaris accepit genibus minor (^), wie denn auch nacli des Herrschers eigenem Bericht die Parther von ihm genötigt wurden « sup« (^). Dem Dichterwort entplices amicitiam populi Romani petere spricht genau das mit der Umschrift nsignis receptis-^
am
häufigsten geprägte Münzbild (S. 35, Abb. 7): unser bärtiger Parther, den Köcher an der linken Hüfte, der beim Cisellieren meistens als Zipfel eines Mäntelchens missdeutet
dar
(^).
Wunder
Nur
fehlt
ist,
auf seinem
reicht kniefällig ein
blossen Kopfe das
Manipelsignum Diadem, kein
bei so kleinem Maaszstab.
auf
Freilich,
dem 19/18
v.
Chr. durch Aurei und Denare
Juliustempel des Forums (Abb. 9) umstanden, Symmetrie wegen, zwei Parther das zu des dem jeder aufblickend ein Feldzeichen Kaisers, Viergespann emporhielt (^). Doch auch diese Zwei können bestimmte Ver-
veröffentlichten
Triumphbogen
beim
der
Nation gewesen sein, der rechts vom Beschauer, durch den Bogen in der linken Hand ausgezeichnet, der König, der Andere etwa der Thronfolger. Solche Unterscheidung bestätigt die
treter ihrer
Berliner Glaspaste (Abb. 8),
wo
die beiden Parther die Signa zu
Fasti 5, 593: Parlhe, refers aquila't, victos quoque porrigis (*) Vgl. Ovid, arcus; ebenso Trist. 2, 228. (*)
Horaz, Epist.
(3)
Mon. Ancyr.
1,
5,
12, 27.
41; 16,3.
Abb. 7 gibt ein Berliner Exemplar des Denars des M. Durmius, 428; vgl. ebendort S. 133 f. und Babelon I S. 216 f.; 4681; II S. 72 und 297 f. Zahlreiche Abgüsse von Wiener und Pariser Stücken, die mir vorliegen, zeigen, dass ein Diadem nirgends sicher zu erkennen ist. (*)
Cohen
I S. 122,
Der Denar des L. Caninius Gallus (Cohen I S. 116, 383; Babelon I S. 311, wie längst 3), den noch Seeck, Aug. S. 109 Abb. 80 hierherzieht, stellt, erkannt, die Uebergabe anderer Signa durch einen Gallier oder einen ähnli-
chen Barbaren dar; vgl. Mon. Ancyr. 5, 40; 16, 1. 9 nach dem Wiener Aureus Nr. 4700; vgl. Cohen I S. 75, 82, C*) Unsere Abb. Weitere gut ausgeprägte Stücke bei Jacob Hirsch, Katalog Nr. 24, Sammlung E. F.Weber, Taf. 4, 808, Hill, Taf. 14, 89 S. 139, 0. Richter im Jahrbuch d.
arch. Instit.
von Regling
IV 1889
S. 89.
S.
153, v. Sallet, Die antiken
Münzen, neue Bearb.
42
STUDNICZKA
F.
Victoria emporheben, indem der rechts (im Abdruck) wieder die Binde mns Haupt trägt (^).
Also
ist
am
der Parther
Augustuspanzer König Phraates IV.
in Person, jedenfalls ein ganz realer, kein
Damit
idealer
Vertreter
des
Domaszewski's Voraussetzung, die sich auch im Allgemeinen leicht als unaugusteisch, ja iinantik nachweisen Hesse es wäre « für das wahre und feine religiöse Empfinden des KaiVolkes.
fällt
:
sers eine
in
jene göttliche Umgebung einen aber auch sein Hauptgrund, in dem römischen Krieger (S. 34, Abb. 3), der den Adler entgegenzunehmen bereit ist, Mars Ultor zu sehen. Doch auch an
Blasphemie gewesen,
Menschen zu
stellen ».
sich betrachtet
Damit
fällt
widerstrebt die Figur dieser sie gefunden hat (^).
Benennung, so
viel
namhafte Vertreter
Zunächst: wie schlecht entspräche Mars an dieser Stelle dem, was für Augustus und die Seinen das Wesentliche an dieser Ruhmestat war und immer wieder laut betont wird dass er, der :
neue Princeps, die verlorenen Feldzeichen durch seinen Abgesandten ohne Schwertstreich zurückerhielt, er erst sie dem neuen Hauptgott des Heeres darbrachte (^). Dann aber gleicht der Krieger im Panzerrelief keinem von den beiden Typen des Mars Ultor. Das Cultbild im grossen Tempel
am
Augustusforum, in dessen penetrale die Fahnen ihren endgiltigen Platz fanden (^), trug zwar nach Ausweis der ungezählten C) Furtwaengler, Beschr. der geschn. Steine Taf. 24, 2816, Bulle in Eoscher's Lexikon IH S. 354 Abb. 25, vgl. S. 356; von dort ist, dank B. G. Teubner, unsere Abbildung entlehnt. Der in der Zeichnung deutliche Unterschied der Köpfe entspricht dem Original, das ich, mit Hilfe R. Zahns, daraufhin Dasselbe Schema zeigs der pompeianische Gladiatorenhelm ansehen konnte.
—
Mus. Borb. X, 31, dessen Deutung aber nicht ganz feststeht. (^) Die von Jahn S. 296 erwogene aber abgelehnte Deutung auf Mars finde ich erst bei Wolters, S. 664, dann bei 0. Richter in dem S.41 Anm. 5 citierten Aufsatz S. 153 A. 12.
Von Domaszewski übernahmen
sie
Michon
S. 246,
Furtwaengler (Abhandl. bair. Akad. I. Gl. XXII 1903 S. 475), Amelui.g I S. 22, Klein S. 363, Frau Strong S. 356 Anm. u. a. Widersprochen haben im obigen Sinn Petersen, Ära Pacis S. 62 A. 1 und ich, Trop. Trai. (Abhandl. sächs.
XXII Nr. 3) S. 9, Gardthausen, Aug. II 3 S. 720. Die vollständigste Stellensammlung wohl bei Schiller, Gesch. d. röm. Kaiser I S. 194, freilich mit mehreren falschen Citaten, Vgl. besonders
Ges. phil. Gl. (")
Mommsen, Res (*)
gestae D. Aug.
Mon. Ancyr.
5,
2.
42; 16,
Aufl. S. 5.
126 S.
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
43
Nachbildungen den Offiziersharnisch, hatte jedoch, im Anschluss an alte römische Tradition, ein männliches, vollbärtiges Haupt (^).
war
Freilich
es erst 2 v.
Chr.
geweiht,
also
dem Künstler
der
Augustusstatue gewiss noch unbekannt. Aber bärtig erscheint Mars als Ahnherr seines Volkes bereits wieder an der Ära Pacis (^), und
wohl auch schon unser Meister diesen Typus wieder auf-
so hätte
um
greifen können,
den Römergott an
Würde
dem
nicht hinter
Parther zurückbleiben zu lassen. Allerdings stand vor seinen Augen ein jugendliches TempelMars ültor, das der Kaiser, nach Schriftstellern und
»bild des
Münzen
(S. 34, Abb. 4, 5), sogleich mit den wiedergewonnenen Feldzeichen in einer ßuudkapelle beim capitolinischen Juppitertempel
aufstellte
(^).
Allein diese Statue war, bis auf ein merkwürdiges und stützte mit der Rechten
.schurzähnliches Gewand, unbekleidet
den
Legionsadler
auf,
während
Linke
die
ein
Manipelsignum
schulterte.
Von
dieser stolzen Figur sticht unser römischer Krieger durch
•die augenfällige
Bescheidenheit seiner ganzen Erscheinung ab. In
scharfer Seitenansicht dargestellt, fasst er mit der eben noch sicht-
baren Linken an den Schwertgriff (dies wie der jugendliche GerS. 33 A. 4) und hält die Rechte
manicus am Wiener Cameo, oben
geduldig hin, bis es dem Parther genehm sein wird, den vielseinem Gotte erhobenen Adler hineinzulegen (oben S. 36). Solche Haltung steht einem Boten, aber nicht dem letzten
leicht doch zu
Empfänger der signa recepta an. Was als angemessenes Betragen der Fremden gegenüber einer römischen Gottheit galt, 4iat uns die Paste Abb. 8 S. 35 gezeigt. -göttlichen
So bescheiden wie möglich ist auch der knapp anschliessende, bis auf den schlichten Kamm schmucklose Helm, von gut griechischem
Nach der grundlegenden Arbeit Furtwaenglers, Samml. Somzee S. zu Taf. 35, besonders Gsell in der Rev. arch. 1893 I Taf. 2 S. 37 Petersen, Ära Pacis S. 184. Neue Bronzefiguren z. B. bei Walters, Catal. (^)
"59 Tff.
if.
und 1071, Cumont
of bronzes Br. Mus. Taf. 23, 798 soc. arch. Brux.
XVI
1902 Taf.
1
S. 11
ff,
in
den Annales
de
la
E. Foelzer im Eöm.-germ. Kor-
^respondenzblatt I 1908 S. 20. S.
\*)
Unsere Abb. 4 nach
selben .S.
zuletzt die oben S. 29
(2)
139
Münze des ff.
Vgl. auch
British
Cohen
Anm.
5 citierte Arbeit, S. 29
einem Berliner Exemplar,
Museum I S.
wie
bei
Hill,
Taf.
f.
Abb. 5
nach
der-
90,
vgl.
14 Nr.
89; 99; 101; Röscher, Lexik.
HS.
2392.
44
F.
STUDMCZKA
Mit solchem begnügt sich Mars kaum jemals, meines Mal in den zahlreichen Münzköpfen, wo doch oft den Busch unterdrückt, an dessen Stelle Raumzwang
Typus
(^).
Erinnerns nicht ein der
dann Federn, Flügel oder andere Verzierungen treten. Dagegen kenne ich diese Helmform im untern Streifen der Gemma Augu-
dem Offizier, der das Tropaeum aufrichten hilft, beim Germanicus des grossen Pariser Cameo (^), sowie an dem karthagischen Hadrian im Typus des Münchener Diomedes (•^) und am stea bei
im Typus des Ares Borghese (*), dessen eigener vielmehr einen hohen Busch trug (^). Der capitolinische Götterkopf Hadrian belegt auch das Uebergreifen der Schläfenlocken auf den capitolinischen
Stirnschild des Helmes, das Amelung S. 22 für Mars geltend macht, für das idealisierende Bildnis der Kaiserzeit, wie der Cameo Gonzaga zu St. Petersburg für die hellenistische, etwa für einen
der tapferen pergamenischen Fürsten
(^).
mir nicht gelingen, an einer Marsfigur halbwegs früher Zeit über dem Panzer die hoch um die Taille gelegte Feldbinde zu finden, wie sie, doch wohl als Rangabzei-
Umgekehrt
will
es
chen, seit Alexander so oft erscheint. Erwähnt sei der König selbst im pompeianischen Mosaik und in der britischen Statuette (^), die
meist auf ihn gedeutete herculanische Reiterfigur (^), pergameniC) B. Schröder im Jahrb. d. Inst. XX 1905, S. 22 Abb. 9 links. I Taf. 60;
Furtwaengler
(^)
Babelon, Catal. des cam^es Taf. 28; Ber-
noulli II 1 Taf. 30. Diesen verglich Schlie
XXVIII
Rev. arch. 1902 II Taf. 15; 5; 19,2
S.
25.
395 (Gauckler). 349. Die N. descr. d. mus. Capit. 1882-
(«)
S.
S. Reinach, Repert. stat. I S. 13 bezeichnet zwar mit Recht den Scheitel des Helmes als ergänzt, aber die Ergänzung ist richtig, wie die wohlerhaltene hintere Hälfte des (*)
S. 265,
Kammes
flachen
Dies bestätigt mir E.
lehrt.
v.
Mercklin
nach
genauer
Prüfung des Originals. unten
(^)
S. die
(«)
Furtwaengler,
S.
126
ff.
Die
S.
144
ff
(Winter).
S.
47 A. 2 citierten Werke.
Gemmen
I Taf. 53, 2; Bernoulli, Darst. Alex, Taf. 9,1
Deutung auf Alexander und Olympias scheint mir hier besonders unglücklich. Der oben geäusserte Vorschlag gründet sich auf den Vergleich mit dem schönen Kopf Altert, v. Pergam. VII Taf. 32, Text I alte
C) Six in diesen Mitt. XVIII 1903 S. 598, (»)
S.
427
S.
208, S. Reinach, Repert. stat. I
4.
Collignon, Hist.
ff
sc.
gr. II S. 403, vgl. Pottier in
M^langes Nicole-
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
sehe Waffen reliefs
(^),
Rom
dann aus
Feldherr im Relief des
als
Domitiusaltars
45
früheste Beispiele
(den
ja
der
Doma-
freilich
szewski soeben auch auf Mars umgedeutet hat) (^), der junge Germanicus und der erwähnte Ofi&zier im untern Streifen des Wiener
Cameo, des ersteren kleiner Sohn und Begleiter auf dem Pariser,
im Allgemeinen
endlich
zahlreichen
die
sonders von Traian abwärts
Imperatorenfiguren be-
(^).
So bewährt sich durchweg der Eindruck der ersten Erklärer, S. 296, obgleich er einen starken Einfluss des Gedan-
den Jahn
kens an Mars ültor zuliess, in die Worte zusammenfasste
»
:
Die
Gestalt gleicht keinem Gott, sondern einem römischen Feldherrn » Der Künstler hätte den Beschauer irregeführt, wenn er trotzdem
.
Mars verstanden wissen wollte. Dennoch war Jahn der Urheber maszewski nachdrücklich
eines Irrtums, welchen
Do-
als Stütze seiner
Auffassung verwertet, iner den sonst von den Meisten bestimmt erkannten Hund des
dem
Römers
Wolf
was schon Schlie mit guZwar kennen wir kein Bild des (^). Gottes mit diesem Tier als Attribut. Denn ob die simulacra (S.
34) für einen
erklärt,
ten Gründen bekämpft hatte
luporum
bei Livius wirklich mit
dem
Cultbilde des Marstempels
vor Porta Capena zusammengehörten, dünkt mich recht zweifelhaft (^). Indess den augusteischen Dichtern ist der Wolf allerdings
das heilige Tier des Mars, würde also unsern Mann als solchen kennzeichnen, wäre nur eben sein Begleiter nicht ein unzweideu-
Altert. V. Pergara. II Taf. 43, 45, 48; VII 2 Nr. 302 und 350. Archiv für Eeligionswiss. XII 1909 S. 79; von Domaszewski, Abhandl. z. röm. Relig. S. 229. Die Deutung des Reliefrunds Pagenstecher, Calenische Pteliefkeramik Taf. 6, 3 S. 33 auf Mars kann nicht als gesichert (*}
n
—
gelten. {^)
1 S.
S.
Beispiele bei von
Rohden
in
den Bonner Studien für Kekule Taf.
6 und in meinem Trop. Trai. S. 107
574
f.;
S.
Reinach, Report,
stat.
2,
II
flF.
Mit Jahn oder vor ihm erkannte einen Wolf auch Huebner in der Arch. Zeitg. XXVII 1869 S. 120, dann auch Wolters. Durch Domaszewski Hess sich auch hierin Michon S. 216 überzeugen. Am ausführlichsten wi(*)
dersprach Schlie
XXVII
S. 119,
mit
dem
ich in einigen Punkten
zusammen-
treffe. C*)
Livius 22,
pogr. von
Rom
2.
1,
12; vgl. Röscher, Lexik. II S. 2430; 0. Richter,
Aufl. S.
345
if.
To-
46
STUDNICZKA
F.
Hund. Der Vergleich mit der Natur und mit
tiger
fen der antiken Kunst, von der altetruskischen
all
Lupa
den Wöl-
des Capitols
den späten Abbildern der ogulnischen (^), lehrt unzweifeldass das Tier am Panzer für einen Wolf zu klein und fein
bis zu haft,
Das Fehlen « der für dieses Tier charakteristischen sträubigen Haare am Hals » hat schon Amelung I S. 22 eingewandt. Der Schwanz ist zu dünn, die Schnauze zu lang, nicht spitz genug und von der Stirn zu wenig abgesetzt. Aber für das Raubtier soll nach Domaszewski « die ganze und glatthaarig
Haltung des
ist.
Tieres, die
vorgesetzten
Ohren, die vorgestreckte Schnauze gessen, dass
Wolf und Hund
»
Beine, die zurückgelegten beweisen. Dabei ist nur ver-
zur gleichen Familie der Raubtiere
gehören und dass innerhalb solcher Gruppen die Mimik wesentlich gleich ist, bei der Hauskatze z. B. nicht viel anders als beim Königstiger. So finden wir in der Antike zwar auch den jedoch ebenso den Hund in ähnlicher Gebärde wie hier.
Wolf
Am
(^),
ähn-
wohl auf einer schwarzfigurigen Vase zu Bologna den Or-
lichsten
der auf Herakles losgehen möchte, sich's aber nicht recht getraut (^). Der Hund am Augustuspanzer bewegt sich noch etwas zurückhaltender. Es ist das Bild des treuen Wäch-
thros des Geryoneus,
ters, der
misstrauisch knurrend mit hängendem Schwanz und zurück(^) an sich hält, um nicht ein fremdes, verdächtiges,
gelegten Ohren
dem Herrn mutmaasslich (')
S.
202
die
Es genügt
ff.;
feindliches
Münzen
bei
vorzeitig anzugreifen.
hier der Hinweis auf Eoscher, Lexik. I S. 1464
Petersen in der Klio
— Beiläufig
Wesen
Imhoof und
IX 1909
Keller, Tier-
S.
34
f.;
ff.
und IV
Strong Taf. 72 und 74;
und Pflanzenbilder Taf.
I,
27—30.
Zeichnung des Spiegels vonBolsena (Röscher I S. 1465) hat Furtwängler, Gemmen III S. 243, 2 mit Recht, gegen. G. Körte, für echt gehalten. Genaueste Prüfung des Originals im Museo artistico industriale, die der
:
die
Director Herr Ferrari
sehr liberal, erlaubte, erwies die Patina als
ganz unverdächtig. (^) Münze von Argos bei Imhoof und Keller a. a. 0. Taf. I, 27. (^) Atti e raemorie della R. Deputazione di storia patria per la Romagna 3.
VIII tav. I
—
Die Gesamthaltung ist ähnlich auch p. 13 (von Duhn). Hündin auf dem Grabstein der Eutamia (Conze, Grabreliefs I Taf. 28, Le Bas und S. Reinach, Voy. arch. Mon. fig. Taf. 73, 1); nur hängt Schwanz nicht und die Ohren sind aufgerichtet, die Stimmung des Tieres
ser.
bei der 63,
ihr
eben nicht ganz so feindselig. (*) Hierzu vgl. Darwin, Expression of the emotion in (1901) S. 116 ff; 129.
men and animals
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
Diese Gebärde
ja
also kein Grund,
ist
Trotz, für einen
Wolf zu
47
das Tier, seinen
Formen zum
halten.
Nun sind ja freilich Hunde dem am Stirnschilde der borghesischen
griechischen Ares heilig (^), Statue und mehrerer Repli-
ken davon, durch Halsbänder von Wölfen unterschieden, in ähn-
Haltung dargestellt ("). Allein solche Gemütsbewegung steht einem attributiven Göttertier in so ruhiger Situation, wie sie das
licher
wie
Panzerrelief darstellt, gewiss nicht an,
Schlie bereits richtig
hervorhob.
Dagegen passt der Hund sehr wohl
zu
einem Führer
der
römischen Grenzwehr, und nicht blos in dem symbolischen Sinn, wie ihn die göttlichen Grundstückwächter, Silvanus und die La-
haben
Da
Kriegshund wie der Wachthund (^), dieser auch für Festungen (^), den Alten geläufig ist, versteht sich seine Verwendung am Limes von selbst. Sogar dass ren,
bei
sich
ein Feldherr seinen
(^).
Hund
der
zu solchem Zusammentreffen mitnimmt,
hat eine gewisse Analogie, nicht nur in heroischer Sitte. Zu Vergils Euander, der dem Aeneas mit zwei Hunden entgegengeht, merkt Servius aus « historia Romana » wahrscheinlich des Sal,
duos canes stans Scipionem appelSyphax Doch selbst wenn der Künstler diesen Zug erfunden
lust, an, dass
lavit
»
haben
(^).
sollte,
iiiter
«»
wäre
er
gut erfunden und zu
drucksvolle Gebärde des Tieres verrät
Römertums gegen den
verhassten,
Ostgrenze deutlicher, als es die
die
verstehen.
Die
aus-
wahre Gesinnung des
unheimlichen Nachbar
Würde dem Kriegsmann
an der selbst
gestattet.
Demnach fassung, dass
(')
bestätigt sich überall die früher
dem
realen parthischen
Wie Amelung
4. Aufl. I S.
I S.
22 bemerkt;
Mann
vgl. Preller
herrschende Auf-
ein römischer Offizier
und Robert,
Gr. Mythol.
341; 344.
H
S. 127; Baumeister, Denkm. I S. 117; C) Collignon, Hist. sc. Gr. Furtwaengler, Beschr. der Glypt. Nr. 212; Dilthey in den Bonner Jahrbüchern 1873 S. 37 Anm. (3)
5.
S.
Reifferscheid in den Annali 1866
1872; Domaszewski
S.
52 A.
et Saglio, Dict. I 2 S.
(*)
Daremberg
(^)
Veget. res milit.
4,
26, angeführt
126. (®)
S.
267 A. 3;
Röscher, Lexik. II
2.
Vergil, Aen. 8, 461 mit Servius.
887
ff.
(Cougny).
von 0. Keller, Antike Tierwelt I
48
STUDNICZKA
F.
gegenübersteht. Das kann noch weniger als der Barbar, den wir Phraates nennen zu müssen glaubten (S. 38), ein nebelhaft idealer
Kepräseutant des römischen Heeres sein, wie namentlich Köhler 441 meinte, sondern nur ein bestimmter Feldherr. Aber der
S.
nächstliegende Gedanke an Augustus selbst (^) wird zu nichte an schon gegen Mars angeführten, botenmässig bescheidenen Auftreten (S. 39) und an der stark betonten Jugendlichkeit des
dem
Koma
sogar zur Deutung auf die Göttin
Kriegers, die
konnte
verführen
{^).
Tatsächlich war es ja der zweiundzwanzigjährige Tiberius, der als Bote seines Stiefvaters und Herrn minister fulminis ales die Signa von Phraates holte (^). Ihn hat sogleich Griti S. 419 am
—
—
Augustuspanzer erkannt, ich glaube mit Recht, wennschon er dafür nur bei Cavedoni S. 176 Zustimmung gefunden zuhaben scheint.
Dass
unser
des
Figürchen des
ausgeprägte Profil
Mannes
nicht das (S. 34) wirklich kein Wunder.
Jünglings
zeigt,
ist
Hat doch noch dem
Dreissiger an der Ära Pacis der idealisierende Stil nicht wenig von seiner Individualität abgestreift {^), Auch seinem Bruder Drusus ergeht es dort ähnlich, und vollends die
Münzen, diese
freilich erst
nach seinem Tode geprägt, ebnen ihm
zumeist ganz die claudische Hakennase, die wir aus den sichersten Marmorköpfen kennen (^). Die wirklichen Züge des Tiberius Panzerfigur wenigstens in der etwas langen und in dem kurzen Kinn an. Die trotzdem un-
klingen an der
schrägen Nase sowie
leugbare Idealisierung des für schön geltenden Jünglings (^), wozu immodernen Schläfenlocken gehören (S. 44), ist beson-
auch die
ders verständlich an diesem Standbild, das vor allem für die
Augen
der stolzen Mutter bestimmt war (S. 28). Der Fundort hilft auch {')
So Garrucci
n
Huebner
daselbst
S.
XXVII
S.
1
f.;
Jahn
S.
S.
120,
XXVIII
(3)
Sueton, Tib. 9; vgl. Horaz, Carm. Petersen, Ära Pacis S. ISO
C*)
Taf.
S.
120
S.
f.
118
f.
Dagegen
Schlie,
S. 34.
(*)
11—14
XXVII
296; Schlie
XXVII 1869
in der Arch. Zeitg.
;
4, 4,
1.
vgl. die oben S. 29
Anm.
5 citierte Abhandl.
2, 4.
Die Münzen Bernoulli II
1
Taf. 33, 5-8; in
diesen
Mitt.
VI 1891
Taf. 9; Seeck, Aug. S. 111. Marmorköpfe Bernoulli Taf. 9 und Benndorf im Recueil des m6moires de la sociöte des antiquaires de France 1904 S. 12, wiederholt bei Koepp, Piömer in Deutschland. S. 12. («)
S.
besonders Vell. Pat.
2,
94, 97; Bernoulli II
1 S.
180
f.
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
49
das Bedenken lösen, Tiberiiis gehöre nicht in ein zur Verherrlich-
img
seines Stiefvaters geschaffenes Bildwerk
(^).
Der berechtigte Kern dieses Bedenkens löst sich indess auf andere Weise. Man schwankte bisher, ob in die Linke der Statue ein
oder ein
Speer
fügt
eben
meines
sich
eines
von
Scepter
Erachtens
in
zu ergänzen sei. Besser als beides den dargelegten Zusammenhang
den zuriickerlangten
Feldzeichen,
natürlich
wieder das der Legionen. So hält der gleichzeitige capitolinische Mars ültor (Abb. S. 34) eine Manipelfahne im Arm, noch weit
Abb.
12.
ähnlicher aber Germanicus auf den signis recept(ts) devictis Germ{anis) geprägten Münzen (Abb. 12) einen der varianischen Adler,
Hand im Gestus der adlocutio vorgestreckt, auch in den übrigen Motiven unserer Statue verwandt (*). Der zur Linken des Kaiserhauptes emporragende Adler dünkt mich künstlerisch die rechte
ein erwünschtes
Gegengewicht für den so weit ausladenden rechten gegenständlich scheint es mir ganz in Ordnung, dass die ßeliefs am Harnisch erklärten, weshalb der Imperator als Si-
Arm und
gnifer erschien.
Solch Kaiserin
eine Darstellung des orientalischen Erfolges, die der zu Liebe so offen die Beihilfe ihres Aeltesten rühmt,
C) Koehler (')
ßegling
S. 441; Garrucci S. 1 f.; Jahn S. 296. Unsere Abb. 12 nach dem Abguss der Münze bei von Sallet und
a.
a.
0. (oben S. 41 A. 5) S. 92; vgl. Cohen I S. 225.
4
50
F.
STÜDMCZKA
gehört offenbar in die Zeit gleich darauf, Ehren der Senat ein Dankopfer beschloss
als (^),
dem als
Tiberins zu
Horaz seinem
Freunde schrieb:
Claudi virtute Neronis Ärmenius ceeidit, ius imperiumque Phraates Caesaris accepit genibus minor {^). Denn in den späteren Berichten ist, bis auf die schon angeführte kurze Notiz im Tiberius Suetons, nie wieder die Rede von dieser Mit-
wirkung. Augustus fand chen Erfolg allzu hoch
eben
sehr bald Anlass,
das
durch
Selbstbewusstsein
sol-
und
die geschwellte stolzen des Claudiers zu entsprechenden Hoffnungen dämpfen. Den Hauptgrund hierzu Hess er, wenn ich nicht irre, schon
an dieser für die Gattin, die ihm keine Kinder gebar, bestimmten Statue vernehmlich andeuten. Der kleine Delphinreiter Amor an
dem Baumstamm (Abb.
13), der ähnlich auch auf der Rückseite eines
augusteischen Denars (Abb. 14) unbestimmter Zeit vorkommt (^), diess freilich nur in Wiederholung eines republicanischen Münz-
typus ('*), bezeichnet ja zunächst mythistorisch den Kaiser als clarus Anchisae Venerisque sanguis (^). Die Ausführung dieses Beiwerks ist von Köhler und Anderen für nachlässig, flüchtig, ungeschickt,
plump
erklärt
worden
(^).
Mit wie wenig Recht,
sollen
Sonderaufnahmen zeigen (Abb. 13, 15, 16). Ungeschickt ist aber hier nach meinem Gefühl nicht die Arbeit des Künstlers, sondern die die
von ihm absichtlich wiedergegebene Bildung und Haltung eines ganz kleinen Kindes. Das ist keiner von den flotten, beweglichen, lustigen Putti, wie sie die hellenistische und römische Kunst sonst darstellt, in demselben Spiel unter anderem
am Tronk
der
mediceischen Venus. Das scheint mir vielmehr die
mit dem
Stil
im Vergleich der Kaiserstatue sehr naturtreue Nachbildung eines
Knäbleins von etwa zwei Jahren, mit seinen ungelenken Bewegungen und seinem ganz unentwickelten Gesichtsausdruck. An dem
(')
Horaz., Epist.
(3)
Babelon
{*)
Nach Gips
Cavedoni der
Cass. Dio 54, 9.
n
S.
Numism. C^)
1, 12,
26.
I S. 383, 3; II S. 153,3.
des Pariser Exemplars Cohen I S. 100, 268, schon von 174 verglichen. Kubitschek verweist mich dazu auf Bahrfeld in Zeitschr.
XXVIII
S. 155.
Horaz., Carm. saec. 50, citiert von
Henzen
S.
74; vgl. Horaz. Carm.
4,
15, 32, u. a. («)
Koehler,
S.
439
f.;
Heibig,
S. 6;
Amelung,
I S.
27; Loeschcke,
S.
471
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
Abb.
13.
Abb.
II.
51
52
F.
STUDNICZKA
sehr tiefen Schädel hat schon Köhler die realistische Wiedergabe einer kindliclien Form erkannt. Und das von ihm als plump {goffo)
getadelte Gesicht hat, bei aller Unlebendigkeit, so durchgebildete,
Abb.
15.
charakteristische Züge, dass mich die Absicht, ein Porträt zu geben, unverkennbar dünkt. Die Kinderbildnisse an der Südseite des Frie>
densaltars sind
kaum
so individuell.
Dass Eltern und Grosseltern ihren Sprössling beinah von Geburt an Cupidinis os habitumque gereutem fanden (^), ist selbstverständlich. Dass sie dementsprechende Bildnisse von ihm machen (*)
Der Ausdruck von dem Mainzer Grabstein des
Chr. bei Buecheler, Carm.
lat.
epigr. II Nr.
1590.
2.
Jahrhunderts
n.
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
53
bezeugt sein, als in dem einen mir gegenwärtigen Fall, der aber gerade hier ausreicht. Von einem früh ver-
Hessen wird öfter
storbenen, prächtigen
Bübchen des Germanicus setzten
die Urgross-
eltern effigiem habitu CupiöAnis, Livia in den capitolinischen A^e-
Abb.
IG.
nustempel, Augustus in sein Schlafgemach, wo er, auch sonst ein Freund kleiner Kinder, das Bild täglich geküsst haben soll (*). Es ist ein einleuchtender Gedanke des alten Peiresc, dass jenen Liebling der Amorin bedeutet, von dem am Camee de la SainteChapelle dem Divus Augustus der Pegasusreiter zugeführt wird, letzterer natürlich nicht der längst vergessene Marcellus, sondern
ant.
(*) Sueton. Galig. 7; vgl. im Allgemeinen Birt, de Amorum in simul. et de pueris minutis (Alarburg 1892), bes. S. 21 und S. II.
arte
54
F,
STUDNICZKA
der unmittelbare Vorgänger des Germanicus im Osten, Doch ist aus diesen Fällen gewiss nicht zu folgern, erst der
Tod solch
spielender
Gr,
Caesar
(^).
immer Apotheose vorangehen musste, am dass
wenigsten für Kinder des Kaiserhauses. Ist nun der Delphinreiter, der vom Tronk zu Augustus emporblickt, wirklich das realistische Porträt eines Babys, dann kann
mit ihm
Spross des Julierstammes gemeint sein. des Und gerade im Jahr parthischen Erfolges schenkte Julia, die meines Erachtens schon auf dem Relief aus San Vitale der Venus
auch
Genetrix
nur ein
angeglichen
ist (-),
ihrem Vater
den
ersten
direkten
Stammhalter Gaius. Er war sogleich der gegebene Thronerbe, auch bevor ihn Augustus, drei Jahre später, mit seinem neugeborenen Bruder Lucius adoptierte. Es ist sicherlich gewagt,
in den Zügen eines kaum dem SäugKindes die des Jünglings G. Caesar wieentwachsenen lingsalter derfinden zu wollen, die neulich, dank ihrer schlagenden Aehnseines Vaters Agrippa, in den Jahrhunderte liclikeit mit denen
lang auf Caligula missdeuteten Bildnissen erkannt worden sind (^). Immerhin scheinen mir im Antlitz des Kleinen die für solches Alter auffallend tief liegenden, beinahe schon düsteren Augen, die
wenig eingesenkte, verhältnismässig längliche Nase, die Oberlippe, welche die untere überwiegt, das bereits recht kräftige Kinn, auf
Gemmen II S. 270 rechts; zur Deutung Gaius vgl. (') Furtwängler, meinen Vortrag in der Berliner Archäol. Ges. Januar 1910, von dem ein Auszug im Arch. Anz. Heft 2 erscheinen wird. Friederichs und Wolters, Gipsab(2) Bernoulli II 1 Taf. 6 S. 254 ff.; güsse Nr. 1923; Petersen, Ära Pacis S. 183. Die Deutung bedarf der Revision. In der an Venus Genetrix angeglichenen Frau mit dem Amorin, neben Augustus, Livia zu sehen, scheint mir ausgeschlossen, schon weil diese in der Ehe mit dem Kaiser unfruchtbar war. Es ist Julia. Der unverkennbare Jüngling neben ihr wird Marcellus sein, durch das sidus Julium, wenn es wirklich vorhanden war, als Stammhalter dieses Geschlechtes bezeichnet.
Mau
hat ihn in demselben statuarischen Typus nachgewiesen (Arndt, Portr. 709). In dem Gepanzerten daneben erkannte schon Conze an seinen derben Backen
den Agrippa, obgleich Stirn und Augen genau demselben hellenistischen Ideal und ihre beiden angehören, wie das Gesicht des Jünglings (Marcellus). Livia Söhne werden auf der fehlenden Platte rechts von Augustus das Gegenstück zu den drei erhaltenen Figuren gebildet haben. (»)
S.
den Vortrag A.
1.
ZUR AUGUSTUSSTATUE DER LIVIA
den feinen
55
Charakterkopf des herangewachsenen Prinzen voraus-
zuweisen.
Der ungefähr zweijährige Gaius am Tronk würde, übereinstimmend mit den übrigen dargelegten Anzeichen: dem frühen Siegelbilde der Sphinx auf den Schulterklappen (S. 31), den frisch überwundenen, noch trauernden Provinzen Gallia und Hispania (S. 37 f.) und dem jugendlichen Legaten Tiberius (S. 48) am Har-
Nähe der parthischen Huldigung weisen, in bald nach der Heimkehr des Princeps aus dem Orient,
nisch, in die nächste die Zeit als der
demselben Erfolge geweihte Bogen vollendet wurde (18 v. Die Mitte der Vierzig ist ein Lebensalter, mit
Chr., oben S. 41).
dem sich das Gesicht der Statue noch gut verträgt (S. 30). Bis über die Saecularspiele, in deren Jahr (17 v. Chr.) L. Caesar zur Welt kam, hinabzugehen, besteht kein zwingender Grund (S. 37 36). ;
Vielleicht lässt sich eher
Festes und
sagen, dass unter des horazischen Liedes dazu die
dem
Einfluss dieses
bildliche Verherrli-
chung des Princeps anders, wohl auch religiöser gefasst, weniger auf den einen diplomatischen Erfolg im Lande der Morgenröte zugespitzt worden wäre. Jedenfalls
finden sich
am Panzer
keine
solchen Anklänge an die Münzbilder der ludi saeculares (0, wie die oben nachgewiesenen an die signis receptis geprägten. Der Zeit
der Ära Pacis entspräche alles Erörterte noch weniger.
Franz Studniczka. Leipzig, Januar 1910.
(*)
Dressel
Taf.; Hill S. 148
in ff.
der Ephemeris
Taf
14, 93, 94.
epigrapliica
VIII
1893,
S.
310
ft.
mit
SEPTIZONIÜM
(')
(Tafel I)
Von hervorragendem Werte
für unsere Kenntnis des Septi-
zonium, das Septimiiis Severus am Fusse des Palatin erbauen liess, sind zwei von E. Stevenson im Bullettino d, Commiss. arch.
com. di
Roma
Dokumente,
1888
S.
die bisher
269, mit. Taf. XIII-XIV herausgegebene benutzt wurden. Eines sind recht de-
kaum
mit beigeschriebenen Maassen, augenscheinlich yon der Hand eines Technikers mit der Feder hingeworfen, auf taillierte Skizzen,
einem Blatt des Codex IV 149 der Markusbibliothek in Venedig: auf der Vorderseite ProfilU^ d. h. die Seitenansicht des bis zum Jahre 1589 stehen gebliebenen Nordflügels, von Süden her gesehen; auf der Eückseite die Ünteransichten der Decken aller drei Stockwerke.
dem
Das andere Dokument sind
die von D. Fontana,
Architekten Sixtus' V., mit einem andern unterzeichneten Auf-
stellungen über
die Kosten, welche
der
Abbruch jenes
letzten
üeberrestes machte.
Die Rechnung setzt sich aus zehn Funkten zusammen, von denen 1-3 den Oberbau, einschliesslich der am Sockel noch vor-
handenen
Marmorteile, die übrigen, 4-10, steckenden Unterbau, einschliesslich des vom Sockels, begreifen. Schicht
um
Schicht,
von
den
der
der
in
Marmor
Erde
entkleideten
ersten
bis
zur
zehnten, steigt die Aufnahme hinunter, gibt von jeder ausgehobenen Schicht die Maasse von Länge, Breite, Höhe an; zuletzt
(*)
Diese Untersuchung wurde veranlasst durch eine Anfrage Th. Wie-
gands. Er suchte einen Ausweg aus Durms Dilemma: entweder die Cinquecento-
Ansichten, oder den Stadtplan aufzugeben, da sie zu sehr differierten, um beide auf das Septizonium bezogen werden zu können. Ich weise nach, dass die Differenz nicht so gross, und wie sie zu erklären ist.
57
SEPTIZONIüM
auch die Maasse der so entstandenen Grube, die nach vollendeter
Ausbeutung wieder zu
füllen war.
Obgleich die angegebenen Maasse dieser Rechnung, um ihres Zweckes willen, nicht wohl anders als etwas summarisch sein können, schwerlich so genau sind, wie es für einen aufzuführenden aufgeführten Bau gefordert werden dürfte, muss es doch
oder
möglich sein, das Grundmaass des letzten Septizoniumrestes damit annähernd zu bestimmen. Um so mehr, als die Rechnung in zwei Teile zerfällt, die von einander unabhängig, jeder für sich, geführt
werden können, Schicht 1-8 von oben nach unten, 9 und 10 von unten nach oben einzutragen. Ja, in gewissem Sinne kann letzt-
auch die Grube, obgleich ihre Maasse vielleicht nicht besonder zehn Schichten übernom-
lich
ders gemessen, sondern aus denen
men
zur Kontrolle dienen.
sind,
müsse
Trotzdem
es
hiernach
scheint,
Aufgabe sich von selbst lösen, spottete sie doch meiner immer neuen Versuche, bis ich erkannte, dass der summarische Zweck der Rechnung gewisse Freiheiten in der Zusamals
die
menstellung des Materials gestattete, die, ohne die Rechnung zu schädigen, ihr die Arbeit erleichterte, dem Archaeologen dagegen erschwerte. Schon
auch
um
um
dieses richtig beurteilen
zu
doch
können,
des Ganzen willen müssen die Posten 4 bis 10
lienischen Texte hergesetzt werden. Ein
sei
im
ita-
es des
paar Fehler, oder Urschrift, bessere ich gleich ; anderes wird weiterhin, zugleich mit Erläuterung des Grundrisses Druckes, sei es der
folgen: In
ihm sind
Ab
-
die zehn Schichten, von der
Grube umschlos-
Schwarz eingetragen nach dem Palm-Maass der Rechnung 0,223 m. vgl. Stevenson S. 286); darauf in Rot, nach dem (1 p. durch Rechnung gefundenen Maasstabe des Marcianus (als P. M. sen, in
=
bezeichnet), der Grundriss des ersten Säulenstockwerkes.
Den Herausgeber
um
interessiert das erste der beiden
Dokumente
nachzuhauptsächlich, Für er aus das selbst diesen sich, spüren. Septizonium begnügt und den ebenso aus deren Maasstab er, Zeichnungen, Rechnungen der Wiederbenützung der Materialien
wie wir sehen werden, unrichtig interpretiert, die piena conferma von Hülsen-Graefs (0 Herstellung zu erweisen. Nur dem Sockel,
(^)
Chr. Hülsen, das Septizonium des Septimius Severus. 46. Berliner
Winckelmannsprogramm 1886.
58
PETERSKN
E.
sieht er sich genötigt, grössere
Höhe zu geben.
Und
das
im
ist
Wesentlichen auch, was Hülsen im Topographischen Jahresbericht dieser Mitteilungen
phie
ISS.
1889
258 und
S.
in
Italienischer Text per haver levato
4.
Jordan-Hülsen, Topogra-
103, 139 aus jenen Dokumenten gewinnt.
{et)
4-10.
cavato di sotto terra no. 6
fili
di
peperini che erano sotto alla detta fabrica che faceano piatea sotto terra Ion. p. 45 lar. p, 37 alt. insieme p. 19 i (79 i ist Druckfehler; das Richtige findet sich leicht: S.
284 und 287) fanno
sc,
162,30. (Eine caretta
carette
= 30
per haver levato
5.
et
1082 a L 15
6X3^,
auch
steht
'per caretta
monta
p. cicbi).
cavato di sotto
di peperini che facea detta piatea
sotto
Li
terra un altro suddetti per
filo
esser
p. 45 alt. p. 3j fa carett, 248 ä 15 b. versteht sich wie bei 4). Preis 37,27 (Der haver tirato 6. per fora di sotto terra un altro filo de peperini et travertini insieme che faceva piatea sotto alla rietroIon. p.
piii largo,
p. 8...
51
lar,
sc,
detta per esser piii larga deValtri Ion. p. 51 lar. p. 51 alt p. 3 ^ fa carett. 303 p. 13... sc. 45,51 (Preis also noch b. 15). et cavato di sotto terra un altro pezso del detto che faceva la piatea simile et faceva resalto
per haver levato
7.
al paro
verso lorto Ion. p.
32
lar. p.
14
al. p.
3 1 fa carett. 52 p. 8
7,84 (wiederum zu 15 b). di trevertino 8. per haver cavato et tirato fora un ßlo sotto alli soprad. quäl girava intorno alla piatea fatta de seid sc.
da cavare quäle d Ion. intorno (d. h. ringsum, nicht ungefähr) p. 116 lar, p. 5 \ al, p. 3\ fa carett. 67 p. 20 a b. 40 per caret, monta sc. 27,06. durissimi
9.
et
cattivi
per haver cavato et se tagliato
tini (per) quäle
2 fa 1022 a
tirato fora Vultimo filo de treveril masiccio de seid che gli era din-
86 lar. [req.'] p. 11 alt. p. 3 i che fa 70 per caretta per esser andati piü a basso et cavati in fondo di detta piatea monta sc. 71,75. (Die Korrekturen caret. 110 p. 11 und sc. 77, 25 rechtfertigen sich selbst: iorno p.
Ion. p.
caret.
b.
requadrati Leseversehn
ist überflüssig,
entstellt).
der Geldbetrag nur durch Schreib- oder
SEPTIZONIUM
59
per haver falto la fossa [ef\ tornata a riempire dove se fatta Ion. p. 64 lar. p, 53 al. p. 24 se ne difalea per la piatea di seid quäle e restata in fondo che (e) Ion. p. 37 lar. p. 44 al. p. 6 ^ resta la detta terra ca 70 (über den Fehler s. unten) scudi 28,33. 10,
^'^ cavato la detta piatea quäle
Erläuterung. Der zum Unterbau gerechnete Sockel erscheint auf den Cinquecento-Zeichnungen (bei Hülsen), wo er noch die im J. 1589
abgenommene Marmorbekleidung hatte, grösstenteils in der Erde steckend. Diese spätere Aufhöhung des Bodens bemass sich bei einer sonst für das Septizonium ergebnislosen
Ausgrabung
in via
di S. Gregorio (^) zu m. 3,50, war also im Jahre 1877 geringer als drei Jahrhunderte früher, da von den zehn Schichten Fontanas
mindestens die obersten sieben, wahrscheinlich waren. Das Flächenmass der Schichten I-VI, zu
acht
überirdisch
dem man nur
für
Marmorbekleidung noch dasjenige der Schicht VII ganz oder teilweise hinzunehmen darf, also höchstens m. 11,50 (rund) X 10,15 ist von fundamentaler Bedeutung für die Herstellung: Hülsen-Graef die
17 gehen mit Halbmesser schon 5.
4
Säulenweiten zu je 1 m. und 0,90 für zwei über jenes Höchstmaass hinaus die, 1,50
—
m
um
wie wir sehen werden, sehr beträchtliche Ausladung des Sockelprofils noch gar nicht mal mitgerechnet. Es versteht sich von selbst, grössere Dimension der obersten piatea (I-VI) und der nächsten (VII) den vier, die kleinere den drei Interkolumnien des letzten üeberrestes entspricht. Jene, also die nordsüdliche, die
dass die
«
Länge
» ,
steht
als
die
grössere
bei
voran: erst in Posten 10 wird einmal
den
Maassbestiramungen
die kleinere vorangestellt,
was sich dort erklären wird. 5.
Die VII. Schicht sprang also in der Längenrichtung um um 8 p. vor. Trug dieser Vorsprung, wie es
6, in der anderen
ist diese Erweiterung in der zu verlegen, da am südlichen Längenrichtung auf die Nordseite -Ende ja der Bau abgebrochen war. Die Erweiterung in der Brei-
scheint, die
Marmorbekleidung, so
0) Notizie d. scavi 1877 S. 270 (im Citat bei Hülsen
139 ein Fehler).
Top.
I 3. 103,
60
E.
PETERSEN
müssen, wenn man nicht nur für die Ost-, sondern ursprünglich auch für die Westseite Marmorbelag für erforderlich hält. Ein Blick auf meinen Grundtenrichtiing dagegen wird
riss
man
teilen
wird es erklärlich machen, weshalb ich Schicht VII im Weim Osten dagegen um 4 p. vortreten lasse. Ebenso
sten nur 2,
kann
die weitere
Ausdehnung des Fundaments
Schicht, jetzt nur in der
«
Breite
»
in
der
nächsten
noch wachsend, lediglich an die
Ostseite verlegt werden.
6 und 7. Nach dieser Seite also dehnt sich VIII um 6 p. Während aber von dieser, wie von der siebenten, im Ganzen gesagt wird, dass sie unter der nächsthöheren jetzt
«
ein anderes Stück
»
genannt
gelegen habe, wird schon das lässt einen
—
weiteren Teil derselben Schicht erkennen
Ausdehnung stens, es lag 1.
32, br. 14
noch
p.,
—
dreierlei
von
dem
bemerkt
ausser der
wird:
er-
paro von 8, zweitens, faceva la jnatea si~ mile. Bedeutet jenes noch ausdrücklich Schichtgleichheit, so wird al
dieses auf das Material gehen. In I-VII
wird
nur
Peperin, der
Kern auch des Oberbaus genannt; in VIII zum erstenmal Travertin neben Peperin. Bleibt das dritte, dass dieser Annex von VIII, den ich auch im Grundriss Villa nenne, faceva resallo verso l'orto. Ohne sich über den Sinn des letzten Wortes zu
285 schlechtweg
äussern, erklärt Stevenson S.
risalto,
evidente
nella pianta capitolina, che avea 'per iscopo di contenere le esedre. Exedren nennt er die drei grossen Apsiden oder Nischen des Mittelbaus auf dem Severianischen Stadtplan. Dann müsste dieser
«
Aussprung
»
am
linken
also in ganz anderer
Richtung
sich erstreckt haben.
Das
den Maassen der
«
ist
Grube
»
südlichen
Ende gegen Westen,
als die bisherigen Erweiterungeö schlechterdings unmöglich, weil mit
10 durchaus unverträglich. besten die auf Hülsens Tafel I
in Posten
Die Cinquecento-Zeichnungen,
am
wiedergegebene, zeigen unwidersprechlich, dass am südlichen Abbruch mindestens noch eine, wahrscheinlich noch mehr Säulen nach
Süden
folgten, dass
auch die ßückenmauer noch mindestens
Westen umbog. Dieser
«
Aussprung
»,
um
zog, bevor sie nach selbst noch 14 p. in seiner
eine Säulenweite weiter gerade aus nach
Süden
geringsten Dimension messend, würde also weit über das Längenmaass der Grube von 64 p. hinausgehen. Stevenson selbst scheint diese Schwierigkeit empfunden zu haben, ohne sie offen einzuge-
SEPTIZONIUM stehn. Der Text gibt ja aber
zum
61
üeberfluss auch noch die Rich-
tung des resalto an verso lorto, was Stevenson « gegen den Garten » verstanden haben muss. Doch auch abgesehen davon, dass :
z.
B. Duperacs Ansicht (Hülsen, Fig. 10) nach verschiedenen Seiman zur Richtungsangabe am natürlichsten
ten Gärten zeigt, wird
«ine Himmelsgegend verstehen, sofern
es möglich.
Also
«
gegen was auch die heutige römische Topographie, wie jeder Sprachgebrauch, mehr oder weniger streng versteht. Wenn damit
Morgen
»,
auch dieser Zuwachs des Fundaments die bisherige Richtung einhält, so kann auch das nur zur Bestätigung unserer Auffassung dienen.
«
Aus-
oder
»
«
Vorsprung
»
heisst
das
Stück,
weil
es
neben sich ein Stück der zurückbleibenden Schicht VIII hatte. 9.
wenn
10.
Die nächsten Posten bieten mehrere Anstösse, und nur genügende Aufklärung geben lässt, wird die
sich darüber
Herstellung annehmbar sein. Schreib und Rechenfehler in 9 sind im schon Text verbessert. Auch in 10 ist die Zahl der carette
unannehmbar, und gegen den geringfügigen Betrag erhebt sich ohne weiteres ein Bedenken. Es ist ein Spiel des Zufalls, dass zweierlei Berechnung des Kubus, eine richtige, eine falsche, diemit verschiedener Kommasetzung ergibt (^).
selbe Zahl, jedoch
Uns kommt
es jetzt
nur auf die
Maasse
der
fossa,
und mehr
noch der piaiea di seid an, und diese Maasse werden durch beide
Rechnungen, also gewissermassen doppelt bestätigt. Nun aber die Steine. Als brauchbar, ausgehoben und abgeführt werden nur die Travertine genannt, in IX: laufende Palm
116
X 5|X3i,
in
X:
ebenso
p.
86X11 X3i.
Die schmäle-
ren, von p. 5 7, wie. die breiteren, von p. 11 waren, wie schon die
zeigen, mit der piatea di seid, dem Gusskern des incertum verbunden. Allerdings stimmen die Maasse nicht opus da dem nur 6 i p. Höhe gegeben werden, den TraGusskern ganz,
Höhenmaasse
vertinen
zusammen 6 f
p.
Das wird, wie noch
bei anderem,
zum
Ausgleich geschehen sein. Q) Richtig wird natürlich der kleinere Kubus von dem grösseren abgezogen; das ergibt car. 2360 p. 26, ä 12 b== sc. 283,30; falsch gerechnet wird, wenn der Kubus durch Multiplikation der drei MaassdiflFerenzen 27 9
X 17 I gewonnen wird Kann man
;
so ergeben sich
zweifeln, dass der in
auf dem falschen
nur
car.
141
p.
12 1 ä b. 20 ,
=
X
sc. 28,35.
Rechnung gestellte Betrag von sc. 28,33 ist, und dass statt ca. 70 zu lesen ba. 20?
Wege gewonnen
62
E.
In Schicht
IX
PETERSEN
(Posten 8)
der
umgab
maler Weise auf allen Seiten ausser
rum
in nor-
(Süd) den Giisskera, (Posten 9) der Fall zu sein ;
Das Gegenteil scheint bei Schicht X es, die Gussmasse sei
denn hier heisst
Travertinbord
einer
«
um
den
Travertin
he-
gewesen (^). Das kann jedoch nicht richtig sein, weil der Gusskern dann ein zweiteiliger gewesen wäre auch deshalb nicht, »
;
weil es gegen die Regel und unverständlich wäre. Im Grundriss, wie in den Schnitten (^), sieht man die «5 7 p.-Trayertine an drei Seiten, West, Nord, Ost, die breiteren von 11 p., teilweise mit
jenen zusammenfallend, nur auf zweien, Nord und Ost. Fasst
nun
Auge, wie der Travertinbord zum Gusskern korrekt freilich nur sagen, « dass der Travertin
ins
man
liegt, so
um
man kann
den Gass-
man
aber nicht diesen, sondern jenen als die Hauptsache an, so kann man zwar etwas ungeschickt, aber doch noch verständlich auch sagen, « rings liegt der Gusskern am Trakern liegt
»
;
sieht
und AusAllerdings ist diese ungenaue Anschauungs drucksweise für die nur an zwei Seiten liegenden breiteren Steine noch weniger zutreffend als für die an wenigstens drei Seiten lie-
vertin
»
.
genden schmäleren. Kurz der Ausdruck ist nicht gut, ungeschickt, wie überall in dem Dokument; die Sache selbst kann aber im
Allgemeinen nicht zweifelhaft sein. Um die Travertine vom Gusskern abzulösen, vermutlich auch um sie in der engen Grube aufkanten zu können, schlug man ringsum längs des Travertinbordes je 2
wo
Palm vom Gusskern ab. Damit komme ich zu dem
schwierigsten Punkt, eben dem, Versuche, die beiden untersten Schichten IX und X mit
alle
den oberen, und alle zusammen mit der Grube in Uebereinstimmung zu bringen, scheiterten, bis ich einsah, dass die Rechnung Fontanas füglich Steine von gleichen Maassen zusammenfassen konnte, auch wenn sie nicht zusammen in einer Schicht lagen, und dass zufolge solchen Zusammenfassens leicht auch die
wechselt
werden
konnten,
für die
Schichten
ver-
Berechnung der Kosten ohne
Der Grundriss, den man zunächst einmal als gegeben annehmen wolle, wird mitsamt den Schnitten dies anschaulich machen die 5 7 p.-Travertine, die im Westen in der IX. Schicht allen Belang.
:
Adverb, so könnte man dHnterno lesen und wie di (') Wäre interno dentro verstehen. Doch finde ich interno nicht so gebraucht. (^) Deren Höhenmaassstab ist nur ein Drittel des Längenmaasses.
SEPTIZONIUM
werden
liegen,
Steinen
63'
Posten 8 mit den in der zehnten liegenden 5 f p.zusammengefasst, als ob allesamt, in einem fortlaufend in
IX lägen. Dadurch kommen die 11 p.- Travertine, die jenem ersten kleineren Teil der 5^ p.-Travertine im 8. Posten, in der neunten liegen, in die zehnte Schicht. Es bezeichnet also (IX) 10 im Grundriss die angeblich neunte, in Wirklich(116
p.), in
doch, mit
keit zehnte Schicht; ebenso (X) 9 die angeblich zehnte, in Wirklichkeit neunte Schicht. Und dass ich die Steine in solcher Weise
ordnen, mithin jene Schiebungen in der
Rechnung statuieren musste, Weise zu erreichende VIII mit den unteren IX X,
rechtfertigt sich eben durch die nur auf diese
Kongruenz der oberen Schichten (Ibis) wie
sie der
Grundriss ersichtlich macht. Die schmäleren
Traver-
genau vom Südende der Ostseite, um die nördliche herum bis 1 p. vom Südende der Westseite; die breiteren noch genauer von dem gleichen Punkte bis an das Westende der Nordseite. tine reichen
Allerdings bedingt sich diese Kongruenz durch den auf allen drei Seiten in seiner ganzen Höhe (0 nm den Gusskern herumgelegten 2 p. -Streifen der weggeschlagenen Masse. Erwännt wird diese Abhackung erst bei der angeblich untersten Schicht, und könnte, wenn die Angabe genau wäre, nur an der Nord- und Ostseite längs den breiten Travertinen angesetzt werden. Der wörtlich
genaue Sinn dieser Angabe widerlegt sich indessen selbst die 2 p. Gussmasse konnten in der zehnten Schicht nicht weggeschlagen werden, wenn sie in der neunten, darüber, noch bestanden. Es ist :
also auch die
Erwähnung der besagten Abhackung mit einem Teil der wirklich neunten Schicht nur infolge jener Schiebung in die zehnte geraten. Wird man ferner bezweifeln, dass die Hauptaus-
dehnung dex piatea di seid, ii p., in Ost- Westrichtung lag? Nicht nur durch den Grundriss widerlegt sich jeder Zweifel, sondern auch dadurch, dass bei dieser piatea zum ersten Mal das (kleinere) Breiten maass vor dem Längenmaass genannt wird: es geschieht, weil es hier die Breite, nicht die
südnördlicher
Richtung
erstreckt,
Länge
ist,
die sich in
wie bei allen übrigen vorher
genannten Schichten die vorangestellte Längenrichtung. Sollte man endlich darin, dass die fossa zwar um 2 p. breiter, aber
um (*)
1 p.
Nor an
kürzer als das
Maximum
der Westseite reichte die
des
Fundaments
Abhackung
ist,
einen
nicht tiefer als IX.
64
E.
Grund
finden, nieinen
PETERSEN
Entwurf zu beanstanden? Mir scheint
die
Geringfügigkeit der Differenz vielmehr für dessen Richtigkeit zu sprechen. Die Differenz selbst, wozu auch das gehört, dass die
im
Grube
Westen nicht grösser angesetzt
ist
als das
Funda-
ment, während sie in Wirklichkeit sowohl hier wie im Osten grösser sein musste als das Fundament, erklärt sich einfach aus
summarischem Ausgleich: man setzte schätzungsweise das Oberflächenrechteck der Grube im Umfange etwas geringer an als es in
Wirklichkeit war, weil der Tiefenraum dieses
auch
ausserhalb
schon vor
der
der
in
Rechtecks doch
Abrechnung gebrachten Gusskernmasse
Wiederaufschüttung
allerlei
Füllmasse enthielt;
Böschung der Grubenwände, den p.- Streifen rings unter der IX. Schicht, aber doch wohl unten gelassene Material
so die intakte Südwestecke, die
nicht aufgehobenen 5 j das zwar zerschlagene
des Gusskernstreifens, endlich von selbst
wieder
hinabgefallenen
Schutt.
Jetzt stellt sich die Frage, wie
auf
diesem
so
ermittelten
Fundament der Oberbau angeordnet sein könne. Da hilft uns nun Stevensons zweites Dokument mit den Skizzen des Marcianus (M) und den beigeschriebenen Maassen sind wir zum erstenmal in:
stand gesetzt, einen Grundriss aufzuzeichnen. Die Skizzen geben nur die unterste genauer allerdings die Grundrisse der Decken
—
—
nicht der Fussböden.
Da
indes an Einwärtsneigung der Säulen
gewiss nicht zu denken ist, und nur die oberen Säulenstellungen je ein wenig einwärts gerückt scheinen, dürfen wir Decke und
Fussböden des ersten Stockwerks einander gleich setzen. Welches war aber der Maasstab, dessen sich der Anonymus bedient hat ? Stevenson äussert S. 286, 2, wie es scheint, unter dem Druck von
M
Hülsen-Graefs Herstellung, dass es ein Palm von 0,325 m, gleich dem französischen Fuss sei. Das ist unmöglich, weil die vier Säulenweiten der Ostseite dann um 1,50 über das Maximum
m
was oben ja auch gegen Hülsen-Graefs Herstellung eingewandt wurde (0- Der Anonymus gibt uns selbst das Mittel, seinen Maasstab zu berechnen die Höhe des Fundaments (51 p.)
hinausgingen,
:
(*) Nur die Teilung des P{iede) in 12 Oace oder 96 minuti ist anzunehmen, obschon in den Skizzen öfters mehr als 7 oder 8 minuti notiert sind.
65
SEPTIZONIUM
des Säiilenbaus oberhalb des Sockels, den
er so vollständig
wie ihn Fontana abbrechen
ohne die offenbar
sah,
frei betrug hinziigetaue Balustrade, P. 90 On. 10 Min. 3 f (0- Fontana gibt dieselbe Höhe zu 115 p. an, d. i. m 25,645. Geteilt durch M.'s
8723 miniUi, ergibt das diese Berechnung
Hess,
min.
1
= millim.
Wie
2,94.
verlässlich
zeigt sich sogleich an den
Hauptabmessungen, üeber die aus Fontanas Angaben berechnete Nord-Südausdehnung des Fundaments I-VI VII, von m 11,373 geht die nach berechnete Länge der vier Säulenweiten nur um 5 cm hinaus; ist,
M
+
die drei
m
Weiten der Ost- Westrichtung
lassen, ausser 2 p.
=0,446
gerade dem Marmorbekleidung Severianischen Palaste zugekehrten Westseite, noch etwa 0,50 frei. Bei diesen Ansätzen ist eine weniger bekannte Grösse die für die
der
vorauszusetzende
m
am
Ausladung des Puss- und Kopfpro files bedeutend zeichnet, doch ohne
die
Sockel,
Maassangabe,
weil
M
recht
er vermutlich
das Kopfprofil zu beschädigt und das Pussprofil, als in der Erde steckend, gar nicht sah. Im Grundriss habe ich es nach Verhältnis der entsprechenden Profile
im zweiten
mlnuti = m.
Stock, d. h.
182:222
=
222 :x, zu 270 0,79 angenommen. Vielleicht war das mittlere Maass von 0,65 m genügend. Mit dem grösseren Profil käme die Viersäulenfront auf m 9,68; mit dem kleineren auf m 7 cm. weniger als 32 römische Fuss, jenes um In ostwestlicher ßichtung würde derselbe Viersäulensah, mit dem grösseren flügel, wie ihn das Cinquecento noch Profil (einmal) nur um 13, mit dem kleineren um 40 cm unter
9,40. Dieses
21
ist
cm mehr.
32 römischen Fuss bleiben. Das grössere Minus möchte geeigneter scheinen, durch den vorausgesetzten Marmorbelag ausgefüllt zu werden, der ja doch irgend eines Fussprofiles nicht entbehrt haben dürfte. In
dem
einen Falle wäre der
im Grundriss
beliebte ßück-
sprung der Schichten I-Vl gegen VII nur um 4 cm, im andern aber um 31 cm zu gross. Um so viel also könnte das Fundament I-VI mitsamt seinen Marmorteilen auf VII nach
Vi7"esten
geschoben werden. So wenig wie die Maassbestimmung von M.'s minuto 2,94, ebensowenig sind die damit gemachten (*)
zweite
Die fehlenden Maasse habe
Gebälk
(3
Teile)
Kassettenunterseite zu
zu
2, 4,
P
ich
408 M
nach
6f;
zurück-
= millim.
Längen- und Brei-
Verhältnis berechnet:
das dritte von
oberhalb
3.
5
das der
66
E.
PETERSEN
tenbestimmuDgen des Septizoniumrestes absolut. Sie können aber doch durch doppelte Bewährung, einerseits an dem von Fontana gemessenen Fundament, andrerseits an dem
römischen
Fussmass
als leidlich gesichert gelten.
Wozu nun
aber das nach Osten liego.: 'e überschüssige Fundadem eben L-v.sagten noch 4, bezw. 31 cm
ment, das im Grundriss nach grösser sich erwies?
VIIHalso
Vlll
m
Ziehen wir
G5
p.
.
um
m
m
die Seiteuportiken noch
2,45
X
2
— m 4,90,
Gesamtausdehnung von einfach 32 römische Fuss, übrig. Das wäre gerade ge-
n der
= m 14,495
9,47 ab, so bleiben rund 5
nügend, Mittel
a, d.i.
um
zwei
Säulenweiten, im
nach Osten auszudehnen,
d. h.
so
wie das bekannte Fragment des Severianische Stadtplans den ohn^ Zweifel
dem
darstellt.
nördlichen symmetrischen Südflügel des Septizonium ist eine solche Verlängerung der Flügelportiken
Doch
durch alle Tatsachen ausgeschlossen, vor allem durch Weihinschrift, deren rechtes Ende vor dem Abbruch noch auf
ja
die
dem
Gebulk des kurzen Flügelbaus gelesen wurde. Der Stadtplan ist also wohl korrekt hinsichtlich der Ausdehnung des Vorsprungs^ inkorrekt dagegen, interpoliert
durch willkürliche,
besser
durch
gedankenlose Verlängerung auch der Portikus. Dass vor der auf hohem Sockel stehenden Säulenfront tiefer eine niedrige, separate
Kolonnade von zwei Säulenpaaren gestanden habe, wird ja niemand glauben. Also, wie es scheint, eine einfache Plattform, deren und Ausdehnung südwärts natürlich nach den zu Fontanas
Höhe Zeit
noch vorhandenen Resten nicht bemessen werden kann. Die Ostgrenze ist dagegen mit den damals gemessenen Resten gegeben. Das beweist erstens die nachgewiesene üebereinstimung mit dem Stadtplan; zweitens die Bordschwelle am Gusskern, ganz besonders die schmälere unterhalb der breiteren, die ja niemals breiter
gewesen sein kann. Ebenso beweist das Fehlen jeglicher Einfassung des opus caemeaticium im Süden, dass das Fundament, natürlich mit seinen Bordschwellen, weiter nach Süden sich erstreckte^ vor dem Südflügel die gleiche fand im Norden wie Begrenzung Wie hoch aber war diese Plattform? Die Beantwortung dieser Frage hat auszugehn von der Höhe des hinter ihr aufragenden
selbstverständlich soviel, bis es
= m 25,645 = m 3,49 der
Säulenbaus. Zu dessen von Fontana gemessenen 115 p. über dem Sockel kommen, mit diesem, noch 19 1 p.
SEPTIZONIUM
67
Schichten I-VI. Der Marmorbelag der auf dem Sockel und der, der vor ihm auf der Plattform lag, mag sich ausgeglichen haben.
Oberbau und Sockel, wären über der Plattum 44 cm unter 100 römischen
Beides zusammen,
form
m
Fuss
ist.
2ü
sein,
29,13 hoch, was nur
Das Septizonium scheint also ein Centenarbau gewesen wie solche bekannt sind, und wie die Marcus-Säule cen-
tenaria war und hiess. Es bleiben für die Plattform also die
von Schicht VII-X, 6
7
über
d.
i.
15^
p.
= rund
Höhe
wovon man
3 Meter,
d. i. die Höhe des oipm caementicium, unterhalb, den Rest dem Erdboden liegend denken mag. Also vor der grossen
p.,
Drei-Apsiden-Fassade eine gleich lange, vor der graden Hauptfront 5 m vorspringende Plattform von wenn wir sie zunäckst gleich-
—
massig erhöht denken Stellt
man
sich
— rund 1,50 m Höhe.
nun diese mit
drei
Säulenstellungen,
auch
den drei Apsiden bekleidete Fassade von 270 oder 300 römischen Fuss Ausdehnung, mit den schwach vorspringenden Flügeln in
und der vor dem Ganzen
sich erstreckenden Plattform
— ob ganz
m
Höhe vor
anerkennen, dass ihr
keine an-
ausgefüllt, wird sich noch zeigen
— von
etwa 1,50
das geistige Auge, so muss man dere Art von antiken Bauwerken auch nur
annähernd so ähnlich;
als die Prachtskenen der grossen Theater der Kaiserzeit: Skene, Paraskenia, Bühne, alles wäre vorhanden, und
gewesen sein kann, die Zuschauer?
Sitzreihen
nicht vorhanden
;
sum
zu denken.
um
rings
Bühne waren
freilich
aber stehend und wandelnd haben wir sie ringaber die « Bühne » ? Auf diese Frage
Wozu denn
geben und gaben schon vor mehr Ruinen ähnlicher Art und Anlage
und
die
seither auch in Milet. Die
als
Jahren
zwanzig
in Side,
Antwort
Aspendos, Lambaesis,
Bühne vor diesen Prachtbühnen-
gehörte den Nymphen, die darauf tanzten, d. h. ihre Wasser spielen Hessen. Ein vermutlich ähnlicher Bau in Antiocheia, das mit seiner Wasserfülle reich an solchen Wasserthea-
häusern
tern war, hiess
Trinymphon, natürlich von den
in üblicher
Drei-
zahl dargestellten Nymphen, die zusammen in einer einzigen, sehr wohl aber auch getrennt in drei Apsiden aufgestellt sein konnten.
Nymphentheater, -d^äaTQov Nvfitp&v, daneben auch vaog NvfjKpwv^ ein für Bauten Antiocheias bezeugter Name, ist für solche Anlagen äusserst zutreffend.
Viel philologische Kunst und Gelehrsamkeit
ist
aufgeboten
68
PETERSEN
E.
worden (0, um die von mir behauptete Einheit von Septizonium und Nymphaeum wieder aufzulösen: der ursprüngliche Name Septizonium, sondern Septizodium gewesen sein Fassadenbau und Wasserkunst sollten auch in Lambaesis zwei ver-
sollte nicht
;
schiedene, getrennte Dinge gewesen
am
sein;
der
dreistöckige
Bau
Unterbau gewesen sein, mit der zu Bestimmung, etwas tragen und weithin sichtbar zu machen « was dieses gewesen sei, sollte der auf die Tagesgötter Sonne, Mond Palatin endlich sollte
«
ein
;
und Planeten bezogene Name, Septizodium, anzeigen. Was etwa die Gestirne mit dem Bau zu tun haben könnten, wird nachher zu sagen sein. Zuvörderst muss gesagt werden, dass alle jene drei Aufstellungen von selber zerfallen. Zuerst zum Dritten, der architektonischen Idee:
und Sinn
nicht viel Blick
für Architektur zu haben,
man
um
braucht
einzusehen,
dass die lange dünne Passade mit ihren drei Halbkuppeln alles andere eher will als einem zu tragenden Gegenstand als Unterbau dienen; dass sie im Gegenteil durchaus selbst gesehen werden
und
will,
wenn
dass,
sie,
nicht entbehrte, diese nie
natürlich,
bekrönender Schmuckstücke
und nimmer
die
Hauptsache,
sondern
nur Nebensache sein konnten.
Zweitens:
in
Lambaesis sind
es allerdings zwei verschiedene
Inschriften, verschiedener Zeit, deren eine das
andere das
Nymphaeum
nennt:
Septizonium, deren aber beide stehen auf demselben
Architrav, die zweite nur etwa 10
bis
20 Jahre später zugefügt.
den beiden Teilen, Septizonium und Nymphaeum gemeinsam, einigt Avas Maass trennen will. Das unglaubliche Kreuzverhör der Zeugen das war das
Der Architrav
ist also
—
—
durch welches Septizodium als die Erste Form des Namens erwiesen werden soll,
che
echte hatte
ursprünglidiese
These
Hülsen (^) eine Zeitlang wahrscheinlich gemacht; später neigte er zum Widerruf. Die Entscheidung ist nur zu ein^ fach mögen die Handschriften zwischen d und n im Namen schwan-
allerdings für
:
(^)
liens
(^)
S.
E. Maass, Tagesgötter.
und Pisidiens
XX
Topogr.
I, 8,
Petersen
Städte
100 fand H. Maass' These sehr wahrscheinlich.
widerrief er wegen Schürers
mentl. Wissensch.
in Lanckororiski,
Pamphy-
I 139.
VI 29 und
lich angegriffen wurde.
63,
Im Nachtrag,
Ausführungen in Zeitschr. für neutestaobgleich die These hier gar nicht ernst-
SEPTIZONIUM
dem römischen
ken: der den
Bau von Lambaesis wird in zum einen Teil Nymphaeum, zum andern
gleichzeitige
Inschriften
otfiziellen
69
Septizonium genannt. Also sieben Zonen, und dass Zonen so viel
wie
Stockwerke
Maass S. 12 sei, bedeute, sma^Mvog gleich siebenstöckig In dann Schürer. diesem Sinne erklärte nun das aus, wiederholte «
führte
»
römische Septizonium des Septimius Severus sich auch in seinen Resten noch selbst. Septem solia major und S. s. minor hiessen
im
die beiden
Mittelalter allein noch übrigen Flügel, von denen 1589, nur der nördliche noch aufrecht blieb (*). Kann
zuletzt, bis
man zweifeln, men noch das
dass in diesem durch Volksetymologie entstellten Na-
alte Septizonium lautlich nachklingt? Später sprachen die römischen Antiquare von den sette legature di pietra und erinnerten mit dem Worte legature wieder an die Zonen. ist nicht genügend, wenn man ^uwcci, z. B. bei Pausanias (*), so etwa wie fasciae, nur von dem äusserlich streifenartigen Aussehen der Friese oder Gebälke versteht: weit reicht ja in Form und
Es
Wort
das Gleichnis. Das Band anzusehen, war nur zu natürlich. Diese Anschauung sprach sich in Namen imd Ornament der Tänie am doder Tektonik, besonders der Griechen,
Gebälk
als ein
dem Flechtbandornament
rischen Epistyl und in
an dessen Unter-
Jene legature, welche den doppelten Zweck hat-
seite deutlich aus.
Standfestigkeit der zwei hohen parallelen Mauern durch ihre Verbindung zu erhöhen, und Wege im Inneren zu bilden,
ten,
die
in der tlüchtigen Skizze, die Hülsen S. 20 wiedergab, nicht zu verkennen: deutlicher sind sie im Profil des Marcianus.
waren schon
Hülsen lehnt zonium,
die
S.
35 die
mittelalterlichen
xenus (Hülsen
a.
so treffende
a.
vor
Marliani
0.) gegeben war, ab,
Eigentümlichkeit, so lange der
(^)
Die
wie in den
Erklärung des Namens Septi-
und Gamucci schon in jener und in der Glosse des PhiloVolksetymologie
lange
mittelalterliche
«
weil diese konstruktive
Bau überhaupt
unverletzt stand, gar-
Verdunkelung des wahren Namens, z. T. gleichman in A. Bartoli, / documenti per w. im Bollettino d'Arte 1909 III. (Hinweis und
Handschriften, übersieht
la storia del settizonio u.
s.
Benutzungsmöglichkeit danke ich der Freundschaft Studniczkas). (^)
An
drei Stellen
V
10, 5;
IX
39, 9;
X 16,
2, ist
jedesmal der ganze Körper,
nicht die Aussenseite des Gebälks oder Bandes mit
weist für die erste Stelle die nähere
^(hvri
Bestimmung xaxä
bezeichnet. tb ixrög.
Das
be-
70
E.
PETERSEN
nicht auffällig gewesen sein kann». Als ob niemals ein Gebäude nach seiner inneren Einrichtung benannt wäre! Zählen denn nicht die mittelalterlichen Stadtbeschreibungen, neben den aussen sicht-
grossen Säulen, auch die Stufen im Innern, haben diese Säulen ihren mittelalterlich-antiken Namen Coch-
baren Fenstern der
und
den Treppen im Inneren? Ja, wenn die sieben Stockwerke von niemanden bestiegen worden wären, dann möchte Hülsens Folgerung gelten. Doch das Septizonium war zu ersteigen, lides nicht von
und
wird, gleich den Säulen, von Neugierigen,
Römern oder Frem-
den, oft bestiegen sein. Treppen können äusserlich nicht
sichtbar
gewesen sein, werden aber einmal wenigstens erwähnt (*)• Auch werden sie, die für Zwecke des Gebäudes selbst und seiner Erhaltung notwendig und selbstverständlich waren, durch die mittelalterliche Benutzung der beiden Flügel, wofür Stevenson S. 261 zu vergleichen
Und
ist,
erwiesen und eben in die Flügel verlegt. M. einen überaus wertvollen Fin-
hier gibt uns wieder
niemandem beachtet scheint. Seine EinzeichRückenmauer im ersten Stockwerk gegenüber der
gerzeig, der noch von
nung
in
die
hakenartigen Umbiegung des Ganges am Ende, wie sie auch in meinem Grundriss aufgenommen ist, kann nichts anderes bedeuten als ein Schlitzfenster,
aussen nur
ra.
markiert, P. 9, 0,11
und das Fenster
am Gang P Denn auch im
das innen,
0,19 breit
ist.
= m. 2,80
über
2,
0,11
= m.
0,74,
Profil ist seine Stelle
dem Fussboden
selbst ungefähr ebenso hoch wie
des Ganges,
breit (^). Dies
Ende
des Ganges gerade und beweist, dass man hier gehen konnte. Wozu aber gerade in diesem kurzen Ende gehen, wenn es nicht auf einer Treppe war? Und deren wegen verbeiterte sich der Gang in diesem kurzen Endstück merklich, um 13 cm., wie im Grundriss, in dem die Hauptmaasse von M. eingetragen sind, ersichtlich. Auch
Fenster
leuchtet
in
das
hakenartige
hinein
die Treppe wird man eingezeichnet finden, wie sie dem Nichtdem Mittelpfeiler so wiel Stärke wie techniker möglich schien. zu ich die Treppe auf 50 cm. Breite herab. möglich geben, setzte
Um
Damit war (')
sie freilich
Scamozzi,
discorsi
24 cm. schmäler sopra l'antichitä di
als
die
Roma
Treppe
1583.
zu
in
der
Taf. 23
f
spricht von Treppen, die er trotz ihres Ruins zu ersteigen die temeritä gehabt. (*) Was M. mit der Einzeichnung rechts davon, an der Mittelwand meint, bleibt mir dunkel.
SEPTIZONIUM
71
Marcussäiile, die trotzdem
nach der einen
Seite,
wegen der VerringeruDg der Stufenbreite und weil der Ansteigende stets die Wand-
vor sich hat, gewiss noch weniger bequem war. Im Septizonium hatte man ja stets nach wenigen Stufen freieren Raum.
krümmung
Ausweichen war
Ende
freilich
eine Treppe, eine
unmöglich, aber auch unnötig, da an jedem zum Auf-, die andere zum Abstieg war.
Die Höhe der einzelnen, durch die Treppen zugänglichen Gänge war, wie M.'s Profil zeigt, ungleich: das erste, höchste hat 4,18 m., die in 18 Stufen von wenig über 23 cm. Höhe überwunden werden konnten. In den folgenden konnte bei gleicher Stufenzahl deren Höhe geringer sein. Das Fenster im ersten Stock beleuchtete das
Herauf
zu.
und das Hinauf von der ersten Zone. Wie
in
den Cochlides, lagen die Fenster aller Stockwerke immer an gleicher Stelle. Unter dem ersten wird die Tür gewesen sein. Wenn die Strasse, die Lanciani F. ü.
Taf.
35 hinter dem Septizonium
verzeichnet, höher lag als das Pflaster vor ihm, so konnte von ihr her bis zur ersten Kehre der Weg horizontal sein. Ob so oder ob
schon ein erster Treppenteil, empfing dies Stück sein Licht durch die Tür. Weshalb ist in die Treppe nicht angedeutet? Ich weiss
M
darauf keine andere Antwort, als dass er die Stockwerke ja in Unteransicht zeigt. Ein zweites Fenster an demselben Gange war erst in weiterem
Abstände erforderlich:
in der
Ruine reichte
er ja nicht
6 m. weit vom ersten Fenster. Jeder Gang musste, wie der Stadtplan zeigt, nachdem er von der Nordtreppe aus sich zunächst links
gewandt links,
hatte, vor der ersten Apsis rechts
wenden, danach wieder
hinter der dritten Apsis wieder links, dann rechts,
lich links,
um
es natürlich
und end-
Von Süden her ging in Hülsen-Graefs Mauern Die schwarzen umgekehrt. in die Siidtreppe zu gelangen.
Grundriss auf Taf. IV, bei Lanciani wiederholt, wie die Springbrunnen.
sind
Phantasie,
Jetzt wenden wir unseren Blick für einen Moment vom Septizonium weg auf den « Nymphentempel » von Side, der seinen Na-
men
trotz
Maass' Ableugnung
behaupten
wird.
(/)
Bei so
kleineren Verhältnissen hatte dieser nur eine, oder mit
zwei Zonen.
Auf
einer Treppe, die ausserhalb des
viel
dem Dache
Gebäudes an den
(*) Ich verstehe nicht, wie man das Epigramm an der Basis des Bryonianos LoUianos, das in Lanckororiski, Paraphylien I, 105 N. 107 veröffentlicht wurde, nach Fundort und Inhalt nicht auf das Nymphaeum beziehen kann.
72
PETERSEN
E.
von Norden herangeführten Aquaedukt Jahre 1884 « einen der Länge nach »
Süd
—
deckten zu
dem
lehnte,
erstieg ich (\)
— auch hier
im
von Nord nach
durch den Oberbau gehenden schmalen, wagrecht überGang ". In ihm gelangte ich nur bis zu einem Gemach, «
sich der
und aus dem
Gang zwischen Nord- und Mittelnische
ein Fenster in der
Hinterwand
des
erweiterte,
Gebäudes nach
Osten hinaussah, während die grosse, aus neun Ausgüssen gespeiste Fontäne an dessen Vorderseite, im Westen lag. Weiter südlich vorzudringen,
hinderte
mich der Zustand der Ruine.
Doch sah
ich
von aussen, vor der Front stehend, die auch auf der, so viel ich sichtbaren Oeftweiss, nach Photographie getuschten Tafel nicht zum Gange anzur rechten Nische, nungen, die symmetrisch
XXV
gelegt sind. Ich hielt sie für Türen: dunkel, wie sie auf der Tafel erscheinen, können sie ja auch nicht Fenster nach Art des vorer-
wähnten
sein,
sondern Ausgänge,
Mündungen
jenes engen Ganges,
Zerstörung weitergeht. Da oberhalb der Deckplatten der unteren Kolonnade noch wieder Steinbalken eingebunden waren, trugen die Säulen, wenn nicht ein zweider jetzt
unzugänglich,
tes Säulengeschoss,
die
jenseits
der
doch jedenfalls eine Gallerie oder Balkons, auf
man durch
jene Ausgänge hinaustreten konnte. wir auch im Septizonium zwischen haben Danach
den
drei
Apsiden Gemächer anzunehmen, die von jedem zweiten Gange aus zu betreten waren, nnd aus denen man auf die Portiken hinaustreten konnte (*). Denn, wenn irgendwo, musste es hier einen Reiz haben, auf den Nymphentanz und die weitere
Umgebung hinaub-
ziischauen.
Wie
ein
gewöhnliches Theater seine Siatoo^aTa, auch ^(brav
genannt, im Zuschauerraum hatte, so das Nymphentheater solche in der Bühnenwand selbst. Ihre Zahl ist offenbar bedingt durch die Zahl der Säulengeschosse.
Der Marcianus
zeigt,
wie auf jedes
Geschose zwei Zonen kommen; dazu als siebentes das Dach. Die Siebenzahl erklärt sich also zunächst aus der Konstruktion. Als die Siebenzahl der
Bau
Tagesgötter
»
zu so grosser Bedeu-
Pamphylien S. 139. waren vermuthch vorsichtshalber nicht in den der erwähnten gelegt, sondern an der Rückseite, vielleicht jenseits
(^)
Vgl. Lanckoronski,
(^)
Die Wjisserkammern
selbst
«
Strasse angebracht.
73
SKPIIZONIUM
timg für Zeiteinteilung und alles mögliche gelangt war (^), konnte freilich darauf verfallen, die sieben übereinander liegenden Bahnen oder Zonen des Septizonium, zumal sie an einem Ende auf-
man
am
anderen abwärts führten, mit den nach antiker Theorie gleichfalls übereinander liegenden sieben Planetenbahnen zu vergleichen ;
mau
konnte, weitergehend, sogar
die einzelnen
Bahnen
Ge-
des
bäudes in der später geläufigen, aus Ciceros Traum des Scipio, in der Kepublik, bekannten Ordnung nach den Gestirnen benennen. Ja, vielleicht brachte man sogar zur Unterscheidung und leichteren Orientierung an den
einzelnen
geläufigen Typen der Kaiser Septimins und seiner
Zonen
die
« Tagesgötter » an, und mochte, dem Astromanie zu gefallen, die sieben Götterbilder in wirkungsvoller Weise im Antlitz des grossen Säulenbaus hervortreten lassen Wo :
immer aber
sie
leuchten mochten, ob unten oder oben, meinethalben
auch als Akroterien des Daches, waren
sie
doch nur nebensächliche
Verzierung; das Hauptbild war das grosse Standbild des Kaisers oder denkt man sich ihn als Sonnenin der Mittelnische (^)
—
—
Hauptsache am Ganzen das lebendige Wasser. Und wir nicht: die ganze Beziehung auf die Gestirne beruht vergessen ganz und gar auf Vermutung. gott?
die
Ein Wort noch, zum Anfange zurückkehrend, über die Wasserbühne. Denken wir, wie bereits angezeigt wurde, die platea dt seiet
in grader
Richtung nach Süden weitererstreckt und hier im
Süden mit einem Viersäulenflügel, gleichwie im Norden abgeschlossen, so dürfen wir die 11 p.- Travertine wohl als Fundament der vorderen Einfassung des lacus, mit oder besser vielleicht ohne Schöpfbecken, ansehen. So blieben etwa 15 röm. Fuss vor der
graden
Säulen front, bis in die Tiefe
pelte für
das Wasser.
der Apsiden Die seitlichen Plattformen,
fast das
in
Dop-
Breite der
Flügelbauten, boten vielleicht Sitzgelegenheit, wie es auch beim um im Nymphaeum von Side vermutet wurde, entsprechend Theatergleichnis zu bleiben Theaters.
—
—
etwa den tribunalia des römischen
Eugen Petersen. Berlin, 10.
Mai 1910.
() Vgl. Maass, Tagesgötter und Röscher im Mythol. Lexikon Planeten. (*) Vgl. Hist. Aug. V. Severi 24. Das angebliche Vorhaben des Kaisers, :
das Septizonium zu einem regium atrium seines Palastes auf dem Palatin zu machen, braucht, zumal es vereitelt wurde, nicht ernst genommen zu werden.
UND
DIE ETRÜSKER
Heute
DIE ROEMISCHE RELIGION
Deutsche Institut nach guter, alter Sitte den
feiert das
Geburtstag der Stadt Rom. Bei dieser Geburtstagfeier ist es vielleicht nicht unangemessen, gerade die Kindheit Roms zu behandeln. Ausserdem besteht der Reiz der Kindheit bei Städten wie bei Menschen, und gerade diese ersten Stadien der ewigen Stadt haben heutezutage ein ganz besonderes Interesse, indem man dem alten Sprichworte « Ex Oriente Lux » folgend neue Bahnen einschlägt und einigermassen zu neuen Resultaten schon gelangt ist.
Dem
grossen Mommsen verdanken wir die Fortschritte, die das Studium der römischen Religion in den letzten fünfzig Jahren
gezeigt hat. Von ihm ausgehend haben seine Schüler, besonders Wissowa, das Problem der Lösung immer näher gebracht. Das Prinzip aber,
worauf
sich
dieser
Neubau gründet,
ist
das
Ausscheiden
der griechischen Elemente, Herstellung der primitiven, von den Griechen noch nicht berührten und beeinflussten Vorstellundie
gen und Begriffe
(^).
gestellt waren, war
Sobald diese ursprünglichen
man umgekehrt im
Elemente
fest-
Stande, die Geschichte der
römischen Religion in ihrer Entwickelung zu schreiben, und man hat sie in der Tat geschrieben. Aber wie es sich in unserm Zeitalter in den Naturwissenschaften, besonders in der Chemie, gezeigt hat, dass das,
was man
Element betrachtete, wiederum einer Zerteil ung fähig war, wobei noch ursprünglichere Elemente zu Stande kamen, so ist es als ein
auch in
der römischen
Religion.
Das Product, das man durch
(') Man vergleiche die bekannten Worte Hartungs, die immer der Wie« Es ist ein alter 'J'empel derholung würdig sind (Rel. d. Rom. I p. ]X) von einem Ueherbaue verhüllt worden, sodann sind beide eingestürzt, und wir haben nun die Trümmer des ersteren Gebäudes unter dem Schutte des :
zweiten hervorzugraben
».
ETRUSKER UND
DIE
75
DIK ROEMlSCHE RELIGION
Ausschaltung des Griechischen bekam, und das man als urrömisch betrachtete, ist wiederum eine Mischung, ein durchaus mit fremden Elementen durchsetzter Körper.
Es
ist
kein Geheimniss, woher diese fremden Elemente stam-
men. Abgesehen von dem Kom umgebenden und ungefähr auf demselben Niveau stehenden Latium waren es nur die Etrusker, die durch ihre Kultur überlegen im Stande waren, ihren Glauben und ihre Götter bei den Römern heimisch zu machen. Dieses Prinzip bewährt sich aber nicht nur für die römische Religion, sondern man kann es auf sämtliche Gebiete des römi-
Durch Ausscheiden der
schen Altertums anwenden.
erst später
von
den Griechen übernommenen Elemente liegt uns der Anfang der Geschichte Roms in zwar verkürzter, aber doch der Wahrheit näher
Form
stehender
vor Augen.
Jetzt heisst definieren, tet,
wie
diese Arbeit weiterführen
und wenn man
so scheint es
dies
es,
sich einmal
mir wenigstens,
dass
und das Etruskische
eine Prophezeiung die
nächsten
Problem zum grössten Teil lösen werden. sollte die Sache auf dreierlei Weise versuchen
Man man
gestat-
Dezennien
:
erstens,
durch
Erforschung der Sprache, die doch endlich ihre Geheimnisse aufgeben muss zweitens durch baes tatsächlich tut,
;
bylonische Forschungen, und nebenbei, wenn sich Gelegenheit bietet, durch Ausgrabung lydischer Gräber, wo höchstwahrscheinlich eine
Uebergangsstation zu finden ist drittens aber durch erneute Prüfung der römischen üeberlieferung, wobei man sich vergegenwärtigen sollte, dass zwischen den Etruskern und den andern ürvöl;
kern,
z.
B. den Sabinern, die mit
Rom zusammengekommen
dieser grosse Unterschied existiert, dass
sind,
die andern Urvölker bald
verschollen sind oder wenigstens ihre Eigentümlichkeiten eingebüsst haben, während die Etrusker noch in historischer Zeit existierten und ihre eigene üeberlieferung noch hegten.
Es bestand also für die
Altertumsforscher der Ciceronianischen Zeit
immer
die
Möglich-
Wahrheit ihrer Äusserungen zu prüfen. Trotzdem in den letzten Jahren so viel über die Königsgeschichte geschrieben worden ist, trotzdem so ziemlich allgemein
keit, die
der Einfluss der Etrusker anerkannt
ist,
so fehlt doch, so viel ich
sehen kann, der Versuch, die Stärke des Einflusses zu messen und die daraus notwendig werdenden Folgen zu ziehen. Manhat selten
'
76
J.
CARTER
B.
versucht, die Kulturentwicklung des römischen Gesetzen der Soziologie durchzudenken.
Dass ßomulus, existierten,
gibt
Numa, Tullus
man
Legenden immer
jetzt fast
allgemein
so lebhaft auf unsere
nach den
Ancus Marcius nie
Hostilius, zu,
Volkes
und doch wirken
die
Vorstellungen, dass unsere
sämtlichen Begriffe des römischen ürvolkes durch sie beeinflusst sind. Lassen wir aber die sogenannte ältere Königsgeschichte vollständig beiseite und versuchen sie einerseits durch die monumentalen Reste, andererseits durch das Ueberbleibsel primitiver religiöser Vorstellungen zu ersetzen, so haben wir das Bild
eines
auf
einem sehr niedrigen Kulturniveau siehenden Volkes. Die Religion war ein Animismus, der eben so weit entwickelt war, dass die Namen der übernatürliclien Kräfte (denn Götter waren sie nur in diesem ani-
keine persönliche, sondern
mistischen Sinne)
Von
hatten.
nur
eine magische war nicht zureden.
einer Stadt, einer Urbs,
Bedeutung Die Bevölkerung bewohnte nur
die Gipfel der
Hügel und
vertei-
digte sich nicht durch Steinmauern (denn hätten diese Steinmauern so
existiert,
wären üeberreste noch zu finden), sondern nur durch
einen Erdwall, oder eine Art von Pallisaden
(^).
Diesen Urzustand der römischen Religion pflegt man bekanntlich « die Religion des Numa » zu nennen. Sie ist vielfach beschrieben worden, vielleicht seinem prachtvollen Buche « sich
um
am
Besten von
Roman
Götter und Festceremonien,
Warde Fowler
Festivals
»
die in den
(^).
als
in
Es handelt ursprünglich
anerkannten und durch grosse Buchstaben bezeichneten Teilen des Kalenders vorkommen (^).
Man
hat bis jetzt angenommen, dass das Zustandekommen eines
derartigen Jahreskyklus nur in einer festummauerten Stadt möglich wäre. Als Beweis dafür pflegt man die angebliche Tatsache anzuführen, dass der Kalender ausschliesslich Feste des Gesamtvolkes enthielt,
und dass
dem Volke {})
Um
ein Fest wie
in seinen
z. B. das Septimontium, das von Abteilungen begangen wurde, nicht im Kalender
die Einfachheit des
die heutigen Strohdörfer der
capanna, war damals {^) London 1899; London 1906.
(^)
Lebens zu verdeutlichen, braucht man nur an
Campagna zu denken, denn
die
Hausform, die
-dieselbe.
vgl. Carter,
The Religion of
Wissowa, Religion und Kultus
S.
18.
Numa
and olher Essays
DIE
ETRUSKER UND DIE KOEMISCHE RELIGION
77
aufgenommen wurde. Prüft man aber diejenigen Feste, die zu dieser Kategorie gehören, so merkt man sofort, dass sie alle (mit Ausdes Septimontiums) aus dem Kalender ausgeschlossen sein mussten, weil sie Wandelfeste waren, die in einem für alle Jahre
nahme
gemachten Steinkalender nicht angezeigt werden konnten. Das Septimontium fehlt aber aus einem ganz andern Grunde, nämlich weil am 11. Dezember ein anderes Fest, ein agonium schon da.
und die grossen Buchstaben nie mehr als ein Fest für (^), einen Tag angaben (^). Man kann also nicht beweisen, dass ein Fest der verschiedenen Gemeinden aus diesem Grunde aus dem stand
Kalender ausgeschlossen wurde. Es steht nichts im wege anzunehmen, dass Feste, die ursprünglich von den einzelnen Gemeinden begangen wurden, in dem Kalender aufgenommen, und später von
dem Gesamtvolke
gefeiert wurden. Also setzt die vor der
Ankunft
der Etrusker durchgemachte religiöse Entwicklung nicht notwendigerweise eine feste Stadtform voraus.
Das ganze
religiöse
Interesse konzentrierte sich
um
das phy-
sische Dasein. Die Gebete, der Kultus hatten den ausschliesslichen
Zweck, die physische Existenz zu sichern. So viel wir sehen können, fehlte vollständig der Gedanke an den Staat. Das Nationalgefühl schlummerte noch.
Weiter ist es wichtig, dass wir uns klar bewusst werden, dass nach den jetzt so ziemlich bekannten psychologischen Gesetzen der Naturvölker ein derartiges Volk sich nur sehr allmählig entwickelt. Ja, in vielen
Fällen
ist
eine von innen heraus
sich
vollziehende
Entwicklung ausgeschlossen. Es scheint fast notwendig, dass
kommender Antrieb hinzutritt. Wir wenden uns jetzt den Etruskern
ein von
aussen
zu.
Zunächst
sei
gleich
bemerkt, dass wir die Sprache fast ganz bei seite lassen und uns ausschliesslich mit den Monumenten und der Ueberlieferung beschäftigen.
Die Herkunft der Etrusker aus dem Osten wird jetzt fast von allen zugegeben. Mit unserer steigenden Bekanntschaft mit Babylonien wird der babylonische Einfluss bei ihnen immer stärker be-
AG IN, Amit. Vgl. Wissowa, Gesammelte C) Agon, Maff. Praen. Ant. Abhandlungen S. 232. (») Lib. Agon (Caer. Vat.) zum 17. März ist keine Ausnahme, denn damit ist nur ein Fest gemeint. ;
78
J.
CARTER
B.
Auch fast allgemein zugegeben ist die Hypothese, dass die Etrusker erst sozusagen bei ihrer Ankunft in Italien Etrusker geworden sind, d. h. dass sie durch die Verschmelzung eines wiesen.
einge-
wanderten Volkes mit Einwohnern Italiens zu stände gekommen sind.
Es handelt sich sind sie nach Italien
Und wann Auf
sind sie
die zwei
darf aber
also jetzt hauptsächlich
zwei Fragen.
Wie
gekommen
sind,
?
? ist
Fragen einzugehen
sagen, dass sehr
Meer gekommen
um
gekommen, übers Land oder übers Meer
dafür
vieles
und dass
im achten vorchristlichen
sie erst
waren.
Jahrhundert in Italien
ansässig das als Hypothese annehmen (^). Dagegen ist es sehr wichtig, dass
hier nicht zulässig. Man spricht, dass sie übers
Ja,
man
vorläufig
sich
darf
man
die Vi^eise ihrer
ersten Ansiedelungen klar macht. Nicht als Eroberer, nicht als ein
grosses Heer, sondern in friedlicher
Weise und
in kleineren
Grup-
pen landeten sie am tuskischen Gestade (^). Ja, am wahrscheinlichsten ist es, dass sie gar keinen Widerstand fanden, denn die Urbevölkerung gerade dieses Teiles von Italien war nicht gross. Durch ilire Kultur aber überlegen fanden sie reichlich Gelegenlieit, sich mit den Einheimischen auf freundlichen Fuss zu stellen. Allmäh-
Verschmelzung, und mit der Verschmelzung kam Glücklicherweise ist uns ein gutes Beispiel dieser
lich erfolgte die
ihre
Stärke.
Verschmelzung erhalten, nämlich die Stadt Falerii. Mit der Zeit wuchsen sie derartig an der Zahl, dass eigentliche Eroberungszüge möglich wurden zuerst nach Westen und nach Süden. Wahrscheinlich haben
sie
längere Zeit auf
dem andern Ufer
nach der Gegend der Siebenhügel gewartet, vorschritten. Aber auch in Rom brauchte ihre Ankunft nicht notdes
Tibers
ehe
sie
wendigerweise eine feindliche zu sein
(^).
Reise zur See sprechen zunächst ihre sehr früh gezeigte Fä" (*) Für ihre dann ihr Erscheinen in Aegypten, ehe sie überhaupt in als Seeleute, higkeit Ilalien ansässig waren, endlich die Tatsache, dass ihre Ansiedelungen in Toscana gerade die ältesten zu sein scheinen, die nur so zu erklären ist, dass sie
gerade dort landeten. («)
«
üeber solche Wanderungszüge
vgl.
im allgemeinen
Rise of the Greek Epic » S. 45. die Ankunft, der (») Nach der Legende war
Gilbftrt
Murray
Tarquinier ganz friedlich.
ETRUSKER UND DIE ROKMISCHE RKLIGION
DIR
Die Zeit dieser Vorgänge
Nach dem Forumsepiilcretum ins sechste als ins siebente
natürlich schwer zu bestimmen.
aber
wird
zu beurteilen
Jahrhundert zu setzen sein
(^).
sie
eher
Unmöglich
dass ihre Herrschaft bis ins fünfte Jahrhundert hinein
es nicht,
ist
ist
79
gedauert hat.
Hiermit kommen wir zu unserem eigentlichen Thema und fragen, in welcher Weise diese Eindringlinge die Religion beeinflusst haben.
Da müssen Religion
in
wir uns zweierlei vor Augen halten. Erstens ist die Gesellschaft unzertrennbar von dem
einer primitiven
ganzen Gewebe des Lebens. Man kennt weder Staat noch Kirche. Also ist ein unterschied unmöglich. Jedes Element des Lebens hat
und das ganze Wesen des Volkes drückt aus. Also hat die Kultur der Etrusker die
eine religiöse Seite, in
der Religion
mische Religion
in allen
Beziehungen
sich rö-
ganz abgesehen dadie Etrusker eine yens waren
beeinflusst,
von, dass, wie Livius sagt (5, 1, 6), ante omnes alias eo magis dedita religionibus, arte colendi eas. Zweitens besitzen wir für die
quod exceller et
Römer
ein
her-
vorragendes Beispiel, wie eine andere Nation sie beeinflusste, und zwar in den Griechen.
Der griechische Einfluss ist längst erkannt worden. Wir sind stände, ihn ziemlich genau zu studieren. Seine Geschichte fällt zunächst in zwei ganz verschiedene Perioden. In der ersten Pe-
im
riode haben sich die
hingegeben. Das, was
nahmen
sie
kaum
als
Römer den sie
griechischen Ideen fast unbewusst
von den Griechen tatsächlich
fremdes Gut auf
(*).
Mit der
bekamen,
Zeit aber hat
dem Fremden gegenüber gestärkt, und in der standen sie dem Griechentum zwar nicht feindlich,
sich ihr Bewusstsein
zweiten Periode
sogar freundlich, aber doch ganz bewusst gegenüber. In beiden Perioden aber hat sich der Einfluss in zwei Formen verkörpert, erstens in neuen Göttern,
und zweitens
in
neuen Ideen und Kult-
nuancen. Von diesen zwei Arten sind die neuen Ideen viel wirkungs-
<})
darf
Falls die Etrusker bei ihrer
verboten war. Die
feste
Stadt begründeten
dass das Begraben innerhalb der Stadt von vornherein letzten Gräber des Forumsepulcretums scheinen aus dem
Anfang des VI. Jahrhunderts zu
VL
Ankunft eine
man annehmen,
sein; also
reicht die Stadt nicht über das
Jahrhundert hinauf. (")
Man denke
an Castor, Pollux, Hercules usw.
80
J.
CARTER
B.
voller gewesen. Selbst neue Götter konnte man immer den Eigenen anpassen. Aehnlichkeiten waren leicht zu finden. Die Interpretatio Romana, die in der späteren Zeit eine so grosse Rolle spielte,
war schon damals
vorhanden. Es war eine der Rasse angeborene
Eigentümlichkeit. Mit den neuen Ideen
aber war es nicht so leicht. Sie waren
sehr ansteckend; noch
an sich
mehr deckten
unbekannte Tiefe der Menschenseele
Man
auf.
eine
sie
fand
in
bis
dahin
sich selbst
den Widerhall zu den griechischen Gedanken. Nur in dieser Weise vollständige Wandlung erklärlich, die die griechischen Einfluss durchmachten. ist die
Kehren wir bei den
Auch
Römer unter dem
jetzt zu den Etruskern zurück, so sehen wir, dass
Römern ihnen gegenüber
hier haben
die
wir zwei Perioden,
Sachlage sehr eine
ältere,
ähnlich war.
wo
die
Römer
hinnahmen, und eine jüngere, wo ihnen der Unterschied zwischen ihnen und den Etruskern ganz bewusst war. unbewnsst
alles
Wir behandeln zunächst
die ältere,
unbewusste Periode.
Hier gruppiert sich alles um die Gestalt des Juppiter Optimus Maximus. Bei dem ersten Blick befremdet es, dass gerade dieser Gott, der
Inbegriff
des römischen Staates,
das
Ideal des
römischen Patriotismus, ursprünglich keine nationale, sondern eine von aussen eingebrachte Gottheit sei. Doch ist es eine Tatsache,
und
der die Augen offen hält, ist die Erklärung nicht denn die Etrusker haben nicht nur den Gott eingebracht, schwer; was weit wichtiger ist, sie haben den patriotischen Sinn sondern, für den,
bei den
Römern aufgeweckt oder vielmehr
Der Beweis,
ins
Leben gerufen.
Juppiter Optimus Maximus etriiskischen auf der Hand. Sein Tempel ist von den
dass
Ursprungs ist, liegt Etruskern gebaut, von den Handwerkern, die in dem Vicus Tuscus wohnten. Sein Kult ist mit dem etriiskischen triumphus, mit der etruskischen
pompa verbunden (^). Ausserdem erscheint Juppiter in dem voretruskischen Kalender.
Optimus Äfaximus nicht
Was (»)
auf. Vgl.
schrift
mit
f.
lat.
favissae.
den Dreiverein, Juppiter, Juno, Minerva, angeht, so
ist
als ein etruskisches Wort Dagegen bringen es Froehde (ZeitVergleichende Sprachforschung 18,160) und Solmsen (daselbst 37,4) fovea zusammen. Vgl. im allgemeinen Wissowa, Realencycl. s. v-
Jordan. Top.
1, 1,
273 führt auch favissae
auch Jordan, Krit.
Beitr. 84.
ETRUSKER UND DIE ROEMISCHE RELIGION
DIE
zwar
es
richtig,
dass die mit einem
81
Tempel des Dreivereins
regel-
mässig versehenen Capitolia römischen Ursprungs sind, wie Kuhfeldt (') sehr schön ausgeführt hat; und doch ist vielleicht eine
Ausnahme vorhanden, gerade dere Ehre
dort,
wo Juno und Minerva
Falerii
in
Dort
beson-
hätte sich der
genossen haben, (*). Dreiverein bilden können, und von dort wäre der üebergang nach Kom sehr einfach. Wie dem auch sei, bleibt es sicher, dass der Dreiverein nicht auf römischem Boden zu Stande kam.
Denn
er-
war Minerva ursprünglich keine römische Göttin, und zweitens scheint in Rom in sehr alter Zeit die Verbindung zwischen Juppiter und Juno nicht sehr stark gewesen zu sein. Dagegen war die Verbindung zwischen Janus und Juno eine sehr alte, wie stens
sie ihre
Spuren
hinterlassen
hat, einmal in der sehr alten Ver-
Mannes) und Jüno (der Frau), andererJanus Curiatius und Juno Sororia (^). Verbindung als die waren aber die etruskischen Götter Weittragender
bindung Genius
(^)
(des
seits in der
allem der
Ideen, vor
mit der
nicht
der Limitation. Begnügt man sich Aussage Varros, einer Behauptung, die
Begrifif
direkten
vielleicht noch zu seiner Zeit kontrollierbar war:
origOj
sicut
gruma, von dem
ein
etruskischen Einfluss zu erklären
(*)
Kuhfeldt,
De
1,
unzweideutiges Zeugniss, das Wort Griech. yvwfia, dessen Lautwandel nur durch
27, 13), so spricht dafür lat.
Limitum prima
Varro descripsit, a disciplina Etrusca (Agrom.
ist (^).
Capitoliis Imperii
üeber den Kult der Juno
Romani. Berhn, 1882.
zu Falerii vgl. Dionys. 1, 12; 35; Ovid., F. 6, 49. Vgl. auch den Stadtnamen Colonia Junonia Lib. Col. p. 217 und darüber Bormann in C. /. L. XI, p. 465. An(^)
Ovid.,
Am.
5,
Curitis
13,
gebliche Keste des Tempels iVo^ Scavi 1879, 7; 1882, 63; 1883, 165; 1887, 170, 262, 307.
Ueber Janus und Genius vgl. Varro, L. L. 7, 26 f. und Macr. S. 1, Also im Liede der Salier hiess Janus Duonus Garus oder Cerus Manus, d. h. creator bonus (vgl. genius und qignere). Siehe auch Wissowa, Eel. und Kult. S. 159. (»)
9,
14, 16.
Ueber Janus
Curiatius und Juno Sororia vgl. Liv. 1, 26, 12; (*) Dionys, 22; Fest. p. 297; Paul, p. 307. Die Verbindung hängt mit der Religion der Curiae zusammen, wo auch Juno speziell verehrt wurde.
3,
Schulze bei Thulin in Pauly- Wissowa VI Sp. 728. Nissen (*) Vgl. {Templum, Berlin 1869) hat den etruskischen Ursprung der Limitation bestritten
—
wohl mit Unrecht. 6
82
J.
B.
CARTER
Mit der Limitation hängen zwei wichtige Sachen zusammen, Pomerium, andererseits das Temphim (und mit dem Templum hängt wiederum zusammen das Auguralsystem). einerseits das
Obgleich das Wort Pomerium lateinisch ist, scheint die Sache etruskisch zu sein. Man vergleiche Livius 1, 14, 4: pomerium^
urbibm quondam Etrusci^ qua murum certü circa terminis inaugurato consecrabant, und wiederum Varro, Lingua Latina V, 143, wo genau beschrielocus
in condendis
quem
ducturi erant,
ben wird, wie man nach etruskischem Ritus das pomerium zog (0* Sobald man aber annimmt, das pomerium sei etruskisch, so von
löst sich
des ganzen Pomeriumprohabe dies neulich bei einer andern
selbst die Schwierigkeit
blems der Stadt Rom.
Ich
Gelegenheit ausgeführt und kann mich also sehr kurz fassen (*). Das übliche topographische Schema für die Entwicklung der Stadt
Rom
Stadien:
besteht aus vier chronologisch auf einander folgenden 1)
eine
die
Palatinstadt,
Roma Quadrata;
3) eine
2) eine
Stadt der Vier Regionen,
sogenannte Septimontiumstadt auch urbs et Capitolium genannt; 4) eine sogenannte servianische Stadt, deren Mauer den Aventin einschloss. ;
Eine Ansiedelung am Palatin hat es sicherlich sehr früh gegeben, zwar keine urbs, aber wohl ein oppidum, wie ähnliche
oppida schon auf den andern Hügeln ist
nichts
stierte.
existierten.
geblieben, ja es ist sehr zweifelhaft,
Auch von einem pomerium
liegt kein
ob
Beweis
Beschreibung des Palatinpomeriums bei Tacitus stisch und liefert keinen Beweis (^).
(*)
Von
ist
der
eine vor,
Mauer je
exi-
denn die
ganz phanta-
Varro, L. L. V, 143: oppida condehant in Latio Etrusco ritu multi
id est iunctis bobus,tauro et vacca, interiore aratro circumagebant sulcum.
Hoc faciebant religionis causa die auspicato, ut fossa et muro muniti. Terram unde exculpserant, Fossam vocabant et introrsum iactam Murum. 1908, p. 172 ff, und Pro(^) American Journal of Ärchaeulogy XII, ceedings
of the British and American Archaeological Society of Borne,
vol. IV, 1908, p.
129-136.
24: Sed initium condendi, et quod pomerium Romulus posuerit, noscere haud absurdum reor. Igitur a foro ßoariOy ubi aereum tauri simulacrum aspicimus, quia id genus animalium aratro sub' ditur, sulcus designandi oppidi coeptus, ut magnam Herculis aram amplecteretur. Inde certis spatiis interiecti lapides per ima montis Palatini, ad aram Consi, mox curias veteres, tum ad saceilum Lamm, inde forum Ro{^)
Tacitus, Ann. XII,
83
DIE ETRUSK.ER UND DIE ROEMISCHE RELIGION
Die angebliche zweite Stadtform, das Septimontiiim, hat als eine Stadt nie existiert. Man hat einfach ein Bündnis von sieben kleinen Hügeloppida mit einer geregelten ummauerten Stadt verwechselt. Es gab
also
Pomerium
weder Mauer noch
des
Septi-
montiums. Die erste Stadtform
ist
demnach
die Vierregionenstadt, urhs
etruCapitoUum, die etruskische Gründung, Roma nach einer skischen Gens genannt (0, die regelrecht von einem etruskischen pomerium umschlossen war. Diese und nicht die spätere Form war et
die wirkliche servianische Stadt, zu gleicher Zeit die erste Stadtform und das erste pomerium. Man sieht also sofort, warum dieses
pomerium bis auf die Zeit Sullas unverändert blieb, obgleich bei dem Neubau nach der gallischen Katastrophe eine neue Stadtmauer, deren Reste man irrtümlich die Servianische Mauer nennt, um das alte
pomerium herum zu stände kam. Etwas anders scheint das Verhältnis
Auguralsystem gewesen zu
sein.
der Etrusker zu
Wahrscheinlich
ist
dem
anzunehmen,
dass die Beobachtung des Vogelfluges allgemein italisch und demnach auch römisch war. Die Normen, nach denen diese Beobachtung stattfand, festzustellen,
wohl
ein sehr primitives
entzieht
sich
unserer Kenntnis. Es wird
System gewesen
sein.
Man
hat versucht,
für dieses uritalische System das Templum zu beanspruchen. Aber das Templum hängt mit der Limitation zusammen, und sämtliche
Versuche die gegenseitige Unabhängigkeit zu beweisen sind gescheitert. Ist also das Templum von der Limitation abhängig, und ist die Limitation
Wir haben
etruskisch, so ist auch
also vor
das
uns den interessanten
Templum Fall, wo
etruskisch.
der
etrus-
zu Entwicklung und Ausarbeitung eines schon existierenden Systems gebraucht wurde. Dieser historische Vorgang
kische
Einfluss
findet einen legendarischen
Ausdruck
in derjenigen
Form
der Attus
Naevius Legende, wo es die Etrusker sind, zu denen Attus Naevius
manum-, forumque urhi credidere.
Man
et
Capitolium non a RomulOy sed a Tito Tatio additum von dem tatsächlich vorhandenen
sieht, er spricht zuerst
pomerium der Vierregionenstadt, dessen
cippi
vom Forum Boarium
bis
zum
Altar des Consus noch existierten. Die anderen Seiten sind ganz willkürlich. (') Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen S. 580 f.
84
J.
um
gesandt wird,
kommt
B.
CARTER
Aiiguralwissenschaft zu lernen ('). Dazu der Auguralstab, der Lituus, der ge-
die
die Tatsache, dass
rade bei der Herstellung des Auguraltemplums oft auf etruskischen Denkmälern vorkommt.
Der beste Beweis
gebraucht wurde,
aber, dass sowohl dieses entwickelte
Augu-
ralsystem, wie die Theorie der Limitation, beide etruskisch sind, findet sich in der Tatsache, dass alle beide eng mit Juppiter
Maximus
Optimus
Für
zusammenhängen.
das
Auguralsystera zu denken, dass die Augures offiziell interpretes Jovis Optimi Maximi (^) genannt werden. Man darf nicht sagen, dass dieser Ausdruck zu erklären sei aus der spä-
man nur daran
braucht
teren Tendenz, alles mit Juppiter
zubringen.
römischen zufällig.
Wer
das
behauptet,
Denkens.
religiösen
Man
denke nur an
dem immer auch
in
der
Optimus Maximus
verkennt
alten
Juppiter
Zeit
späteren
zusammen-
ganze Wesen
waren
Ausdrücke
Solche
den
das
des
nicht
Feretrius,
mit
zusammen-
die Fetiales
hingen.
Dass die Limitation mit Juppiter Optimus Maximus in der engsten Verbindung stand, lässt sich sicher und sehr schön durch ein Misverständnis
beweisen. Es
ist die
der späteren aetiologisierenden Archaeologen bekannte Geschichte von dem Gotte Terminus,
dessen Heiligtum beim Bau des Capitolinischen Tempels gestört wurde, und zu dessen Versöhnung ein Grenzstein, das Ebenbild des Gottes Terminus in der cella Jovis aufgestellt wurde (^). Von einem wirklichen Gotte Terminus hören wir vor der Kaiserzeit absolut nichts, und das Vorhandensein dieses Grenzsteines in der cella
Jovis erklärt sich
Optimus Maximus, der
einfach
als
Aasdruck
ein
seiner
Attribut
Gewalt
des
Juppiter der
bei
Limi-
tation.
Es
ist
Römer auch
nichts in
einzuwenden
voretruskischer
eine Tatsache, die durch
(») (')
S.
Dionys. 3, 70. Vgl. Cicero, de leg.
77 An. (»)
2.
die Existenz
2,
8,
20;
diese
Theorie,
Grenzsteine eines
43;
19,.
1,
55, 3flF.;
die
gehabt
haben,
der
Termi-
Festes
Mommsen,
3,
dass
Staatsrecht
I
2.
Cato bei Festus,
12, 6, 2; Serv. 9,
Anm.
gegen Zeit
p. 162; Liv. 448; Augustin C. D.
5,
Ovid, F. 2, 669; Gell. 21; vgl. Schwegler R. G. I S.771,
85
DIE ETRUSKER UND DIE ROEMISCHE RELIGION
nalia
Hier
bewiesen wird.
(^)
ist
die Sachlage gerade wie
beim
Auguralsystem. Anfänge waren schon vorhanden, aber die Ausbildung verdankte man den Etruskern. Bis jetzt haben wir uns ausschliesslich mit der ersten Periode des etruskischen Einflusses beschäftigt, mit der Periode des
Anfanges, wo sich die Römer dem Einflüsse unbewusst liingaben. Werfen wir jetzt einen Blick auf die zweite Periode, die spätere
Da sehen wir wiederum
Epoche.
dieselben
zwei Arten
des Ein-
einerseits die Götter, andererseits das Ceremonial.
flusses,
Als die Römer verschiedene etruskische Städte eroberten, war es ganz natürlich, dass die Hauptgötter dieser besiegten Städte nach Rom eingeladen wurden. Das Musterbeispiel ist die Juno
Regina von Veii (^), aber es kamen auch andere, z. B. Vortumnus von Volsinii (^). Auch die Göttin Nortia ('') ist von Etrurien ge-
kommen.
Sie
kam
aber nur als Privatkult und gehörte
nie
dem
Kulte des römischen Staates an.
man gewöhnlich
Diese Götter betrachtete
und
als
Fremdgötter
Pomeriums auf. Sie haben mit Ausnahme der Juno Regina, die
stellte sie draussen ausserhalb des
keine grosse Rolle gespielt, bei Gelegenheit des zweiten Punischen Krieges von hervorragender
Bedeutung war
(^).
Weit anders war
dem
Hier handelt den
in
aber mit der zweiten Art des Einflusses,
es
Ceremonial.
letzten
allem
es sich vor
Jahren
hat
um
die Haruspizin.
Kenntnis
unsere
der
Gerade
etruskischen
Haruspizin die allergrössten Fortschritte gemacht, und zwar durch
Erforschung des entsprechenden babjdonischen Systems. kein Zweifel
mehr
existieren,
Tochter der babylonischen (»)
2,
639
dass die etruskische Haruspizin eine
ist.
Auf das Einzelne einzugehen,
Ter (Caer. Maff. Rust. Phil.
zum
Silv.)
ist
23. Februar. Vgl. Ovid, F.
Hör., Epod. 2, 59; Dionys. 2, 74; Plut, Q. R. 15; Plut., Numa, 16 Liv. 5, 21, 3. 23, 7. 31, 3; Dionys. 13, 3. Prop. 5, 2, 3 ff. C. I. L. VI 803. Sonstige Zeugnisse bei Wissowa,
if.;
(«)
(»)
Rel.
Es kann
und Kult. (*)
Scholiast. C.
Nortia,
S.
233.
Tertull., Apol. 24; ad Nat. 2, 8; I.
L. VI 537
;
XI 2685
und Wissowa, Rel. und Kult.
ff.
Cp.
Liv. 7,
Wagner
3;
Juvenal 10,
und
S. 234.
Bei Gelegenheit des Bittganges des Jahres 207, dronicus den Gesang schrieb; vgl. Liv. 27, 37, 7 ff. (*)
74
in Pauly- Wissowa v. v.
wofür Livius
An-
86
J.
hier keine Zeit.
Es
trows hingewiesen
besonders auf die
sei
(^).
CARTER
B.
Für uns aber
Arbeiten
es
ist
Morris
von Wichtigkeit,
Jas-
zu
begreifen, dass die Etrusker diesen Teil ihrer Religion wahrscheinlich in einer ausgebildeten
Form nach
Italien
Unter den italischen Völkern finden wir spizin ähnlich
Sie stand also
ist.
der
mit sich brachten.
nichts,
italischen
was
und
der Haru-
auch
der
griechischen Denkweise fremd gegenüber. Dadurch erklärt sich zu gleicher Zeit sowohl der Reiz, den die Römer für das Sj'stem empfanden, wie die Abneigung, die der Staat seinerseits zeigte.
In der Geschichte des griechischen Einflusses haben wir ein einigermassen ähnliches Beispiel, d. h. die sibyllinischen Bücher,
nur dass hier der Staat von vornherein
zum Schntze
des Publi-
Bücher streng umhegte, ohne Einholung der staatlichen Erlaubniss gebraucht wurden. Man erinnere sich des Rates des alten Cato, der von dem vilicus sagt: haruspicem... ne quem
kums
eintrat
während
und
den
Gebrauch
der
die Haruspices von Privaten
consulisse velit.
Aber bei den beiden, sowohl bei der Haruspizin, wie bei den Orakeln der Sibylle war die Versuchung zu gross, als dass sie durch Maszregeln des Staates oder Mahnungen des Privatmannes überwunden werden konnte.
Wie
in der Notzeit des
zweiten
punischen Krieges die Sibyllinischen Bücher immer öfter konsultiert wurden, so wandte man sich bei Prodigien (^) an die Haruspizin,
asciti
und immer häufiger begegnet der Ausdruck des Livius ex Etruria haruspices. Auch ihrerseits scheinen die Haru-
Sie spices eine grosse diplomatische Klugheit gezeigt zu haben. ihre eigene Kunst studierten nämlich die römische Religion,
um
und erlaubten denen, die bei ihnen einen grossen Grad der Freiheit. « Der Haruspex
ihr besser anpassen zu können,
um
Rat
befiehlt,
sollte
»
,
fragten,
dass jeder nach seinem eigenen Ritus das Opfer begehen drückt sich Varro aus {%
Unter diesen Umständen
ist
es
ganz verständlich, dass die
Proceedins^s of the American Philosophical Society (») Vgl. besonders (Philadelphia) Bd. 47 S. 105-129, S. 646-676. de harusp. resp. 9, 18: portentorum expiationes Etruscorum {^) Cic ,
disciplina contineri. L. 7, 88: Karuspecß praecipit, (») L. faciat.
ut
suo quisque rilu sacrißcium
DIE ETRUSK.ER UND DIE ROEMISCHE RELIGION
8T
Haruspizin die Aiiguralwissenschaft allmählich verdrängte. Die Tatsachen mögen wohl mitgespielt haben, dass die Haruspizin viel weniger umständlich als das Augurium war und wenige Vorbereitungen bedurfte, und dass sie auch viel schärfere Unterschiede gestattete. Der abergläubische Sulla hat die Haruspizin bevorzugt. Sein haruspex Postumius (^ wird wohl als PersönlichDenn das war von vornherein ein Vorteil
keit mitgewirkt haben.
der Haruspizin, dass sie nicht wie das Augurium eine mit gewissen Aemtern verbundene, mehr oder weniger zufällige Eigenschaft
sondern eine Geheimdisziplin, die das ganze Leben der Haruspices in Anspruch nahm. Aehnlich spielte bei Julius Caesar
war,
Spurinna
16,
(*)
eine Rolle.
Man wundert sich 28) nam ut nunc :
Worte (de div. 1, tum avibus magnae res impe-
also nicht über Ciceros extis...
sie
trari solebant.
Die Geschichte der Haruspizin habe ich etwas ausführlicher um den vollständigen Sieg des etruskischen Einflusses
behandelt,
auf die römische Religion zu beweisen. Uns aber interessiert viel die erste Periode, und ehe wir schliessen, werden wir gut tun, noch einmal dorthin zurückzukehren.
mehr
Die Kleinigkeiten bei Seite lassend sehen wir vor uns dieses merkwürdige Bild. Wir sehen ein Volk auf einem niedrigen Kulturniveau, ein Volk, das noch kein städtisches
dern nur
in
kleinen
Htlgelansiedelungen
Leben kennt, son-
wohnt,
ein Volk,
das
noch nicht über die halbbarbarischen, völlig physischen Religionshinausgewachsen ist, ein Volk, das noch keinen Patrio-
begriffe
tismus kennt
Jahren
ist
— und
binnen hundert oder höchstens zwei hundert
eine Stadt vorhanden,
die
auch
ein
Staat
ist.
Auf
diesem Hügel, wo wir jetzt versammelt sind, stand der Inbegriff dieser schon durchgemachten Entwicklung, das Pfand einer weit grösseren noch auszuführenden Entwicklung piter
hen.
— der Tempel des Jup-
Optimus Maximus, dessen Fundamente noch neben uns steDas Volk aber, das diese Mauer gebaut hat, ist in der Dun-
kelheit der Geschichte fast verloren gegangen.
("j
Vgl. Cic. de div. 1, 33, 72. Vgl. Cic, ad fam. 9, 24; de div.
6,
11, 2.
(^)
Max.
1,
552, 119; Suet., Caes. 81; Val.
88
J.
B.
CARTER, DIE ETRUSKER UND DIE ROEMISCHE RELIGION
So steigt in uns allmählich das klare Bewusstsein auf von dem, was die Römer selbst nicht genau gewusst haben, dass dieses
Volk
die
Amme
der kleinen Göttin
Roma gewesen
ist,
dass
gerade durch diesen Ammendienst die Etrusker ihren Zweck in der Geschichte erfüllt haben, und endlich, und vielleicht am wichtigsten von allem, dass diese kleine Göttin selbst in ihrer Kindheit diese Einflüsse zu beherrschen verstand
und
sie in
den Dienst
der ewigen Stadt zu setzen. So viel wir wissen, war es das erste Mal, dass Roma ihre unverwüstliche Individualität gezeigt hat,
bestimmt war, sie gegen Griechen und zu schützen, unendlich vieles hat sie Barbaren gegen
eine Individualität, die viel später
von aussen bekommen, aber die eigenartige Fähigkeit, das alles zu beherrschen und neu zu gestalten, die ewige Jugend, das ist
Rom. Jesse Benedict Carter.
Abgeschlossen
am
1.
August 1910.
SARCOFAGO DI TORRE NOVA. CONTRIBÜTI ALLA STORIA DELL'aRTE IL
E
DELLA RELIGIONE ANTICA. (Tav.
Fra
II-VII)
deserte rovine di una villa romana, a
le
Torre Nova
«iiUa via Labicana, fiiron trovati, nell'aprile del 1903, alcuni sar-
sommariamente
che descrissi
<;ofagi,
del 1905,
408
p.
ss.
Dei frammenti
di
imo di
l'auspicio per la fondazione in
questo Bullettino
nelle
Notizie
Scavi
degli
(0-
(^)
di
nel
ciii
Lavinio,
rilievo
parlai
piü
era
scolpito
estesainente
salvo che in piccoli particolari,
e,
;
essi,
man-
prima interpretazione, fondata sul mio lavoro di ricompoiengo sizione dei frammenti, che e servito di base necessaria anche agli la
studi degli
Ma
altri.
del sarcofago, che primo descrissi nella citata relazione,
e che e fra
di gran lunga il piü importante per il soggetto uon avevo potuto ancora terminare l'ampia illustra-
tiitti
e per l'arte,
zione, che allora promisi,
che mi
e
decido ora a render di piib-
blica ragione. (^) Per le condizioni della scoperta, non potrei che ripetere le informazioni imprecise che allora ebbi e che riferii in quel mio articolo. Torno a
Principe don Scipione Borghese e la Principessa donna Anna sono stati cortesi di ogni aiuto, per lo studio di questi monumenti, conservati nello storico Palazzo.
Tingraziare
il
Maria, che
rai
(")
289
Leggende romane
antichissime, in
Rom.
Mitteil.,
XXXI
(1907),
buoni contributi arrecati da P. Bienkowski, De Aeneia fabula in anaglypho quodam eßcta, in « Eos » XIII (1907) p.
sgg., tav.
XIII-XIV. Cfr.
i
198 sgg., per una piü completa e piü esatta interpretazione del rilievo. frammento che era un tempo nel Palazzo Camuccini, e del quäle lo stesso Bienkowski dice: nescio ubi nunc delitescat, mi era sfuggito, non petendo p.
II
^astare, per identificarlo,
il
cenno in Matz-Duhn,
II,
2244.
90
RIZZO
G. E.
II sarcofago
e,
come
marmo
nelle Notizie, di
dissi
pentelico
;
per mia preghiera, dal pro f. Lepsius, su di un frammento staccato dal fondo (^). La superficie ha acquistato una patina dorata assai gradevole, resistente ciö che fu
confermato
e lucida nel lato
anteriore
nel lato posteriore, rilievi e in
Fu
il
e
la
negli altri tre
come
lati, e
specialmente
calcinato, e la
grandi
metä superiore dei tavola
IV,
dei
capitello
tranne
un
pezzi,
«
pelle
minore
il
lato destro (la
l'angolo
2),
a
d'angolo
pilastro
L'altro grande pezzo
steriore.
cofago,
marmo
il
eseguita,
»
dei
piü parti corrosa e assai friabile.
e visibile nella e
ma
;
trovato rotto in due
comprende riore
dalFanalisi
destra sinistro
comprende tutto
frammento,
ricongiunto
dei
quali
linea di rottura
il
dei
lato ante-
dei resto
all'angolo
lato
po-
dei sar-
superiore
destro dei lato principale, che contorna la testa dell'ultima figura
Fra questa manca un frammento muliebre.
cuna
e
la
dei
seconda
figura
dei
Piü grave
fondo.
e
giovane tedoforo, lamentevole la-
e quella che
comprende la parte superiore di due terzi dei non essenziale, per fortuna, per l'eseAndaron dei cosi perduti, a cominciare da simonumento. gesi di nistra: le parti superiori due figure muliebri nel secondo piano
rilievo dei lato principale,
dei rilievo; la testa di uno
con
i
parapetasmata
dei
personaggi principali, lo sfonda kyma lesbico (^). Della co-
e la cornice col
lonna di destra, manca quasi tutto non rimane che la base.
(')
La
il
fusto; di quella di sinistra
precisa conoscenza della qualitä dei
marmo aveva un'importanza
speciale, per la questioiie della provenienza dei sarcofago. Scrive
il Lepsius, che ringrazio: « typischer pentelischer Marmor aus den antiken Marmorbrüchen auf der Südseite des Pentelikon n. Sono note le conseguenze che lo Strzygowski vuol ricavare dalla qualitä dei marmo di una classe di sarco-
Byzant. Zeitschr., X, p. 726 Diez e Quitt, Byzant. Denkmäler, III (Wien 1003): prefaz. dello Strzygowski; Reinach Th., in Monum. Piot, 1903, p. 92. Le conseguenze dello Strzygowski sembrano. fagi, di cui parleru fra poco. Cfr.
anche a
me
;
eccessive.
Mi rimane
incerto se tra la figura dei mista velato e quello dello hierofante vi fosse, nel secondo piano dei rilievo, ancora un'altra figura, di cui si potrebbe riconoscere il profilo della spalla sinistra, presso l'angolo (^)
dei
frammento ricongiunto, nella linea della
rottura.
Confrontare
le tavole.
IL
SARCOFAGO
TORRE NOVA
DI
91
Altre piccole mancanze e scheggiature, specialmente nel lato destro sono chiaramente visibili dalle tavole fii
(').
II
coperchio non
ritrovato. II
m.
base
sarcofago e lungo alla
1,30; e alto m. 0,587;
m. 0,63; la limghezza interna della cassa era quindi destinato a un bambino (^). e largo
Architettöra e
complicata,
marmorea
di
m. 1,07:
stilistica.
Nella struttura architettonica, ricca abbastanza la
e
arca, tutta
ma
non troppo
scolpita sui qiiattro
lati,
si
« tipo greco » ricollega agli esemplari che noi conosciamo di quel di di in forma casa, che, trasformandosi, riappare neltempietto o
l'etä imperiale
romana. Essa
veramente una delle forme piü co-
e
stanti del sarcofago e deH'urna
sepolcrale
dai piü
Orientali fino al medioevo, perche risponde ad e simbolico,
del morto
il
per
(^).
Ma
i
quäle la tomba e considerata tipi dell'arte classica,
antichi tempi
un concetto
religioso
come
la
casa
dai quali deriva questo
Nova, sono veramente quelli greci del IV secolo a. Cr., quali occupano il primo posto i famosi sarcofagi di Sidone,
di Torre fra
i
e specialmente quelle delle
zoni
Piangenti e
sarcofago delle
Amaz-
(^).
(^)
Qualche
anteriore (^)
il
Do
Torre Nova,dove mi poco fortunate ricerche. Fra questi frammenti del lato
altro piccolo fraramento fu ritrovato a
recai per ulteriori,
ma
piü notevole e la parte superiore della face del giovane tedoforo. qualche altra misura secondaria: misure perimetrali della pianta
inferiore: ra.
1,302X0,673;
della pianta superiore:
ghezza esterna della cassa m. 1,140; nice m. 0,063. (=*)
p.
il
Cfr. Altraann,
Architektur
alt.
u.
del
m. 1,287
X 0,680. Lun-
basamento m. 0,094; della
cor-
Ornamentik der antiken Sarkophage,
13 sgg. (*)
Robert, Ant. Sarkophagrel,
II,
tav.
XXVII. Di un
altro
insigne
esemplare di sarcofago greco originale del IV secolo, possediamo principalmente uno dei lati nel rilievo delle Muse a Siena (Äö'm. Mitteil. YIll [1893], tav. II-II)
con semplici pilastri d'angolo simili a quelli del sarcofago
delle
Amazzoni. S'intende che non devo qui occuparmi dello stesso tipo di sarcofago in forma di casa nell'arte etrusca, premendomi solo di risalire ai prototipi del sarcofago di « tipo greco » nell'arte imperiale op. cit. p.
20 sgg.
romana.
Cfr.
Altmann,
92
G. E. RIZZO
Dalla magnificenza del primo, che non rappresenta la casa del ma un vero e proprio heroon, dalla schematica e pura
defunto
gemplicitä di quello delle Amazzoni, piü vicino alle forme antiche della casa, ai tardi esemplari dell'etä imperiale tipo di sarcofago perde, insieme con la veritä
chitettonica e con la linea sobria e sicura,
il
romana, questo della struttm-a ar-
suo stesso originario
significato simbolico, travisato e quasi nascosto dalla sovrabbondanza di decorazioni. II sarcofago di Torre Nova e appuiito fra quell i che hanno, solo in parte, conservato la purezza dell'antica struttura
architettonica della casa e
che
— come
e
;
in tutti gli
veva essere in forma
immaginando
tetto
di
il
coperchio ora perduto
—
sarcofagi di questo tipo
altri
con
doppio
do-
arriviamo
spiovente,
all'assurdo architettonico delle facciate, rappresentate dai due lati corti del sarcofago,
con frontone che
si
da un pilastro
stenuto rispettivamente
innalza da un epistilio soe
da una colonna
—
(^).
Se
ne saprei coperchio avrä avuto la forma del tetto non v'ha miglior prova di questa, per comammettere un'altra prendere come nell'etä imperiale si fosse andato smarrendo il con-
veramente
il
—
cetto originario della veritä architettonica di questo tipo di sarco-
Torre Nova, l'artista badö soprattutto ad inquadrare, fra le colonne e i fregi del basamento e dell' epistilio, il rilievo della faccia principale: ed anche questa preoccupazione e un segno evidente della decadenza del tipo greco, nel quäle i
In
fago.
di
quello
quattro lati sono egualmente lavorati. Piü vicino al modello originario, per quanto esso stesso lon-
tano dalla purezza greca, e im sarcofago del Museo di Ateno (^), e il termine di confronto piü diretto e prossimo con quello
che
di Torre Nova. Proveniente
probabilmente dalla Licia esso la
tomba
di
un
:
non
si
certo,
sa bene se della Cilicia o piü
perö, dall' Asia Minore,
fii
anche
fanciullo, ed e anzi ancora piü piccolo di quello
che qui descrivo (lungh. m. 0,90; largh. m. 0,52; alt. m. 0,43). Ma ciö poco importerebbe; e noi dobbiamo, piuttosto, consitranne la sostituzlone di due colonne ai pilastri derare che
—
—
(^)
poco
E
da escludere
la
forma delle
kline,
come
nei sarcofagi di cui fra
diro. (Sarcof. (')
Sidamara, Torlonia, etc.). Athen. Mitteil. II (1877), p. 133 sgg., tav.
Sarkophagrel. 11, in Licia, secondo
tav. L, p. il
X
[Dulin]; Robert, Ant.
146 sgg. Trovato nel 1877, secondo
Benndorf
in Cilicia.
il
von
Duhn
IL
SARCOFAGO
DI
TORRE NOVA
la struttura architettonica del sarcofago
mente identica a quello della confronto, riprodiiciamo imo dei
Comuni
sono, i
caratteristico,
lati
forma
la
oltre
Licia,
di
93
Torre Nova e assoluta-
del quäle, per comoditä di
lunghi
(fig.
generale,
il
1).
basamento doppio
angolari corintii, con baccellatiire piene con doppia voluta, la linea del sima
pilastri
fino al terzo
e il capitello
(cfr. tav. III,
riproducente
lato posteriore) e la disposizione delle
il
figure del rllievo, poggianti siiU'aggetto del basamento. Solo e da
osservare che in quello della le linee della
decorazione architettonica, la quäle, inoltre, e
Fig.
ricca che lato
nel
Licia le teste delle figure superano
1.
—
meno
Sarcofago della Licia (Museo di Atene).
poiche vi mancano i fregi che decorano il quello di Torre Nova, e che dänno ad esso
nostro; di
principale
un' impronta stilistica molto importante,
come vedremo.
Le analogie sono cosi strette, da far credere che se i due sarcofagi non provengono proprio dalla medesima of&cina, derivano, almeno, dal medesimo
Un i
due
indirizzo di arte industriale
medesimo luogo
babilmente, dal
e,
molto pro-
di origine.
degno di osservazione presentano, inoltre, disotto del basamento scolpito, il marmo e la-
altro particolare
sai'co fagi
sciato grezzo
:
al
di martellina
:
e segnata, perciö,
nettamente la linea
delle svSvvTrjQia (^), di quella parte, cioe, che non doveva esser viC) Sul preciso significato della parola (ro iy j& Esych.), cfr. Dörpfdd, in Ath. Mitteil. VIII (1883),' Choisy, ^tudii epigr. sur Varchit. p. 191.
i^acpei, p.
151.
aifxfxayfxa Cfr.
:
anche
94
RIZZO
G. E,
perche rimaneva nascosta nella incassatura
sibile,
quäle, in origine,
era
sarcofago di Torre
Nova,
collocato io
il
del
sarcofago. Questo podio, per
immagino abbastanza
lo
podio, sul
a giu-
alto,
dicarne dalla visuale dei piani del rilievo, specialmente
il
lato
nel
principale. Infatti Tesecuzione prospettica degli scnri e dei sotto-
squadra e la proporzione delle figure secondarie molto allungate, sembrano preordinate al fine di iin effetto pittorico, da ottenere guardando il rilievo im po' dal basso, come mi risiilta da personali esperienze, quantunque le fotografie, per molteplici difficoltä di trasporto, siano prese
E
da un punto di vista diverse ed improprio. mi fa credere che il sarcofago non sia
questo podio alto
stato originariamente collocato dentro
esempi
fatti,
edicole
di
quali era incluso
il
sepolcrali
sarcofago
('),
SU basamenti con piü gradini
(^).
un ipogeo. Non mancano, informa di tempio, dentro le
in
o di sarcofagi esposti all'aperto
NuUa
di preciso
—
e
vero
—
noi
possiamo affermare per l'originaria esposizione del sarcofago di Torre Nova; ma non avrei messe in evidenza questa possibile ipotesi,
non
se essa
ci
riportasse priucipalmente
all'
A sia
Minore.
Ciö detto, torniamo all'esame stilistico del sarcofago. I « mararchitettonici che circoscrivono i quattro lati, e i profili gini complicati di essi sono un altro buon contrassegno, per il quäle i rt
rilievi
si
presentano in
Giä l'Altmann
(op.
cit,
modo p.
diverse
che nei
88) ha messe bene
carattere nei sarcofagi greci di Sidone, e in quelli di dell'etä imperiale; notando pure che di questa
moda
tipo
arte,
Ma
singolare
e,
inoltre,
la
struttura
la
architettonica
greco
incorni-
di
il rilievo fra sagome arcliitettoniche, troviamo, per un esempio insigne nell'Altare di Pergamo.
ciare
romani.
sarcofagi
in evidenza questo
grande del sar-
cofago di Torre Nova, in rapporto alla disposizione dei rilievi; sieche non sembrerä soverchio esaminare, per poco, le sezioni del principale e di
lato
uno
un'idea piü precisa che
(^)
p.
dei
mie
lati
corti
(fig.
Esse
2).
parole, dalle quali
Lanckoronski, Städte Pamphyliens u. Pisidiens, n. 68 fcfr. Archäol-epigr. Jl/itt. cit., II,
20; Robert, op. [1896]
le
daranno
mi
dispenso;
p,
72; Tav. 18-
II,
a.
Oesterr.
XIX
143).
() Esempi principalmente in Asia Minore; cfr. Matz, in Arch. Zeitung 872, p. 13, n. 3; cfr. i monumenti citati da W. Altmann, Rom. Grabaltäre, lp.l37.
IL
^
<
t
0,076
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
95
'037->= '0^6
'037
>
'048
•ow
<
0.587
•031 '05^
>
0.49
0.425
0,082 ^
^ •.
>\
Fig. 2.
0.082
m
075
—
Sezioni del sarcofago di Torre ^
=
lati corti).
0.587
0.43
0,49
Nova
>
V
(a
= lato
principale;
V
06
RIZZO
G. E.
non senza in.
far osservare le
0,082, poggiano
che
siil
piano
sbalzate
figure
del a
basaraento, rilievo
profondo
alto,
e
quäl-
una statuetta quasi iDteramente staccata dal
ciina eseguita corne
fondo.
Le
sezioni mostrano giä le complesse
cui carattere e
il
architettonica,
il
chiari da
la cronologia,
un rapido
appanranno menti tectonici e decorativi del sarcofago
lesbico. Quasi
Kyma
nella parete o fronte
Pamphyliens e
sagome
cui luogo di
identico
di
una struttura
origine,
esame
nonche
degli
ele-
(^).
di
disegno
e
di
tecnica
scena a Side:
della
u. Pisidiens, yoI. I, pag.
Lanckoronski, Städte 115. Simile: op. cit. pp. 100
110.
del sima. Tempio corintio di Telmessos: Op. VI e nella citata fronte della scena a Side. In gesimile da per tutto, nei monumenti dell'Asia Minore di
Profi II,
cit.,
lo
tav.
nerale, e
;
questa etä.
Capitello corintio. stante nei
monumenti
II
dell'Asia
taglio e precisamente quello co-
Minore
nell'etä
imperiale:
cosi
costante e diffuso, che non occorrono citazioni.
Base dei pilastri corintii stico.
col doppio toro caratteriTeatro di Aizani: Lebas, Voyage arch^ol. en Aste Mineure,
Ärchitecture, tav.
IX
e
X.
Colonne su zoccolo molto basso. Side: Lanckoronski, op. cit., I, tav. XXX.
Nei
Ninfeo
di
Queste analogie architettoniche con i monumenti dell'Asia nell'etä imperiale non sono disgiunte da altre nello stile delle sculture; e converrä dire qui, anticipando, che il fregio della
Minore
scena nei teatro di Aizani (Lebas, op. e nella disposizione
cit., tav.
XVII), nei disegno
delle figure, e specialmente nei
modo
carat-
rami degli alberi, ha non poche analogie col lato D (tav. IV, 2) del sarcofago di Torre Nova. Ma coloro che hanno seguito con interesse la nota queteristico di rendere
i
stione, riassunta dalla
formula
«
Orient oder
Rom?
»,
osserveranno
subito ridentitä del fregio del kj^ma inferiore di questo sarcofago
(')
che
Devo alcuni confronti
rin^razio
lavoro.
per
le
alla
sollecite
competenza speciale del prof. R. Delbrück date alla buona edizione di questa
eure
IL
SARCOFAGO
DI
TORRE NOVA
grande sarcofago di Sidamara, nel Museo stantinopoli (fig. 3 e 4) (^).
con quello
Fig.
Lii
3.
iiiiii^tt
del
— Kyma
97 di
lesbico e basamento del sarcofago di Torre Nova.
Co-
G. E. RIZZO
im griippo di sarcofagi derivi dall'Asia Minore ricavando da qiiesto esame conseguenze di gravissimo moinento per l'arte cristiana dei ;
primi secoli e, si puö quasi dire, per tutta l'arte contro le teorie del Wickhoff e del Krause (0-
Non
del
medioevo,
devo, naturalmente, entrare qui nel vivo della questione,
ma
non posso non accennarvi, per le conseguenze trebbero trarre da un esame stilistico incompleto. Alcuni degli
elementi
false
che
architettonici caratteristici di
si
po-
questi
da colonne, con figure isolate sotto membratura intermedia fra il capitello e il fron-
sarcofagi (tabernacoli sorretti
e accanto ad essi, tone),
mancano
quello di Torre Nova, nel quäle le scene ügu-
in
senza alcuna divisione ini quattro lati, innegabile che alcuni altri elementi architettonici decorativi sono comuni; e principalmente le colonne d'ordine co-
rate si distendono lungo
termedia.
Ma
e
rintio a spirale,
di acantc
i
capitelli
eseguite
col
con
le
trapano,
il
volute
dopple
taglio
del
e
con
kyma
le
foglie
lesbico e
il
fregio inferiore con le foglie di stile e di tecnica uguali: lasciate, cioe, con la superficie in piano, ottenute col trapano e ravvivate
da
fori
simmetricamente
disposti.
L'identitä di questo ultimo elemento decorativo con quello del sarcofago di Sidaraara e certamente un buon indizio ma non ;
basta, forse, per
il
comprendere
sarcofago
Torre
di
Nova
nella
classe studiata dallo Strzygowski. e vero
Se
che
moda
come
e creduto dimostrare col sarcofago
con
si
il
Antonini,
nell' indirizzo arcaistico dell'etä degli
torna di
tipo del sarcofago in forma di heroon e di casa,
gli altri coevi e
congeneri
(^),
non
e
di
Palazzo Riccardi e
meno
vero che in quello
Nova tutte le forme architettoniche sono piü semplici, e Varte del rilievo e piü pura e piü vicina a nobili modelli dell'etä
di Torre
classica.
me
che esso rappresenti uno stadio anteriore nell'evoluzione del medesimo indirizzo artistico. Si attribuisce da alcuni
Pare a
(')
Strzygowski, Orient oder
Rom
(Leipzig 1901).
Non pu6
iiitenzione di dar qui labibliografia della lunga controversia, che
essere
si
mia
puö veder
riassunta nel libro di E. Strong, Roman Sculpture, p. 13 sgg. (ivi la bibliografia fino al 1907). Cfr. Tarticolo del Heinach, citato nella nota precedente, p.
208 sgg. Cfr. anche Amelung, Die Sculpt. d. Vatic. Museums, C») Cfr. Altmann, Ärchit. u. Ornam, p. 53 sgg.
II,
p. 157.
IL
SARCOFAGO
Antonini
all'etä degli
un
nazione cronologica arrivasse al primo
il
TORRE NOVA
99
sarcofago di Palazzo Biccardi: deterrai-
po'
qiiarto
DI
che
lata,
del
si
potrebbe accettare, se si qnantunqiie la data
terzo secolo;
debba essere protratta di parecchi anni ('). Dioscuri ed altre figure del grande sarcofago di Sidamara sono ispirati a modelli dell'arte classica, e che di essa
media
di questi sarcofagi
lo so bene che
i
serban
vivo
ricordo:
Museo
di Costantinopoli,
il
come queste
trasto stilistico e cronologico con la
rativa del sarcofago.
direttamente
ed ho potuto
osservare nel
sembrino in con-
figure
architettonica e deco-
parte
Le medesime osservazioni
potrebbero fare
si
sul sarcofago ßiccardi, se la conservazione delle figure, assai
buona che
in quello di
Sidamara, non rendesse meno
facili
meno e si-
curi questi apprezzamenti stilistici.
Ma, a prescindere menziouati
e quelli
la
dall'esecuzione, e innegabile
di concezione, direi quasi di ideasiofie, fra
i
diversitä
dei sarcofagi
rilievi
del sarcofago di Torre Nova.
Nei primi abbiamo figure
isolate,
che
sono,
inspirate a modelli dell'arte greca del
IV
secolo
come ho (^)
detto,
nel
;
nostro,
invece, dura ancora la tradizione della rappresentazione continuativa nello spazio, e lo svolgimento di
quattro lati; teriore)
dei
la cui tradizione,
sarcofagi
un concetto,
persiste quello stile pittorico
romani,
emanata dalFarte
sembra
interrotta
forse unico, nei
(parlo del solo lato anellenistica nei rilievi
nei tipi
studiati
dallo
Strzj^gowski.
Abbiamo, dunque, diversitä
di struttura architettonica,
e,
da
essa dipendente, diversitä di concezione nei rilievi figurati.
L'esistenza di uguali elementi decorativi in un periodo anteneli'evoluzione dell'arte di questi sarcofagi, e il probabile luogo di origine del sarcofago di Torre Nuova, potrebbero credersi buoni argomenti, a sostegno della tesi dello Strzygowski. Ma io penso che questi argomenti non possano spostare i termini della
riore
questione,
specialmente per le conseguenze che
si
son
volute
ri-
cavare dalla teoria di questo nuovo miraggio Orientale ». E quantunque abbia avuto anch'io, negli anni passati, la tentazione «
219
(*)
Cfr. per la cronologia le osservazioni del Reinach,
('')
Cfr. le osservazioni stilistiche dello stesso Strzygowski, a proposito
1
c,
p.
ss.
del sarcofago di Doaghty-House (affine a quello di Sidamara), da lui pubblicato in Journal of hellen. Studies, XXVII (1907) p. 99 sgg. tav. V-XII.
100
G. E.
ma
di conclusioni attraenti,
RIZZO
non
interamente
ora raffermazione di ciö che credo un cioe,
il
sarcofago
Per
Tesame
Nova
di Torre
la cronologia di stilistico dei
ma
tanto simile al nostro
—
preferisco
originario
:
che,
Minore.
dall'Asia
se e
generalmente attribuito al
il sarcofago della Licia che questa assegnazione crosarcofago di Torre Nova sia da
secondo secolo (Duhn, Robert,
—
fondate,
ben dimostrato
raccoglieremo nuovi elementi dal-
esso,
rilievi;
e
fatto
Altmann)
io credo
nologica sia troppo lata; e che il alla fine del secondo secolo, o al principio del terzo.
attribiiire
Come
si
e visto
SU tutti e quattro
dalle tavole,
lati
i
il
sarcofago e adorno di rilievi
simile, per ciö, a qiielli greci propriamente
:
detti. In questi la composizione e generalmente disposta in modo^ che la rappresentanza figurata del lato anteriore continua nel lato
del
e quella
sinistro,
E
delle Amazzoni).
lato
posteriore, nel lato
noto inoltre che
nei
destro
sarcofagi
(sarcofago
romani non
e
data importanza che al solo lato anteriore e gli altri lati o sono trascurati, o hanno figure decorative e simboliche. ;
I sarcofagi di tipo greco e di etä imperiale seguono,
op.
cit.,
p.
87);
ma
nella di-
romani (Altmann, greci; nell'esecuzione, quello di Torre Nova segue uno Schema assai
stribuzione delle figure,
i
i
dei rilievi, ed e piü vicino ai gieci singolare nell'esecuzione dei medesimi. Infatti, se e vero che i sarcofagi greci
nella distribuzione
sono scolpiti con cura su tutti e quattro lati, questa cura non pu5 dirsi uguale, ed uno dei lati e generalmente meno finito cosi nel i
:
D
sarcofago di Torre Nova, nel cui lato
tecnica
ferioritä
Quanto alla distribuzione dei
rilievi,
lato anteriore (A) fa parte a se, sia per e che negli altri tre lati e svolto e
di
in
B
(lato e in
D
il
e
da osservare che
soggetto che per lo
un soggetto unico,
posteriore) e la cui continuazione e in (lato a sinistra di B)
B) riassumere in due parti I.
osserva una certa in-
si
rispetto agli altri.
Soggetto
:
uno Schema,
C
il
il
stile
;
cui centro
(lato a destra
cioe,
che
si
puö
:
A (nel lato principale). D > B < C (negli altri tre
IL Soggetto lati). Osserviamo, perö, che lo stile del rilievo A e assolutamente diverso da quello di D > B > C fatto che non e da attribuire alla :
IL
SARCOFAGO
DI
TORRE ^OVA
101
generale inferioritä di tecnica nei lati corti di quasi tutti i sarcofagi di etä imperiale romana ma ad una vera e propria diversitä ;
derivante dalle diverse fonti di ispirazione arti-
intenzionale, stica. lati
Certamente
A
C ed
vista;
ma
,
lo
scultore
che dovevan
rivolse
tecniche, perche
eure
mane assolutamente
1'
caratteristiche
(il
sue
eure
migliori
maggiormente intonazione
diversa in A. Talmente
e
impronte speciali
le
esser quelli
stilistica
diversa, che
disegno
degli
ai
esposti alla ri-
solo du
occhi
profunda incisione della pupilla, gli scuri dei panneggi ecc.)
e la e
da
per l'uguale lavorazione del marmo, si puo «ontrassegni Stabilire una relazione, e scorgere, a fatica, una mano unica fra il tecnici
lato
A
e gli altri:
di questo
fatto raancano a
me
esempi
e con-
fronti.
il
Maggiori impronte stilistiche dell'etä alla quäle ho attribuito sarcofago sono visibili in A (tav. II). II rilievo e concepito in due
su di una parete ornata di parapetasmata\ le figure del primo piano, come ho giä fatto osservare, sono scolpite con forte rilievo e con grande abilitä tecnica nell'ottenere il distacco piani, e si
svolge
dallo sfondo. Armoniche sono le proporzioni
delle
figure e
com-
misurate giustamente con lo spazio e con l'altezza del campo ad ^sse destinato; chiari ed organici i movimeiti, bön'valutati i contorni nel valore il
movimento
pittorico in relazione con'
del panneggio,
gli' &foadi. Organico e quantunque troppo profondi siano gli
scuri e talvolta dure le pieghe. II uudo, nelle poche parti in cui
troppo liscio e sommario; ben reso il movimento dei capelli; gli occhi hanno quasi sempre la pupilla profondamente incisa e lo sguardo intenso ed espressivo (cfr. tav. V). In alcune appare, e
4elle teste e evidente
nel repertorio
comune
ricordo di tipi della grande arte, passati
il
degli scultori decoratori.
Questi caratteri generali ci dicono che
il
rilievo
non solo
e pros-
simo stilisticamente a quelli dei sarcofagi di sicura etä adrianea (^)^ ma li supera per piü ben intesa distribuzione degli spazi e per l'armonia delle proporzioni. Di questa etä e propria la fredda lee, soprattutto, l'eleganza quasi accade-
vigatezza dell'esecuzione
(^)
op.
cit.,
;
Vedili citati e discussi in Altmann, op. p.
255
SS.
cit., p.
101
ss.
Cfr. Strong
102
RIZZO
G. E.
mica, e perciö priva di vita; e l'una e Taltra
vano nel nostro
ma
rilievo,
impronta si ritrominor misura che nella media
in
comiine delle opere dell'arte industriale, poi che a questa stregua va, naturalmente, giudicato il sarcofago.
Che
anche, e soprattutto,
Non
poco vedremo.
mute
sono,
il
e facile affermarlo
non
ma
pel e,
non sia originale,
nobile concetto e la forma mediocre,
la composizione
solo pel contrasto tra
numero
delle
altre
come
repliche,
fra
invece, possibile risalire al prototipo, perche
saperne, le fonti letterarie: raa
per qiianto io possa
questo prototipo, certamente famoso nell'antichitä, sarä stato, assai probabilmente, un quadro dipinto. E ciö non solo per quello che noi sappiamo in generale cofagi romani,
suUe
fonti probabili dei rilievi dei sar-
ma, piü particolarmente nel caso
siderazione che nei gnippi delle figure dei lato cercato
l'eft'etto
nostro, per la con-
A
e principalmente che nessuna sicm-a afferpittorico. Aggiungo, perö,
raazione e consentita in questione cosi incerta e
difficile.
•
Y ¥
Diversa
questione stilistica per gli altri
e la
sono mantenuti piü chiari
(specialmente in
B
nei quali
lati,
caratteri dei rilievo dell'etä classica
i
e C), con le figure l'una accanto all'altra, separate
da spazi intermedi,
iino sfondo
e sopra
ravvivato dalj^aibero nel lato
D
,
e,
piano ed uguale, appena
raeno ancora, dal triste tronco
sfrondato dei lato B. -Questi accenni paesistici, specialmente quelli di ß, non turbano la semplicitä della scena; perche anche nel secolo troviamo rari esempi dei mequanto alle rocce su cui seggono la fanciulla C e D), basterä ricordare i rilievi della Base
rilievo classico dei quinto
desimo e
di
il
fatto (^).
E
giovinettc (lati
Mantinea
(^).
Ciö premesso, un esame rapide delle tavole III e IV renderä evidente ai lettori che anche i tipi delle figure, le forme degli abiti e speciali
(*)
Cfr. per. es., la lastra dei fregio di Figalia, Smith, Catal.
in the Brit. Mus., (^)
schemi di composizione, che esaminerö a suo luogo,
I,
n.
Questo confronto potrebbe andare oltre i limiti cronologici deH'arte non iraprobabile che la Base di Mantinea sia opera di Prasgiovane. Cfr. Bull Corr. hell. 1908, p. 236 ss. [Vollgraflf] e Svoronos,
classica, essendo sitele il
of sculpt.
524.
Athen. Nationalmuseum,
;
I.
179
ss.
SARCOFAGO
IL ci
richiamano
DI
della fine
all'arte
TORRE NOVA
103
del
del
quinto e del principio
quarto secolo av. Cr.
SU e linee generali, ela
Tale, n eile
che noi
esaminiamo
stilistiche
—
;
ma
singolare opera
se iniportanti sono le siie varie
sulle quali sarä
necessario
—
tornare
piü
d' arte
impronte
particolar-
ancora piü importanti, e descrivendo le singole figure sono i di e di minuto studio esame, soggetti rappresentati degni
mente,
nei quattro rilievi.
ClASSIFICAZIONE DEI MONÜMENTI AFFINI. L'interpretazione che esposi
Scavi
(loc.
cit.,
p.
411
ss.),
sommariamente
nelle Notizie deglt
rimane confermata dalle mie ricerche
tranne che in
qualche particolare secondario e nella dubbia identifieazione di uno dei personaggi: e ciö per effetto di posteriori;
ripetute e piü attente osservazioni e di maggiori confronti. zierö
prima
il
tema
greca, effigiato nel
di
questo
marmo,
capitolo di
e lo dimostrerö,
storia della coi
dopo,
Enun-
religione
testi
e coi
monumenti. ßappresenta, dunque, il rilievo, in azione unica, una cerimonia di purificazione {xadaq^oQ) dei Misteri, compiutii coi sacrifizio di sostituzione {Slov xmöiov) e coi rito delle libazioni
pure (vr](paha), alla presenza della triade eleusina lakchos; e dinanzi a Dionysos e ad Hecate.
Questa rappresentanza figurata
imperfettamente,
e,
:
Demeter, Köre,
soltanto in parte ed
conosciuta, per altri monumenti, che io di-
vido in due classi.
Classe
I.
[A] del sarcofago di Torre Nova. Museo Nazionale di Napoli (fig. 5), giä dell'antica coUez. Farnese; Gerhard, Neap. ant. Büdw., n. 493; Museo Borbon., V, tav. 23; Lovatelli, Änt. Monum., tav. IV, 2 (^); Guida Keusch [Mariani], n. 568. 1) Lato anteriore 2) Rilievo del
E
alt.
marmo
greco di grana fina (pentelico?); lungh. m. 0,565; m. 0,507. II Gerhard dice incerti i restauri ma con un esame di
;
(*)
Cito dalla ristampa dell'articolo, pnbblicato nel BulUttino archeoL
comun., del 1879,
al
quäle rimando.
104 diretto e accurato rai e stato possibile riconoscerli esattamente.
moderna
destra, e
tiitta la
dell'abito dello hierofante e il
Tariete, presso
Fig.
5.
—
il
piede deU'iiiiziato; della testa del-
piede, rimane una parte:
A
giunto con tassello.
sin.
Frammento
A
parte che comprende l'albero, Tara, parte
e
moderna
di riiievo
architettonica del riiievo, e
il
il
tiitta
resto era la
parte,
(Museo Nazionale
piede destro di
stato ag-
dirö cosi.
dl Napoli).
Köre
(?).
II
fondo
del riiievo e stato rilavorato.
Non
solo
e riconoscibile
forma
restauro, abilmente condotto sulla linea di rottiira,
il
per
non antica
il
genere di lavoro diverso;
ma
anche per
la
dell'albero e dell'ara. L'aggiiinta dell'arco, a
probabilmente siiggerita dalla direzione dello sgiiardo della figura femminile.
sinistra,
fii
La
parte antica del riiievo riproduce, linea per linea, tre dei personaggi del riiievo A e deve considerarsi come frammento di ;
IL
SARCOFAGO
im sarcofago identico a quello
TORRE NOVA
Dl
di Torre
Nova
105 :
solo le proporzioni
delle figiire soiio di poco maggiori.
[2«] Incisione in rame, pubblicata dal AVinckelmann, MoinecL, II, tav. 104; Lovatelli, op. cit., tav. IV, 4,
numenti
Fig.
dice
—
6.
Disegno edito dal Winckelmann.
Riproduco qui l'incisione del Winckelmann (fig. 6), che egli cavata da un disegno, senza alciin' altra indicazione re-
lativa al
monumento
originale o alla sua provenienza.
coiivincersi che questo disegno visto dal il
stanrato.
Nel rame fu conservata
destra, e quindi la
stampa
miinissimo nelle antiche
mente le parti litä; ma la linea
riesci
assai facile
Winckelmann, riproduceva
prima che esso
rilievo Farnese, teste descritto,
E
la direzione
fosse stato
delle
figiire
verso
con direzione opposta: fatto
incisioni.
L'incisore
estreme degli angoli
inferiori,
restaiirö
re-
co-
grafica-
con evidente faci-
della rottura (a d. nel rilievo, a sin. nella stampa)
concorda con la parte antica del rilievo di Napoli
(cfr. le
figure
8
!).
106
G.
RIZZO
E.
Classe 3) Rilievo «
»
Museo
Campana Terme {Antlquarium) ;
op.
tav. IV, 1
cit.,
;
restaiirato
;
c.
d.
Museo Nazionale
(fig.
Kults, p. 10. Otteniito a stampo ed abilmente
eleus.
a stecca
del genere
lastre,
del Palatino, ora nel
11 a p. 133, e tav. Vi): Lovatelli, Pnngsheim, ArcJiäolog. Beiträge zur Gesch.
delle
d.
composto di due
littile,
giä nel
II.
ritoccato
fondo del rilievo. Misure della prima lastra
il
m. 0,515X0,470; della seconda, m. 0,350X0,470. 3") Rilievo simile (la sola prima lastra) nel Museo del Louvre; Campana, Antiche opere in plastica^ I, tav. 17; verbeck, Kunstmythologie, XVI, 10; Lovatelli, op. cit., tav. IV, 8 (inciso al contrario). 3^)
Framnaento
terre cuite, tav. 3*^)
op. cit.,
simile.
rilievo
VIII, 3; Lovatelli, op.
Fragm. en
Agincourt, cit.,
tav.
IV,
7.
Altro frammento. Gerhard, Prohedrucke, 154; Lovatelli,
tav. IV,
4)
di
8.
ürna cineraria
di
marmo
greco, trovata nel
1878 a Roma,
presse Porta Maggiore, in un pimto non ben precisato, non lontano dal columbario degli Statili (tav. VII e fig. 9 a p. 130). Per la descrizione obbiettiva, rimando alla prima edizione del
Lovatelli op.
1168. Darö
cit.
25
p.
altre
ss.,
indicazioni
5) Rilievo del R. p.
132).
Maffei,
monumento
:
tavv. II-III). Cfr. Heibig, Führer, IP,
bibliografiche nel corso del lavoro.
Museo
di Antichitä di Torino (fig.
Museo Veronese,
tav.
10 a
CCXI, 3; Dütschke, Ant.
Bildw. in Oberitalien, vol. V, n. 116; Lovatelli, op. cit., tav. IV, 3. E im frammento del lato anteriore di un sarcofago, di marmo lunense; misura m.
0,54X0,51.
II
disegno del Maffei, riprodotto
dalla Lovatelli, e molto infedele. Questo frammento, di tarda etä e di
arte
cattiva,
ci
attesta l'esistenza di
un
rilievo
marmoreo
di grandi proporzioni, con soggetto uguale a quello riprodotto nelle
terrecotte e nell'urna
dedi
Statili.
Fra questi monumenti dello
stesso
ciclo,
maggior fama ha
certamente Türna degli Statili, cento volte citata da tutti coloro che negli ultimi anni si sono occupati di storia della religione
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
IL
greca, riprodotta nei manuali
dociimento fedele e molto ci
poco
possono dire
(^),
accettata
istruttivo,
107
come
iiniversalmente
di liti sacri,
sui
quali cosi
le fonti letterarie.
Spero di poter dimostrare
quäle valore essa abbia, e quäle suo posto in relazione col supposto archetipo di questo ciclo di monumenti ; ma non posso, fin da ora, astenermi dal dire come sia
il
tutti coloro
che se ne sono occupati siano
stati, a
mio
credere, in-
ad una esegesi inesatta, e talvolta ad aifermazioni errate, avere studiato direttamente il rilievo deirUrna, e per essersi non per fidati del disegno dato nella prima ed unica edizione di esso, troppo dotti
e riprodotto,
senza alcuna revisione o collazione, dai libri citati nella
precedente, e da
nota
altri.
credo, adunque, che
lo
il
rilievo,
il
dimostrerö, e giä esso stesso una copia non sempre fedele e qualche volta interpolata, non sia stato disegnato e riquäle, come
prodotto esattamente in tutti
i
particolari
;
che sia quindi oppor-
e
tuna una nuova edizione critica, ora che la fortuna ci ha un pregevolissimo monumento congenere nel sarcofago
Nova
restituito
Torre
di
(2).
ESEGESI DEL LATO PRINCIPALE.
La figura
di
ora in parte cosi detti
rilievi
«
— Accanto
alla colonna che stava
s'innalza un vecchio albero, dai rami contorti e
sull'angolo sinistro, nodosi,
lakchos.
in
spezzati,
ellenistici ».
una forma
E un
sacro
d'arte prediletta nei lauro,
non
di cui
e
ignota Tefificacia lustrale e la simbolica parentela con rulivo(^): necessario per le purificazioni e per le espiazioni (^), ha la po-
(*)
Cfr. per
fig.
es.
Daremberg
et
Saglio, Dictionnaire des ant.
2634; Röscher, Ausführl. Lexikon u. s. w., Stengel, Griech. Kultusaltertümer ^, p. 161, tav. IV,
Eleusinia, 8;
fig.
Prolegomena
to
II,
ad voc. 1,
1357,
2; Harrison,
the Study of Greek Religion, p. 547, ss.; figure 155-157;
e piü volte altrove.
f) La tav. VII h ricavata da un calco in gesso del rilievo deirUrna, sviluppato sopra una superficie piana, eseguito sotto la mia direzione, e con raolta abilitä, dal sig. Dardano Bernardini. (')
Baumkultus der Hellenen, p. 338 ss. Samter, FamilienRömer, p. 87 ss. Alex., Protr., I, 10; Cornut., XXXII; Artemid., Oneirokrit.,
Bötticher,
;
feste der Grieck. u.
C) Clera. IV, 57 cfr. Wilamöwitz-Möllendorff, Isyllos, p. ;
9.
108
G. E. RIZZO
tenza di tener lontani dal santuario
mones (svSev av 2,
(^) i maligni influssi e i daisxttoSwv Saifiovsg x. t. X. Geopoa.^ X[, ddcpvrj,
f]
5).
tronco deiralloro, e im'ara di forma rotonda, ornata di un festone, e su di essa arde la fiamma purificatrice, tra la
Presso
il
Accaoto
pigna ed
altri
fanciiillo,
quasi im giovinetto {ßsXläifrjßog), nel
(ötvTsQu iniziati
Eleusi
della
friitti
terra.
nella quäle
TjÄixia)^
all'altare
all'ara,
sta
fanciulli greci äix(fix)aXsTg erano
i
ioTiag),
ätp
(fivrjx^s'vTeg
nei
santi misteri
Vestito di un semplice e corto chitone con
(^).
lunghe
fino
braccio
sinistro e sulla
ai
di
e
polsi,
diritto iin
fiore di quell'etä
una leggera
le
di
maniclie
clamide, avvoltolata
sul
calzato di alti stivali {siaßadfg) con orli rimboccati ed ornati, tiene con ambo le mani, per traverso,
una lunga
spalla,
gamba
peso dell'elegante persona e sostenuto dalla destra; e la testa, dai lunghi riccioli che ombreggiano le
tempia
e
face
II
(^).
scendono
A
orecchie e sulla
sulle
ha una
clinata sulla sinistra,
nuca,
caratteristica
leggermente
espressione
re-
dolce
di
sguardo con materna tenerezza Desulla cista seduta mistica e fra le due figure, nel secondo meter, melanconia.
lui dirizza lo
;
s'innalza la terza, ora disgraziatamente
piano del rilievo,
fram-
mentata: un'altra figura muliebre, che reggeva la face, come si vede nel monumento originale, assai meglio che nella tavola. Se questa fosse Köre,
noi
eleusinia; poiche
(*)
Che
il
avremmo
santuario
sülo dai parapetasmata, graffiti,
che vedesi
qui
la
rappresentazione
della
giovinetto non puö essere che lakchos
il
siillo
sia
ma
triade
(*).
il luogo snpposto dell'azione, si desume non da quella specie di pilastro con piccoli fregi
sfondo del rilievo, a destra dell'ara
(cfr. la tav.
II).
Gerhard, Akad. Ahhandl., 11, p. 441, n. 380; per Lencrmant, Rech. archSolog. ä EUusis, p. 201 ss. (^) Allo stesso modo e sorretta la face dalla figura scolpita sopra una delle facce dell'ara di luturna. Vedi Notizie d. Scavi, 1901, p. 501 s., e i (^) Cfr.,
le
fonti,
confronti con le monete
romane
ivi citate.
Nella mia prima sommaria esegesi, pubblicata nelle Notizie degli creduto che Köre fosse la figura con le due faci abbassate, accanto ho Scavif airiniziato; e che la figura del secondo piano del rilievo fosse una hiero(*)
fantide. Ragioni, dirö
cosi,
artistiche,
mi indurrebbero a mantenere questa
interpretazione, perch^ a Köre ben si addirebbe quel posto nel primo piano del rilievo. Nei monumenti congeneri (Terrecotte « Campana » e Urna degli Statilij, dietro l'iniziato sta
appunto la hierofantide col
mistico vaglio;
ma
IL
SARCOFAGO
DI
TORRE NOVA
109
Ma converrä, prima, liberare il terreno da una difficoltä, anzi da un pregiudizio. Come su tante altre questioni relative ai Misteri, noi siamo poco illuminati suUe immagini del culto in Eleusi; ed appunto per qiiesto, io reputo aiidaci le conclusioni negative, dommatiche, alle qiiali e arrivato il Kern, nel suo articolo
ma sn
tale arduo quesito (^). Egli crede di sapere, dalle siie ricerche SU raateriali frammentari e necessariamente incompleti, che l'im-
magine essenziale del culto nel Telesterion era costituita dal gruppo Demeter sedata sopra un trono rotondo, che sarebbe la cista,
di
Köre, che stava in piedi, non sappiamo se a destra o a sinistra di Demeter, con due faci alzate neue mani. Nei monumenti, o di e di
etä greca o di tarda etä romana, che riproducono questo gruppo del Telesterion, non
—
guaci
si
sarebbe mai
—
secondo
riconosciuta la figura di lakchos
desumere conseguenze gravi per
;
il
e
Kern ed da
i
suoi se-
ciö si vorrebbero
la storia della religione eleusinia (*).
L'inno omerico a Demeter non conosce lakchos
;
ad Eleusi non
troviamo traccia di culto a lui reso, ed egli era considerato come iino
straniero nella cittä dei misteri
lakchos sarebbe dovuta ad influssi vinetto sarebbe rimasto
;
l'introduzione
orfici tardi {^);
ma
una divinitä essenzialmente
culto
del
di
mistico gioateniese. Io
il
non devo qui addentrarmi nelF intricato laberinto di questa parte oscurissimä della storia della religione greca ne per comprendere ;
«ssa e vestita di abiti rituali, e
tali,
non possono dirsi quelli della Nova, che in quello di Napoli e
invece,
figura in esarae, sia nel rilievo di Torre
:
anche per questo motivo serabra piü probabile l'interpretazione giä data nelle Motizie. Ben e vero, per5, che anche la figura del secondo piano, fra lakchos e Köre, non ha gli abiti rituali (le maniche scendono solo fino al gomito, e iion
hanno
la
forma caratteristica che negli
come vedremo,
altri
monumenti
citati).
Non
vedere Köre compartecipe dei
11
credo,
riti del
una rappresentazione proiettata nel personaggi di natura divina o eroica. (*) Kern, das Kulthüd der Goettinnen von Fleusis, in Athen. Mitteil., XVII (1892), p. 125 SS.
xa&aQfiög, trattandosi,
campo
di
della leggenda, ed essendo tutti
(•)
mysUres
Cfr.
Rohde, Psyche
d'Eleusis, in
I,
p.
i
256; e principalmente Foucart, Zes ^mwöf^
Mem. de VAcc.
des inscript. et bell, lettres,
XXXVII,
(1900), p. 122. (^)
p.
1042
xikon,
Cfr. Io stesso Kern, in SS.; Harrison,
III,
1,
1104
ss.
Pauly-Wissowa, Real-Encycl. u. s. w., V. I, p. 541 ss.; Gruppe, in Roscher's, Le-
Prolegomena,
110 il
G. E. RIZZO
Nova
rilievo di Torre
che esclude lakchos
la sua imagine dal ciilto del Telesterion non puö arrecar pregiudizio alla identificazione
poiche tale questione
da
me
e necessario dimostrare se sia vera Topinione
e
:
proposta.
La lakchos
triade eleusinia e certamente costituita da Demeter, Köre, (^)
;
e la
sua
non manca, come vedremo, in monumenti sarcofago di Torre Nova.
figiira
assai piü antichi che
il
mistico meraviglioso fanciullo che nella
II
natio di diverse tradizioni etniche e religiöse di etä e di
(Strab.,
X,
e
tigura,
3, 10, p. 468),
accanto a Demeter
Non tarda
il
come
rappresentato
come
cambia
di
origine.
JrjpuriTQog
Saiponv
oögaTog ^eog (Aristoph. ]ian., 394),
a Köre.
e
certamente possibile mettere in relazione qiiesta cos^ del sarcofago con i monumenti, dei quali ci e rimasto
e
figiira
appena
qui
contami-
oscura
ricordo nella tradizione letteraria. II gruppo di Prassi-
vecchio, veduto da Pausania
4) nel tempio di DeKöre e lakchos Demeter, Dipylon (^), rappresentava, che reggeva una face (ayaXiJ^aTa 6^ ami) \_Jrii.ir]i;riQ~\ rs xal 7)
tele
il
meter presse
xal 6aSa
Tiatg
deve
esser
s'x^av ^Iccxxog); e dato
riferito,
il
a cui
tempo
esso
probabilmente, le tre divinitä credo possibile e fondata ogni altra
riproduceva,
l'una accanto all'altra: ne io
affermazione
2,
(I,
il
(^).
Un'altra statua votiva di lakchos, del a testimonianza dello stesso bile dire se ad
una
Pausania
di queste
(I,
IV
secolo, c'era in Atene.
37, 4)
;
ma
e
impossi-
ad una terza statua,
due
certa-
(*) Cfr. principalmente le monografie di soggetto eleusinio raccolte nel secondo volume delle Äkadem. Abhandlungen del Gerhard (p. 186 ss. 322; ;
344; 365; 408
Dalla mirabile dottrina del Gerhard, derivano, come epigoni aiutati dalla conoscenza di nuovi monumenti, gli altri scrittori di miss.
etc.).
tologia e di religione greca, giä prima citati. {") Cfr. SU tale gruppo Klein, Praxiteles, p. 20 (ivi la bibliografia). La congettura del Furtwängler, Meisterwerke, p. 138 sgg. che voleva riconoscere il
tipo creato
da Prassitele
(ibid. fig. 26) e
Vatic.
Museum
(^)
La
del I,
p.
vecchio in due teste del Museo
403
e
sostenibile.
del
Cfr.
Louvre
Amelung,
s.
Kalkmann {Jahrbuch d. con la Demeter di Cherchel, la Köre Albani e
ricostruzione del gruppo, proposta dal
arch. Inst., 1897, p. 136
TEfebo
il
Museo Chiaramonti non
ss.)
di Pietroburgo, dal confronto credo abbia alcuna base di fatto.
con
il
grande rilievo di Eleusi,
non
SARCOFAGO
IL
mente famosa,
riferisca la
si
DI
TORRE NOVA
111
menzione di Cicerone (in
Verr. IV,
60, 135). Perö da questo risultato negativo delle fonti airaffermazione del Kern, che di lakchos manchi una sicura rappresentanza figurata, io
anche nelle opere
una grande
credo,
della piecola arte,
siiperstiti
come
c'e,
Sarä, piuttosto, da vedere
differenza.
se
in
una tradizione
queste opere dell'arte industriale possa riconoscersi
largamente nel IV secolo, nel rappresen-
tipologica, giä costituita
tare alcune divinitä del ciclo eleusinio
(^).
In parecchi monumenti, molto studiati da tutti coloro che si sono occupati di cose eleusinie, si ripetono alcune figure uguali per per gli
l'aspetto,
sono
d'accordo
per
ahiti,
tutte
nell'identiflcare
öaCfiovsQ dei Misteri
E
(^).
ma
attributi;
gli
queste
gli
figure
esegeti
non
con
vari
i
fuor di dubbio perö che in molti
di
monumenti e rappresentato lakchos. Nel Pinax di Niinnion, monumento di grandissima importanza per le antichitä eleusinie,
questi
la figura del giovinetto,
tata
come
dQxrjysTrjg fxvcfrrjQioov,
muove
spetto delle Dee,
senza alcun dubbio
Rane
perche da
se tutto
che e giä al comisti: egli e lakchos
quadro ricorda
il
canto dei misti,
il
questa parte del rituale eleusinio
veramente rappresenlui,
la processione dei e
(^);
—
di Aristofane
e
JijfxrjtQog öaC^oor,
—
il
coro delle
locus classicus
«
la figura di lakchos
quasi un'illustrazione dei versi del poeta
328
(v.
»
per
sembra
ss.).
Noi vediamo nella giovanile figura tov iivatixov ^ebv, ßax%svov%a xal Saöovxovvxa (Liban., Demosthen., IV, 189 [Beiske]). (*)
Cfr. Pringsheim, op.
(*)
I
monumenti
cit.,
ai quali
89
p.
ss.
principalmente
mi
riferisco,
sono
1
seguenti
(mi limito ad alcune indicazioni bibliografiche): 1. Pinax di Niinnion; 'Ef7]f^€Qlg äQxatoX. 1901, tav. I, p. 1 ss., p. 163 ss. Collignon-Couve, CataL ;
d.vasesd'Ath.T\.\968; Journ. intern, d'arch^ol.numiam. IV (1901), p. 169 ss. t. X; Pringsheim, 2. Hydria di Rodi, del Museo di op. cit. p. 64 ss.
—
Costantinopoli
;
Revue archeol. 1900,
et religions, II, p.
262
ss.);
p.
87
ss.
(== Pteinach
Harrison, Prolegomena,
p.
526
S., ss.
Afythes, cultes
— 3.
Pelike
di Kertsch, del Museo deirEremitage, n. 1712; Compte Rendu 1859, t. II. Journ. intern, d' archeol. numismat. IV (1901) p. 285 ss. Furtwängler-Peichhold., Griech. Vasenmalerei I, etc. 4. Hydria di Cuma, Eremitage, n. 525
—
Compte Rendu 1862
A
questi
si
t.
III
;
possono aggiungere
ricerca, che puoi vedere
;
Journ. intern, d'archeol. altri vasi d'
citati in
wängler, Meisterwerke, p. {^) Cfr Pringsheim, 1.
c.
IV (1901)
p.
400
ss. etc.
importanza secondaria per la mia cit. p. 78 ss. Cfr. Furt-
Pringsheim, op. 565 e nota 2. s.
etc.
112
G. E. RIZZO
Senza addentrarmi neU'esegesi del Pinax di Niinnion, ho voun punto solido e fermo per la tipologia di lakchos,
Stabilire
liito
in
un monumento che
e
senza dubbio del
V
secolo.
Non devo
ri-
fare qui le qiiestioni siüla interpretazione dei vasi citati nella nota
ma
con ugiiale sicurezza che nel pinax di Niinnion, puö identificare la tigiira a destra di Demeter, nella bellissima
precedente; si
hydria di Rodi, che aspetta ancora
il
Fig.
—
7.
Figure del Pinax di Niinnion
credo perö che abbia ragione
il
tificazione dubitativa proposta
da
I,
di
e
pag. 1);
lakchos.
Meno
suo editore.
Finterpretazione della figura analoga nella pelike
e della
di
Hydria
siciira e
Kertsch;
di
io
Cuma.
Pringsheim, nel confermare l'idenS.
Reinach {Reperi,
d. vas. peints.,
che la iigura stante con le due faci sia proprio quella La stessa divinitä e certamente rappresentata nella
hydria di Cuma; nel cui rilievo dipinto e dorato (del quäle non abbiamo ancora una buona edizione) sono due i SaC^ovsg dei Mi-
che in mezzo alle divinitä di
steri,
Afrodite,
nome
lakchos; egli
e
(>)
Non m'indugio
rimando
al
Köre,
nome
di Dionysos etc.) possono aspirare riconoscere con nel da perö maggior probabilitä al
giovinetto chiomato che regge le due faci
grafia,
certo (Demeter,
Athena,
(^).
in altre dimostrazioni, per le quali, e per la biblio-
Pringsheim, op.
cit.
p. 81
ss.
Cfr.
anche
p.
86
ss.
IL
SARCOFAGO
113
TORRE NOVA
DI
opportunitä di confronto, riprodiico qiü due delle figure delle quali ho parlato (fig. 7), accaHto a quella del sarcofago^ disegnata a contorni daU'artistica penna dell'Ispettore E. Stefani
Per
facile
8). L'aspetto giovanile, i liinghi capelli sono tratti comuni; comuni sono, e caratteristici, gli abiti: il chitone corto con liinghe maniche (tranne che nella figiira della hydria di Cuma)^
(fig.
e le
adorno
di
ricami
ora scomparsi), cofago,
come
(nel
sarcofago,
generalmente in
quella
Fig. 8.
—
hydria
Figura del
(Pringsheim, pag. 78, n.
4),
ma
disciolto,
della
caratteristiche calzature, le
ornamenti
gli
nella figura del sar-
Rodi
di
sono
policromi
rilievo di Torre
e
in
vasi
altri
Nova.
cinto alla vita. In tutte, poi, le molto alte
i^ißadsg con rimboccature ricca-
mente ornate {ifxßaScc xQV(T^ij]f^i' ziTaivofxsrrjv msQvysaai. Orph. la Tracia e Arg. 591), che, anche per il loro luogo d'origine la ßeozia (Poll. IV, 115 Herod. I, 195) hanno tanta parte negli indumenti rituali di Dionysos, e quindi di lakchos.
—
—
Quantunque i
capelli lunghi,
di arte folti
non molto
e ricciuti e
quelle generalmente conosciute col
fine,
la
testa della figura, per
tipologicamente
nome
di
«
Eubouleus
»
vicina
(^).
Ma
a
non
(*) Sarebbe inutile tornar qui sulla veramente vexata quaestio, per la quäle, oltre i luoghi capitali del Furtvvängier, Meisterw., p. 561 ss. e Benn-
dorf,
Anzeig, der phil.-hist. Klasse
d.
Wien. Akad. 1887,
p.
25
ss., si
poträ
114
G. E. RIZZO
e soltanto rassomiglianza generale
come
busto, trovato,
altri
o,
per dir cosi, esterna: la testa
della stessa serie, ad Eleusi, e creduto
dal Furtwängler e da' suoi seguaci opera originale di Prassitele, ha un'espressione sentimentale e mistica, ottenuta principalmente
con la direzione dello
sguardo rivolto in sii (Collignon, Scopas Praxitele, p. 85); e la medesima espressione e, con lo stesso mezzo, raggiunta nella testa di lakchos del rilievo di Torre Nova
et
(cfr. 11
tav.
n.
V,
credo
lo
1).
che
inoltre
abbia
aviito
ragione
Benndorf, nel volere la testa di Eleusi inclinata lievemente in
avanti, per qiianto
taglio inferiore orizzontale del busto sembri
il
impedire questo movimento e questa collocazione ma tale ricerca e intimamente connessa con l'altra: se il marmo di Eleusi, cioe, sia un busto a se, o un busto destinato ad essere inserito in una ;
statua
(^).
Tutti questi caratteri il
I'espressione,
movimento,
—
il
tipo giovanile, la testa chiomata,
—
l'abito
convengono ad una
derivazione
:
— a quella stessa tigura che, per
ritrovato in molti dei vasi
con
abbiamo
altri indizi,
rappresentanze
eleusinie.
Che
la
rappresenti una delle divinitä di Eleusi, e
Ploutoneion
testa del
figura
una tarda tradizionale
di cui vedrei nella statuetta del sarcofago
evidente da per se stesso, e tutti consentono su di ciö ma la congettnra che essa sia da identificare con l'Eubouleus di Prassitele, :
sembra anche a
me
priva di dimostrazione
vedere, in generale e per la bibliografia,
Gesch.
d.
€ p. 90
griech. Kunst,
II,
p.
379
ss.
Klein,
Cfr.
(^).
Praxiteles,
p.
427
anche Pringsheim, op.
cit.
ss.;
e
p.
67
SS.
e noto, C) Cfr. Furtwängler, Meisterwerke, p. 566 e n. 3. Diversa, come h Topinione del Benndorf e del Kern. La tesi della statua e stata sostenuta
anche dal Pringsheim, op.
cit..
p. 94. Incerto
e
il
Perrot, PraxitHe, p. 69
s.
addotte dal
Furtwängler, per sostenere la tesi del busto a se, non riesco a spiegarmi, con questa soluzione, l'inclinazione pronunziata verso sinistra, e la maggiore altezza della spalla
Quantnnque siano apprezzabili
sinistra,
che
ci
indica
il
le
ragioni
movimento
del braccio
un po' innalzato. La disuguale
comprenderebbe benissimo, ammettendo la nota tecnica dei pezzi riportati, comune agli artisti greci anche di buona epoca. Credo che il busto dl Eleusi abbia fatto parte di una statua, vestita certadi un chitone leggero, mente — come e giä chiaro da ciö che rimane lunghezza delle due spalle
si
—
che lasciava scoperto il coUo ed una parte del petto. («) Cfr. Klein, Gesch. d. griech. Kunst, II, p. 380; Pringsheim, op.
cit.
IL
dei
IV
il
dei biisto
—
daC^ovsg dei Misteri doveva essere molto affine nel-
dei
tipo
—
secolo; e da ciö appunto, la difficoltä grande di rico-
dei
con la testa
dei Ploutoneion
Triptolemos [Athen. Mitteü.
il
115
l'uno dall'altro. Se sono quindi innegabili le somiglianze
noscere
solo,
TORRE NOVA
DI
Eubouleus
lakchos, Triptolemos, l'arte
che
osservato
stato
f]
SARCOFAGO
XX,
tav.
VI),
sicuro riconoscere, nel primo, Triptolemos,
Kern
E
(^),
ed hanno accettato
il
il
Klein,
eleiisinio
rilievo
non
sembra,
come ha sostenuto
Pringsheim, ed
stata anche proposta dallo Svoronos
(1.
di
per ciö
c. p.
altri (^).
501) la iden-
titicazione con lakchos, per la sola superficiale somiglianza che la
testa di Eleusi
ha con quella
di ^AvTCvoog ^Idxxog in
ma
di bronzo di
Adramyteion {^); riceve ora una con forma inattesa, valore
il
Non
la
una moneta
dello
congettiira
Svoronos
rimanendo privo
pur
di ogni
confronto instituito e gli argomenti addotti da lui. e, infatti, possibile pensare ne a Triptolemos, ne ad Eu-
bouleus, osservando la figura dei rilievo di Torre Nova, in relaziono con le altre che le stanno accanto. Ün esame della religione e delle divinitä eleusinie fatto si
da
altri (*)
— che
— condace
non
Demeter
Köre,
questo non
la triade,
di cui egli
e a
completa
maggiormente pleno
di
il
caso di fare, perche giä
simbolo
quando
un
^aCficov che stia accanto a essere che lakchos, il quäle puö
dei riti dei Misteri e di
ti'atta
e qui
alla inevitabile conclusione, che
e
il
personaggio indispensabile, e
e di mistero.
Eubouleus, invece, non
possiamo concepirlo che in unione con 0s6g e Osoc, nel culto alle divinitä catactonie di Eleusi. Questo, secondo me, e dimostrato all'evidenza anche da un fondato esame dei rilievo di Lakrateides,
nel quäle non solo non e possibile parlare di lakchos, anzi,
Eubouleus nell'altra
triade,
ma vi troviamo,
di cui ho fatto cenno (^).
SS. Laddove i due primi e grandi esegeti dei marmo di Eleusi erano cosi d'accordo in questa identificazione, si puö dire che per caso uiiico! essa non abbia poi ricevuto la conferma di alcun fatto ed ha perduto serapre
p.
92
—
—
;
piü terreno, in questi ultimi anni. (') Athen. Mitteil. (1890), p.
1 ss.
(^)
Cfr. per tutti Pringsheim, op.
cit.,
(«)
Catal. of the Brit Mus.,
(*)
Cfr. le opere generali
XV
p.
4, n.
Mysia suUa religione
Pringsheim, op. cit. p. 81. (') Pel rilievo di Lakrateides,
cfr. le
92
ss.
13, tav.
I,
eleusinia,
9.
piü volte
citate,
e
precedenti discussioni riassunte dal
G. E. RIZZO
116
lo credo, dunqiie, che per tutte le ragioni d'ordine mitologico e
possa senza alcun dubbio addivenire giovinetto accanto all'ara, nel rilievo di Torre
stilistico sopra addotte,
allaffermazione che
il
si
Nova, sia rappresentato come lakchos(^), siano mantenuti tiitti i caratteri tipologici, ai qimli aveva improntato, tradizionalmente e simbolicamente, tanza del mistico aQxtjsTrjg twv /LivaTrjQicov.
Conserva questa figura caratteri
stilistici,
la
e
che in esso
l'arte classica
la rappresen-
ciii
conosceiiza
possa arrecare qualche contribiito alla controversia accennata sull'at« Eubouleiis » a Prassitele? 11 quesito potrebbe a qualcuno sembrare aiidace, essendo noi di fronte ad una tarda
tribiizione dello
opera d'arte quasi
industriale;
ma
non bisogna,
care che anche in rilievi di sarcofagi piü tardi
buona
quelli, p.
(in
della serie di
es.,
nettamente derivate da
tipi
dimenti-
perö, di
arte
Sidamara),
le
figure sono
dell'arte classica.
E
poiche
il
scnltore ha saputo indiscutibilmente conservare i caratteri gici di lakchos, come noi li abbiamo trovati nell'arte del
non
meno
e
nostro tipolo-
V-IV
sarebbe troppo da meravigliarsi, che egli avesse avuto nel pensiero nna determinata immagine di lakchos, derivata, secolo,
ci
pure indirettamente, da un' opera della grande arte. Ora, a parte la questione della identificazione del busto di Eleusi con Eubouleus, sia
la
sua attribuzione a Prassitele, sostenuta, con gli argomenti ben
noti,
dal Furtwängler e dal Benndorf, sembra anche a
bile.
Che Prassitele abbia
cioe, fede l'inscrizione
me
proba-
o no scolpito un Eubouleus, se meriti,
della nota
erma
della Galleria lapidaria del
Vaticano, non e per me, e per la nostra ricerca, questione essenziale. che e che Prassitele aveva scolpito un Triptolemos, quello
Certo
Pringsheim, op.
cit.,
iiiento del Philios,
p.
79
ss.; e
posteriormente la nuova edizione col comXXX (1905) p. 183 ss. Ivi anche le
in Athen. Mitteil.
il Philios, avremmo, nel mezzo del Dei Demeter, Köre, Plouton-Eubouleus, Triptolemos, Theos, Theä; circondati a destra e a sinistra da Lakrateides e dalla sua famiglia, in atto di adorazione. Che Plouton-Eubouleus sia un solo e lo stesso Dio, e
questioni relative a @B6g e @ed. Secondo rilievo,
come
tutti gli
sia
:
da metter d'accordo
lontana dai
fini
ciö con
e dai limiti della
Tiscrizione del rilievo, h controversia
mia dimostrazione.
(0 Kichiamo quanto ho detto a pag. 108. Cfr. in seguito a pag. 143
s.
IL
Roma
SARCOFAGO
DI
TORRE NOVA
ll7
XXXVI,
23), e
che faceva parte, senza dubbio, di im griippo di diviaitä e lo abbiamo sopra osservato nie (*); certo e anche
eleusi-
era a
negli Orti Serviliani (Plin. N.
H.
—
—
tipo artistico dei tre principali Saifiorsg dei Misteri e e perciö incerto a detinire:
che
il
molto simil«,
onde puö anche essere stato possibile
che nella tradizione dell'arte di Prassitele, di lui s'inspirassero al tipo creato dal
sentare o lo stesso Triptolemos o le
allievi
continuatori
e
grande raaestro, nel rappredue altre divinitä affini (^),
iino di qiiesti allievi appartenga il busto di Eleusi. La che esso sia opera di Leochares (^), e, dal lato stilistico, opinione anzi assai piü incerta e non dimostrabile altrettanto incerta
6
che ad
—
—
e dal lato della tradizione letteraria
che TattribiizioDe a Prassitele;
ed
Benndorf e dei Furtwängler ha, im meuo, qualche piinto d'appoggio, che manca assoliita-
epigraüca, la congettiira dei
per
lo
mente
all'altra:
Ne
e
di ciö bisogna pure tener conto.
ritmo dell'esile corpo della « statuetta " dei nostro rilievo e lontano dalla morbida pieghevolezza dell'arte prassitelica, alla quäle anche appartengono, come motivi di predilezione, l'inil
clinazione della testa e l'espressione sentimentale.
La figura
di
Demeter.
— La Dea, seduta
faceva parte, senza dubbio, dei gruppo
cista,
dei
sulla mistica
Telesterion
di
tipo rimane tradizionale nell'arte antica('*): sieche, da questo lato, nulla che non sia noto io potrei dire di questa
Eleusi; e
La
il
vimini intrecciati {ayysTov nXaxTov, Hesych.) (^), e coperta di una pelle che dalla sua forma e dal tratteggio dei peli sembra una nebride (^). Che essa debba avere un significato mifigura.
(^)
p.
567
cista, di
Cfr.
Overbeck,
Schriftquellen 1198, e Furtwängler, Meisterwerke,
s.
(»)
Collignon, Scopas et PraxitHe, p. 85 s. Klein, Gesch d. Griech. Kunst II, p. 380.
(*)
Cfr.
(^)
i
monumenti
raccolti dal Kern, neirarticolo
Mitteil, XVIII [1892], p. 125 p.
55
Cfr. pure
Rubensohn,
citato
prima ibid.,
XXIY
{Böm. (1899),
SS. (*)
n.
ss.).
161
;
(*)
Cfr. sulla e
cista
Pringsheim, op.
Negli
altri
in generale Gerhard, cit.,
monumenti
p.
49
Akad. Abhandl,
II,
p.
399,
ss.
elencati questi caratteri si perdono gradata-
118
G. E.
RIZZO
non v'ha dubbio,
stico e simbolico,
ma
che
coloro
tutti
si
sono
non hanno
occupati della cista nel rituale eleusinio e dionisiaco,
dato informazioni su questo particolare, e pare che neue fonti antiche non ne sia rimasta traccia (^). Ora chi pensi alla simbolica generale del cerbiatto nel culto delle divinitä ctonie e della luce
(^),
come
chi pensi aH'uso della nebride nei misteri,
indumento degli
iniziati
(Harpocr., ad
rituale
voc. vfßQiiwv), poträ spie-
la presenza della nebride sulla cista, e trovar, forse, im qualche significato nelle oscure parole di Arnobio, in cui si accenna a Demeter e alla pelle del cerbiatto, dalla Dea assunta agli
garsi
onori del culto
(^).
Intorno alla cista, e
sul
della
grembo
Dea,
si
avvolge
il
grande serpente, che e qui concepito come V afx(pi7voXog di Demeter, custode del temenos (Strab., IX, 393); il mistico ^qaxcov, figlio della terra, simbolo per eccellenza delle potenze catactonie e autoctonie
Le
('*).
figura di
Demeter
e
simile, nell'insieme,
a quella
delle
ma se ne scosta per partiL'impressione generale e che le mancano i veli svolinee siano piü pure, direi quasi piü antiche lazzanti dietro e accanto alla testa, come si vedono nelle terrecotte terrecotte e
colari
delFüma
non privi
d'
deH'Bsquilino;
importanza.
:
e
neirUrna, e
ornata
mente;
dal
e
tutti gli abiti sono
tanto
La
testa
non
ciuffo isiaco di spighe, ma
discusso
neirUrna degli
piü composti.
Statili la
squamosa dijfficilmente identificabile. (^) Anche lo Jahn, che dedicö
una specie
pelle h diventata
alla cista
di
di coperta
uno studio rimasto fondamen-
Hermes, III [1869], p. 317 ss.}, ricorda perte dalla pelle, ma non sa darne spiegazione. (2) Puoi vedere, in generale, Gerhard, op. 182, 380 ecc.
tale (in
e
la cista delle terrecotte, co-
cit,,
I,
148;
II,
179
ss.
;
11,
all'edizione di (^) II luogo h riportato dal Dindorf, nelle annotazioni Harpocrazione (vol. II, p. 847) Arnob., 1. 5 « Eleusinia illa mysteria, cuius memoriam continent? Nonne illius erroris, quo in filiae conquisitione Ceres fessa, oras ut venit ad Atticas, triticeas attulit fruges, nebridarum fa:
:
miliam pellicula cohonestavit hinnulae
n.
Sulla simbolica del serpente, vedi le pagiiie dottissime del Gerhard, in Ak. Abhandl, II, p. 22 ss. Tutti i posteriori trattatisti derivano da lui. (*)
IL
una semplice Corona della quäle
La
si
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
di mirto, la pianta sacra nel rituale di Eleusi^
incoronavano
faccia
119
(tav.
n.
V,
i
misti 3),
(^).
Don ancora invecchiate, dalFespressione mite, con verso
il
lakchos, incorniciata
giovinetto
fronte e scendenti in
vicina ad
un tipo
di
morbide trecce
Demeter
ma
dalle forme piene e mature,
siil
dai
gli occhi rivolti
capelli
divisi
noi non
ellenistica, che
dell'arte
suUa
senza dubbio assai
seno, e
conosciamo, e del quäle non saprei addurre confronti. Degno di osservazione e anche l'attributo della mano destra: la
Dea non papaveri,
come
tiene,
ma
un
fiore
negli altri
dal
gambo
monumenti
congeneri, spighe carnoso e robusto, che spunta,
ancora non dischiuso, fra due foglie larghe
:
—
un narciso
o
un gia-
come lo hanno giudicato, da me interrogati, alcuni cultori di scienze natural!, ignari di mitologia greca. cinto,
E
questo simbolo e forse piü antico che gli altri, ed e meno non ancora osservato nelle rapch'io sappia
comune, anzi
—
—
presentanze figurate delle divinitä eleusinie. II
narciso,
dal pro-
fumo che turba
e deprime {vagxäv), e il fiore dei morti, il fiore che Köre raccoglie, quando sta per essere rapita e condotta nel mondo sotterraneo (^); esso e l'antico serto delle grandi dee {fis-
yaXaiv
dsoTv
agxcdov
(TT€(fdv(0!.ia,
Affine al narciso era, nel
simbolismo
Soph.,
Oed. CoL,
religioso,
il
V.
682).
xoa^o(Sav6aXov^
una specie di giacinto, di cui si incoronavano i partecipanti alle feste di Demeter Chthonia ad Hermione (Paus., II, 35, 5), e che e forse
il
ficcTQiov
«
fiore
avxfoc,
Demeter», come era chiamato a Greta ofioiov vccQxi(T
di
-
((fa
Nel secondo piano del rilievo, in corrispondenza del braccio Demeter, si vede l'avanzo di un'altra figura muliebre, conservata nella parte inferiore, sino alla vita. Dovrebbe essere quella
sinistro di
di un'altra hierofantide,
ma
non
e possibile
determinare quäle parte
prendesse nell'azione e con quali attributi fosse rappresentata.
Che
(0 Aristoph., Ran., y. 324 ss., e Schol. al v. 330 (fxvQalvrjg azerfAvi^ iatecpavoVvTo ol fxsfjLvrjuevoi,). Cfr. Tzetzes, ad Lykophr. 1328. I misti nel pinax di Niinnion sono incoronati di mirto.
n e
ed inoltre Creuzer, Relig, de Vant., III, p. 384 ss., 544 s. da Preller-Robeit, Griech. MythoL, p. 760, n. 2.
gli scrittori citati
;
i
testi
120
G. E. RIZZO
Je hierofantidi di Eleiisi dovessero essere
desumerlo da un
liiogo di Istros, imica
per l'etä classica {F. E. Gr., catalogo dell'etä di Severo,
p.
I,
=
421
fr.
Istros,
20);
due
parla proprio di
si
di
piü di una, possiamo testimonianza superstite
ma
nel
hierofantidi
cioe, e di Demeter; e questa che lo hierofante, prende parte alla iniziazione, ed e anch'essa della famiglia degli Eumolpidi. Sono
ii€Qo(f(xvTi6sg dv6){^)\
ultima compie le
Kore,
stessi riti
gli
due figure secondarie del rilievo
le diie hierofantidi
maggiori
? (*).
€i manca, disgraziatamente, la sicurezza dell'affermazione, considerando lo stato frammentario di questa parte del rilievo.
Segue ora anche stiidiare,
il
pimto culminante
almeno
dell'azione,
che possiamo
parte, nel rilievo di Napoli.
in
xa^ag^og, sul quäle molto si e scritto, ma qualche cosa rimane ancora da dire, anche perche i precedenti esegeti non avevano la fortuna di possedere un monusi
Qui
mento
compie
il
del
rito
come quello che qui
cosi svolto e completo,
Giä prima abbiamo accennato alle identificazione della figura muliebre con
difiicoltä le
due
faci
si
descrive.
per una sicura abbassate (cfr.
ma buoni argomenti valgono per riconoscervi, con 108, n. 4) maggiore probabilitä, Kore, dCaaag iv TcaXccfxaig ocQafxsvrj däiSag {C. I. G., 2388). E poiche, come vedremo, la scena si riferisce alla :
p.
lontana leggenda eroica,
Ne
solenne.
eleusinie, e
questo tipo
Kore con
Dea prende
la
le
abbassate
faci
monete d'Atene del secondo secolo
nelle
nell'atto in cui allontana, con le
mali sorgenti dalla terra:
0) p. 74
"Ecprjfx.
SS.
dQXMoX., 1894,
Per
(^)
Per
(')
p.
198
Num., •op.
del
e
le
(^).
flamme
rappresentata
Rappresentata,
purificatrici,
gli
anche cioe,
spiriti
e
l'abbondanza delle faci di cui sono
p.
173; 1899,
altre sacerdotesse di
p.
218
ss.
[Skias]; ibid., 1900,
il
tipo di
Kore nei
Rubensohn. Per
328, n. 21 (interpr.
503
(=
le pre-
le
rilievi,
cfr.
monete,
cfr.
i piü volte citati articoli del Beul6, Les monnaies d'Ath^nes,
due faci abbassate, Interpret, per Kore); Head, Ilist. meno rettamente per Demeter). Cfr. pure Beule,
(figura con
p.
p.
Demeter, da non confondere con
op. cit., p. 67 ss.
s.
cit.,
e
rito
delle divinitä
[Dragoumis].
Kern
essa stessa parte al
e ignoto nella figurazione
Head, op.
cit.,
p.
322, n.
2).
IL
provvediiti
tiitti
i
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
121
che
del rilievo nient'altro significa
personaggi
qiiesto bisogno di purificazione dell'aria e del siiolo; profondo con-
ha espresso con poetiche
cetto deH'antica religione, che Euripide
parole piene di pensiero {Helen., v. 865
Nel compiere
il
la
rito,
ss.).
Dea volge 98
lo
sguardo altrove ccatqo-
testa della figura, ipoiaiv bfjLiJiaaiv (Aesch., Choeph.^ «onservata nel rilievo di Napoli), quasi che le potenze malefiche, che essa allontana daU'iniziato, non debbano offenderne gli occhi v.
e
ranima
;
cfr. la
(^).
La figura deH'uoino velato monumenti congeneri; ma
in nulla differisce da quelle degli
tutti i particolari sono meglio dallo scultore. Di im ariete e chiaramente resi ed assai compresi, altri
11
vello di cui
e
piedi dell'iniijiato,
ed ha
catrice,
il
ricoperto
il
^govog
espiatorio,
e
la testa
e
ai
il quäle regge anch'egli la lunga teda purificapo interamente nascosto sotto il manto (*) ri:
cordo delForiginario e crudele rito di espiazione, quando le divinitä sotterranee richiedevano il sacrifizio dello stesso colpevole,
Nel sim-
che, seppellito sotterra, era privo della luce del cielo.
bolico rito, egli
sua
come
e
consacrato alle tenebre della terra
sangue e stato sostituito, per appagare le potenze sangue di un ariete di recente sgozzato: ed ecco
il
l'origine del sacrifizio di sostituzione, dell'ariete,
colo
i
Alla
al suo
Yita,
sotterranee,
-zione,
(^).
il
e
il
lo
misti,
la
sposa,
molti, dal
Lobeck
sposo
e
colui
del
significato
Jiög xcodiov, sul quäle seggono
i
vello
colpevoli in espia-
che
interroga l'ora-
(^).
Su questo
rito
in
poi,
hanno parlato;
delFürna dell'Esquilino, le fonti unica che scarsamente e confusamente ce ne informa, depo la conoscenza
o la e
e
fönte
stata ado-
perata non sempre con la dovuta diligenza e circospezione : onde e ch'io stimo necessario di rifar quest'esame in relazione col mo-
(«)
Cfr.
(')
II
Eohde, Psyche, IP, p. 85, n. 2. manto era probabilmente nero, come puö desumersi
rico a Demeter,
dall'inno ome-
41. Cfr. Stengel, Griech. Kultusaltert. ^, p. 161. (') Sülle origini e sul significato del rito del velo, vedi Diels, Sibyll. Blätter, p. 122. Cfr. anche Reinach S., Cultes, mythes et religions, I, 299 ss.; v.
:«pecialm. a p. 302 (menzione deirUrna deH'Esquilino). (*)
Cfr.
Rossbach, Rom. Ehe,
•lo, p. es. Verg.,
Aen„ VU, 38;
p.
112
(e le
fonti ivi
citate).
Per Tora-
Strab., VI, 39, ecc.
9
122
RIZZO
G. E.
numento
E prima
(^).
di tiitto,
vediamo come e
riti
nel
rilievo
siano
della
saciu
elementi
diversi
i
deH'espiazione complessi cerimonia. Dissi giä delle faci e del manto; e mi aifretto a dire che il rito del Jiog xwdiov e rappresentato in maniera diversa chei
nella fönte, ed e congiunto con iin'altra cerimonia
simbolica, col
ßgovKffJiog.
6 siil
noto che
penegete Polemone aveva scritto im libro a parte di esso non ci e rimasta che ima breve glossa
il
ma
Jiog x(i)diov\
in Esichio, che sarä
bene trascrivere:
Jiög xcodiov MsiXixifp xal %rjv 7to/i7ir]v
TiQog tovg
tSov
ov tb tsQsTov
Ktr^aifp,
10^
Ts&vzai' dvovCi dh tS^
Jil
XQm'xai Sk avtoTg
vTioarQoovvvovTsg uvtcc roTg noGv
xaOaQfxovg
svaywv
(^).
La prima nozione che
dal frammento
rito fosse
im
in
ricava e che qiiesto-
si
(^).
E
certo che
rito era
il
di Eleusi
compreso quello
e
;
non
nome
il
di
STov^
in
e
diversi santuari^ compiuto quindi ben fondata la conget-
abbia un
tura del Foucart, che esso non
Zeus ctonia
a
sacrifizio
principalmente proprio (Meilichios, Ktesios): e che da ciö sia derivato xcbSiov
t€ 2xiQ0(p0Qiü)i'
oi
üTsXXovrsg xal ö daöovxog iv 'EXsvCivi xal aXkoi riv^g
Misteri e che sia soltanto im rito di
necessario coi
legame
purificazione,
diremo
cosi,
colpevoli macchiati di sangue. La sua relazione con Eleusi sarebbe avvalorata, secondo il Diels^ da alcuni versi delVinno omerico a Demeter (v. 197 s.), nei quali^ straordinaria per
i
veder troppo a fondo: la pelle di cui lambe sSog apprestato a Demeter non mi sembra possa. niqxTov
perö, si e voluto il
copre
Cfr.
(^)
Lobeck, Aglaophamus,
Diels, Sibyll. Blätter, p. 122 op.
p. 51 s.;
cit.,
Mythol, («)
p. 892,
183
p.
ss.
;
n.
1; etc.
Preller, op. cit.
Temendamento
fr.
87
= F.
IL
Polemon,
Preller,
Pringsheim, op. Harrison, Prolegomena, p. 23 ss. s.;
cit.,
e p.
G., III, 143.
p.
25
139
p.
s.;
ss.-^
Foucart^
643; Gruppe, Griech..
Non
serabrami
accet-
Lobeck (loc. cit.) 'lxeai(o, invece di KxrjalM dato dai codici; cfr. anche Said, ad voc, e Athen., XI, 478 C. Oltre che nel frammento di Polemone, il medesimo rito e menzionato da Eustazio {ad Odyss., tabile
XXII, 481). (Paus.,
I,
Un
84, 5)
:
del
:
rito simile h quello usato nel culto di Anfiarao in Oropo xgiöy &^aayreg xal rö &6Qficc inoatQoyöüfiBvoi xad^sidovaiv
dvafAivovrsg d'^Xojaiy övelgatog. {^) Sulla etimologia da una
rad,
dirum, vedi Harrison, op.
23
cit.,
p.
ss.
(fto
= ^tao =
lat.
dlro, onde diov
=~
IL
SARC0FA60 DI TORRE NOVA
maniera di mito
essere, sia pure in
La
123
simbolico
vello
il
etiologico,
miglior conferma
secondo me, quella che viene dai monumenti nei quali, perö, la scena e rappresentata in modo alqiianto diverso da quanto e lecito comprendel sacrificio di espiazione
(^).
e,
;
dere dal framraento di Polemone. II colpevole diritto sul a'
vello
sotto
disteso
dell'ariete
i
non sta
(ivayrjg)
piedi
ma
;
seduto, e
suoi piedi sta la testa della vittima.
Or questa
dubbio
senza
e
delle cerimonie di espiazione
per terra
e,
la
forma piü antica
e
piü pura
forse, lo stare sdraiati
poiche prima, dopo, in una forma piü temperata del rito, lo star se:
duti esprimeva simbolicamente la consacrazione, quasi per contatto, alle potenze sotterranee; e
monumenti
del &Qovicffi6g
Ne meno la
x^govog, su cui
il
ammaestrano
ci
diversi
i
offerta al mista,
rito orfico
Ora
simbolica tenebra del
l'ariete e
consumate dal fuoco
sul vello, e
e
mondo
sul-
stata
stato coperto dal
egli deve attendere a capo chino
e nella
sotterraneo, a cui e consacrato, che
un'ultima
hierofante compia
comprendere
cerimonia:
^govog; una face purificatrice
quäle, sedutosi
il
di lana nera.
farci
monumenti, per
atti della sacra
stato sgozzato e scuoiato, e le sue carni l'ara; il vello disteso sul
lo
il
(*).
successione dei
manto
siede l'iniziato nei
di cui parliamo, richiama, senza dubbio,
mentre
parte del rito;
che
la
hierofantide (nei nostro rilievo, la stessa Köre) purifica la terra con le faci abbassate. E quest' ultima parte del rito e quella di cui ve-
per la prima volta, una rappresentanza figurata nei sarNova lo hierofante, vestito di abiti rituali (^), versa
diamo,
cofago di Torre
:
da una oenochoe, sulle flamme dell'ara, uu liquido, che non e certamente vino, ma acqua: egli compie, cioe, il rito dei vri(faXia{^). (*)
Si potrebbe pensare, piuttosto, alla pelle di cui e coperta la cista:
vedi sopra p. 117
s.,
e
cfr.
Pringsheira, op.
pelle nei rito espiatorio, cfr. Robert, in (*)
Dio Chrys.,
Or.,
XII,
387:
cit.,
p.
52.
Hermes, XX,
eito&aaiy
iv
rö
E
sull'efficacia della
p. 377.
xaXovf^ep(o
>9Qoyi
xa^iaayreg zotg fA,vovfA,ivovg ol teXotyreg x^xX(o neQixoQS^eiy. Cfr. Plat., Euthyd. 211 D. Cfr. anche la forraula re&Qoyiafxeyog lolg &eovg in un papiro citato dal Pringsheira, op. (^)
p.
156
p.
23 e
Sugli abiti e
cit., p.
sul
27, n. 5.
tipo artistico dello
hierofante, vedi Vexcursus a
SS.
(*)
Cfr. principalmente, su tale rito, Fritze, p.
32
SS.
;
Harrison,
Sibyll. Blätter, p. 68 ss.
Prolegomena,
p.
90
De
lihat.
ss.,
e
veterum Graecor.^ 509 ss. Diels»
p.
;
124
E
importante osservare che giä
il
Diels aveva pensato die in re° del Stör
sostituzione e con la cerimonia
lazione col sacrifizio di
xMÖiov dovesse stare la
delle
offerta
libazioiii pure,
senza vino
aoivoi, Poll. VI, 26), le qiiali avevano per fine di ripiüire
(Ovaim il
RIZZO
G. E.
di lenire il corruccio
sangue versato e
degli
dei
sotterranei.
E
a riconoscere tal rito nel rilievo di Torre Nova, e
tutto concorre
geniale e quasi divinatoria idea del Diels. I rrjcpaXia sono, infatti, libazioni espiatorie per eccellenza, e si compiono, nel modo che le figure indicano, versando acqua pura sul
a render
la
siciira
fuoco dell'ara
{^).
Noi sappiamo a
niesi
speciali
Ninfeecc.
;
che queste divinitä
Schol.
(le
SophocL,
libazioni erano
Oed.
Offerte dagli
Mnemosyne,
le
Colon. ^ v. 100);
ma
Erinni,
Ate-
Muse,
le
sappiamo
per espressa dichiarazione di Filocoro e di Plutarco, che veniyano Offerte a Dionysos (^), considerato certamente come divinitä
anche,
ctonia; e a Demeter,
(Änt. rom., I, 331). bilmente a spiegare
Ma
E il
non bastano
ci attesta Dionigi di Alicarnasso antiche testimonianze servono miraqueste rito che nel rilievo si compie.
secondo
pure libazioni espiatorie; infatti lo hierofante tiene nella mano sinistra un « recipiente » colmo di frutta, le
che nulla manchi per placare lo sdegno delle divinitä. Or questo recipiente non e una patera metallica o un altro vaso sacrificale si
:
esso
sembra intrecciato
di vimini,
e
fa quasi
pensare ad un pic-
importanza non puö sfuggire a nessuno. Ma se pure la forma non e precisamente quella che il mistico arnese ha neH'arte antica, certo e perö che il suo uso nei riti di purificolo Xlxvov
(^),
la cui
cazione e intimamente connesso con la cerimonia dei xaraxvaixara, come giä dimoströ il Samter (Familienfeste., p. 100 s.),
la quäle,
che un'altra azione espiatoria, un mezzo simbolico di placare Taviditä dei daifxovsg maligni. II rito del velo, negli altri monu-
non
e
(*)
Phlegon. Mirab. orac,
I,
nvQÖs f^aXsQoto ri&ifttov. Theophr. gxiXta tä t^QÖanov^a.
v.
22 [Diels]
:
tqU i6aa, prjcpaka ndvtu, De abstin., II, 20): rrj-
(apd. PorphjT.,
(2) Schol. Sophocl., Oed. Colon., v. 99 (= Philoch., fr. 30); Plut. Praec. Sanit., 19, p. 132 f. Cfr. Harrison, op. cit., p. 509 s., e Stengel, Kultusalt.^,
p.
93
SS. {^)
Vedi per
la
forma del Uxvov,
ticolo della Harrison, in
e per tutte le questioni attinenti, l'arJourn. of hellen, studies, XXIII (1903) p. 292 ss.
SARCOFAGO
IL
menti
congeneri, al
significato,
con lui avere
—
TORRE
e
diverso
Pringsheim: siilla forma del
a parte la questione
depo compiuti i Assistono alla sacra cerimonia atto,
si
con ugiiale il
Diels,
significato
vaso
«
dei frutti della terra, offerta che lo hierofante
come ultimo
ma
come giä vide ne
il
125
NOVA.
diversa forma,
per
dei xc4Taxv(T(jiara^
rito
Samter
il
e collegato,
DI
»
(')
—
e
piiö
l'offerta
appresta a fare,
vr^gxxXicc.
diie
delle quali iina
figure,
e
siciiramente Hecate: divinitä di spiccato carattere sotterraneo (x^ola jiQonoXog xal ÖTtaoov di Delia, axoTia, piü volte nelle fonti) :
meter {Hymn. in Cer., 440), considerata anche come figlia di Demeter e identificata, perciö, con Persephone (Eiirip., Jon. 1048) (^). religioso posta accanto alle dee princiMisteri, presiede anch'essa ai riti della purificazione, ed
In un'etä di sincretismo pali dei e giä in
Esiodo invocata in tutti
sacrifizi espiatori
i
Theog.,
(
406 s.) com-
:
quindi la sua presenza nel ciclo delle divinitä eleiisinie e la
partecipazione al solenne xccdaqaog, non puö presentare alcuna difficoltä, per tiitto ciö che noi sappiamo non solo dalle fonti letterarie,
cui
ma
noi
anche dai monumenti
ci
occupiamo
quella di Hecate,
e
figurati.
niiova,
essa perö
Se infatti nei
come alcune
rilievi
altre figure,
ha compartecipazione
di
anche
sicura (anche
per il nome scritto accanto) nel ciclo delle divinitä eleusinie, rappresentate nelle pitture vascolari, specialmente in quelle raffiguranti la mistica spedizione di Triptolemos (^); e con quasi assoluta sicurezza deve riconoscersi anche nella giovanile figura che nel pinax di Niinnion sta accanto a lakchos. E come nelle pitture vascolari e in altri
nell'aspetto
monumenti, essa non e rappresentata tricorporea, ma di una giovine donna, vestita di chitone con mezze
maniche, cinto alla vita
e
mani una
da un grosso cercine.
stretto ai fianchi
face
e la
sua testa
coronata di foglie
Reggeva
nelle
di pini;
simbolico attributo che Hecate ha, come
(*)
Ci sarebbe
sorretto dalla
mano
anche in quel
;
e
altri, in
comune
un Uxvov non potrebbe esser modo. Eimane perö sempre da considerare che
da osservare che
quel vaso non h affatto metallico, ed h certamente di verghe o vimini intrecciati {nXsxTdv), e rituale. (»)
Per
C*)
Monum.
Demeter,
p.
le
altre fonti, vedi Roscher's
deWlnst.,
I,
544; Atlas, tavv.
tav. 4
XV
e
;
Lexikon,
e in generale
XVI. Hecate
pitture vascolari con la xA&oSog e ävoSog di Köre.
h
I,
2,
1892
ss.
Overbeck, Kunstmythol. anche rappresentata nelle
:
126
G. E. RIZZO
con la stessa Demeter, essendo considerata anche come dea della feconditä.
Se questa identificazione e certa, non altrettanto potrei dire anch'essa nuova in questo ciclo di monumenti che io ho interpetrato, nella relazione sommaria, come per l'altra figura
—
Dionysos.
—
Dopo alcuni
resistono all'esame
delle
fonti e al
confronto
torno alla prima e piü spontanea congettura: quasi, per esclusione (^).
Ne puö
non
tentativi di altre interpretazioni, che
monumentale, e vi ritorno,
ri-
direi
davvero sorprendere la preyenza di Dionysos in mezzo abbiamo di ciö con-
alle divinitä e ai riti di Eleusi: perche noi
ferma lucidissima in molte antiche testimonianze letterarie
numentali
e
mo-
(*).
(^) La figura non puo essere quella dello stesso iniziato, rappresentato un momento anteriore a quello del xad^aQfxög, che si compie dopu perche l'azione del xcc&aQfj,6g come ho dimostrato e unica, e la figura dello hierofante h in intinia correlazione col rito del velo e del dtou xtö(fto>/; sieche e impossibile concepire la sua azione in rapporto con la figura che gli sta di fronte: e questa azione, del resto. non avrebbe alcun significato. La figura giovanile, inoltre, ha attributi caratteristici, che non possono essere quelli di un mista. Un'altra congettura, che potrebbe a
in
—
—
prima vista sembrare meno improbabile, e che nel supposto Dionysos sia da ricercare uno dei tanti sacerdoti minori dei Misteri, come noi li conosciamo dall'elenco di Polluce (I, 34 s.) o da una isciizione del III sec. d. Cr. (Ecptjfj,. dq/., 1900, p. 74 SS.; Fouc&rt, op.
cit.,
p.
72
ss.).
Ma
ne Taspetto, ne l'etä
sembrano quelli di un sacerdote, per quanto non mi sfugga l'esplicita testimonianza di un'iscrizione {'Ikfrj^. äqx- 1883, p. 78), nella quäle e detto che
—
Memmio
tenne la carica, che era a vita, di leQshg inl ßmfxQ una delle per 56 anni. E questo significa, mi pare, che egli ebbe maggiori in Eleusi questo sacerdozio in etä giovanile (cfr. Foucart, op. cit., p. 58) ciö che sarä L.
—
:
per la ragione dei tempi, e nel declinare lento delle antiche istituzioni religiöse. E gli abiti, che sono certamente rituali, non credo constato possibile,
Ho pensato anche che possa misteriosa figura un dcdfj,(ov: j\h lakchos, ne Eubouleus, ma di simile natura, come a qualcuno e sembrato lecito supporre che vi siano stati accanto ai Salfxoveg principali del ciclo di Eleusi, ma senza diretta n^
vengano
alla solennitä della carica sacerdotale.
riconoscersi
nella
indiretta testimonianza delle fonti, e con assai debole riferimento alle giovanili figure del cratere Pourtales.
gettura che, del resto,
Ho
dovuto scartare anche questa terza conil significato deH'azione
non farebbe cambiare per nulla
e di tutta la scena rappresentata.
n
Cfr. principalmente Gerhard,
Akad. Abhand.,
II,
222, n. 198; Kern,
SARCOFAGO
IL
Se
e vero
che
« perö abbastanza
TORRE NOVA
DI
127
il Dionysos dei Misteri appartiene agli Orfici, antica qiiesta nuova forma della concezione dio-
nisiaca, ed in intima correlazione con le profonde e belle leggende
di Dionysos a Delfi
cosicche
:
il
quello delfico: e se comune e
Dionysos eleusinio non e diverso da il simbolo deH'omphalos (hydria di comune e aoche il laiiro delfico che
€apua, Pinax di Niinnion) (^), jioi abbiamo ritrovato nel nostro
accanto all'ara del san-
rilievo,
tuario.
sta Dionysos accanto ad
Bene
lievo, nella quäle •ctonie
benissimo anche
e
;
Hecate in questa parte del
gran sacerdote oifre
il
si
comprende
la scena, insieme con lakchos
ri-
i
vr^qochcc alle divinitä
la
sua presenza, in tutta
poiche lakchos e Dionysos sono in divinitä e due diverse separate •origine (^), che le teorie e i riti orfici iendono a confondere in una sola concezione mistica, lentamente, ma in etä abbastanza antica,
se giä nel
famoso coro dei misti nelle
mescola » attributi di Dionysos con poeta lakchos, come osserva lo Scoliaste al v. 328 (fxsfxiyi^i^'viog
Jiane di Aristofane, di
•quelli
:
«
il
E
questo ho ricordato, perche se e vera la proposta identificazione, place vedere nel tardo rilievo le due figure divine l'una
Xkysi).
•accanto all'altra: segno non dubbio che
il
Nova
rilievo di Torre
deriva da un'opera d'arte assai piü antica e piü pura. Infatti in alcuni dei vasi greci del IV secolo, in cui sono efiigiate scene ai
riferibili
{pelike
hydria
di
Misteri
Capua
noi
(^),
Kertsch
di
e
e in
vediamo Dionysos accanto a lakchos
hydria di
Cuma: meno sicuramente
quella di Greta)
:
e
^colari Dionysos e senza dubbio alcuno da riconoscere, per tratti caratteristici e
-edera ecc),
le
figure
per
i
nella
se in queste pitture vai
suoi
suoi attributi abituali (tirso, Corona di
giovanili
chiomate
col
chitone manicato e
In Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, 1, 1042; Harrison, Prolegom., p. 557 ss. •Si aggiunga che a Tegea c'era, accanto al tempio di Demeter, quello di Dionysos mystes (Paus. VIII, 54, 4). (') Cfr. SU tale questione Pringsheim, op.
cit., p.
65
s.,
e
i
monumenti
ivi
Tysczkiewicz !), in Mon. delVInst, XII, tav. 34. (2) Lo scritto, ch'io reputo fundamentale, e ancora quello del Welcker, in Ann. deWInst., XXXII (1860), p. 455 ss. Cfr. Gerhard, op. cit., II, p. 219,
citati.
«1.
L'hydria di Capua
(o
178; 344, 60; Harrison, op.
numenti (*)
dell'arte figurata, cfr.
cit.,
pp. 557 e 561 ecc. Nelle relazioni coi
Furtwängler, Meiüervjerke,
Citati giä sopra a p. 111, n. 2.
p.
565
mo-
e p. 139. n. 1.
128
con
G. E. RIZZO
le
un
di
fiaccole,
come sopra ho dimostrato, non possono
dai/iicov
dei Misteri,
Vediamo imo dei
ora se »
di
di corta tiinica,
su
«
tipi
i
e
caratteri esterni della figura rispondono
Dionj^sos, conosciuti iielFarte antica. e disposta
ciii
e cinta
calzato di alte siißadsg, regge
;
il
ad
Vestito
alla vita la pardalis^
di clamide che scende dalla spalla sinistra, e si avvolge
braccio
essere che-
lakchos.
qnindi di
suiravam-
kantharos, nella
destra abbassata, e ricorda certamente, per tutti questi tratti,
mano i
tipi
dei giovine Dio, rappresenlati principalmente dal Dionysos Hope, poi
=
Michaelis, Anc. Marbles, p. 280) eDeepdene (Clarac, 695, 1614 da quelle deirEremitage (Clarac, 695, 1615). La pardalis, oltie che la nebride, e caratteristica di questo Dio, come le alte ifxßadsg
(Luc, Bacchus, 2; Athen., V, 200 d) (^), proprio anche di lakchos, affine, anche tipologicamente, a Dionysos. Sembra, anzi, che questecalzature indichino chiaramente le relazioni di Dionysos con la Beozia la Tracia (^);
e con
e
il
pensiero
tluenze tracie nella religione, nei
non puö non correre alle innei costumi di Eleusi, per
riti e
yia dei tracio
Eumolpo (^). un kantharos puö esser quelle che la giovanilefigura tiene nella mano destra ed e di quella medesima forma che questo vaso ha sempre nell'arte ellenistica e romana, come nella.
Ne
altro che
;
celebre in
un
tazza dei Tolemei
«
»
con
simboli dei rito dionisiaco
rilievo con Dionysos ed Arianna
(Clarac, 135, 153),
e
{^)^
in
il tirso ma egli regge personaggi della mistica scena, e in relazione, appunto, col rito di puriticazione che vi si compie (^). E a questo medesimo rito noi dobbiamo anche attribuire, se
molti altri monumenti. Manca, per Dionysos, la
il
Innga face come
gli
;
altri
Chiton dei supposto Dionysos ha due particolari, degni di osser-
(')
Giä nelle
sterwerke,
p.
«lue statue
citate e in
molte
altre
;
Furtwängler, Mei-
cfr.
565.
Poll., IV, 115 'Eußddeg &quxiov de tö evQt]fx
(^) {^)
gier.
(^)
La
face, dei
resto,
non disconviene a Dionysos
e al suo culto.
La
festa delle Aa/j,nti]Qia, che si celebrava di notte alla luce delle fiaccole a Dio-^
nysos AafjinxrjQ nei tempio di Pellene (Paus. VII, 27, 3) Cül culto di Arterais Soteira.
e
perö in relazione^
IL
SARCOFAGO DI TORRE KOVA
129
vazione: le maniche corte e le frange neH'orlo di esse e nell'orlo inferiore del
Questo oriiamento, proprio veramente degli egizi, ha avuto, senza dubbio, iina vera impor-
chiton.
ed
abiti Orientali
tanza di un simbolo,
come
Misteri,
noi
il
cui significato ci sfiigge, nel
sappiamo principalmente dalla
rituale
dei
iscrizione di
An-
dania (Dittenberger, SylL inscr. grecr, n. 653). Fimbriato e il Chitone della figiira giovanile che accarezza il serpente di Denei
meter,
Führer,
della classe
rilievi
W,
n.
1168,
p.
II
(v.
a
266); fimbriata
132; e anche la
p. e
cfr.
Heibig,
stola
dello
Urna dell' Esqiiilino (^). Vedremo nello come questo contrassegno ben convenga a
hierofante, nel rilievo della
excursm Dionysos
(p.
161
s.)
ctonio.
Soltanto
il
tipo della testa
stico del dio, di cui
lunghe chiome;
mento del Museo nella xoivr]
e
2) non
n.
(tav. V,
e
caratteri-
non ha ne la mollezza quasi femminea, ne le rassomiglia piuttosto al « Teseo » del framBerlino
di
dell'arte attica.
personaggio compie:
(^)
e,
in generale, al tipo deU'efebo
Poco chiara
egli e cosi vicino
e,
inoltre, l'azione
allo hierofante, che
tharos tocca, quasi, l'oenochoe di quest'ultimo
;
e
che il
il
kan-
anche dalla di-
rezione dello sguardo abbassato, sembra che egli prenda parte alla il che, a dir vero, non e
celebrazione del sacrifizio dei vrjcfdXia:
molto comprensibile.
Ben
vero, perö, che le ragioni di spazio sono
e
trascurate in questi rilievi
;
e la supposta derivazione
generalmente da originali
congiunta al bisogno di racchiudere la scena nei limiti insormontabili della fronte del sarcofago, sono buoni motivi generalmente addotti, per spiegare questa difettosa distribuzione delle pittorici,
:
figure qiiesti
ma
nel caso nostro
si
rimane alquanto
incerti sul valore di
motivi tecnici.
Aspetterö che altri dia dei quesiti da me proposti migliori si che la esegesi dell'importantissimo rilievo possa dirsi in ogni sua parte sicura.
soluzioni che le mie,
(*)
per
il
A
quäle
anche latestimonianza del rilievo di Lakrateides, PMlios ha diraostrato che non esistono le supposte frange
torto fu addotta il
[Ath. Mitten, 1905, p. 197). (^) Monum. dei Lincei, Führer, IP, n. 870.
I,
(1892)
[Heibig];
cfr.
dello stesso
autore,
130
G. £.
Fig. 9.
—
ürna delPEsquilino (Museo Nazionale Komano).
CONFRONTI Compiuta
BTZZO
COI
MONUMENTI DELLA ClASSE
II.
cosi la descrizione di tutta la scena effigiata nella
fronte del sarcofago, e ferisca dai monumenti
il
momento
della
di
domandarsi
Classe II
(cfr.
in
che essa
sopra, p.
106).
dif-
Os-
IL
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
serviamo, intanto, che delle nove nel rilievo di Torre
Nova
figiire
131
sicuramente
rikovano nel rilievo deirUrna deirEsqiiilino:
Demeter seduta,
qiiella
Tiitte le altre sono
riconoscibili
soltanto
(incerta e la decima),
cioe
la
tre
si
figura
di
del mystes velato e quella dello hierofante.
nuove
interamente
e diverse;
ed in maniera
svolgono anche gli atti della sacra cerimonia. Invece del rito dei vr^tfaXia, vediamo in questa classe
diversa
rilievi
si
del x^^Q^? {.ivarixog (M
sacrificio
il
;
di
sorretto, presso la ru-
avvolto in una pelle leonina, o certamente felina. II rito del STov xmSiov e effigiato in iigual modo che nel
stica ara,
dall' iniziato
nostro rilievo per la figm-a prineipale; ma accanto ad essa che Köre con le due faci abbassate, la sacerdotessa,
di abiti rituali, di
l'atto
compiere la
dell'iniziato
con lunghe «
impositio
invece
vestita
larghe maniche,
e
del mistico vaglio
»
c'e,
nel-
suUa testa
(^).
Cominciamo, perö, a fermare differenze di rappresentazione
—
non giä siille sono da attribuire a diquali
la nostra attenzione le
verse fonti, forse moniimentali, di inspirazione, e non possono quindi
sorprendere
— ma
sulle interpolazioni riconoscibili nel rilievo del-
rUrna deH'Esqnilino
Y iniziato, non
siede
(cfr.
la tav.
e ricoperto
VII
e fig. 9). II Ogorog,
dal vello dell'ariete,
ma
sii
cui
da una pelle
leonina: lo scultore, cioe, non ha compreso il significato simbolico di questo particolare nel monumento che egli copiava; ed ha, per cosi dire, trasportato la pelle leonina dalla prima figura a sinistra,
n modo spunto
suo,
ai
avvolge, alla seconda figura seduta ; interpetrando, dell'una con l'altra, e dando, quasi, lo
r identitä
nuovi errori dei moderni esegeti.
La
piedi dell'iniziato, fu tradotta dallo scultore in
testa dell'ariete, ai
un corno
stilizzato,
Harrison, in Journal of hellen. (^) Cfr. Pringsheim, op. cit. p. 29 sgg. Studies, XXIII (1903) p. 313 sgg. e Prolegom., p. 547 sgg. Mi dispenso dal citare le fonti giä piü volte da altri esaminate e discusse. ;
;
(^)
citate.
Basterä rimandare a Pringsheim, op. cit. p. 24 sg. e alle fonti ivi il rilievo del Museo di Torino (fig. 10), si osservi che lo hiero-
Per
fante tiene nella sinistra
il
vassoio
Nella destra abbassata impugna, in rustico, basso, inghirlandato {loc.
cit.).
Questi
con
i
modo
frutti,
strano,
fra la
i
quali due spighe (?). (sic'.j; Taltare
oenochoe
non puö essere il puteal di cui parla lo Heibig non sono riconoscibili nel disegno infedele
particolari
del Maffei, riprodotto dalla Lovatelli.
132
G. E.
avremmo monumenti
che molto gli
altri
RIZZO
stentato a riconoscere, senza
il
confronto con
superstiti.
Ne minore ignoranza dei simboli mistici dimoströ aella figiira che sta accanto a Demeter, in atto di accarezzare VoixovQog o(fic ; moderni non hanno ne ben
descritto,
ne ben compreso questa figura, e necessario esaminarla
ex novo^
e poiche
tiitti
Fig. 10.
gli
—
esegeti
Frammento
di rilievo
(Museo
di Toriuo).
per addivenire ad una sicura, per quanto inaspettata, interpretaMa sarä meglio fare la de-
zione di questi rilievi della seconda classe. scrizione fig.
suUa medesima figura del
11), assai piü vicino
dalle
membra
fino ai piedi
fiorenti, vestito
ed ha
alla vita, e avvolta
l'orlo
rilievo
Campana
(tav.
e fedele all' originale. E, dunqiie,
di
im chiton
VI
e
un efebo
di lana che scende quasi
adornato di lunghe frange; sul chiton, cinta r i d e le cui zampe sono, in vaga ma-
una n e b
;
IL
SARCOFAGO
DI
TORRE NOVA
133
c3
s
o
134
annodate sulla spalla
niera,
l'ascella
sinistra, si
l'altra sta libera,
e
RIZZO
E.
G.
in alto;
•
che un'iinghia scende presso una clamide leggera e av-
voltolata nel braccio sinistro. 11 giovinetto incrocia le gambe, insistendo sulla sinistra, e appoggia il peso della persona, lieve-
mente curvata, su sotto l'ascella e
un
di
«
bastone
»
che egli accosta e tien fermo
sul rialzo roccioso del terreno
punta
:
Schema
nello
noto dei vegliardi nel fregio Orientale della cella del Partenone^ e degli efebi o dei vecchi nelle pitture vascolari. 11 bastone su cui l'efebo
e tutt'intorno coperto e cinto di nella simile, forma, al ßccxxog (').
si
edera, Lo
appoggia
scultore
deirUrna
o
non comprese o non seppe rendere
particolari di questo ßaxxog, che nel rilievo fittile del
Terme
e
invece
con
reso
foglie di
e
insigne precisione
Museo
finezza;
i
delle
e l'im-
perizia dello scultore fu resa piü grave dal disegnatore che eseguj la tavola per la prima edizione deirUrna: onde quasi tutti gli esegeti -videro una clava su cui si appoggia la figura creduta,
Ed
perciö, di Herakles.
date
di
questi
rilievi,
e naturale che le cattive edizioni,
prima
abbiano indotto perfino il diligentissima di clava o di bastone ricurvo, che si va
Pringsheim a parlare rastremando in alto (^). Prima ho detto dell'abito fimbriato
e della
sua importanza nel rituale dei Misteri quindi potremmo giä dare un nome a questa figura, cosi ben definita da tanti eloquenti at:
(^)
Ma
Schol. Arist. Equit., 408.
qui veramente piuttosto che di un ra-
moscello {xXdSog), si tratta di una specie di tirso. che si incontra in monumenti antichi di tarda etä. (Vedili citati in Pringsheim, op. cit., p. 16 sgg.). La pianta simbolica dei misteri di Eleusi e, come ho detto, il mirto, e di raraoscelli di mirto sono intrecciati di Niinnion e in altri
miniamo non
si
O
cit.
monumenti
:
i
dalle figure nel Pinax della figura che noi esa-
« fasci » portati
ma
nel « tirso
»
possono riconoscere che foglie di edera. « Auch der p. 10 Jüngling, der mit Demeter und Köre zu einer Gruppe vereinigt ist [neirUrna], soll als Herakles verstanden werden; denn er stützt sich hier auf eine Keule. Die Campanareliefs dagegen, auf Op.
:
nach ist, geben einen langen, sich oben verjüngenden und ein wenig krümmenden Stab, [queste
denen dieselbe Gruppe dargestellt le
sono, invece,
zampe
e le
unghia della nebride, che
si
ergono dal nodo,
der eng mit Blattwerk umwunden ist: etwas ganz und ohne Zweifel [?!] ein Zug des Originals «. II Pringsheim, Ungewöhnliches per il primo, comprese che questa figura non poteva essere quella deH'iniziato, sulla spalla
e la
sinistra]
identificö
chiaramente
eleusinischen Jakchos
>>
(p.
« als
24).
die
alexandrinische [?]
Parallelfigur
zum
SARCOFAQO
IL
ma
DI
TORRE NOVA
135
osserviamo
ancora la testa giovanile e serena, tutta che sfuggono dalla larga benda, di cui essa e cinta, e adombrano la fronte, le tempia e la nuca. tributi;
incorniciata
dai
riccioli fiorenti
Essa ha veramente altri
che
il
—
«
giammai
—
Frammento
Campana
perche
io
sono
»
di
lakchos-Dionysos
iniziato
—
;
ne
potrebbe stare accanto alle Grandi Dee.
1'
di rilievo
figura, del resto, risale :
divini
confidente intimitä
Fig. 12.
La
caratteri
giovine Dio
in cosi stretta e
cotte
i
(Museo
!
di Eleusi).
ad etä piü antica che non le terreche mentre il Kern cercava
siciiro
nei rilievi votivi di Eleusi la figura di lakchos, egli la descriveva senza riconoscerla, e affermava nella maniera dommatica, a cui
sopra ho accennato, che lakchos Infatti nel rilievo (•)
da
manca
tra le
immagini del santuario.
lui pubblicato (^), e qui riprodotto alla fig. 12,
Athen. Mitteil XVII (1892),
p.
127,
fig.
2.
136 si
G.
vede Demeter seduta
K.
RIZZO
Köre
dietro di lei
e
e accanto
;
a questa
una figura frammentata « ein Jüngling mit langen Locken, in kurzem Chiton, über den ein Fell gebunden ist » Or a me non :
.
par dubbio che questa sia e
Campana
e
deirUrna;
la figura parallela a quella dei rilievi
nulla di piü
comprensibile che lakchos
abbia, giä nel IV secolo, preso da Dionysos l'attributo della nebride (cfr. sopra, a pag. 127, a proposito dell'osservazione dello Scholiaste di Aristofane) (^).
Abbiamo, dunque, indiscutibilmente eleusinia nei
ammesso
volte ripetuta affermazione dell'iniziato
Grandi Dee, rilievo
rimane distrutta
e
deirUrna, secondo
xaBaoaig,
^ivrjüig,
14
p.
la teoria della
tre supposti stadi
i
al cospetto delle
tripartizione
del
della iniziazione, in
E
noto, infatti, che
un luogo di Teone
sg.
e stato
costantemente in-
inoTiTsia.
Smirneo (Mathemat.
rappresentata la triade cade la tante
della seconda classe: e cosi
rilievi
[Hiller])
vocato, per sostenere codesta tripartizione, quantunque giä
il
Lobeck
(AglaopJi. p. 38 sgg.) abbia visto che il luogo di Teone non ha proprio nulla da fare coi Misteri di Eleusi. La tripartizione, quindi,
non
c'e nella fönte invocata; tanto
meno, poi, esiste nei monumenti; ammessa da moltissimi uomini dotti (^),
e se fu riconosciuta ed
Terrore
(*)
deve alle insufficienti edizioni dei
si
Cfr.
i
frammenti
pubblicati dal Rubensohn.
fittili
con figurine a
Athen. Mitteil
in
rilievi,
che sono di
rilievo, provenienti
XXI7
si
da Eleusi,
(1899), tav. VIII, 2, 3
(pag. 57: Demeter, Köre, lakchos). (^) La tripartizione h stata ammessa, oltre che dalla Lovatelli (op. cit. p. 34 sgg.), dallo Svoronos, Journ. intern, d'arch. numism. IV (1901) p. 475 e sgg.; dallo Skias "Ecprju. dQ/aioX. 1901, p. 38 sgg.; dallo Stengel, Griech,
Samter, Sibyll. Blätter, p. 69 sgg.; Dieterich, de 12 e Rhein. Museum XL VIII (1893) p. 275 sgg.; Sauer, in Berl.phil. Wochenschrift 1903, p. 1426 sg.; Harrison, in Journ. of hellen. Studies 1903, p. 313 sgg. e Prolegomena p. 547 sg. De Jong, MysterienKultusalt*.
p.
161;
hymnis orphicis,
p.
;
wesen, p. 21
samente
il
Non
e
da
altri
ancora.
Ne
dubitö
lo
Heibig
(loc. cit.) e
piü espres-
Pringsheim, come ho giä detto. h il
caso di discutere le singolarissime congetture dello Svoronos
sulle cinque parti dei Misteri, sulla figura di Herakles, dinanzi a Demeter, sal
xc(6aQfx6g
maggiore
e
minore
;
e le false conclusioni ch'egli trae dal rilievo di
Napoli, che ritiene tutto antico e completo a destra. Ha soltanto veduto bene, neiraflfermar« che le terrecotte sono piü antiche e piü degne di fede, che non il
rilievo
deirUrna.
IL
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
137
-grande importanza per lo studio della religione greca, e meritaYano il « testo » riveduto e corretto che si offre nelle nostre tavole. *
Soggetto generale della rappresentanza figurata.
— Esaminando
:sposizione
il
rilievo
deirürna, ho aceennato alla
della pelle leonina dalla
»
prima
fignra
«
tra-
a sinistra, al
SQovog SU cui siede l'iniziato coperto dal velo e su questo Sgövog, invece, non puö e non deve stare che il vello dell'ariete, il Stov :
x(o6iov
!
Lo
scultore ha dimostrato, con questa trasposizione, la sua
ignoranza dei simboli mistici; ch'egli sapeva
^
ma
forse questo suo errore
di scolpire un'antica
tutti gli esegeti,
me
ci dice
leggenda su Herakles mystes
:
compreso, hanno parlato di questa interpre-
ovvia. Ma prima di discuterla, poiche la tradizione mitica vuole Herakles iniziato ai misteri di Agrae o di
tazione,
come
cosa
di
liberare
Eleusi, bisognerä •cioe,
zione a tali
uomo
il
campo da una
«
»
pregiudiziale
:
se.
veramente rappresentata una scena di iniziaMisteri. Di questo, infatti, si e dubitato; e da un
nei rilievi
sia
di singolare dottrina nella
scienza
antiche religioni,
delle
da A. Dieterich (0, immaturamente rapito a questi Nelle Nubi di
Aristofane
(v.
studi.
275-730), Strepsiade si preil Maestro lo fa sedere su
senta a Socrate quasi come un mista:
un sacro sedile
Strepsiade
e
si
{tsqog (SHi^inovg)^ gli da
tirato
il
una Corona,
mantello sul capo, Socrate
poiche
e,
gl'intima
E quando
silenzio sacro, ed invoca l'Aere, TEtra, le Nubi...
il
lo in-
Tita a svelarsi e a trovar l'argomento valido per liberarsi dai creditori, Strepsiade
ccQv axCd (üv
risponde
(v.
729
av
s^
smßaXoi — Da queste parole com-
seg.) ^ig
dfjT
si äTvodTSQrjTQtda ; prende che Strepsiade sta seduto su di una pelle ovina e la sottile analisi del Dieterich mira a riconoscere in tutta questa scena
yv(ojiirjv
;
una parodia
ma
di riti sacri;
catura comica dei -che Aristofane
santi
pensasse
poiche sarebbe impossibile la caiidi Eleusi, il Dieterich afferma
Misteri ai
misteri bacchici.
E
siccome
dei versi aristofanei gli richiamavano al pensiero "del rilievo
deirUrna,
egli
il
pensava che in questa
C) Rhein. Museum XLVIII (1893) p. 512 sgg.
p.
275 sgg.
;
gli
accenni
gruppo centrale fossero
e cfr.
efißgiati
Harrison, Pro-
legom.
10
138
G. E.
RIZZO
riti
bacchici (« das ganze Relief stellt Riten bakchischer M3'Stenei>
dar
»
ibd.,
;
276).
p.
Mi sembrava del Dieterich, i
necessario riassiimere in poche parole l'articolo
quäle, perö, aveva atfermato, diie anni prima, che
deirUrna
rilievi
stofane,
il
Che
riferissero ai Misteri di Eleiisi (^).
si
iramaginando
qiiella
avesse nel pensiero riti
situazione
scrivendo
e
religiosi, non v'ha dubbio
versi»
qiiei ;
Ari-
ma
poiche comuni a
puriticazione e di espiazione erano molti santuari, come ha riconosciuto lo stesso Dieterich, non v'ha qiieste pratiche di
motivo alcuno di affermare che nell'animo del -poeta fosse l'intenzione di far la parodia di questi o di quegli altri misteri.
Se in questi monumenti fossero rappresentati riti dionisiaci, non si comprenderebbe il posto che Dionj^sos occupa nel rilievo di Torre Nova, accanto alla triade eleusinia, ma in una situazione
certamente secondaria; onde io non credo possibile il dubbio che non abbia voluto effigiare riti eleusinii di un tempo, perö,
l'artista in
cui essi erano fortemeute pervasi da elementi
mi sembra una
«
orfici.
E
poiche
contrario al carattere dell'arte antica che si concepisca
sc6na di Misteri
che una singola di
l'archetipo
e
»
indeterminata, un'azione generale piuttosto
non sarä improbabile che rappresentanze figiirate abbia rappresentato
individuata azione,
qiieste
una leggenda mitologica assai nota
e
diffusa
:
quella della inizia-
zione di Herakles.
Essa le azioni
si
compie
rituali
dei
al cospetto delle stesse
Misteri,
come
si
divinitä: trasportando
praticavano
al
del-
tempo
Tartista, nel lontano passato della leggenda eroica: che non diver-
samente
fa
il
poeta dell'inno omerico a
Demeter,
riferendo
alle
sorgenti del mito tradizioni e riti sacerdotali dei tempi suoi. Non staro qui a discorrere del mito di Herakles iniziato, che e
certamente di origine attica,
scordanze in fonti numerosissime
ma
che
(^).
La
con notevoli di-
riferito
e
tradizione piü antica e piu
autorevole faceva Herakles iniziato direttamente nei Grandi Misteri
(^)
Dieterich,
De hymnis Orphicis (Marburg,
in urnae opere caelato cuius imagines
spectant
1891) ad res
vides tres quasi mj^starum gradus n etc. per tutte le questioni, rimettersi (2) Basterä,
Dettmer, De Hercule
Mythol.
p.
790
sg.,
e
attico (1869) p. 65 sgg.
nota 5
(le fonti,
ivi).
Cfr.
p.
alla
12:
« siraili
Eleusinias,
modo-
effictos-
dissertazione
Preller-Robert,
del
Griech..
IL
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
139
laddove im'altra, raccolta da scrittori piü tardi, ricollegava questa iniziazione con la istituzione dei piccoli misteri in Agrae; e nessuna meraviglia se questa leggenda, di origine certadi Eleiisi,
mente
ieratica, conosciuta giä
dominio dell'arte del IV
trovi nel
si
tone,
alcune
attraverso
da Euripide, da Senofonte secolo,
vascolari, nelle
pitture
qiiali
come e
e
da Pia-
noi
vediamo
imiversalmente
riconosciuta la iniziazione di Herakles.
Prima citata
fra qiieste pitture, e la pelike
(^),
ma sembrami
iniziato;
di Kertsch,
piü volte
nella quäle noi troviamo Dionysos accanto ad Herakles
molto audace l'affermazione del Robert
(in
Preller-Robert, Griech. MythoL, pag. 790, n. 5) che Dionysos sia anch'egli concepito
come
iniziato
(Plat.
Äxioch. 371
Se cosi
d).
potrebbe riconoscere, anche nel rilievo di Torre Nova, la simultanea iniziazione di Dionysos e di Herakles: e sparirebbero si
fosse,
alcune
difficoltä di
Ma
interpetrazione, alle quali ho sopra accennato.
ho giä parlato dei
delfico e ctonio in Eleusi:
motivi
di
Capua,
Argomenti
di secondaria
errori dello scultore
puö vedersi nella
hydria
poli-
importanza, per riconoscere Herakles
deirUrna
potrebbero
ricavarsi
dagli stessi
(pelle di leone sul thronos,
«
clava
»
anche dal nudo della figura nel rilievo di osservindo la eccessiva robustezza del torace e del
di lakchos), e
forse
braccio.
Se
del Dionysos
splendente di grazia attica.
nei rilievi di cui ci occupiamo,
Torre Nova,
presenza
leggenda ieratica piena di simbolo, la
cui migliore espressione artistica
croma
della
l'iniziato
e
Herakles
—
poiche tutti gli altri personaggi dovrebbero ricercarsi nel mito delle origini dei Misteri lo hierofante e Eumolpo (^), il fondatore delle sacre cerimonie di Eleusi, a cui la stessa in Cerer.^
v.
Dea aveva insegnato Eumolpo
476). Infatti
—
le
mistiche dottrine (Hymn. insieme con
e rappresentato,
Ai vasi conosciuti dal Dettmer (diss. cit.), si aggiunga lo skyphos menzionato dal Pringsheim, op. cit, p. 8. Cfr. Svoronos, loc. cit , 288 sg., anche per le discussioni sul luogo dell'azione. (*)
di Brüssel, p.
(^)
Istros).
Cosi, alraeno, secondo la fönte piü autorevole della leggenda (forse Schol. Hom., 0, 366; SchoL Aristoph., Plut.,
Apollod., II, 5, 12;
1014; Tzetzes, ad Lykophr., 1328. Cfr. Plut, Thes., di Teseo e di Pylios per Tiniziazione di Herakles].
XXX
e
XXXIII
[aiuto
140
G, E. RIZZO
ie divinitä eleiisinie e con Dionysos,
essendo in esso
dubbio sulla
nomi
i
loro identificazione
Etä deirarchetipo. borata nella tradizione
come tema
ripresa,
nello skvphos di Hieron, ed accanto alle figiue, non puö cader
scritti
di
(^).
—
ieratica
La e
leggenda, giä largamente elapopolare e nell'arte, sarä stata
una piü svolta
€omposizione, forse pittorica,
e
naturalmente piü raffinata
da un'artista di etä eilen istica, autore
deWarchetipo, da cui derivano, con varie interpolazioni, i nostri rilievi numerosi abbastanza, per attestarci la celebritä dell'origi;
oale.
Ed
e
qiiesto
Th. Schreiber,
sandrina
e
momento
il
di discutere la teoria,
universalmente
di questi rilievi;
annunziata da
ammessa, sull'origine alesquanto essa manchi di
e per vedere
ogni solida prova, e tragga, anzi, conseguenze da false osservazioni e da preconcetti.
Lo Schreiber (XIII, 576) il
presso
mare,
che una scena fregi
(^),
prende
in cui si parla e dei misteri
di
le
di
che
da im luogo di Ateneo Eleusi, sobborgo di Alessandria raosse
ivi
si
celebravano, per aifermare
iniziazione a questi misteri e rappresentata sui
di terracotta,
i
cui modelli sono sicuramente
di
invenzione
deren Muster sicherlich [?] alexandrinischer Erfin( sind «) (^). Comincio col dire che noi sappiamo assai poco dung di questa filiale alessandrina del santuario di Eleusi ('^), e non coalessandrina
«
nosciamo quali riti vi si compissero ma, a parte tale quesito, che non puö avere grande importanza per la nostra ricerca, basta, forse, una semplice affermazione (sia pure di Teodoro Schreiber), :
per creder dimostrata l'origine alessandrina dei rilievi
Campana?
Questa classe numerosissima di opere dell'arte industriale e varia di contenuto e di forme; e va studiata con gli stessi criteri che
(») («)
le
Mus. Catal, III, E, 140; Klein, Meistersign., p. 171, etc. etc. Giä nelle Rom. Mitteil., XII (1897), avevo cercato di reagire contro
Brit.
note teorie dello Schreiber, e avevo volto
Cfr. ora Cultrera,
p.
Saggi sulVarte
C) Schreiber, in 310. (*)
Cfr. Preller,
Verhandl.
Demeter
u.
eilenist. e
il
mio pensiero
all'Asia Minore.
greco-romana (passim).
der 40. Philologenvers, in Görlitz,
Persephone,
p. 42, n. 23,
1889,
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
IL i
«
rilievi
ellenistici
»
e
neo-attici «, quanto alle fonti d'inspi-
«
i
141
razione e ai luoghi di derivazione e di produzione:
rilievi
marmorei, alla medesima conclusione
rilievi
tittili.
stenitori
Heibig Molto isiaco
fra'
alessandrina,
delle
e parlato
Campana
(tav.
ma
VI)
lo
diritte quelle
«
di
ciuffo
deirUrna; osserviamo, spighe sono
le
:
sei, tre
sorgono dai capelli forse troppo
vigorose e diritte. Nelle terrecotte, dunqiie,
deirUrna, che
e lo scultore
mo'
a
disposte
spighe
per ciascim lato (alcime spezzate),
ciuffo
il
non
isiaco
non
c'e
era
un'artista, piantö povere spighe sulla fronte, e ad Iside non pensava,
come non pensava
—
lore di altri simboli,
abbiamo
lo
visto
!
—
al ^lov
xmSiov
e al
da lui trascurati. Se poi osserviamo
la
va-
sem-
ancora classica della testa di Demeter, nel rilievo di Torre
plicitä
Nova,
i
Pringsheim. si
perö, la figura nel fregio
davvero;
principalmente,
qiiali,
sulla fronte di Demeter, nel rilievo
'•,
dei
deve arrivare per
si
veniamo agli argomenti singoli addotti dai so-
dellorigine e il
ad alcuni
Tescluslya origine alessandrina
sembra insostenibile
Ma
e se
e
il
raraoscello di mirto
seremo piü ad
nemmeno
noi pen-
Iside.
Si e osservato che
neH'ürna
che la cinge,
i
veli delle figure di
Demeter
e di Köre,
senza motivo agitati: troppo e vero! Ma questo particolare forse non c'era, perche nell'archetipo non c'e affatto nel rilievo di Torre Nova; sarä probabilmente derie nelle terrecotte, sono
e
vato da una copia intermedia, e ad ogni di un gusto diverso e di un'arte piü tarda,
modo
ma
poträ esser segno non so perche debba
essere testimonianza dell'origine alessandrina. II
Chitone
firabriato
di lakchos accennerebbe anch'esso alla
medesima
derivazione, perche le frange sono proprie del costurae egiziano: ma noi abbiamo giä visto che le frange sono rituali e
simboliche per le divinitä ctonie
di
(iscrizione
Andania, chitone
fimbriato delle Erinni).
La forma sembrano
allo
e la decorazione
fosse vero, la parte
Ed anche
squame
ornamentale deirUrna
con l'origine artistica del rilievo; derivare da altri modelli.
tenuto indizio
a
del coperchio
Heibig della stessa provenienza:
il
e
ma
deirUrna
anche
se ciö
non ha nulla da fare
indipendente da esso, e'potrebbe
movimento della
testa
di
Demeter
e
alessandrino, senza riflettere che nella
stato
ri-
hjdria
142
G. E. RIZZO
attica
di
Köre:
questo sembra a
tico,
e
per
ma
Ho »
in iigual
me un motivo
riunire nell'azionele
aü'altra,
denza
Cuma, Demeter volge
modo
la testa verso
d'arte, relativamente an-
varie figure poste
Funa accanto
concepite idealmente come in im gruppo.
insistito
nella
confutazione, perche
in questi rilievi,
in
ordine
alle
il
«
limite di confi-
conseguenze che se ne
posson trarre per la storia della religione, sta appimto nel sapere che nel loro archetipo erano effigiati riti dei Misteri di Eleusi, e non di Alessandria.
Questo archetipo e certamente di etä postclassica o ellenistica, che dir si voglia; ma non sappiamo quäle sia il suo paese d'origine. La copia che noi ne possediamo nel rilievo di Torre
Nova
probabilmente eseguita nell'Asia Minore; ma ogni questo tema deve ritenersi impossibile. Sara, piuttosto, da vedere se non sia possibile congetturare e stata
altra congettura su
quäle fra le copie possedute
si
avvicini di piü all'originale. 11 con-
il sarcofago di Torre Nova e essendo TUrna, per tutte le ragioni esposte, non
fronto non puö essere fatto che tra i
rilievi fittili,
solo piü tarda di questi,
ma
interpolata e di scarso valore.
Sem-
brami pertanto provato che questi rilievi mostrano sicure impronte di una posteriore rielaborazione stilistica, negli abiti e negli attributi delle figure comuni alla prima e alla secouda classe da me stabilita. Ne a ciö soltanto si limita questa rielaborazione, ma si
estende anche ai tipi e all'azione dei personaggi rappresentati, essendo molte e notevolissime le varianti, fra i rilievi delle due classi.
E prima
di tutto, sarebbe desiderabile sapere quali di queste
come era rappresentata neir archetipo. Chi guardi al simbolico serpente e al gesto carezzevole di lakchos, nei rilievi fittili e neirUrna, dirä forse che il mo-
copie
ci
conservi piü fedelmente la triade,
vimento della testa dei serpente la triade, quindi,
nale, nei
sia piü
monumenti
e preordinato a
organica,
e perciö
piü
quel gesto, e che vicina all'origi-
della classe seconda: e sembrerä, forse, piü
natural* e piü consono con la leggenda lo sguardo di Demeter rivolto con amore e quasi ancora con ansia alla figlia, della quäle lakchos
ha occupato il posto nel rilievo di Torre Nova. Ma questo sguardo non disconviene al Scci^wv di Demeter, che nella varia tradizione mitica e anche chiamato
figlio
della Dea. Certo e che nel sarco-
IL
SARCOFAGO DI TORRE KOVA
143
fago la figura di lakchos e rappresentata ancora nel tipo classico, e
€he nella medesima scena dunqiie,
ma
i
c'e
pure Dionysos: in questo
l'uno accanto all'altro, distinti,
originaria. tica
»
rilievo,
due mistici personaggi divini non sono ancora confusi, Nei
come nella concezione
abbiamo, invece,
rilievi fittili
iina figura
religiosa «
sincre-
in quel Dionysos-Iakchos, la cui testa e piü simile ai tipi di
un Dionysos giovine, che a quella dei daimones eleusini (tipo dell'Eubouleus ecc). XUvov, che e maggiormente impotrebbe anche essere un indizio di piü
II rito della purificazione col
pregnato di elementi orfici, tarda interpolazione o di una contaminaiio
due
fra
originali ri-
Ma alle producenti ^tato delle nostre conoscenze, non e lecito abbandonarsi ad inutili scene di Misteri,
con diverse forme di
congetfcure; e solo depo la scoperta di altri
riti.
monumenti congeneri,
potrebbero trovar facile soluzione quei dubbi, che ancora necessariamente linaangono nella esegesi da me proposta.
II piccolo sarcofago appartenne ad un giovinetto iniziato: e «redo sicura questa afferraazione per molte ragioni, che non sono soltanto dovute al significato della rappresentanza figurata in se stessa.
E
noto che
erano
giovinetti e le giovinette di nobile famiglia ateniese,
i
iniziati
con
rito
{fxvrid^svTsg,
fjLvr]d^€T
innalzare ad
essi,
ci
stände presso l'altare
speciale,
acp' idriag) (^);
e
che
era
costume
sono rimaste molte basi inscritte
(^).
Una
di tali statue
— certa-
mente ben nota ed apprezzata nellantichitä, perche piü volte
— prodotta
di
nel temenos di Eleusi, statue votive, delle quali
noi la conosciamo, grazie alla felice intuizione di
ri-
un
archeologo egualmente dotto e geniale, che ne ha con sicurezza identificate quattro copie, intere o parziali, di etä romana(^);
questa statua di un giovinetto inivestita di un semplice chitone corto e discinto, non dis-
€ notiamo, di sfuggita, ziato e
che
simile, tranne che per le maniche, *
(^)
Vedi
i
libri citati sopra, a p.
da
quello
108, n. 2, e la
che indossa la
Memoria
fi-
del Foucart,
piu volte citata. (^) Elencate dal Pringslieim, op. cit., p. 118. in Ätti d. Pontif. Äccad. romana di archeologia, (3j Amelung, p. 115 SS., tavv. IIMV.
1905,
144
G. E.
RIZZO
gura tipica di lakchos. Simili al dio giovinetto l'arte rappresentava qiiesti iniziati allaltare, che nel mistico drama servivano come-
daduchi
Or
(^).
e noto
che nelle scene mitologiche scolpite sui sarcofagi
di etä imperiale
romana, uno dei personaggi rappresenta spesso
morto, in relazione col nel rilievo
effigiato
e
;
simbolico
del
il
niito
generale che talvolta la testa di questo personaggio significato
riproduce le sembianze del defunto; tal'altra, nei sarcofagi tenuti pronti per la vendita, essa e appena sbozzata, per essere adat-
im qualsiasi
tata ad
ritratto.
Chi pensi anche a quest'uso, non riterrä improbabile che nel
Nova
sarcofago di Torre al
daduco
giovinetto
la figura di
sacra
nella
'
cc(f
€a%Cag, di cui la piccola arca
lakchos accanto all'ara alluda
marmorea
nmg
al
cerimonia,
raccolse
fxvrjx^slg:
le
spoglie:
mortali.
RILIEVI DEGLI ALTRI TRE LATI (TaV. III-IV).
I
Che
altri lati
gli
del rilievo scolpito siano fra di loro in in-
tima relazione per comunitä di caratteri stilistici, lo abbiamo giä. veduto e che questa unitä sia anche da riconoscere nel soggetto, ;
spontanea affermazione. Piü esattamente questo soggetto e scoprirne e facile
e
riesce
difficile
le relazioni
riconoscere-
con qiiello del
lato principale. II
centro della
donne
dalle
tuito
rappresentanza figurata, e certamente costiaddolorate sedute suU'ara (tav. III), poiche
questo gruppo ferma, a prima vista, la nostra attenzione, e ad esso si riferiscono le « azioni » delle altre tigure. L'ara di forma alluu(*)
Questo
h lecito
desumere da un documento molto importante per
storia delle religioni antiche, fatto
conoscere
dal Preller,
in Philologus,
la I,
Trattasi di una confessione di S. Cipriano, vescovo di Aritiochia,. che ebbe il martirio probabilmente sotto Diocleziano. Egli conobbe assai
p.
349
presto
SS.
i
riti di
diverse religioni:
non ancora compiuti
ziato ai Misteri di Mitra, a dieci anni a quelli altri: %ti S>y
niv^og x
dixa
t. X.
hdv
iif^&oi6xr]aa
Acta S. S. VII,
ultime parole citate:
il
Preller
rfl
p. 222.
JrjfxriXQtf
II
di
i
sette anni
Eleusi;
xccl
rf}g
fu
testo h certamente corrotto nelle
eraendö ikevaiviov, al posto di Xevxöy;
non sembrami emendamento sicuro.
ini-
dopo, a molti KÖQtjg rö kevxöi^ e,
nia.
IL
gata
e
bassa di
pvofili
SARCOFAGO DI TORRE NOVA.
bende
adorna
architettonici assai semplici, e
pesanti festoni di foglie di lauro, plice giro di
145
di lana, per
alle estremitä
stretti
mezzo
delle quali
da un
essi
di tri-
sono ap-
pesi alle corna di una testa di bue, che sta nel mezzo, e di teste di ariete, ai
due angoli:
estremitä delle bende sono lasciate
le
bere, contribuendo alla decorazione della fronte dell'ara.
li-
Nel campo,
sono scolpiti « rosoni « a qiiattro foglie. Lo stile dellornamentazione non e diverso da quello delle are rotonde di i
sopra
festoni,
Die röm. Grabaltäre,
etä ellenistica (Altmann,
Fig. 13.
—
Frontone est del sarcofago delle
(Museo
«
p. 21).
Piangenti
».
di Costantinopoli).
Snll'ara siedono, l'iina contrapposta all'altra, due fanciulle in
mestissimo atto di dolore e sottili, che
;
da libule a bottone,
riuniti
vestite di lungo chitone a pieghe spesse
forma ampie maniche e calzate
fino
al
di scarpe
gomito, con gli tutte chiuse.
orli
L'una
appoggia la testa siilla mano sinistra socchiiisa, e guarda verso un punto ignoto e lontano; l'altra, piü mesta, reclina la testa sul seno, e lascia
cascar le braccia incrociate sulle ginocchia;
i
suoi
piedi poggiano sopra un masso squadrato che sta accanto all'ara. lo non conosco esempi di donne addolorate, scolpite su
sarcofagi, delle
«
oltre »
famoso sarcofago di Sidone, detto desidero, perö, far notare che questo confronto»
quelle
del
Piangenti che primo mi si affacciö spontaneo, nel cenno descrittivo da dato neue Notizie, non ha che un semplice valore tematico, :
me li-
146
G. E. RIZZO
mitato, cioe, al concetto di
adornare l'arca funebre con
delle donne addolorate: che ogni altro
avvicinamento,
le
figure
sia per la
composizione che per lo stile, non e natiiralmeDte possibile. Perö il motivo delle « piangenti » contrapposte e noto nella
anche nello stesso sarcofago di Sidone, e precisamente nei rilievi dei due frontoni. Non diverse sono, nello schema della composizione, le donne addolorate del frontone est (fig. 13), sedate e contrapposte (quella di destra piü in basso, per le ragioni di spazio, in ordine alla linea discendente arte greca; e noi lo ritroviamo
del frontone)
e
:
quelle del frontone ovest
Fig. 14.
•di
destra,
—
(^),
nel quäle la figura
Statue funerarie (Museo di Berlino).
sotto l'angolo del
timpano,
risponde
tralasciare
questi due
che
—
per seguire
frontoni,
le altre,
il
tema
della
vediamo una terza
la quäle volge lo sguardo
linea
quasi
linea, alla fanciuUa che sta seduta a destra, sull'ara.
E non
composizione figura,
alle
—
per e
da
che in
meno addolorata
due piangenti:
e
lo
stesso motivo si ripete nel rilievo del sarcofago.
Ovvio
Museo (*)
€ VIII.
e
pure
il
confronto con le due Piangenti Sabouroff del
di Berlino, sedute contrapposte,
non giä sull'ara
ma suUa
Th. Reinach et Hamdy-Bey. Une n^crop, royale ä Sidon, tavv. VII ma figura e ricavata da fotografia espressamente eseguita,
La nostra
in condizioni di luce
poco favorevoli.
IL
tomba
(flg.
secocdo
il
membri giacciono
ciii
i
famiglia,
14). Sono,
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
147
Furtwängler
nel sepolcro
schiave della
(^),
dimostrano
e tali le
;
lunghe maniche streite al braccio, e i corti capelli ma per le fanciuUe del sarcofago di Torre Nova non e possibile ima simile
le
:
interpetrazione.
Diverse nella composizione, ma simili nell'idea inspiratrice e nella concezione artistica, sono le piangenti della piccola metopa, del Miiseo di Atene
(^),
che appariiene, senza diibbio, ad im mo-
niimento sepolcrale del secolo IV av. Cr. E non mancano altri confronti, se dall'esame del gruppo scendiamo a quello delle sin-
donna addolorata
gole figure: la
coütinuazione del tipo della
«^
destra
di
Penelope
»
(^).
lorata di sinistra, io non conosco, nel ciclo di
abbiamo
attinto gli altri confronti,
ma
diretta relazione; sull'ara,
e
e,
('*).
invece,
netta
per
la direzione
per
non presentarsi berini
il
al pensiero
il
nello Schema,
e,
Per
differenza si
supplicante
di essa, lo scompiglio
e
modo
della figura verso sinistra, non puö
confronto con la
«
Bar-
perche profonda
;
nella azione delle due figure: la giovirifugiata
sull'ara,
e
tutto
direzione
al
quäle
degli
della
»
Supplice
dello sguardo parlano dello spavento e
in
stesso in cui essa sta seduta
la
figura del
al quäle
una figura da pon-e con essa
e
ancora in preda,
donna addo-
monumenti
Confronto, perö, semplicemente formale la
la
una
abiti
sua fervida preghiera
il
movimento
della
testa
e
essa e stata ed e agli
Nella
Dei.
sarcofago abbiamo, invece, un umile e raccolto atto di
(^) Furtwängler, Sammlung Sabouroff, tavv. XV-XVII e testo relativo. nostra figura deriva da una fotografia espressaraente eseguita le due Statue furono spostate e messe di profilo. Ringrazio il dr. R. Zahn, che volle
La
:
procurarmi queste fotografie. C) Wolters, in Athen. Mitteil., XVIII (1893), p. 1 ss., tav. I. e p. 17 s. (») Studniczka, in Ant, Denkmäler, I, tavv. XXX e XXXI, Cfr. Joubin, La Sculpt. grecque, etc., p. 200 s. Giova ricordare che questa
una stele sepoltipo assai diffuso nell'arte greca, che ritroviamo piü volte nelle stele attiche e fin nelle terrecotte ellenistiche. Cfr. per uno sguardo d'insierae
in origine era scolpita in rilievo, e decorava, senza dubbio,
crale
:
Topera citata sulla necropoli di Sidone, p. 244 s, E per il resto, Sittl, Gebärden, p. 74. Cfr. anche per altre stele con donne piangenti, Jahrb. d.
XX
[1905] p. 54, fig. 9, e tav. VI, 1 ecc. Friederichs-Wolters, Gipsabgüsse, n. 498. Cfr. le interessanti osservazioni di W. Amelung, in Atti della Pont. Accad. Rom. di Archeol., 1905, ^ p. 121 ss.
Inst.,
,
;
(*)
.
148
RIZZO
G. E.
dolore
simile e soltanto
motivo artistico
«
»
di iina giovinetta questo mi sembrava interessante il confronto con un moniimento che si puö dire iinico (^). :
seduta
siiU'ara;
il
solo
e
per
Dal gruppo centrale, che e senza dubbio non ostante l'esecuzione alquanto dura
lascia facilmente
ci
risalire ai prototipi,
veniamo all'esame
figure che stanno attorno. Presso Tara, sta seduta su di cioso, il
una donna
confronti sono da ricercare
quali la rappresentanza
(^);
non
presso la
e possibile
cipalmente la stele di jiaia (Conze, Att. cui se non e simile
bambino
la
della
figura
al seno i
delle stele sepolcrali, nelle
campo bambino e
roc-
ed anche per questa figura,
;
nel
del
noto motivo di predilezione
pur
delle
un masso
una madre che stringe
di aspetto maturo,
suo bimbo tutto nudo e ricciuto
nuova
di severa e
e stentata, che
bellezza,
madre
n.
Grabreliefs,
donna, e
un
e
ben
non ricordare prin59),
perö molto
in
affine
nudo che, poggiando a terra appena la si dei piedi, punta stringe al seno della madre. Chiude la scena, a sinistra, un tronco d'albero, nudo e triste quella
del
tutto
;
e dall'altro lato,
suUo spigolo
sta diritta, con
la
mano
destra aperta poggiata
dell'ara, e la sinistra dietro la schiena,
vestita di chitone con
e di
apoptygma
alla parte inferiore della persona
:
e
una giovinetta,
himation ravvolto intorno
guarda intensamente verso
le
due addolorate sedute sulFara.
Ma C
lato
questa figura sembra
(tav. IV,
1
;
e figg.
coUoquio, con atteggiamento
come staccata
15 di
e 16), che
cosi
viva
dalle
due del
altre
sono rimaste in sereno
naturalezza
di cosi
e
fresca leggiadria, che noi sentiamo trasfuso in questo rilievo quasi
tutto
ma
ringenuo sapore dell'arte attica. AI che contribuisce non solo l'esecuzione,
anche
(^)
la conservazione migliore
assai piü accurata, che nel lato B, nel quäle la
Della Supplice Barberini, originale greco della metä del
V
secolo,
conosciamo soltanto una mediocre copia, nel Vaticano (Galleria delle Statue, 393). (^)
Cfr.
esempi da
lui
Holwerda Jun., Die Att. Gräber der Blütezeit, addotti
il
aggiungi principalmente per Grabrel. nn. 290, 338, 462. Cfr. poi Weisshäupl, Die Anthol, p. 85 SS.
p.
159
s.
e agli
nostro confronto, Att.
Grabged.
d,
griech.
IL
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
149
erosione della superficie ha
guastato specialmente le facce delle che che fanno, codeste misteriose fancialle? lo dicono, figure. non starö a descriverle minutamente, che ben le mostra la tavola.
Ma
Comuni con
le altre
ha sandali
lato
del
B
sono gli abiti (solo la fanciulla
—
piedi), simile l'acconciatura dei capelli; ed ugiiale, cioe dello stesso tempo e scuola, e la fönte di inspirazione artistica. Chiara e di per se l'azione delle due persone che sediita
ai
stanno a conversare; sta negli attributi
ma
l'enigma insolubile
— almeno
me
per
—
da cui esse devono, probabilmente, essere de-
signate.
La
faciulla seduta tiene
nella
mano
sinistra
im
abbassata
non sembra, per dirla in termini propri, che oggetto, un grande cucchiaio. Sara probabilmente im fjdimog (colum)^ supil
quäle altro
ponendo tralasciati, per esigenze di tecnica, i forellini del fondo ma fonna risponde quasi esattamente ad esemplari di questo arnese, ;
la
Musei
L'altra fanciulla
(').
tiene
nella sinistra
un
piccolo oggetto rettangolare, che ha nella parte superiore una specie di appiccagnolo tondo: e dalla forma, dalla grandezza, dal modo
€ome
l'oggetto e tenuto
lo schizzo a fig.
(cfr.
17), io
non saprei
pensare ad altro che ad un piccolo diptychon^ ad una tayoletta pugillare; poiche di uguale forma e di piccole dimensioni sono gli
esemplari conservati, e noi sappiamo che
mano
nella
sinistra (Ovid.,
Metam., IX,
v.
tenevano appunto modo reso, con
si
521), nel
non molta maestria, dallo scultore del sarcofago (^). Anche l'azione dei due efebi del lato D e resa chiaramente dalla figura (tav. IV, 2). Quello seduto e uguale, nella mossa, ad una delle fanciulle addolorate del lato B ; l'altro con la testa ap-
poggiata sulla
mano
destra,
aveva
le
gambe
incrociate
sotto le ginocchia; conservato Tattacco del piede destro).
fi
(rotture
vestito di
Chiton esomide cinto alla vita; ha una piccola clamide buttata sul braccio destro. Nel mezzo sorge un albero di iico, dal tronco
<;orto
(*)
p. 177,
;
Cfr. per es. quello di Nocera, in Bull, archeol. napolit., III (1857),
Schumacher, Bronzen
e
(^) II
ha
le
p.
101
dimensioni SS.
«entati in
Borbon.,
v.
Carlsruhe, tav. XII, 9-14 ecc.
pugillare di avorio di Gallieno Concesso, di
m. 0,06
X
0,19. Cfr. Bull,
Uguale perfettamente al nostro per la forma, una pittura pompeiana, riproducente oggetti I,
12.
trovato neH'Esquilino,
della Commiss. Ä/unic, 1874, e
uno
di quelli rappre-
di scrittoio, in
Museo
G. E. RIZZO
15)
contorto, con cinqiie grandi foglie. Dagli atteggiameati delle persone e
del volto, chiara riesce l'espressione di dolore, e la correlazione
di questo rilievo con quelli dei lati
Or
molto importante il fatto che per l'esegesi e
—
FiG. 15.
pianto noi qiiello
—
B
e
sarcofago
iin
di queste scene di
esempio, di
C.
ed ha certo
Testa di una giovinetta
abbiamo im
stesso
—
(cfr.
significato notevole
cöUoqiiio e di
tav. IV,
assai vicino,
e
com-
1).
forse
Sidone, nel quäle abbiamo
unico,
trovato
in i
gruppi delle piangenti sediite, nei due timpani. Infatti sulla « balaustrata » che si innalza sui rampanti dei medesimi frontoni, sono scolpite tre scene (la qnarta e perduta), che brevemente descriverö.
Nel frontone ovest {Necrop. royale, tav. VIII), a sinistra, e un colloquio fra due persone sedute; e in quello est (ibid., tav. VII),
SARCOFAGO DI TOKRE NOVA
IL
diie
di
uomo seduto
gruppi di un
—
altro
in
atto di mestizia, al quäle
ciuTato nella persona, con una
im masso, con
Fig. 16.
le
—
151
gamba
alzata
e
braccia appoggiate snl ginocchio
Testa di una giovinetta
(cfr.
poggiata
—
tav. IV, 1).
im sii
rivolge
'
I due gruppi sono, si puö dire, identici, tranne qua! che nei gesti: e sono, naturalmente, contrapposti. Variante leggera la parola.
Da
quello di destra, che qui riproduco da una fotografia diretta (fig. 18), e dal confronto con quello del frontone ovest, efacile
vedere
questi rilievi
Torre Nova.
che
il
«
tema
rispondono
"
e le
linee
della
a quelli dei lati corti
composizione
dr
del sarcofago dl
152
G. E.
Con
campo
FiG
tutti
confronti
questi
dell'arte funeraria.
—
17.
Mano
FiG. 18.
—
obbiettivi, noi
Anche
i
gesti,
una giovinetta, nel
di
nerale delle singole
RIZZO
fignre,
ricordano
non
usciamo
oltre che lo
rilievo
qiielli
C
(cfr. tav.
tipici
Particolare del sarcofago delle
«
dal
Schema ge-
IV,
1).
delle scene di-
Piangenti
n
(Museo di Costantinopoli).
pinte nelle lekythoi blanche e in altri vasi greci e italioti o scolpite nelle stele attiche (^). E poiche Tara del lato B e certamente ;
un'ara funebre, (')
op.
cif.,
Vedi p.
99
i
s.
sarä
lecito
numerosi [per
i
esempi
congettiirare diligentemente
vasi]; e p. 182
s.
che
la
raccolti
[per le stele].
rappresentanza dallo
Holwerda,
IL
scolpita nei tre rilievi
si
recinto
iiel
tomba: che
prossimitä della
in
svolga
non puö mancare
l'altare
153
SARCOFAGO DI TORRE >OVA
sacro alla Morte,
altari
e
erano coUocati negli stessi monumenti sepolcrali (0Sembra, dunque, che niente altro esprimano questi rilievi che scene di compianto siiUa tomba; e Tinterpretazione non dovrebbe essere diversa da
sarcofago
quella generalmente data alle Piangenti del e della piccola metopa di Atene: interpreta-
Sidone
di
quasi realistica, che potrebbe anche arrecare qualche contribiito alla nota questione esegetica delle stele direi
zione, cioe, obbiettiva,
sepolcrali
—
non mancano in che visitano
di persone sacri riti Stele
certamente
Se^ioaaig e delle
ficato della
stele
Ma
(*).
espiatorii,
— «
e
qualunque possa essere
scene
congedo
»
il
signi-
nelle
scolpite
esse, come nelle lekythoi, rappresentanze le tombe e accanto ad esse compiono i
addolorate
o
di
seggono
sui gradini, presse la
(3).
—
oltre che Comiini attributi dei personaggi in tali scene, sono ramoscelli corone e teuie, ed anche vasi di varia forma per le
—
lustrazioni e per le libazioni
(^).
Da
riti e
questi
da queste rappre-
sentanze figurate, potrebbe venire qualche luce, per comprendere Tatto compiuto dalla fanciuUa seduta (lato C) e lo strumento che essa tiene nella mano sinistra. Per non dilungarmi, io accennerö o al valore simbolico antichissimo di tutti quei « vasi arnesi consimili che servono, generalmente parlando, a vagliare, a separare le parti buone da quelle meno buone di una stessa materia: »
appena
insomma, a purificare
(*)
Cfr.
(^)
La
(^).
Che
tale sia
Altmann, Rom. Grahaltäre, p. 1 Holwerda, che in tutte
tesi dello
non debbano mai vedersi rappresentate persone
anche
colum
del
l'uso
ss.
le
scene
scolpite
nelle
stele
dello Hades, e che esse siano
«oltanto scene realistiche delle visite alle tombe, h certamente eccessiva, anzi assurda.
talvolta
Ammetto pero che
i
«
simbolisti » abbiano
voluto
vedere
sempre persone morte e le allusioni alla vita dello Hades, anche quando il confronto con alcuni motivi delle lekythoi rende inevitabile l'interpretazione le
obbiettiva.
Gli esempi sono stati raccolti dallo Holwerda, op. cit., p. 183 ss. () Conze, Att. Grabrel, 805, 810, 811, 1108 ecc; e confronta gli «sempi numerosissimi addotti nell'op. prima cit., p. 110 ss. e p. 186 s. (^)
{•)
Rimando
all'articolo,
della stessa autrice, p. ijxivov ecc.
518
ss.,
giä citato,
per
della Harrison, e ai
tutto ciö che
riguarda
il
Prolegomena Xlxyoy,
11
il
x6-
154
G. E. KIZZO
che esso possa essere stato adoperato nei riti funebri e esso abbia anche avuto un alto va(^); ma che
e
(rj&fiog),
chiaro di per se
Harrison, e a quanti si occuparono della qiiestione del Uxrov, io lo desumo dal fatto che rjx^/noi di bronzo si sono trovati nelle tombe antiche : un esemplare intatto, alla
lore simbolico, sfuggito
per citare una scoperta recente, e stato trovato da P. Orsi in un e non credo si possa sepolcro siculo-greco di Licodia Eubea (^) obbiettare che un colatoio deposto nella tomba faccia parte del ;
corredo di oggetti d' Ornamente e di uso personale, seppelliti insieme col defunto. Bisognerä credere che esso sia un simbolo di purificazione, o
un arnese
rituale del culto funebre
e l'altra spiegazione la differenza
Ma
in questi rilievi
e possibile scorgere
mento ideologico con
la
:
e fra l'una
non sarebbe grande.
un intimo GoUega-
rappresentanza dei Misteri del lato
prinquello che altri, forse, vedranno meglio di me; io devo soltanto confessare che parecchi tentativi di interpretazione sim-
cipale?
E
mitologica, che
bolica
appena
affacciatisi al pensiero
mi
sem-
uno depo l'aitro, appena da me di al un'analisi, che non dava ad essi ne solida sottoposti rigore documentazione, ne sicura forza di convincimento (^). bravano accettabili,
(*)
Per
sono caduti
forme ed usi dello
le
r]d^[M6g,
cfr.
naire des antiq., ad voc. «column. Cfr. anche
il
Darember^ Thesaurus
et Saglio, Diction-
dello Stefano, advoc«
w^d-fzögn. Dai luoghi quivi citati si apprende che esso era alcune mato xöaxtvoy /«Axoö»'; e abbiamo poi, viceversa, uno axoivipog iiidicare una specie di xdaxivov (vSchol. Aristoph., Equit., 1147). di
questa promiscuitä (^)
Rom.
{^)
Ad una
Mitteil.
E
per notevole
materiali, di uso ed anche di nome, fra' due arnesi.
XXIV
(1909), p. 63,
4.
fig.
spiegazione, che in principio
mi
attrasse e
mi sembro con-
rapidamente, anche per l'autoritä delParcheologo, a dovuta. Fr. Hauser, dopo aver letto la raia relazione sommaria
vincente, accenno cui essa h
volte chiafj&[x6g,
qui
delle Notizie, e vista la piccola figura
sarcofago, presso di me,
mi
scrisse,
ivi
ed una fotografia del mia attenzione sul luogo non. iniziati che nello Hades
pubblicata
richiamando
la
di Piatone (Gorgias, 493 B), in cui si parla dei of rot dSkLiorcctoi, up elev ol ä^vrjxoi, xal . portan l'acqua con un crivello nlr^ov xbv sig (foQolev texQrjfjiivov v&cdq et^qm roioHia xexQr}fj,evio xoaxivta xrA. Or la fanciulla seduta del lato C porterebbe, secondo lo Hauser, un xoaxit/ov; :
.
.
'
e cosi tutta la solati,
scena svolta nei tre rilievi rappresenterebbe gli d/Ävr]xoL de-
in opposizione alla scena della iniziazione ai Misteri.
Osservo che
il
luogo di Piatone (che non
filosofo parla degli duißrjxoi nello
Hades: per
es.
perche altre volte il Phaed., 69 c) e in intima cor-
e isolato,
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
IL
155
lo torno, per conchiudere, aH'esame stilistico delle fanciulle sedute sulla funebre ara e delle ligiire che le circondano. II sar-
cofago delle Piangenti, al quäle spesso ci siamo richiamati, e cer-
tamente nobilissima opera di arte attica; le PiaDgenti Sabouroff provengono da Menidi in Attica, e im'altra statua siraile fu trovata
ad Atene, presso una tomba (^ fu scoperta presso
ma
anteriore,
nelope
e la
»
di
la
«
Siipplice
«
nel rapido esame
Wolters
ad Atene; ad im periodo appartengono la * Pe-
attica,
Barberini; e all'arte essenzialmente attica delle
e
illustrata dal
metopa
Adriano
a sciiola egualmente
delle Stele sepolcrali fronti,
Stoa
la
;
lekythoi abbiamo attinto altri con: un chiaro
fatto dei tre rilievi del sarcofago
ricordo di stile attico c'e negli abiti e in tutte le forme di queste
Hades {Accioch. 371 E; Republ. II, 363 i)), la cui figurazione nell'arte vascolare ä nota (Anfora di Monaco, Baumeister, Denkm., III, fig. 2040). II x6axivov xerqrjfjievov del luogo di Piatone e certamente un cribrum [nXeyficc ex axolvoyv, Poll., VI, 74), che ha lo stesso relazione col mito delle Danaidi nello
significato
delle
Danaidi portan
hydrie sfondate o bucate {i&QBiai äteXsig), con cui le l'acqua nel pithos, anch'esso sfondato. Sul valore simbolico
di questo mito, cfr., fra gli altri, Harrison, op. cit., p.
616
ss.
Amraettendo la ingegnosa congettura dello Hauser, bisognerebbe supporre il luogo dell'azione nello Hades e quando seguivo questa idea, e mi lasciavo quasi sedurre da essa, ero andato molto piü innanzi; ed immaginavo che non fossero tutti äfxiirjroi i personaggi rappresentati; e che le due ;
figure del rilievo C, insieme con quella a destra nel rilievo B, fossero le Moirai. Infatti, la presenza delle Moirai (x^öyvat) nello Hades non avrebbe nulla di strano (cfr. Hymn. OrpL, 43, 7); e il loro aspetto giovanile e gli abiti converrebbero al tipo di queste divinitä (Puteale di Madrid, piü recen-
temente in Einzelverk.ww. 1724-1729; e cfr. in generale, per le Moirai nell'arte, Röscher, Lexikon, II, 2, 3093 ss. Per le relazioni tipologiche con le Muse della Base di Mantinea, vedi ora l'arditissima ipotesi dello Svoronos, Athen. Nationalmuseum, I, p. 209). Converrebbe ad una Moira anche il pugillare che tiene nella mano una delle figure del rilievo, perchö volumina e tavolette da scrivere sono attributi comuni delle Moirai. Ma allora che cosa sa-
rebbe l'oggetto trebbe pensare e sicura
lotta
creduto ^.^^d?) tenuto dall'altra supposta Moira?
6,
2;
cfr.
(Apollod., del Röscher, in Philologus, N. F.
höfer, in Jahrb.
I,
si
po-
d. Inst.,
Paus., V, 18, 2, e V, 20, 3, con I.
[1888], p. 703
Athen. Mitteil.,
ss.
e del
il
Milch-
VII, 207). Propongo queste congetture allo studio
altri. (^)
E
le
coi Giganti
commento degli
(il
— considerando anche la forma non perfettamente determinata — ai /«Axe« QdnaXa, di cui Moirai erano armate nella dell'oggetto
X
(1885), p. 404, n. 3.
156
G. E. RIZZO
figure. Osservo ancora che se il rilievo del lato principale ha diverse e piü tarde fonti d'ispirazione, non estranei sono ad esso gli
elementi dell'arte attica, specialmente nella figura di lakchos. E il soggetto non e forse in intima relazione col pensiero re-
tutto
ligioso di
E
Atene?
la tradizione della
grande
sciiola,
che continiia
e si
afferma
che sarä, d'ora innanzi, documento importantissimo
in quest'opera,
per la storia della religione greca, e per la sopravYivenza dell'arte attica in tardi tempi.
EXCÜRSÜS.
costume
II
il
e
artistico dello hierofante.
tipo
(Fig. 19 e tav. V, n.
Qiiesta parte, se inserita nel zione, avrebbe rallentato di
della
imo
tratta-
precedente
molto la descrizione dei
nel rilievo. Meritava, inoltre,
ampio
teste
4).
riti
effigiati
svolgimento relativamente piü
e separato, per l'importanza stessa delle questioni.
Sul costume del gran sacerdote di Eleusi poco bene tener presenti:
ci
dicono le
fonti letterarie, che sarä
ifjg 3tal
^
Kai ÄlcfxvXog dh ov novov s^svqs irjv xal asfxvoTfjta, fjv ^r]la)(tavT€g otlsQOipavTaf, (tToXrjg svnQsneiav daSovxoi ccf.i(pv6VVVVTcci,' cckXct xcd noXXa Cyrrjp^ata ÖQX^(^tixa A) Athen.,
21
I,
:
X. T. X,
La parola
(SioXi],
hierofante, anche in
come designazione specifica dell'abito dello XII; cfr. [Lysias] VI, 51.
Y\\i^,, Alcih.,
B) Plut., Ariü., V, 6-7
:
[Depo
la battaglia
di
Aristide, lasciato a guardia dei prigionieri e del bottino,
prendere per lasciati dal
se,
e
non permise che
nemico]
wv
fjV
...ttXtjv
si
altri
prendesse nulla dei tesori
iivsg ixsTvov
[^AqL(ST.~\
xal KaXXCag 6 6 aS ov xog,
soixs, T(üv
Maratona, non volle
Xadovteg
Tovtci)
yaq
tig,
dia
wg ttjv ßagßaQoov nQoCsjisasv ohjx^slg ßacfiXsa xojurjv xal to dTQotpiov elvai, 7tQ0(Txvvrj
X.
T.
Sshccg k'Ssi^s noXvv iv Xdxxcp xivi X,
xaTaqwqvyfxsvov xqv(S6v
IL
SARCOFAGO
DI
TORRE NOVA
C) Arriani, Epicteti dissert., III, 21, 16: ovx iad^r^xa lato di Eleusi e dei Misteri] .
Fig. 19.
—
.
.
Particolare del rilievo di Torre
157
[dopo k'xsig
Nova
(cfr.
aver par^sT %bv fjv
tav. II).
t€QO(pavTr]v, ov x6fir]V, ov (fTQ6g)iov olov SsT, ov (porrjv, ovx ^^i-
xiav
X. T. X. Cfr.
Lobeck,
Bilderkreis, p. 28;
Aglaopkamus, p. 84; Strube, Studien über den eleusin. Bethe, Prolegomena zur Gesch. d. Theaters, p. 42 s. ;
158
G.
Lo
indossava
hierofante, dunqiie,
aveva, come
degli attori della tragedia; cinta da
una specie
benda
di
RIZZO
E.
una stola simile a quella il daduco, la chioma lunga
(ajQoipiov)
segno della investitiira sacerdotale, come siilla base di ima statua innalzata allo
Leosthenes (to atQoifiov naget
tS)
XaßovTa. Dittenberger, Sylloge^,
L'abito dello hierofante nel
il
questo
ricava dalla iscrizione T.
hierofante
avToxQocTOQi
n.
era
strofio
:
si
Flaviiis
'Avtoovsivo)
d^so^
409).
rilievo
Torre
di
Nova non
e di-
poteva osservare nei monumenti della Classe 11, e nel rilievo frammentario di Napoli ma in nessim altro sono cosi verso da quelle che
si
;
ben chiari II
e precisi
particolari deH'aeconciatura della
i
scende
Chiton
vede Forlo inferiore fimbriato di Torre
Nova
;
e
aderenti
si
particolare non osservabile in quelli
perche la parte inferiore della figm-a
e di Napoli,
rimane coperta dalle gambe streite
(^).
deHürna
nel rilievo
fino alle caviglie;
chioma
dell'iniziato.
alla carne,
e
lunghe
Ha maniche
fino
ai
polsi
piiittosto
[xeiQiSwioq
: ed in esso e da riconoscere la crroA^, di ciii parlan le fonti. Sulla stola, e un'altra parte dell'abito, assai singulare ed insolita, e siiUe spalle simile ad una «tiinica» che scende sino ai fianchi;
XiTcov)
—
e siü petto ricade in
una
specie di aftoTiivyiia, che ricopre anche
la parte superiore del braccio, sul quäle e visibile la linea divisoria della cucitura di stoffa, che
essa e stretta suUa vita da un grosso cercine
:
forma dietro la schiena un ricco nodo caratteristico.
Questi particolari sono meglio osservabili nei rilievi di Napoli e di Torre Nova: alquanto diverse e impreciso e quest'abito neU'ürna dell'Esquilino;
addirittura
incompreso nel rilievo di Torino.
hierofante e calzato di scarpe tutte
chiuse,
forse
Lo
e^ßadsq, come
Dionysos e come lakchos.
Araelung, in Pauly-Wissowa, Real-EncycL, ad voc. /et^tcfwrdff 2212 s).; Foucart, Les grands My stires d'Fleusis, p. 31
p.
Archäol.
XX,
Beiträge
[1905], p. 294
a.
w.
pp. 7
s.
e
13
s.;
Amelung,
in
(vol. III,
Pringsheim,
Rom.
Mitt-eil.,
SS.
Per risparmio mia descrizione
(*)
s.
;^trc6*'
s.;
di
tempo
e di
spazio,
tralascio di notare
i
punti in
diversa dalle precedenti, molto sommarie e qualche volta imprecise; e presuppongo noto quello che dagli altri e stato detto.
cui la
h
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
IL
La chioma ben
159
discriminata, stretta sulla fronte dallo strofio,
e riunita sulla niica in
im grosso nodo
ma
;
difficile riesce
spiegare
il
punto da cui muove la treccia che gira sullo strofio intorno alla testa. Per le considerazioni esposte nelF acutissimo studio di Fr. Hauser
(
Wiener Jahres hefte, IX, pp. 75-130), non credo poscapoUi i nomi generalmente
sibile dare a questa acconciatiira dei
dati di xÖQVfißog o xgoßvXog, secondo le precedenti congetture del Conze e dello Studniczka sarä appena lecito ricordare che i parti:
colari di questa acconciatura dello
hierofante, specialmente per la
treccia
che gira intorno alla testa,
attica,
ancora
come
arcaica,
all'
«
ci
richiamano a
Efebo biondo
»
tipi
dell'arte
alla
e
testa
deir Apollo cosi detto dell'Onfalo e dell' Apollo citaredo di Olimpia
(Olympia, III, p. 223, tav. LVII, 3-5). La chioma prolissa era, come abbiamo visto nelle dei
contrassegno
sacerdoti di Eleusi:
grandi
del daduco; e sia per
il
dello
certamente durato
rito,
fonti,
hierofante e
fino a tardi
tempi,
sia per la continuitä del tipo artistico, questo particolare e
ben
im
assai
conservato nel rilievo di Torre Nova, ed e anch'esso un biion
indizio, per l'attendibilitä del
monumento. Manca soltanto
rona di mirto, di cui erano coronati, oltre che di Eleusi, secondo
421
=
con
le
Istr.,
una
notizia, che
risale
i
misti,
la Co-
sacerdoti
i
ad Istros (F. H. G.
I,
fragm. 25). solenne dello hierofante, vestito della
L'aspetto
lunga stola
maniche, doveva esser simile a quello degli attori princi-
pali della tragedia, vestiti di quel
costume,
che secondo la tra-
Vita Aeschyli, 1. 68 W.) era stato trovato da Eschilo. Anzi Ateneo (1. c.) ci narra che la (froXri, creata da Eschilo per dizione
(cfr.
gli attori, era stata, dopo,
adottata
dallo
hierofante
e
dal
da-
duco di Eleusi.
Meno
incredibile sarebbe, se mai, l'opinione op-
posta, sostenuta
dallo
Strube:
il
costume dei sacerdoti
che
Eschilo, cioe, avesse imitato
di Eleusi, nel creare quello degli
attori
e questo tragici. Vana, perö, riesce ogni discussione in proposito soltanto e lecito ricavare dalla notizia di Ateneo: che i due co;
stumi dovevano avere molti punti di somiglianza. E perche, donde questa somiglianza? I
critici
moderni sono, per questa
del sofista di Naukratis
;
ma
io
ricerca, assai meglio edotti procederö qui per semplici accenni. II
G
160
E.
RIZZO
costiime deU'attore tragico piü antico,
come
giä ben vide 0. Müller
{Handb, der ArchäoL. § 336, 3; p. 487 dell'ediz. del Welcker, Breslau, 1848) e come fu confermato dal Bethe, non e che quello dello stesso Dionysos (cfr. specialmente
del
drama
maniche,
vaso di Napoli col coro
il
Questo costume, specialmente per le presenta con indiscntibili elementi barbarici
satirico).
ci
si
certamente l'antico chiton, non manicato, della vecchia
moda
molto probabilmente, in relazione con il costume pensi, d'altro canto, che il tracio Eumolpo e, nel mito e sta,
hmghe :
non e
ionica;
tracio. Si
religioso,
Preller-Robert, p. 787), e che il costume dello hierofante altro non e che quello dello stesso Eumolpo. Cid
seguace di Dionysos
(cfr.
premesso, noi possiamo fermare alcune idee in questo diagramma:
Costume
tracio.
Eumolpo
Dionysos
[Ricollegato nel culto tracio
[Elementi traci nei Misteri Dionysos ad Elensi Dionysos ctonio]
con Dionysos]
I
Costume
del piü antico attore tragico
Costume
Tradizione raccolta da Ateneo
I
monumenti
ci
cosi difficile ricerca:
scher,
Lexikon,
I,
1,
I,
dello
hierufante
21 ^
aiutano soltanto in parte, per illuminare una io vorrei, tialasciando il resto (cfr. Rö-
ma
1132
s.),
che l'attenzione
si
fermasse, prin-
cipalmente, su alcune figure di quei vasi, nei quali sono, senza alcun dubbio possibile, rappresentate divinilä del ciclo eleusinio, e scene riferibili ai
Misteri di Eleusi.
Nella piü volte ricordata hydria di Capua {Monum. Inst., XII, 34), la figura che sta dietro Demeter non puö essere quella dello hierofante, come lo Strube aveva supposto; ma qualunque sia il suo nome, a noi importa osservare che gli abiti di cui essa e vestita sono qiielli dei quali ci occupiamo, ed hanno indiscntibili ele-
SARCOFAGO
IL
TORRE KOVA
DI
161
menti non greci, ed attinenze chiarissime col costume teatrale e sacerdotale
Ma
(^).
preme fermare la nostra attenzione sulla Dionysos, nella hydria di Cuma. Essa e vestita del Chi-
piü ancora
figura di
ci
tone lungo, al quäle e sovrapposto iin altro piü corto, manicato. uno spesso cercine alla vita. Questi abiti sono simili
cinto da
alla dtoXr]
tanto che lo Strube, e con
;
molti altri hanno creduto
liii
di riconoscere in questa figura lo hierofante: troppo giovanile, per esserlo; ne sono accettabili le tentate spiegazioni della Corona di
di
questi
esegeti, e nella
due
hierofante) dei
*
conseguente
io trovo
tipi,
anche nella congettura andace
Perö
tirso. foglie di ellera e del
confusione
un argomento
relazioni etniche e cultuali che ci interessano forza, perö, riconoscere che,
fi
gine nella i
alessandrina dei storia
vasi del
dell'arte,
IV
(Dionysos-
(^).
dimostrata insussistente
ad
loro
l'ori-
rilievi
e restituito
questi
tardi monuraenti, assai meglio che
ci
secolo,
»
di piü per quelle
aiutano,
per
essi
studiare
il
il
posto
costume
e
il
tipo dello hierofante di Eleusi. Si devono,
poi,
alla
dottrina
di
W. Amelung
altre
osser-
vazioni, che invitano fortemente a pensare. I tratti piü caratteristici
dell'abito dello hierofante nei nostri rilievi, si ripetono nelle
figure delle Erinni, nelle scene rappresentanti il
ludicium Orestis
(tazza Corsini; sarcofagi romani; frammento dell'Antiquarium romano del Celio; cfr. Amelung, R. M., XX [1905], p. 289 ss., e
XXI,
p.
280
ss.).
üguali
le calzature,
uguale
il
chiton inferiormente
fimbriato; e principalmente notevole la cintura intorno alla vita, col caratteristico
mai
nodo dietro
la schiena,
particolare
che
non
si
monumenti. Per questa concordanza, osserva noi non possiamo pensare alla notizia di Ateneo sulla l'Amelung, derivazione del costume dello hierofante da quello degli attori incontra
in altri
Pringsheim, p. 86 s. Io credo che la figura dubbia iudentificazione. E forse Musaios, seguace, corae Euraolpo, di Dionysos, venerato, come lui, e insieme con Orpheus e con le Muse, lungo le coste della Tracia? (*)
Cfr. per le varie opinioni,
sia maschile,
ma
di assai
P) I vasi conosciuti dal Pringsheim (p. 81) non possono avere importanza per questa ricerca, perche non riproducono il costume dello hierofante, come spesso facevano i pittori vascolari nelle rappresentanze riferibili al teatro e simili.
162
G. E. RIZZO
della tragedia, anche perche la tazza Corsini non illustra iina scena del drama eschileo, in cui le Erinni appaiono con tiitti i caratteri del terrore
«ome mai
il
;
e
sacerdote
ad ogni modo sarebbe sempre da spiegare di Eleusi abbia potuto prendere, per mo-
dello, l'abito delle Erinni,
tipico
che non
piiö ritenersi
costume teatrale
c, p. 297). troppo logieo, infatti, non dar valore alla notizia di Ateneo,
(1.
E
per qiieste somiglianze innegabili. Ne a farle chiaramente comprendere giova, secondo io credo, l'altra ragione, addotta giä come diibbia dallo stesso Ameliing (^); poiche non basta il fatto che il
Sacerdote di Eleusi abbia potiito celebrare
comunanza
delle Erinni, in Atene, per spiegare la
certamente sirabolici
presso un santuario
riti
di
particolari,
Sembra, piuttosto, anche a me, che simboli debba riferirsi al comune carattere
e ritiiali.
qiiesta somiglianza di
delle divinitä di Eleusi e delle Erinni, la cui concezione
come potenze
ctonie,
piü recenti studi
e stata
maggiormente messa
in
mitica,
chiaro
dai
(^).
E
questo e il risultato veramente notevole ed accettabile delle osservazioni geniali dell'Amelung, poiche io non credo, del resto, ad una vera identitä fra gli abiti dello hierofante e quelli
monumenti
delle Erinni, nei
citati.
€ cosi corto come quello delle Erinni
niche;ele
chiton dello hierofante non
II
questo, poi, non ha le
;
corte maniche, di cui parla
TAmelung, sono
ma-
tutt'altra
con doppio « apoptygma » indossata dallo hierofante, come sopra ho dimostrato. Rimane, principalquella specie di tunica
cosa in
mente,
il
cercine di stoffa intorno alla vita,
col
nodo
caratteri-
Eine andere Tradition hat eher den Anschein, als könnte sie die Inschriften, die Koohler im Hermes VI p. 106 dass der eleusinische Hierophantes in Athen publiciert hat, geht hervor, da kein anderer Plutoncult für Lectisternien für Pluton anzuordnen hatte (•)
«
Lösung bringen: aus mehreren
;
Semnenschlucht unter dem Areopag, so liess Koehler den Hierophanten dort fungieren. Danach also wäre der Priester, in dessen Tracht wir in unserer Darstellung die Erinyen sehen, in einem jener Heiligtümer tätig gewesen, die äusserlich und innerlich mit dem der
Athen bezeugt
ist,
als der bei der
Erinyen eng verbunden waren. Aber diese Tätigkeit war doch nur vorübergehend; sie allein kann zur Erklärung jener Uebertragung sicherlich nicht hinreichen (')
tati
»,
1.
c, p. 297.
Cfr. Preller-Eobert,
dairAmelung,
1.
Griech. Myth.,
c, p. 298.
p.
834
ss.
;
e gli altri scritti ci-
IL
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
163
stico: e qui e opportiino aggiimgere che di iin cerciue analogo e cinta, sui fianchi, la figiira di Hecate nel rilievo di ToiTe Nova:
che confermerebbe l'osservazione dello Amelung, poiche a nespuö sfiiggire il carattere assolutamente ctonio di Hecate, e la
il
siino
sua stretta parentela con le Erinni, oltre che col ciclo di Eleusi (^). L'analogia fondamentale fra 11 costume scenico e quello dello
mi sembra, adunque,
hierofante non vazioni
ammettere che
solo bisognerä
:
aveva simboli
di Eleusi
scossa da queste niiove osser-
sacrali,
l'abito del gran sacerdote che dovevano naturalmente man-
care nel costume scenico.
Tipo artistico. Torre
nel rilievo di
— La
Nova
testa dello hierofante, specialmente
e in quello di Napoli, e tipologicamente
« Dionysos « di Ercolano (*). lo parlo bene intendersi, per non prestar facili armi a possibili contradittori di analogia tipologica, soltanto; che il con-
a quella del cosi detto
affine
—
e
—
fronto stilistico fra
di
il
capolavoro fuso nel bronzo, e l'umile lavoro
un tardo sarcofago, che ha
altre fonti di
inspirazione artistica,
sarebbe assurdo.
Noi dobbiamo osservare soltanto tipo classico nell'arte
dal
l'originale, di
Napoli.
in quella
La
derivano
i
la
« t
quella
due
cosi,
perö, che
Esaminando bene,
e
essa
non
r
aduzione a
etä
cui
»
di
un
appartiene
di Torre
rilievi
vigorosa figura nobilmente
Nova
e
ideale, e stata tradotta
dalla fronte cor-
affossate,
conservi
ancora l'attenta
maestä dell'aspetto.
gravitä dello sguardo e la
io
di
un vccchio dalle guancie
di
non
rugata:
quäle
realistica
senza preconcetti, il busto di Ercolano, di stanco dolore e di pathos
non ho mai trovato quell'espressione
(^)
il
bene aggiungere che non
si
tratta di quello speciale panneggia-
mento
caratteristico di alcune figure partecipanti a cerimonie sacre, in opere di arte ellenistica, elencate dal Lucas {Jahrb. d. Inst., [1900], p. 40) e
XV
dal Cultrera (Ausonia, II [1907], 1, p. 97 ss.). (^) Friederichs- Wolters, Gipsabgüsse, 1285
(in la bibliografia antica); 857 [Gabrici] Brunn-Bruckmann, Denkmaler, tav. 382. La 20 deriva da fotografia espressaraente eseguita. Non e il caso di di-
Ouida Reusch, nostra
fig.
scutere
il
E
che
noto
n.
;
giudizio cronologico e stilistico del Friederichs, ormai invecchiato.
Pythagoras
il
Furtwängler attribuiva Toriginale del bronzo di Ercolano a Meisterwerke, p. 148, n. 1, e p. 686, n. 3).
(cfr.
16i
G. E. RIZZO
che
dionisiaco
altri
col suo preconcetto
del
ripiegata
«
ha veduto dell'assurda
confermar
desiderare che
gli
con
»,
questo
Friederichs e
occhi del
La
attribuzione a Skopas.
accompagna compiuta dalla figura
Dionysos
l'azione che si siippone
con
con
le
lo :
stesse
sgiiardo
testa
intento
ne meglio io potrei parole
del
Frie-
11 quäle sostiene che Toriginale da cui deriva il biisto di Ercolano doveva essere iina statua intera ( « weil der Kopf offenbar
derichs,
Fig. 20.
—
Protilo del « Dionj^sos »
Ercolano (Museo
di
Kopf entworfen, sondern nur
di Napoli).
ganzen Statue 1. c, p. 465). Ed io aggiungo che questa statua doveva rappresentare la figura in una determinata azione, come dicono il nicht als
Teil
einer
ist »
movimento del
collo e
della testa
e la
direzione
dello sguardo.
Scambiare questa « azione » per espressione di pathos dionisiaco, non solo, ma riferire questa inesistente espressione ad un'opera severa del V secolo, sembrami, per vimento non puö essere che quello
chinata in essa
avanti, che
compie:
l'intera figura, stita,
e
immaginando
di
di
meno,
illogico.
Questo mo-
una persona leggermente
con
lo
sguardo l'azione che
restituire al busto le linee del-
questo apparirä evidente.
come dimostra
chioma
accompagni
lo
La
figura era inoltre ve-
la parte del chiton, conservata nel busto.
e cinta dallo strofio,
ma
non molto simili sono
i
La
partico-
IL
lari dell'acconciatura: affinitä
165
rimane soltanto, anche in
e
una certa
ciö,
tipologica.
Perche nysos
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
? (^).
busto di Ercolano e creduto generalmente im Dio-
il
C
e,
per questa identificazione, una sola
non
ragione
dirö decisiva, ma almeno probabile? La pretesa afßnitä tipologica con la testa di Dionysos nelle monete di Naxos, sembrami superficiale
e
per nuUa conclusiva;
la
benda
e attributo di
vinitä; la espressione del pathos dionisiaco,
altre di-
come abbiamo
visto,
6 insussistente.
E
pure ammettendo come provato che il busto di Ercolano rappresenti Dionysos, che ne conseguirebbe ? Cerfcamente questo:
che lo hierofante di Eleusi era rappresentato in sembianze a quelle di Dionysos.
A
nessuno
potrebbe
sfuggire
l'importanza
mazione, per tutte le considerazioni da sulle intime relazioni cultuali e
me
di
affer-
questa
sopra esposte
(p.
tipologiche fra Dionysos
afiini
160
ss.)
ed Eu-
molpo. Rivedendo il diagramma da me tracciato, troveremo, quasi, una spiegazione del nome di Dionysos, dato, con tanta persistenza, al busto di Ercolano in questa identificazione c' e come un nuovo ele:
mento
di
prova per
Nä puö
l'altra alla
far difficoltä
xccT sioxrjv, giä nel
V
ammettere una statua dello
secolo
hierofanti di Eleusi noi
quäle siamo arrivati" gradualmente.
(^),
«
hierofante
se di piü tarde statue votive agli
abbiamo sicura testimonianza nelle
zioni delle basi conservate
»
iscri-
(^).
Che r originale da cui deriva
il
busto di Ercolano fosse stato
meritamente famoso, era congettura probabile, per la stessa eccel(^) La congettura di A. Sogliano, che il busto sia derivato da una specie contaminatio delle figure di Dionysos e di Piatone, h certaraente ingegnosa ed esposta con niolta dottrina ma io non la credo possibile, anche e prin-
di
;
cipalmente perche
la cronologia di quest'opera d'arte h in piena
zione col ragionamento del Sogliano. Cfr. delVAccad. di Arch. ecc, Napoli, 1902).
Sogliano,
contraddi-
Dionysoplaton {Rend.
C) Nulla puö aver da fare con la nostra ricerca la statua di Eumolpo, dubbiamente menzionata da Pausania, I, 27, 4. Si ricordi, perö, come giä nella fine del VI secolo, la figüra di Eumolpo appaia, insieme nitä eleusinie, nella tazza di Hieron, sopra citata. C*) Vedile raccolte dal Pringsheim, op. cit., p. 117.
con
le
divi-
Q. E. RIZZO
166
lenza dell'arte, pur non qiiesto capolavoro.
Ma
essende conosciuta
nella testa, che
cisa replica di piccole proporzioni, (fig.
21
W. Amelung,
me
per indicazione a
e 22),
nessun'altra copia di
di esso possediamo, ancora inedita, iina pre-
al quäle,
data
dal
dunque, principalmente
pubblico ed amico
qiii
collega
si
deve questo note-
vole contributo.
Essa
e fatta di
stucco;
ha
massima
l'altezza
m. 0,093,
di
compresa la parte conservata del busto. Proviene, secondo mi co-
Fig. 21.
Piccola testa di
munica ß. che
strada S.
Martino
Celio.
Lanciani, dal
trivio
ai
Fig. 22. «
Dionysos
dagli
Via
«
scavi
eseguiti
Cavour
trovasi ora
Monti; L'esame obbiettivo
{Antiquarium del
-
S.
per
Celioj.
l'apertura
Lucia in
jielV Antiquarium
fatto dall' Amelung e
date dal Lanciani, escludono l'origine moderna
a
comunale
al
da me, :
della sale
Selce
e le notizie
la tecnica e asso-
lutamente antica.
La perduto
conservazione
non puö
gli strati superiori
dirsi
eccellente,
avendo la testa
del cranio e della fronte;
ed e bene
avvertire che la disuguale conservazione di questi strati di stucco
sovrapposti da nella figura la falsa impressione, che le sopracciglia
IL
SARCOFAGO DI TORRE NOVA
167
una parte del naso e la pimta della barba. Lavoro molto accurato e fine, come si vede dal trat-
Mancano
siano cornigate(0.
tamento delle ciocche
inoltre
Non e possibile parte di un busto o di una sta-
e dei riccioli della barba,
giudicare se la testa abbia fatto tuetta.
La
corrispondenza col busto di Ercolano e talmente piena e non c'e bisogno di troppe parole per dimostrarla, e basta che sicura, confrontare le figure. Identico e il movimento del collo, identica la direzione dello sguardo, uguale la conformazione della faccia. Dalle tracce rimaste accanto alle orecchie e dalla parte conservata dietro la
nuca,
vede chiaramente che l'acconciatura della chioma era au-
si
perfettamente uguale. Nella barba, poi, abbiamo un'assoluta corrispondenza ; si osservi la biforcazione terminale dei baffi, ch' essa
la
forma
il
labbro inferiore:
«
»
stilizzata
si
dei peli formanti
segua con Tocchio
come una palmetta sotto il movimento e la distri-
buzione dei riccioli sulle guance.
Data l'eccellenza raggiunta dagli della Repubblica
e
artisti
decoratori
sulla fine
nel principio dell'Impero (stucchi della Casa
ecc), non e improbabile ritenere che alla medesima appartenga la testa di stucco qui pubblicata. Essa e una conferma inaspettata della celebritä della statua, copiata, con insigne
Tiberina etä
fedeltä,
fin
nella piccola arte industriale degli antichi.
G. E. Rizzo.
(^)
Le ügg. 21
e
dal prof. E. Traversari.
22
La
derivano da un
fedelissimo
acquarello, eseguito
fotografia, piü volte ritentata,
particolari, per la patina disuguale della piccola testa.
non dava
i
minuti
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI.
I.
I qiielli
canosini
vasi
che
Patroni
il
furono dimostrati
mi
di
cui
(^)
denominö
provenienti
occiipo
non
^,
in questo
messapici
dalla
sono
articolo,
che in seguito
", e
sallentina
penisola
ma
Daunia, e specificamente da Oanosa. II lettore che con questi vasi non avesse grande famigliaritä, poträ facilmente orientarsi con iin'occhiata alle mie figg. 1-7 (^). dalla
La
cronologia di questi vasi e controversa. In passato, perche ritrovati insieme con vasi apuli tardivi, furono creduti pur essi tardivi (^)
:
quest'ultima corrente lissero
almeno
Walters
1'
poi prevalse
(^):
(*)
Mon.
(")
Cfr.
1898, p. 201
al
VI-V
anzi
il
idea che associö
secolo
Pottier
piü antichi (*). A supponendo che risa-
fossero assai
il
(^),
Patroni, fu
e
(^) esagerö al
ciecamente seguito dal punto da ritenere che
Vasi arcaici delle Puglie nel Mus. Naz. di Napoli. ivi, tav. XIII, e p. 355 ss., e in Not. sc.
ant. VI, i
si
vasi riprodotti in Mon., SS.
I vasi delle figg. 1-7
sono
i
nn. 80205, 24156, 24166, 24157,
24145, 124174 del Museo di Napoli. II primo, il terzo, e il quinto provengono da Canosa; il secondo e il quarto da luogo ignoto (Canosa o dintorni); rultimo da Andria. (')
Cfr. Patroni,
Geramica
ant. p. 15.
d. Vasensamml. p. 333) mette i vasi apuli arcaici a decorazione vegetale prima dei vasi rodii. II Masner ( Vasen u. Terr. im österr. Mus. p. 4) li pone prima dei protocorinzi. La forza del pregiudizio h tale che di quattro vasi del Museo di Vienna trovati in un (*)
Per
es. il
Furtwängler {Beschr.
unica tomba di Canosa
il
Masner colloca due canosini (40
protocorinzi e gli altri apuli (488, 489, 490 tra vedra, vasi coevi
i
vasi apuli
e 41) :
e
prima dei
sono,
come
si
!
C) Mon, ant. VI,
p.
395
ss.
Hist. of anc. pottery, II, p. 329. II deirimportanza delle ricerche del Mayer. («)
(')
Catalogue
II, p.
372.
W. non
si
h
reso
affatto
conto
169
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI risalissero al secolo VIII.
II
Mayer invece
termine ^^canosino" da sostituirsi all'erroneo
— ,^
ii
— reagi
uiessapico
vecchia opi-
della primiera e
contro qiiesti gravi errori a favore
dovuto
al quäle e "
fondandosi in specie e di niiovo sul fatto che qiiesti (^), vasi venivano trovati sempre insieme a vasi apuli figiirati. lo credo non abbia indiscutibilmente vera che l'opinione del Mayer nione
—
—
trovato la larga eco che raeritava (^), un po' perche esposta quasi occasionalmente in un periodo non destinato ad accoglier ricerche di indole generale, un po' perche egli ebbe 11 torto di abbreviare
^ tradurre
moderno
in linguaggio
notizie borboniche contenute nel
libro del Ruggero, assai importanti per la sua tesi, togliendo cosi ai suoi argomenti e incorrendo in qualche inevitabile e perdonabile errore (•^). Le ricerche che da qualche tempo vado facendo nelVarchivio del Museo Nazionale di Napoli e neirArchivio di Stato di questa
chiarezza
studiando e usufruendo, per la prima volta, un materiale documentario di prim'ordine, mi hanno messo in grado di ripren-
•cittä,
dere la questione al punto in cui la lasciö
onde
Mayer, ristudiando,
il
ripubblicando gli originali, Ruggiero trasse le su accennate notizie, e aggiungendovi nuovi documenti inediti e nuovi cioe,
e
il
fatti finora ignorati.
Fra
me
documenti piü preziosi da
i
di note e di relazioni autografe che
a Napoli, informando
il
una
studiati, spicca
Bonucci
l'architetto
Governo dei progressi
dei
e
serie
inviava
ritrovamenti
durante gli scavi che egli condusse a Canosa negli anni 1853, 1854 e 1858, per incarico reale. Queste carte sono tanto piü im-
fatti
portanti in quanto, senza esse, nessuno potrebbe studiare pinti canosini del
a Canosa,
Museo
di Napoli,
del tutto inservibili,
i
{/)
Not.
(^)
Per
vasi di-
cui inventari sono, rispetto
mascherando per
nienze canosine sotto ogni sorta di indicazioni:
prova assai
i
lo piü le provee
ne
dö
qualclie
eloquente.
sc.
1898. p. 207
es. 11
ss.
Rom. Mitt. 1899,
p.
15.
Pellegrini, pur conoscendo e citando
i
lavori del Mayer, .4
attiene alla cronologia del VI secolo [Catalogo p. 2 s.). {^) Gli oggetti numerati in Ruggero p. 547 ss. non provengouo tutti dalla fiola
ma
tomba
del vaso dei Persiani
In parte furono acqulstati
come crede 11 Mayer {Not. Sc. 1898, p. 21 3j tal Caradonna che 11 comperö da un
da un
-canonlco Basta.
12
170
MACCHIORO
V.
Negli inventari anteriori a quello compilato dal Minervini che poi non segna le provenienze mancano i vasi Min. 3337, ritrovati dal Bonucci 3386-88, 3475, 3476, negli scavi del 1858.
—
—
Altri vasi cospieui provenienti da alciini scavi
un
di
Vito Lagrasta, nel 1844, provengono, secondo gl'inven-
tal
"
tari,
dalla
Consegna provvisoria
,,
ad alcuni vasi trovati nel 1858 proviene, seeondo
Lagrasta "
stauri ,,
(^)
altri
;
—
due
Magazzino della direzione
da
^,
nel fondo
eseguiti
Palazzo Reale"
—
(^).
(^):
(^);
indicazione afiibbiata anche
nn vaso trovato
gl' inventari, dalla
trovati
nel
" ('*),
altri
Altri ancora
1858
—
^^
fondo
nel
Officina
dei
re-
dal
provengono numerosissimi provengono sempre seeondo gl'in-
—
proverrebbero da Bari (^), mentre invece furono bensi da Bari, ma provenivano dall'agro di Canosa, giusta un spediti verbale del 15 novembre 1854. E tutta ima enorme confusione, ventari
veramente, da rendere impossibile uno studio serio di questo suppellettile, ove si voglia fondarsi sugli inventari e non sui doe tale
cumenti d'archivio.
E
si
aggiunga che Tultimo
inventario indi-
cante le provenienze e del 1856, mentre gli scavi continuarono nel 1858: si che i vasi che ne provennero mancano in quelli inventari. ^,
Ora invece non
mancano
cati),
e
dati
che
,,
sicuri
solo non si puö piü dire " (questi veramente non
sono disperse le raccolte canosine
per Canosa
che
mai man-
sono
"
ma
(^),
si
pos-
vasi Heyd. 2541, 2336, 2019, 2646, 2870. " 2882. ,, Consegna provvisoria 2204, significa 11 deposito provHeyd. visorio delle casse contenenti i vasi scavati, consegnate alla Cancelleria CoAvverto che i munale di Canosa, in attesa di venir spedite al Museo. (')
Sono
i
(^)
—
documenti a cui ho attinto queste
e altre notizie, si
nell'Archivio di Stato di Napoli (Ministero P.
I.,
trovano in piccola parte
filza 357), e in
gran parte
Museo (IV. Vasi e terrecotte. Provenienze, fasc. 12-18) dove io li ho trovati, come tutti i documenti di provenienze, scavi, ecc, ancora allo stato borbonico, e dove li ho ordinati in serie sistematiche. Le indicazioni nell'Archivio del
si
mio ordinamento. II lettore rileverä poi da se quanto scuun tempo in cui nessuno aveva impreso lo studio sistequesto archivio, gli errori non lievi di fatto e di teoria che io
riferiscono al
sabili fossero, per
matico di
tento di rettificare in questo studio. (»)
Heyd. 2304. '
{*) {^) (6)
Heyd. 125, 174. Heyd. 784, 879, 944, 2017, 2050, 2171, 2172, 2108, 2393, 2691, 2760. Heyd. 2699, 2105, 2290, 2148, 3017.
C) Patroni,
La Geram.
antica, p. 137.
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI sono Studiare nel Miiseo di
Napoli
171
ben 26 vasi canosini
e
ben
79 vasi figurati, tutti di provenienza sicura. A questi si devonoaggiuugere 8 vasi canosini di provenienza ignota, e la situla gemina con iscrizione pubblicata dal Patroni e che porse occasione al chiaro professore per denominar
'*
messapici
situla fu acquistata a S.
questione. Questa
Maria
,,
di
i
vasi
Capua, ed
in io
ne ho trovato nell'archivio del Museo l'atto di acquisto e di im-
missione
Ma
(^).
ecco senz'altro le relazioni del Bonucci
Arch.
(')
Afus., IV,
(^).
Vasi eterrecotte. CoUezioni. Fase. 10. L'atto recauno
schizzo a penna del vaso e riproduce l'epigrafe. II De Benedictis che vendette il vaso, fu non un antiquario, ma un tenente del treno, e Tanno non fu il
1854, (^)
ma II
1857
il
(cfr.
Patroni,
Mon.
Bonucci, come mi informa
vezzo, per quel che
si
il
ant., VI, p. 352).
eh. prof.
De
aveva talora
Petra,
il
dice, di inoentare le sue relazioni di scavo standosene
comodamente in casa sua. Ciö pote esser vero nel caso nostro per5, la presenza nel museo dei vasi da lui descritti e che da qualehe parte dovevano pur venire, come il tono delle relazioni, hastano a togliere ogni dubbio. Per chi :
dubitasse deU'identifieazione dei vasi citati o descritti nelle varie carte, trascrivo la descrizione di un paio di vasi scelti a caso
:
n.
8
(=
Heyd. 2679j
Altra patera piü piecola con in mezzo alPinterno due figure, cioe un fauno con secchia e rarao di alloro ed una donna che l'insegue con cassetta e serto u
aU'esterno poi da un lato evvi un genio seduto con cassetta e grappoli d'uva e dall'altro un uomo seduto con canestra e ramo d'alloro. Diametro palmo
uno
e
alto e
mezzo»
;
n.
12 (Heyd. 2886)
manici elevati
covaeciati
(sie)
sionato e
manea
«
Piecolo vaso a forma di calice col piede Da una parte evvi un genio ac-
e ripiegati sulla bocea.
con cassetta e specchio nelle mani. In qualehe parte e ledi qualehe pezzetto Si noti poi alto sei deeimi ».
—
;
vasi apuli provenienti dalle tombe di Canosa hanno un cartello con un numero corrispondente a quello che hanno nella nota, seguito da una N. Per i vasi canosini si aggiunge il fatto che nelP inventario generale, al nu-
che
i
mero nuovo
e aggiunto il numero delPinventario vecehio, e questo, vicino al suo numero, da pure il numero che ha il vaso rispettivo nella nota del 1854,. rispettivamente del 1858. Nella nota del 1854 i nn. 1-9 (vasi apuli), 18el9 (vasi con Statuette), 28 (statuetta), provengono da un canonico Basta di Ca-
nosa, che
li
ebbe quando uscirono dagliscavi: e perö non
li
prendo in con-
siderazione. I doeumenti ehe seguono sono in parte giä pubblicati da Ruggiero, Scavi di antichitd nelle provincie di terraferma delVantico Regno di Napoli, Napoli, 1888, p.
538
ss.
172
V.
•
MACCHIORO
A) Napoli, 5 dicembre 1853.
Riassiimendo
«
contenuto dei miei antecedenti rapporti, re-
il
alle grandi scoverte di
Canosa
volesse.
«
lativi
« «
proseguire quelle classiche scavazioni, bisognerebbe nello stesso tempo aver presenti le seguenti disposizioni da esegnirsi « 1°. Scavarsi la parte interna del magnifico Mausaleo (sie)
«
di cui le
«
si
.
.
:
«
«
qualora
ho rimesso
Ricercare
2°.
il
le
prospetto disegnato e dipinto.
tombe, dove si sono incominciati a scuo-
prire vasi, ed oggetti di merito
straordinario,
« 3°. Toglier dalle pareti quelle antiche dipinture, che possono interessare il R. Museo
—
«
Si cerehi di rinvenire la statua
4°.
«
rava
«
sopra ».
la
parte
superiore
di
marmo, che deco-
del magnifico Prospetto
accennato di
B) Napoli, 19 dicembre 1853. «
tt
«
S.E.
Sig. Architetto Direttore, il
Maggiordomo Maggiore Sop*^ generale di Casa d^. mi ha scritto quanto segue: [Segue
Reale in data del 16
una
lettera del
Principe di Bisignano
con cui
si
da incarico
al
sogli scavi]. Nel parteciparle tale rescritto vrano, la prego eseguire questo onorevole incarico con la consueta
Bonucci di eseguire « «
esattezza e zelo ecc. ecc. ».
C) Canosa, 28 febbraio 1854.
rassegno che abbiamo rinvenuto in una delle dipendenze del gran Mausoleo, e nella necropoli dei nobili cittadini di Canosa, ove son pervenuti fin oggi i nostri scavamenti, tf
« tf
«
Con piacere
le
gli antichi oggetti greci, che seguono;
«
Vasi grandi della forma di un otre, con ampio manico, con due magnifiche teste a bassorilievo in ciascheduno. «
«
Stoviglie e vasi oeramici. e
PER K «
fini
tf
Anforette con piccoli manici o senza n. 20.
di loro, e con
Ün
ornati
due recipienti manici verticali.
dipinti.
forma
iitensile di
di
ed assai
insolita,
circolari congiunti
cm-iosa, composto da un collo stretto e con
calicetto con testa dipinta.
Diota,
«
Due
«
Quattro vasettini eleganti dipinti a nero, congiunti fra loro,
lucerne dipinte a nero.
e sostenuti nel «
«
del-
Vasettini graziosi di varie forme e grandezze n. 5. \^so di forma insolita, con diie bocche ed un manico fra
tt
«
ornati,
ecc.
«
« tf
Diie are, o candelabri dipinti a vari giri con
«
« K
173
CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI
LA.
Due
mezzo da un manico comune.
vasi curiosi sostenuti da
uno stesso manico,
e dipinti
a vari giri di ornati diversi.
questo periodo di scavo (16 giugno 1854) enumera alcuni vasi apuli che sono statt identificati da me, giusta la esatta descrizione data nella nota
[La nota
estratti
finale degli oggetti
in
nei seguenti: Heyd. 2107, 2288, 2886, 2142,
2890: segnati nella nota gorgoneion a rilievo (nn.
2122,2190,2351,
numeri 10-17. Seguono due vasi con 20 e 21 della nota). Seguono poi questi coi
vasi canosini]: « « «
«
tf
n
piccole
23. Altro simile rotte nel fondo. Altezza otto decimi, lar-
ghezza della bocca nove decimi tt
tt
22. Vaso di forma sferica con due manichi e due
anse a guisa di foglia e con labbro che si eleva a coppa. fl dipinto di diversi ornati neri. Altezza un palmo circa, larghezza della bocca ottantacinque centesimi (= Inv. 24146).
24. Altro
simile; altezza
della bocca settantuno centesimi «
{=
Inv. 24147).
settantatre
25. Altro simile, mancante
(=
centesimi, larghezza
Inv. 24148).
della coppa
con un buco al fondo.
superiore, con la-
Altezza
«
vori neri e rossi,
«
Inv. 24149). cimi, larghezza della bocca quattro decimi « 26. Candelabro con ornati neri e rosso (sie). Altezza palmo uno e sette decimi. Diametro alla base settantatre centesimi
« «
e
cinque de-
(—
(= «
Inv. 24151). 27. Altro simile.
n
Diametro
«
coppa
(—
alla
base
Altezza
palmo uno
cinquantaquattro
Inv. 24152).
cent\
e
cinque decimi. Restaurato nella
174
MACCHIORO
V.
n.
il
[Segue
28 che proviene dal can. Basta.
II
n.
29
e
un
quadruplice vasetto nero]. 30.
«
«
« «
Due
vasi a forma di pignatta attaccati insieme al
ma-
nico. Altezza
maggiore settantaquattro centesimi; larghezza di ciascuna bocca quarantasette centesimi. Sono lavorati con ornati a nero
(=
Inv. 24167).
[Seguono:
n.
31, statuetta; 32 e 33, lucerne nere;
34
e 35,
qiündici vasetti vari]. « 36. Piccolo guttatoio a due getti, alto ottantasei centesimi
(=
«
Inv.
24145)
«.
i)) «
« «
« « tf
Canosa, 20 giug.° 1858.
Sono giunto in Canosa ed ho incominciato
Si lavora nel
di S.
gli
scavamenti.
Giovanni, ch'e la parte Orientale della
piano Necropoli greca, e dove riirovasi tuttora La celebre tomba, in cui si rinvennero i celebri vasi^ nel 1814, ora a Monaco, e che fnrono piibblicati da Millin (^). Cominciano a scoprirsi le
tombe greche, formate
stanze nel tufo.
Con-
«
volte esteriori di
«
lavora presso la tomba, donde uscirono i temporaneamente vasi famosi di Dario, di Patroclo ecc, che sono nel R. Museo
« «
a
si
Borbonico.
».
E) «
tt
Si sono scoverte
«
di giierrieri,
una
di
Canosa, 24 giugno 1858.
nove tombe greche, e l'altra d'un
donna
«
biamo raccolto due vasi a
tf
stoviglie dipinte; alcune altre semplici,
e
prefericolo,
due
fralle (sie) quali
due
fanciullo.
Ab-
ricco calici,
ma
m-ne ed altre
di forme variale
nuove. Dieci Statuette anche di terracotta, con tracce di colo-
<.
ritura e che rappresentano varie divinitä in diversi atteggiamenti
«
una
« tt
;
un piccolo medaglione, di forme bellised un bassorilievo dun Amorino, che carezza un leone, sime; la
testa di
prima, ed
(*)
Medusa
il
in
secondo di finissima creta.
Due
[Description des tombeaux de Canosa. Paris 1816,
anelli di bronzo,
fol.]-
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI * «
per dito, ed nna lancia. Infine, moltissimi oggetti per trastullo di ragazzi, assai miniiti e graziosi, di creta. Da pertiitto si annnn-
^ ziano Duove « •tt
«
175
positare e
tombe greche nel piano
ne rimetterö
saranno
di S. Giorgio.
gli oggetti rinvemiti, presso
tiitti
tinite
notamenti
i
analoghi
scoverte
le
»
precisi a
e
Ho
fatto de-
Sindaco di Canosa:
il
tostoche
Lei,
.
F) Canosa, 30 giugno 1858
«
«
* «
*
^
Le opere
mese passato
dello scavo intraprese dal
in
Canosa
Abbiamo energia e nella della scavi le ricerche parte praticato gli necropoli greca rivolta ad Oriente di Canosa. Questa contrada si chiama ora il han progredito con massima
piano di
* il
S.
celeritä
ed
Noi l'abbiamo tutta dissotterrata lungo acacie che l'attraversa per lo mezzo e vi ab-
Giovanni.
gran viale di
manca im
numero
*
biamo rinvenuto a
^
greche.
di
*
conduce ad im ingresso chiuso, di prospetto, e talvolta cinto da uno due altri nei lati. Per tali porte si entra in ima o piü
*
Ognima
dritta e a
biion
di
tombe
ha ima piccola discesa a rampa,
esse
«
stanze incavate nel
*
tomte piü namerose sono ad un
piü o raeno
tiifo,
dipinte ed ornate
livello
che
le
e sottoposie
superiore terreno coltivaio, e agli alberi, solamente di 'pochi palmi. Le stanze funebri de' ricchi. giacciono isolate e profonde.
* al ^
* * «
.
* di uiia classe * «
media, sono stati da
me numerati
un elenco giornaliero che Le verrä da sima fine dei lavori di qiiest'anno. «
Per ora
* terracotta
le rassegno,
ornavano un vaso ad
«
de' dioti o calici,
«
altro
* di
ad urceo,
otre.
come
tutti
che
due
rappresentanti
*
*
.
Per giungere a queste ultime fa d'uopo scuoprire e frugare le prime. Sifatta operazione e stata da me adempiuta, e gli oggetti raccolli in queüi avelli, che han servito ai cittadini
si
me
e
descritti in
trasmesso alla pros-
sono ritrovate altre Statuette di
Amori ed una donna
alata, che
Si son raccolti altri vasi della forma
chiamano; altri a prefericolo ed un con una o piü figure. Oltre a ciö tre patere si
mediocre grandezza, ed anche dipinte. « Ma quella, che merita molto interesse,
quanlitä di suppellettili, o masserisie d'ogni
si
e
una gran
misura, che
'per
176
MACCHIORO
V.
forme variate
le loro
e
curiositä degil eruditi
.
.
-^
uso
loro
'pel .
destano la
sconosciuto
.
G) Canosa, 3 luglio, a mezzogiorno,
tf
«
vari saggi ed ostinate fatiche,
Dopo
1858.
abbiamo scoverta im'an-
ha condotto innanzi ad un magnifico maudecorato da un magnifico frontispizio di stile ele-
che
«
tica discesa,
«
soleo.
Esso
*
gante
e
«
capitelli jonici; le
«
per im dolce declivio incavato nel
«
trenta palmi. Questa sontuosa discesa ha l'insolita lunghezza di
K
palmi cinquanta.
«
e
ci
severo, sosteniito da cornice e da
mura
—
La tomba
piano detto volgarmente
«
viale di acacie, che
«
tomba sembra
>i
— Vi
mena
di
perviene
ritrova nella necropoli greca,
si
S.
si
tufo, alla profonditä di circa
all'oriente di Canosa, distante dall'abitato
"
«
colonne ottagone, con
soo dipinte a vari colori.
nn mezzo miglio, nel
Giovanni, a sinistra del
all'attuale camposanto. Questa
gran nobile
voler gareggiare coll'altra si rinomata, eui trovasi ove si rinvennero nel 1813, i famosi van illustrati vicina, » da Miliin .
;
H) «
Canosa, 5 luglio 1858.
il piano cosi detto di S. Giovanni, ove ho intrapreso gli scavamenti, essendo coverto appena di qualche tilo di erba, si osser-
«... « tt
vano chiari
K
io
* «
e manifesti i luogM ricercati negli anni scorsi. Quindi ho potuto benissimo evitarli, ed andare in cerca di iomhe contenenti vasi e cose per avventura pregevoli, o mediocri, ne siti vergini, e non mai esplorati. In effetti, ho rinvenuto in
K
sole due o tre
«
tombe ho
«
calici,
settimane
raccolto
di
terracotta,
mediocre
patere
«
piccola dimensiooe,
il
Due balsamari
tombe greche
venti
due vasi della forma di
«
«
in
Da
queste
cinque vasi a prefericolo, sei
orciuoli,
o pignatta che sia, tre
grandezza, uoa zuppiera con coverchio di tutto dipinto con una, o piü figure.
neri
con
K
piccolo bassorilievo di Scilla e di
-
A Tiori e deitä diverse.
collo
lungo
Medusa.
e
traversale, e con
— Quindici
— Due medaglie esprimenti una
Statuette di
bella testa
PER LA CRONOLOßlA DEI VASI CANOSINI «
alata ed
« «
un Amore che doma im
dipinta con
«
sole
o
strisce
leone.
177
— Di terracotta semplice,
ornati a
vari
colori,
ottanta
masserme^ suppellettili che vogliano dirsij delle di uso curioso e sconosciuto, e di svariate forme. » . quali trenta [Dalle note di spedizione]. arnesi o
o
«
« tf
Cassa
n.
3.
numero
Vasi ad otro
sie) di diversa grandezza, a Vasi caldaia stretti nella loro metä,
3
numero
2
1)
Canosa, 27
«
sett.
1858.
«... ho proseguito gli scavi della gran tomba scoverta «
P
luglio
y>
it
.
L) Canosa, 29
^
.
.
.
si
e
sono discoveite
due rettangolari
altre di
1858
tombe greche,
quattro
Vi
sett.
diie
a
sono raccolte aleune
si
«
camera,
«
masserüie, fra cui un graszoso eandelabro, tutte di argilla, con vari fregi dipinti. Servite per gli iisi propri alla civiltä greca, aleune sono di forme singolari, altre presentano par-
t tf
^
tiifo.
ticolaritä curiose e nuove »,
M) n
«... ho terminato «
a
Can., 2 ottobre
1858
sciioprire tiitta la parte Orientale del-
l'antica Necropoli greca, intorno alla suddetta
gran tomba...
».
N) «
«... non «
si
Can., 6 Ott.«
1858
ritrovarono che due sepolcri greci, intatti, e conma privi di oggetti Essendomi recato
tenenti due scheletri
.
.
.
178 « il « si
MACCHIORO
V.
24
Primo Eletto
e forza piibblica sul luogo ove alcuni erano rinvenuti casualmente sepolcrali sotterranei
col Sindaco,
«
conoscemmo
«
tal sito gli scavi
essere appartenuti a gente povera
.
.
Proseguendo in
.
furono rinvenuti alcuni vasi rustici, ma loro forme ... II 29 le scrissi che continuando .
.
.
«
curiosi per
«
a sgomberare la gran tomba, per non perder tempo avevo scoverto altri quattro sepolcri greci, ove raccogliemmo, di argilla
tf
«
«
rustica,
le
un grazioso candelabro con varie masserizie servile
usi ignoti
per [Ometto
.
.
.
»
.
le note
assai
indicanti
succinte e aifrettate
il
con-
tenuto delle singole casse di vasi spedite a Napoli, e vengo alla nota finale di tutti gli oggetti scavati in questo secondo periodo
(20 dicembre 1858). II n.
1
indica due
il
n.
44 un «
«^
altro vaso.
i
nn. 2-40, Statuette a
41-43 due coperchi a
nn.
i
Seguono alcuni
:
24162) 46. Altro simile piü piccolo alto pal: 0,06. (id.)
47. Altro a forma di cipoUa con
alto
manico
«
a testa di ariete dipinto a vari colori
alto
pal
«
24169) 0,04
^'g
tt
«
«
48. Altro
piü
piccolo
alto
pal
:
:
e gettatoio
0,06
(id.).
(=
Inv.
(= Inv
49. Altro piü piccolo alto pal: 0,04 (id.). (= Inv. 24171) 50. Urceolo con ornati a fascia alto pal: 0,04 V'2 (id.).
(-- Inv. 24164) «51. Tazza con
manico elevato dipinto a
0,04 72 (id.) (=: 24165) [52-64, vasi certo canosini,
pal.
« tt
Inv.
24170) «
«
(=
24163) «
«
rilievii
vasi canosini].
45. Gutta toio a forma di oltra {sie) con trafori suUa bocca ornati neri alto pal 0,07. Terracotta. (= Inv.
a pancia con
«
«
vasetti di vetro;
ad alto rilievo;
tutto tondo
65.
Due
«pal: «
1.
colori
alto
».
ma
olle riunite nella
nico inarcato, tutto
vari
di
non esistenti ora nel Museo]. cui unione si eleva un ma-
adorno di ornati nerastri
;
larghezza riunita
Terracotta. (^^ Inv. 24166)
QQ. Candelabro
che
presenta una colonnetta a varie scorcon ornati dalla base alla
frammentato nel piede
«
niciature, e
*
coppa di color nerastro alto
pal.
1.07
(id.)
{=
Inv.
24152)
».
179
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI (67-83, vasi, dei
alcuni
quali
forse
non esistenti
canosini,
nel Museo). «
84. Tazza seraisferica
con buco in
e
aderente
quäle evvi un meloche ha comunica-
alla
della tazza,
lato
«
granato,
«
zione col melo granato, con diie manichi fra l'unione; tanto la tazza che il melo granato sono striati di rosso largo pal: 0,06
« «
(=
(id.).
[I nn.
Inv.
85
e
iin
24153) ». 86 sono due lucerne:
il
87 comprende vari
n.
frammenti. Segne la enumerazione dei vasi apiili figurati Heyd. 3377, 2204, 2019, 2362, 3386, 3475, 3477, 3478, 3388, 3479, 3480, 3387, 3482, 3483, 3484, 3501, Min. 1851, Heyd. 3487,
3523, Min. 2025 segnati con i nn. 1-23: i nn. 24-27 sono vasi nn. 28 e 29 corrispondono ai figurati, ora non piü nel Museo; i
Heyd. 125 e 174; i nn. 30-33 sono guttatoi vato il solo n. 31 {= Heyd. 3485)].
A
Dalle lettere
e
B
si
ho
di cui
vasi
tanto
rileva che lo scopo degli scavi,
nel piano di chi doveva eseguirli quanto nel volere di chi
tro-
li
ordi-
tomba scoperta altre tombe che
nava, era unicamente di metter meglio in luce la nel 1844, ristaurandone alcune parti e di scoprire
fossero rieche di vasi dipinti. Questo secondo scopo e chiarito ancora
H
dalla lettera
in cui
il
tombe contenenti
cerca di
Bonucci
come
spiega
andasse
egli
iu
oggetti preziosi (cioe, secondo la voga tombe giä esplorate. Ciö esclude
dei tempi, vasi dipinti), evitando le l'ipotesi
che gli scavi
dei IV-III sec, in
contenente appunto tali
tombe
i
vasi
poter
imbattersi
canosini. D'altro
fossero anche venute in
e trascurate, perche inutili,
luce,
in
canto e certo che se
sarebbero
Perciö, le due
nominate nella lettera L, devono
tufo,
dei 1844,
tombe arcaiche
tombe
Che
mal
si
si
allontanassero dalle classiche tombe canosine,
C
mera,
vicino
spiegano come il
viale di
in cui si narra
a
quello
scoperto nel
1813.
gli scavi
rileva pure
un «epolcro a
I rapporti
F
e
ca-
G
ci
gli scavi veunero condotti, in linea generale, lungo
acacie
cui gli scavi
la scoperta di
rettan-
coeve a
ritenersi
quelle altre a camera, per quanto di tipo piü antico.
dal rapporto
evitate
State
dato lo scopo degli scavi, che era quello
di fare ricco bottino di vasi figurati.
golari di
tomba
allontanassero molto dalla
si
modo da
non
attraversava
che si
allontanarono.
tombe a camera messe
in
luce
il
piano
Infatti
concordano
di le
s.
Giovanni, da
descrizioni
in tutto
e
delle
per tutto
180
MACCHIORO
V.
1813
col tipo dei noti sepolcri del
e
1844. Tiitto ciö
e
chiarissimo
anche in assenza delle plante disegnate dal Bonucci. Non c' e il minimo appiglio per supporre che gli scavi incontrassero tombe
IV
arcaiche anterior! al
secolo.
Conviene ora tener präsente che le masserizie varie, di forme curiose e inusitate, a cui si accenna nelle lettere F, H, L ed M, sono appunto
i
«
vaso di forma »
loro
C
:
infatti con
:
alcnni
1' «
termini simili sono de-
vasi perfettamente
con
insolita
im askos
e
,
canosini
vasi
notati nella lettera
bocche
diie
ed
il
:
fra
di
utensile di forma insolita ed assai cmiosa
di dne recipienti circolari congiimti
composto
riconoscibili
un manico
da un collo stretto
e
uno sphagion: i « diie vasi cm-iosi so«, stenuti da uno stesso manico » equivalgono a una situla gemiiia. con manici verticali
e
Ora, questi vasi canosini lettera F, in iina
come
fiirono trovati,
tomba a camera
si
rileva dalla
del solito tipo, con la discesa a
rampa, con l'ingresso architettonico e le varie stanze cavate nel tiifo, insieme con Statuette e vasi apuli. La gran quantitä di questi vasi esclude che
di vasi arcaici
si tratti
tero esser in uso anche
mune
i
quali singolarmeute potetErano vasi di uso co-
etä posteriore.
in
quindi contemporanei ai vasi apuli. Vasi anterior! a questi di molfco avrebbero potuto trovarsi insiem.e con vasi apuli, non in grande copia. Se la cronologia dei sepolcri, a qualunque :
di poco
ma
civiltä
appartengano
l'arte dei vasi in
tere
una eguale
essi,
puö giustamente fondarsi sul
quelli preponderanti,
etä tanto
per
vasi
i
si
tipo e sul-
dovrä per forza ammet-
canosini, quanto per
i
vasi
apuli.
Ad
abbassare cosi la cronologia dei vasi canosini mi induce
ancora una circostanza capitale essa
si
chiama vano
distinguono «
altre
dei
ricchi
due »
« ,
messa
strati di
quelle che
isolate e profonde
tombe piü povere,
di
«
In
in luce dalla lettera F.
tombe:
» ,
cittadini di
il
Bonucci
sopra le quali sta-
una classe media
»
,
che per giungere a queste si doveva prima distruggere quelle. Ciö fu fatto, e appunto in queste tombe si trovarono in gran copia
si
vasi canosini e vasi apuli. Questa stratigrafia e confermata da
in
una
15 novembre 1828, esistente nell'Archivio del Museo(^) cui un tal Michele Caracciolo cosi si esprime parlando di uno
lettera del
{»)
Arch. Mus. VI Scavi, fasc.
2,
Ruggiero
p.
128.
181
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI scavo al quäle assiste sul principio^
vasi
verti dei
ma
nistici,
coiiie
:
s e
rustici
«
lo
scavo fu proseguito per due giorni,
e
7np re suol suc cedere ^ furono scoII secondo giorno i medesimi rottami
misti di altri maestosi e nobili
"
.
dunque la stratigrafia, si deve natiiralmente conche le tombe superiori erano piü recenti: dunque i vasi
Stabilita cliidere
devono supporre coevi di quelli apuli, ma anzi Aramettendo che fossero piü ansi deve anche supporre dei V secolo o piü su
canosini non solo
si
coevi dei vasi apuli piü recenti. tichi di
essi
—
che almeno altrettanto inferiori.
abbondanti
Se ciö fosse, stato,
il
—
trovassero nelle
essi si
tombe
Bonucci, a cui quei vasi facevano
grande impressione perche evidentemente li vedeva per la prima volta, lo avrebbe certo notato, come infatti lo osservö piü volte per lo Strato superiore (^). Non si puö certo escludere che essi si trovassero nelle tombe piü profonde, ma per lo meno si deve convenire che apparvero peculiari dei sepolcri superiori, e quindi recenziori. Ma v'e di piü: 1' impressione fatta al Bonucci che fossero tombe di una classe media a differenza delle piü rieche e
piü profonde,
e
zione infatti
si
anche assai importante per noi. Dalla sua descririleva che in queste tombe non si trovarono dei
vasi insigni, delle grandi patere o altri simili prodotti dei periodo
aureo canosino,
ma
e pittura
grandezza
Se
vasi semplici e piccoli. fossero venuti in luce,
caccia — senza
puüto di questi andava in E ciö conferma l'ipotesi che canosini,
appartenessero a un
decadenza
:
le
il
vasi
Bonucci
insigni per
— che
ap-
dubbio l'avrebbe detto.
tombe onde provennero non
solo recente,
i
vasi
ma
di periodo tanto piü che da questo strato superiore di tombe non provenne nemmeno un solo vaso greco, mentre Canosa ha pur dato
alcuni vasi greci a rilievo
(^).
0) Nun h dunque esatto che, in altri tempi, i vasi canosini fossero «tenuti quasi a vile » (Patroni, Mon. ant. VI, p. 371): tutt'altro! Si vedano specialmente le espressioni della lettera F. E degno di nota anzi che fino dal loro prirao apparire essi destarono una curiositä alla quäle appunto dobbiamo tante preziose notizie. («)
Heyd., 2890, 2991, 2992.
182
MACCHIORO
V.
IL
Non se
credo di errare se affermo che questi documenti
opportimamente
intesi,
che ora possiarao
un vero
e
proprio
vaiore
hanno,
stratigrafico^
paragoni tra vasi dipinti e vasi cacolla di certezza non metter a paragone vasi di dinosini, piena
si
ma
versa etä o civiltä, e lucani,
di
Olli
mi
institiiire
ma sempre servirö
del tiitto coevi. Citerö bensi vasi ruvestiui
senza perder di vista il gruppo di Canosa, di un termine di paragone cronologico. La
come
che vorrei poter dimostrare si puö formulare cosi: i motivi dai vasi canosmi^ sono rosse e succinte imitazioni di ri-
tesi
esibiti
Giä il Walters (^) suppose che i vasi apiili geometrici e canosini costituissero uno stile domestico contrapposto all'arte nobile dei vasi italogreci, come si pensö circa la ceramica geometrica greca in relazione alla micenea.. spettivi elementi ornamentali ajmli coevi.
Ma
—
dotto archeologo dimenticö che segnende la sua cronologia cioe quella del Patroni questa contrapposizione non ci pote il
—
essere pjr la semplice
clie
ragione
VT-V
nel
sec.
un'arte
italo-
greca non ci fu perche si iniziö solo colla fine del V secolo. Ammessa in vece e dimostrata, come spero, la premessa che le due arti
furono coeve e affini e non profondamente diverse, ne di ori-
gini cronologicamente lontane, la tesi da rae formulata riesce del tutto accettabile.
Nelle figure 1-7 riproduco alcuni vasi di certa provenienza ca-
Museo
nosina, conservati nel
Napoli. Per agevolare
di
i
raifronti
ho contraddistinto ogni tipo di motivo con un numero progressivo per ogni figura, di guisa che, per es., motivo 6^ significa il meandro a onda che forma la iwima fascia nella seüa figura: ne occorre avvertire che
i
vaso riprodotto, 11
nei
messi
motivi
ma
meandro a onda
vasi
canosini (P,
— per
zione tra le due categorie.
Entory,
II,
p.
cominciar da questo
2\ 4\ 6\
tutta la ceramografia apula,
(^)
confronto non sono speciali del
in
dell'intera classe.
325.
ma Non
7^),
e
—
non implica nessuna cosi
frequente
altrettanto frequente in
puö perö
dirsi
stretta rela-
della serpen-
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI tina puntinata (P,
2^
4^) che ritroviamo
Fig.
in
183
iina cassetta dipinta
1.
Fig. 2.
SU
un'idria ruvestina di stile
ancor
hello
(Heyd. 3422), ripro-
184
dotta nella
MACCHIORO
V.
fig.
8.
Questa
stessa
Fig.
cassetta
presenta un meandro
3.
Flg. 4.
embrionale formato da linee spezzate incatenate, identico a quello
185
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI di alcuni vasi canosini
(4^,
5^)
;
un'altra cassetta, esibita da
una
lekythos da Pomarico, imitazione dello stile apiilo tardivo (Heyd. 2342, fig. 9), ha ancora questo meandro, ma lo associa a una Serie di foglie di lauro sciolte che ritroviamo in 3^ e 4^.
ün
motivo che forse deriva dal ramo di lauro
senta come una spina di pesce
sciolta,
sotto alla rappresentanza in un'anfora di
e
che
si
come 7^, Ruvo (Heyd. 1308, in
3^*
e
pre-
ricorre fig.
10)
Fisr. 5.
ed
e frequente in vasi lu^^Ji tardivi,
decadente
(*)
(').
Pure
imitazione dello stile apulo
in vasi ^ucani, specialmente di
Sant. 66Q, 528, 392. Heyd. 800, 945, 2209.
Anzi
(^),
Le provenienze
non
dei tre
da un catalogo manoscritto, redatto in francese,
vasi Santangelo rai constano
e compilato prima che la collezione Santangelo passasse al Municipio di Napoli. Esso fu scoperto da nie in un vecchio armadio del Museo: nessuno ne presso
il
sospettö
Municipio pure
Santangelo {Bull. («)
ne fra
il
personale scientifico e direttivo del Museo, ne si sa intorno agli scavi
l'esistenza: esso collima con ciö che
deW Inst.
1829, p. 171 e 175).
Heyd. 1745, 1756, 1829, 1827, 1836, 1984 ecc. 13
186
meno
V.
tardi
ma
MACCHIORO
piü sciolti dall' imitazione apiila, ricorre il motivo 5\ che del resto si vede sii una
a pizzi di triangoli allungati di
Fig.
6.
di anfora da Canosa (Heyd. 3225) e su due vasi a « incensiere I tardo stile assai e di forma 3233, pizzi 3246). RiiYO, (Heyd. »»
,
187
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI ia qiiesti vasi sono natiiralmente dipinti a color pleno,
che una
come
si
pittura a contorno non poteva renderli
vedono nel vaso canosino: anche
la
ma
e chiaro
diversamente da
postura,
nella lun-
ghezza del collo, e la medesima. L'anfora di cui un dettaglio e esibito dalla flg. 10, ci mostra alla base della stela im ornato a volute puntinate che in altri vasi ricorre nel medesimo sito (^), oppure sotto l'heroon (*), o nel corpo del vaso
(^),
e che spicca chiarissimo
2^
in
Fig. 7.
ün
altro motivo
canosino che
si
a occhi assai larghi, ricorre nel collo
vede in 2^ e di
un
7^, la treccia
lutroforo
ruvestino,
ma
decadente, riprodotto in dettaglio nella fig. 11 (Heyd. 8246). Sempre lo stesso vaso esibisce (2^) una derivazione del meandro a onda che Consta di una serie di S obliqui incatedi Stile fiorito
nati (vedi anche 3^): questo motivo ricorre in un cratere da Canosa, al labbro (Heyd. 2017, fig. 12), e in un vaso decadente di
ignota provenienza,
(»)
(•)
(»)
ma
certo
apulo (Heyd. 945)
:
piü curioso e
Heyd. 2394 (Ruvo), H. 2193 (Ruvo). Heyd. 2272 e 2279 (Ruvo), H. 2340 (Polignano). Heyd. 1891 (Ruvo), 2051 (Ruvo), 2193 (Ruvo), 2388 (Ruvo).
188
V.
MACCHIORO
vederlo in una cassetta dipinta su una pisside da Anzi, imitazione dello Stile apulo tardivo (Heyd. 2904,
cassetta e ornata di
un
fig.
13).
Del resto questa
altro motivo, cerchietti
neette, che ricorre pure alla base delFheroon
Fig.
in
alternati
un
con
cratere
li-
da
8.
Polignano (Heyd. 985) e nelle volute di
un altro scadentissimo,
Fig. 9.
eguale provenienza fabbricato ad Armento. (Heyd. 1917), e intorno a un coperchio di tazza da Anzi (Heyd. 2376), di arte non migliore. In questi esempi il cerchietto e pieno, cioe trasfordi
mato
in
un grosso punto.
PER LA
(
RONOLOGIA DEI VASI CANOSINI
meandro semplice, come
11
si
da Canosa (Heyd. 2276, fig. 14) da Rnvo (^), ed e evidentemente piü complicato, proprio del
vede in
un vaso
ricorre in
in niimerosi vasi, tutti tardi,
e
iina
buono
l'*,
189
meandro
del
degenerazione
stile.
Sorvolo sull'ornato 3^ perche assai chiaramente deriva dai notissimi bastoncelli, e vengo all'ornato tipico di viticci e grandi
foglie,
di cui
oifro
im
cioö
apiilo,
il
esempio nella
desunta da una grande patera canosina (Hej^d.
2541);
fregio
fig.
altre
15 tre
Fig. 10.
di egiiale tipo stile
patere,
nosa
e grandezza,
provengono pure da Ca-
(^).
Questo
ornato
tanto comiine
P
nei
vasi apuli,
ha certamente
che perö ha una certa connesoriginato quello sione coll'altro ornato, di derivazione attica, esibito dalla fig. 12. canosino
e 7^
La parentela dei due motivi e evidentissima ne e men chiaro che l'altro ornato affine, ma piü semplice, 4^ e 6^ risponde pure a un ornato apulo molto comune, come mostra la fig. 16 desunta :
da un'anfora ruvestina di (»)
stile fiorito,
trovata a Canosa.
Heyd. 1981, 2076, 2255, 2383, 2083, 2029. Sta sotto
la stela, o sotto
rheroon, o alle spalle.
n
Heyd. 2646, 2576, 3377. Cfr. Not. sc. 1898, p. 217 e Gardener FitzWilliam Mus. tav. XXXVIII. Per la forma, Heyd. tav. I, 16.
190
V.
MACCHIOKO
ün
ultimo motivo schiettamente apulo e dato dalle squamme 6^: esse sono copia di quelle altre, assai piü perfette, di un'ane di due anfore da Ruvo (Heyd. fig. 17) spalle oruate di squamme che vogliono dar
fora canosina (Heyd. 3225,
1753, 3219) con
le
Fig.
rillusione della plasticitä. Sono di buono
squamme
un
lutrofoio da
stile:
pessima
invece
Fig. 13.
Fig. 12.
e l'arte di
•
IL
Ruvo (Heyd. 2388), che pure ha
le
nel collo.
Questa
serie di raffronti
mi pare
suliiciente
:
tuttavia convien no-
tare che, oltre alla parentela di singoli motivi, spicca uiia grande
PER LA CRONOLOGIA DEI VASI CANOSINI affinitä nel
modo
191
di unirli e associarli. Si veda p. es.
il
candelabro
%. 18 (Heyd. 3009. Prov. ignota) non solo esso molti motivi. giä enumerati (serpentina pimtinata, Spina presenta riprodotto nella
:
m^^
ii^
.
r^RMm Fis. 14.
sciolta, pizzi,
meandro
di linee spezzate incatenate),
Fio-.
lo stesso
sistema di disporre
i
ma
presenta
15.
motivi in fascie sovrapposte, divise
Fig. 16.
da tante linee
orizzontali per
lo
piü
doppie,
generale della ceramografia apiila e hicana e
una per
tiitte,
la
fig.
come e proprio in come puö attestare,
17. Specialmente nelle cassette spicca chia-
192
MACCHIORO
V.
ramente quosto sistema, anche dove non hanno vera rispondenza
i
vasi
coi
vari motivi iü
se e per se
canosini. Nella üg.
19 riun confronto tra {^): semplice e i vasi canosini nelle 1-7 basta a dimoqiieste riprodotti figg. strare cfie si tratta di iina sola e identica arte, di un eguale stile semplificato nn po' nelle cassette forse dal pittore stesso che le produco tre altre di queste cassette
ritrasse nei vasi
sii cui figiirano. Ora, io farei notare che si puö bensi recar in dubbio se iina rispondenza da vaso a vaso implichi
Fig. 17.
no una diretta derivazione,
ma
non
si
pnö
spondenza tra suppellettüe domestica coeva sette
— non
durre, fino a
sia reale ed effettiva.
Un
un certo punto, motivi
—
dubitare che la vasi
ri-
canosini e cas-
motivo artistico puö ripro-
assai piü antichi,
ornate
e del tutto inverosimile per queste cassette,
ma
alla
questo
buona,
senza pretese, con un'arte veramente paesana. Questo e il punto. Alla stregua dei fatti finora esaminati, che cosa rappresentano questi vasi canosini? Io penso che
semplicemente
ü
(^)
Tratte rispettiv&rnente da Bull,
ined. IV, 17, e
V
22.
essi
sieno
un'arte paesana,
contemporanea da questa influenzata: perciö essi hanno
prodotto
alla pittura vascolare e
di
IX.
1
(=
Bull.
it. I, 1),
Mon.
PER LA CRONOLOGIA DKI VASI CANOSINI tante
affinitä
colle
cassette
ognun vede, prodotti paesani di questi vasi proprio dalle
di :
iiso
perciö
tombe
domestico, il
193
come
anch'esse,
Bonucci ebbe larga messe quelle piü povere di
siiperiori,
bella suppellettile vascolare.
Kiesce pol agevole comprendere perche mai questi vasi mocoi vasi decadenti apuli, o con le
strino tante relazioni proprio
tarde imitazioni di
essi,
sieno lucane o apule
:
e agevole
supporre
Fig. 18.
come
nella decadenza della cultura e civiltä
giassero questi rozzi prodotti, ai quali prima dipinti e figurati.
A
modo
e
certo che
apula piü si
spesseg-
preferivano vasi da
me
i
vasi
messi
ogni a confronto con quelli canosini sono tardi, tranne le poche eccezioni notate. Le palmette sono sempre rozze e pesanti, se vi e stela,
questa
e
sempre schematica
e priva
di
i
carattere,
diversa
assai dalla stela architettonica bene incorniciata dalla scena, propria
194
MACCHIOHO
V.
dei vasi riivestini di stile hello (^): se
manca
di
manici, o se
li
ha,
e
il
vaso e a
«
ineensiere
»
hen lontano dal hei lutroforo ru-
vestino di derivazione attica(^): l'heroon stesso e indizio di etä tarda perche non compare nello stile hello apiilo, ma nell'ultima fase e nelle tarde derivazioni e Tiiso e l'ahuso dei
colori sovrapposti.
lucane di e
Ma
stile
non
apulo; costante, poi, con gran lusso di
viticci,
fogliami hasta: l'aver
tipici
riconosciuto
il
gruppo
SsychSc^ö.
^OA ^'k^ JTSinFlSlTL
jgaLiAJtA 15TJTJ151S157 Fi ST.
dei vasi provenienti da Cauosa,
generale,
i
1!
mi
perinette di affermare che, in
vasi apuli e liicani fin qui presi in esame, sono poste-
riori a quelli di
Canosa.
informi, senza stile, e
A
Canosa
senza
certi vasi
non
si
dalle
quasi convien
figure
produssero: gusto, quindi ritenere che i vasi canosini derivassero la loro arte in parte fuori di Canosa^ piuttosto che da Canosa stessa (^). (0 Heyd. 2347, 2217, 2289, 2253, Sant. 454. (2) Heyd. 3246, 2079. {^)
Assai giustamenta
sciuto che nali,
Canosa
fino dal
il
IV
prohabilmente messapici.
Mayer {Rom. Mitt.
1897, p. 225) ha ricono-
secolo risenti Tinfluenza di elementi meridio-
PER LA CRONOL06IA DEI VASI CANOSINI
Come
spiega ciö
si
La produzione fiorito
esser
Canosa
e
vasi dipinti di Canosa, che
di
non mostra una fase ultima
apiilo,
quindi
modo semplicissimo
lu un
?
in realtä, a darsi
in
costrette a far
balia:
loro
deriva
304
XIX,
72, 8;
stile
col 318,
Bomani
coi
(^):
che la Daimia rimase
di
sempre alleata dei Romani nel 315 o 314 Lnceria ordinata a colonia (Diod.
dallo
noto che,
e
alleanza
dopo
colla storia.
:
decadenza: dovette
di
Ora
bruscamente.
arrestata
Teano furono
195
Daunia fu
in
Liv. IX, 26,5); col trat-
cfr.
settentrionale rimase pieno dominio romeridionale invece gode piii a lungo della li(^). L'Apulia Bari nelle sieche monete del II secolo mostrano Ruvo e bertä, tato del
l'Apulia
mano
che pure allora erano confederate
(^).
Colla presa di possesso ro-
raana, certo langui prima, e poi cessö la bella produzione vascolare
canosina, e subentrö, o meglio prese vigore la produzione rustica
paesana;
e
— specialmente a Ruvo
poiche nella Apulia meridionale
— continuava,
pur decadendo
in
mezzo
alle tristi vicende delle
guerre sannitiche, la fabbricazione di vasi, di qui tolse alcuni elementi l'arte locale canosina. Cosi spieghiamo come la parentela tra vasi ruvestini decadenti e vasi canosini sia assai piü stretta che
non tra questi e
vasi canosini.
i
me, unarte indigena nel senso a differenza della pittura vascostretto della parola, cioe dauna, lare, che fu italiota. Ne vale obiettare che i guerrieri indigeni L'arte dei quali fu, secondo
compaiono con e
che quindi
loro costumi locali sui vasi dipinti apuli e lucani,
i
deve
si
l'esistenza e
supporre di
1'
attivitä di
ceramo-
di
tutto,
guerrieri indigeni gli esempi sono in generale assai scarsi, e poi si puö ammettere che di tanto in tanto potessero venir ritratti da pittori
prima
graii indigeni:
tigurati su
vasi
italioti.
D'altra parte, la differenza
luzione
tra
coevi,
e tale
zione,
ma
a
canosini
vasi
i
che non
si
due classi
tombe sogliono (^)
Liv. IX, 20, 4:
De
(")
Beloch,
vasi
di
stile
apuli
attribuirli a
puö
il
di
tecnica, e di evo-
pur
figurati,
una sola
Invocherö qui di nuovo la « In alcune contrade le
quäle dice
:
Apulia T e&nenses deditionem venerunt.
et ex
Sanctis, Storia, II, 338.
Der
ital.
Fand
64.
essendo
e unica popola-
essere in generale quelle dei poveri
fessi obsidibus... datis in
O
i
sociali diverse.
testimonianza del Bonucci, «
e
Ca,Ti\is\mqxie
:
in altre la
populationibus
196
MACCHIORO, PER LA CROKOLOGIA ECC.
V.
«
dimora d'una gente piü agiata
«
maiisolei dei piü ricchi e potenti cittadini. Perö
«
Ultimi talvolta
anche
oggetti antichi che e
dal
(^).
Bonucci
raccolgono
in
:
tipo della
II «
tomba
«
di
[sphagion]
(2)
e
i
i
trovano qiiesti facoltosi
»
.
Gli
descritta
ove
altrove
raccogliemmo
di caldaia a collo
tipo ben diverso dal noto ipogeo canosino
:
attribiiire
intendendosi
tufo
comune
Questa differenza non attribuendola a due classi
una vera necessitä
italioti
e
»
povera
Tumulo
ricco di vasi dipinti.
garsi se
ritroyano
varie classi di gente
queste
rettangolare alcuni vasi rustici di creta della forma stretto»
si
si
meno
dei
gli avelli
infine
formano anch'essi delle categorie di natura di versa
di sepolcri
e distinta
si
fra
in altre
:
i
italioti
per
i
sociali ai
primi sia
e tale
che non puö spiediverse: e allora
dauni, e
i
secondi agli
greci stessi immigrati, sia
i prodotti dei loro connubi con indigeni diversi nel grado di civiltä dagli indigeni dauni. Allora,
loro discendenti, o
assai a ogni
modo
basso grado di civiltä della Daunia (•^), ci spieghiamo come la decorazione apula si trasformasse in tali rozze parodie passando
dato
il
nei vasi canosini,
i
quali anche in etä inoltrata mostrano sempre
un'arte dei tutto primitiva sasse colla signoria
—
davvero
('*),
e
come
la produzione italiota ces-
romana che dovette
esiziale per
la
riuscire
civiltä italiota.
— come
poi fu
Invece e agevole sup-
porre che da questo dominio ricevesse minor danno l'arte paesana, i cui cultori non erano avversari dei romani, come prova la tranquilla e fedele alleanza serbata dalla
Daunia verso Roma, dal 318
in poi.
Ma modo che
SU tutto ciö i
non YOglio
insistere.
troppo
Resta ä ogni
vasi canosini sono posteriori al fiore della produzione
vascolare di Canosa
— come provano
gli scavi
Bonucci
—
e, poicbe alla tarda questa rispetto ceramografia apula, posteriori ancor ai vasi circa entro la prima metä dei III estendendosi piü apuli,
e giä
secolo.
ViTTORIO MaCCHIORO.
C) Arch. Mus. (•}
Arch. Mus.
(3)
Per la
VI Scavi fasc. 7, Ruggiero VI Scavi fasc. 9, lett. 25
civiltä arretrata dei
p.
547, lettcra 18 niarzo 1854
febbraio 1858.
Dauni indigeni
v.
Mayer, Not.
pp. 225 e 251. (*) Cfr.
Mayer, Not.
sc.
1898, p. 209, e la figura a p. 210.
sc.
1897,
L'ISCRIZIONE DEL TEMPIO DI
«
APHAIA
IN EGINA
«
(*).
II testo e il couteniito dell' iscrizione di A p h a i a in Egina sono stati discussi in una vivace polemica tra A. Furtwängler e M. Eränkel ('); ma dalla disciissione, per molti riguardi acuta e
minuta, tra im archeologo geniale e iin epigrafista di lunga lena, r iscrizione non e riiiscita ad avere una spiegazione che possa dirsi sostanzialmente giusta e, anche, filologicamente legittima. Per l'importanza che essa ha nella storia dei culti ellenici, parmi opportune rilevare l'errore evidente in cui e incorso l'uno e l'altro editore neir interpretarla, e la poca consistenza di alcune
che l'uno di
il
essi,
sulla storia di uno dei piü notevoli templi
Do
il
facsimile e
deduzioni
Furtwängler, ha tratto, da un testo falsato,
il
arcaici
della
Grecia.
Fultima
testo delF iscrizione secondo
let-
tura dei Furtwängler, lettura dei tutto dipendente dalla seconda revisione dei Fränkel (^).
KX^eoiTa lagäog iovTog sT~\€x^Y^
xal iMQxo^g (*)
Sono grato
tcitpaCai
ü)i,9og
x^ksifjag noxenoiri^rj
X(o ßüof^iög.
7ifqi\_s~\noir]\^r^ i^).
al pro f. L.
Savignoni che, consigliandomi lo studio di
questMscrizione nell'esercitazioni della Scuola archeologica, portnnitä di portare
il
.
mi ha
oflFerto l'op-
ad una nuova interpretazione dei testo. 252 sgg.; 543 sgg;; cf. 1902, pp. 152 sgg.
inio contributo
in Rhein.
Mus., 57, Furtwängler in Aegina I p. 2 sgg. (*) A questa seconda revisione ha giovato non poco una savia eraendazione proposta da A. Michaelis nella punteggiatura dei testo v. Fränkel in Rhein. ;
;
Mus.,
1.
c, 543. Si noti peraltro che l'emendazione
prima lettura dei Fränkel dopo da irji^t] (v. appresso). sulla
(«)
Aegina
Koehl, Imag.
I.
I p. 2:
v.
il
G. A.\ p. 97, e
Iin.
2:
(bi,xo&ofj.']^di],
facsimile ibid., I. G.,
dei
IV,
n.
p.
1580.
367
Michaelis
malamente
fu
fatta
sostituito
e cfr. II, tav. 25. Cfr.
198
MAIURI
A.
Riassiimo
termini della controversia.
i
vando nei dati deiriscrizione {ol9og, da cui sono caratterizzati i tre stadi
II
Furtwängler (0,
ßcoiaog, sQxog),
siiccessivi
della
costruzione
meno ipoteticamente
del tempio, due dei quali piü o
tro-
tre elemeati
i
voliiti rico-
struire dal materiale di scavo, era indotto a vedere neu' iscrizione stessa, grazie alla qualitä della pietra su cui
era incisa e grazie
verbo sry^rj, il vero atto di fondazione del tempio piü antico, e a riportarne cosi la data alla 2* metä del VII secolo; 1' ol9og non al
sarebbe stato che
il
vaog della dea Aphaia, iinica o maggiore
di-
vinitä di quel centro di culto.
Fränkel contrastando al Furtwängler Tidentificazione della
II
divinitä del tempio arcaico con la dea Aphaia, vedeva
neW ot9og
luogo del culto d'una divinitä
minore (Aphaia), dipendente dalla divinitä maggiore del tempio (Artemis). 11 testo per i due contraddittori restava lo stesso. Ora e facile vedere che proprio il il
testo e falsato dall'interpretazione dell'uno e dell'altro,
questione stessa a cui
il
Fränkel
e
che
la
rimasto troppo asservito, della
e
Aphaia a culto massimo nel tempio arcaico ripresa dopo una piü giusta intelligenza del-
identificazione o no di di Egina,
puö essere documento epigrafico che possediamo.
l'unico cospicuo
Incomincio dalla 3* linea plisce
Furtwängler con
il
TeTxog o d^qiyxog, mentre
il il
[xai TMQxol^g Ti;€QL[^s']Tioirj^r] supFränkel prima egli aveva pensato a Fränkel, ammettendo in una prece.
;
dente lettura una lacuna maggiore nella frattura del 1° frammento a sinistra, aveva proposto Ti€QißoXo~\g. I singoli supplementi sono dovuti, prima e dopo, alla preoccupazione di trovare accanto 2L\Vol9og
-
vaog, e al ßoapiog,
della costi'uzione piü antica
Poiche
si
aveva un
cosa che ricingesse
nsqCßoXog
o,
sono caduti e
0) («)
Aegina
il
terzo dato da identificare con
del
Tisginoisco, 1'
ol9og e
il
da ultimo, sqxog il
Furtwängler
I p.
Furtwängler
480 in
muro
il
tempio:
ßco^iog, {^).
e il
Ora
resti
T€\asvog.
quindi o rsTxog, o ^giyxog, e evidente l'errore in cui
Fränkel
:
nsQinoism nel senso
di
Rhein. Mus., 1. c. Aegina, I, p. 3: « Endlich berichtet die Inschrift, sg.,
e
Umhegung (rö e'^xo]? ist die warscheinlichste Ergänzung) «. Non diversaraente pensa il Fränkel, Rhein. Mus., um Haus und Altar 'und das Gitter wurde heramgelegt
herumgemacht wurde c, p. 548: «
i
sembrava legittimo pensare a qual-
dass der Zaun, die
1.
del
von dem übrigem Bezirk der Artemis abzusondern
',
«.
l'ISCRIZIONE DEL TEMPIO DI «
«
APHAIA
{= herummachen)
costruire (fare) intorno
IN EGINA
»
non
",
e
199
mai
esistito
neU'uso greco. Da Erodoto ai tardi lessicograti, quel verbo non ha che due diverse accezioni di significato: quella di « aver
estrema cura, conservare risparmio di qualcosa» o, conto
far
(salvare),
far
tesoro,
raramente fare acquisto per - iivC ti- n II supplemento del qualcuno (^). del Fränkel non ha quindi la minima consistenza. «
profitto di
Furtwängler
Ne
e
supplemento a lin. 2*: [«V]«t>i^, acdal Fränkel come riferentesi a ol9og e
piü consistente e
il
cettato dal Furtwängler e
Anche qui
ßcofjiog.
Fränkel
(*)
legittimano
il
un
di
trattasi
errore.
Gli esempi addotti dal
= avttsdiq
valore di [^sTyd-rj
ßmfxog; non legittimano, per
la
almeno
tesi
valore di [sTy-i^rj riferito a ol9og.
La
tesi
riferito
del Fm*twängler,
infatti e
il
testo
a il
del
Furtwängler ci portano a domandare se l'iscrizione e, grazie alla dedica di un ot9oc e di un ßüofxog, l'atto di instaurazione del :
culto di
— Aphaia (of9og vaog), come nome
l'etä
dopo
di
un sacerdote,
canti che instaurano
il
e
proprio
stessa datata
il
nome
dei
culto? Di piü, se KXsoirag (nome
sarebbe instaurato sotto
siamo
l'iscrizione
non abbiamo invece
e
tronimico) non puö essere si
micenea in un tempio vero
mai troviamo
il
il
primo dei sacerdoti suo
sacerdozio
di
dal
dedio
pa-
un tempio che
{laqäog iovrog), noi
nome KXsoirag ad una lista di sada piü o meno lunga data. Come puö affer-
costretti a riportare il
cerdoti giä esistente
marsi dunque che riscrizione sia l'atto di fondazione
(*)
del tempio
Herod. VI, 13: nsQinotfjaai rä igä xä affsxBQa; Thuc, II, 25: ti^k con valore di risparmiare nsQinoiso) h usato in
T€ rrdXcv nsgiBnoirjae
;
Dittenberger, Sylloge^, n°. 226, 134: otx dXiya /(»ij^uara neQienolrjas rfjt nöXei; in Esichio e Suida: negmoirjaig xxfjavg ecc. E forse necessario dire che in nsQLnoisü), il negi non ha il valore di äficpl, ma il valore intensivo '
che ritroviamo in nuinerosi composti quali ad UeQcfiXttg, e
di il
es. negmXijS^ijg,
neirindogermanico «pari»? Giova
di piü
neqmifinXrifAL,
notare che
il
valore
negmovso) nel senso di « trattare con cura » si conserva, come rai avverte prof. L. Savignoni, anche nel greco moderno nsQtnoiotffxai con signifi-
cato di «far complimento, buon trattamento ecc».
Rhein. Mus., 1. c, p. 543 sg. Ipassi allegati: /. G. IV., 192; Inscript. RoehP, n. 314 e Herod., V, 77, si riferiscono nei primi due casi, a dedica di un ßcofiög, nel terzo a dedica della decima di un bottino di guerra. Ma di un oixoy {yaöy) ti^syai, non c'e esempio. SuU'assurditä poi del testo (*)
antiq.,
V.
appresso.
200
A.
piü aütico?
Ne
MAIÜRI
vale obbiettare che
il
culto di
äelY ol9og-va6g
dedica
e che la fondazione o
Aphaia preesisteva non
riiivenimenti del Furtwängler, che continnazione di
secondo
e,
i
un culto che
miceneo
(^); poiche non possiamo supporre preesistente alla costruzione del primo tempio una lista di sacerdoti che si denominano e funzionano come i sacerdoti dei si
inizia nel terzo periodo
templi dell'etä classica. Se prima
deW ol9og'va6g^
di traccie di costruzioni piü antiche,
mancanza
in e
costretto Furtwängler all'aperto, siamo ben lontani da ciö l'organizzazione amministrativa e religiosa di un tempio il
ad ammettere un culto locale clie
e
greco, quäle invece schiettamente appare dalla nostra iscrizione. II
Furtwängler, in sostanza, non ha visto che, accogliendo V izy^i] (2), Klsoira lagsog iövrog veniva a urtare con la sua tesi fonda-
il
mentale
e a costituire un'evidente assurditä formale e sostanziale
del testo. L' irjev^r] apparrebbe legittimo qualora si accogliesse la che cioe Aphaia sia una divinitä minore, che tesi del Fränkel :
lol9og ne
fosse
e che,
il
luogo di
culto
entro
il
re'fxsvog
conseguentemente, l'introduzione
del
del
grande
culto stesso,
tempio, datato secondo le liste dei sacerdoti della divinitä maggiore (Artemis?), debba riportarsi al tempo dell'iscrizione. Mae con l'una 6 con Faltra tesi non
si puö scusare l'inopportunitä delVeTs^t] accanto al xoulstpag noTsnoirjdiri. Riconosciuta dal Furtwängler l'inconsistenza dell' interpretazione, prima da lui stesso proposta, di
iXs(fag
come ccyaXfxa
iXstpctvtivov,
puö significare che un ulteriore decorazione in avorio;
(*)
ligiöse
Su
puö
ciö faccio le
essersi
debba pensare
il
il
xoiXsfpccg
lavoro
di
non
tiotsttoitj^^t]
abbellimento
e
di
norsnou^dri deve dunque seguire ad un
mie riserve
mantenuta piü
;
la tradizione cultuale di
meno
alla persistenza d'una sola
ininterrotta, senza
forma
un centro che
perciö
resi
di culto, d'una sola divinitä.
i santuari della Grecia la sovrapposizione dei culti h un fatto quasi comune di sviluppo storico-religioso. Ma a far credere üfpala una divinitä preellenica, forse di origine micenea, contribuisce non poco il nome
In quasi tutti
«nimmatico; di f)
Un
ciö altrove.
altro
supplemento del Furtwängler: inoi]^dt] oltre ad essere
sufficiente per gli spazi, h
poco probabile per
i
verbi
noxsnoi'ifj&r]
e
in-
neqievalore
noii^&T] che seguono. Di piü linoi]'^9t] come ii4&i] da allMscrizione il ch'essa non puö avere, di fondazione del tempio di instaurazione del culto
in questione.
l'
verbo
clie
ISCRIZIONE DEL TEMPIO DI
indichi
i
«
APHAIA
EGINA
» IN
201
lavori ai qiiali la decorazione in avorio servi
aggiunta {noimoisti)), e di rifinimento. In sostanza ne il i;u}Qxo~\g, ne Vei^s'^^i appaiono giustificati dal contesto, poiche l'iino e Taltro siipplemento son doviiti ad im
-di
necessario adattamento degli spazi epigrafici della 2* e 3* linea, a qiiello che si e creduto dovesse essere l'intero siipplemento della
1* linea: '[Kiyoira. Ma KXaoiTag e nome o patronimico? Come patronimico fii inteso dapprima dal Fiirtwängler e dal Fränkel i quali, concordi
dopo qiialche
divergenza
anche allora
1* \j;ov SsTvog KX~\soira\
lin.
lin.
siil
testo,
2* \_mxodo^yix)r^\ vero e proprio del
«upplivano: lin. 3^ [x^ TtsQCßoXo]g\ fii inteso come nome sacerdote nelle seconde letture ma solo a causa della ferrea necessitä degli spazi, limitati dai supplementi
parenze
miova
pietra non
della
davano
\_sir\6-dTq
e
\j:oi}Qxo]g.
nessuna
infatti
Le ap-
ragione della
lettura.
L' iscrizione, giova notare, scolpita originariamente sopra
unica lastra di pietra locale, si spezzö o, forse, in piü parti (\). Dei quattro frammenti rinveniiti,
una
venne spezzata tre, scoperti nel
miiro della terrazza Orientale, misiirano siiccessivamente da destra
a
m. 0,57; m. 0,57; m. 0,36; l'ultimo minore, scoperto nello stereobate del tempio, misiira m. 0,14 o 0,15; aggiungendo sinistra:
^li spazi delie due lottere
supplite
nella 2^ lettnra dal Fränkel
hanno approssimativamente che 23-25 centimetri di lunghezza. Qaal'era la lunghezza totale di questo frammento? Per congettm-arla non abbiamo che la terminazione onomastica -fo^T«.
{Kf^)^ non
A
si
questa terminazione non si puö supplire, dal materiale onomaad ora noto, che un nome di schietto colore dia-
stico greco sino
lettale Kr\soiTag.
Questo nome non e comune: ricorre dubbia origine attica (V sec.)
in
iamiglia di artisti di assai
(^)
Par legittimo supporlo dalle lunghezze uguali dei
menti a destra: m. 0,57 tura di tutte
le
-|- 0,57,
O -p.
Pausan.,
I,
24,3; V, 24,
ha dubitato a ragione
5 il
VI, 20,
gramma 41. 9,
riferito
14.
da Pausania, VI, 20,
nome
e del
14; cfr.
I,
Dell'origine attica dell'artista
Bursian, in Jahrb.
514, a causa della desinenza del
due fram-
regolare della frat367, ammette invece
che sosteneva Tiscrizione.
dell'edificio ;
priini
meno
faccie interne. II Thiersch, Aegina,
una frattura causata dalla caduta Cleoitas,
dal taglio piü o
e
una
(^), e in
f.
colore
Phil.,
non
LXXIII, 1856, attico
delPepi-
Loewy, Inschr. Griech. Bildh.,
p. 13.
14
202
una
A.
MAIURI
assai piü tarda iscrizione di
Chio
Mancano composti del nome; uno spazio miuimo di due lettere,
o
Tr]g.
o,
G.
L
Gr, 2, 2214,10: Klsoi-
dobbiamo
qiiindi supporre con la formola ö SsTva roTt
spazio assai maggiore. Ma la prima ipotesi, caduti ed essendo assai dubbio che la lunghezza del \jT~\s^i] 1° blocco a sinistra fosse qiiella calcolata di sopra, e di per se
dsTvog
(^),
iino
e \jö)Qxo}g
,
assai improbabile. Stando alla 2* ipotesi, e contenendo gli spazi della lacuna nelle misiire dei primi diie blocchi, im siipplemento legittimo e \_ä V OD i X d ii~\rj i)^ 11 .
Secondo
il
qiiesto siipplemento
contemito dell'iscrizione
diverso da quello supposto dal Furtwängler
abbiamo, in sostanza,
l'atto
di
noTsnoi^rjÖrj acquista cosi ßcofiog e di
un ol9og che
di il
si
restauro,
ma
di
non
dal Fränkel;
dell' ofc9og - raog,
fondazione
costruzione di un ßoofiög e di un ^Qxog, zione (parziale o totale),
e
ben
e
iin'opera
rifinimento.
e la
di ricostruII
x«^«V^^
suo giusto valore nel contesto di im dedica per la prima volta, si sarebbe ;
espressa assai difficilmente la circostanza che ad essi od all'uno di essi,
e di
veniva aggiunta im'ulteriore decorazione in avorio; diim ßaofxog ricostruiti per la manitestazione di un culto
un ol9og invece
divenuto piü sontuoso, piü ricco, quella circostanza rientra a meraviglia nel carattere del 7t
fqi[6~\7toir^d^ri',
documento
dando a questo verbo
epigrafico. il
valore,
E
cosi dicasi
che
di
parmi piü
giustificato nel nostro caso, di tisqittoisTv tcc Iqcc Herod., VI, 13^
non
si
tratta che di
una tutela
religiosa e amministrativa di tutto
ciö che rientrava nel possesso del
cordote in carica
cura materiale
»
;
e nelle
funzioni del sa-
dando invece a nsgiTtoisTv il significato e quindi di « rifinire un dato lavoro "
da intendere l'indicazione preziosi fatti
tempio
di (^),
«
aver si
ha
abbellimenti piü costosi a degli al tempio. Mancando 14 o 15 lettere, parmi alquanto altri
rischioso far congetture per questa parte. L' iscrizione dunque, datata dal nome del sacerdote sotto il quäle avvennero lavori importanti di ricostruzione e di abbellimento, non ha di per se che il carattere di un semplice docu^
ma qui ci aspetteremmo piuttosto Tof KX\Eolrct. di nsginoieo) ci viene te(^) Noto peraltro che questo secondo valore stimoniato, da fonti tarde e per l'unica forma verbale nsQineTToirjusyos cfr. (^) II
Fränkel [roß ^eivog KX]eolta,
{zoH (fetvo?
;
Theoph., H. F.,
9, 3, 4:
boyavov nEQinenoirifABvoy
ecc.
L'iSCRIZIONE DEL TEMPIO DI
mento amministrativo di rialzarne, contro
non
(^);
«
APHAIA
»
IN EGINA
abbiamo perciö
203
nessuna ragione
dati sicuri della paleografia del testo, la cro-
i
nologia fino alla 2» metä vuole il Furtwängler, ma
VI
VII
del essa
secolo,
deye
come arbitrariamente
necessariamente
discendere
fino alla
metä
gomento
tratto dalla qualitä della pietra che e identica al
del
non addirittura alla
se
fine del
VI
L'ar-
{^).
mate-
riale della costruzione del tempio piü antico, non ha che iin'importanza molto relativa. Trattasi di pietra locale, l'uso della quäle
per un'iscrizione che, come parmi assodato, non ha carattere mo-
numentale di dedica
mento
e l'uso che se
(e ciö
anche
spiega
il
rinveni-
ne fece nelle costruzioni posteriori
teva essere consigliato da circostanze del tutto tecnica speciale di costruzione.
Ciö posto, l'eguaglianza
una buona base
del
luogo
di
ol9og
Se
di argomenti.
a vaog,
l'iscrizione
(^)),
po-
ad
una
estranee
viene
non
a
perdere
e l'atto
fon-
di
dazione del culto di Aphaia, in cui la menzione prima del vaogy poi del ß(Ofi6g, e da ultimo dello egnog^ doveva apparire in stretta connessione di cose, noi non siamo piü obbligati a intendere, con Questo carattere deiriscrizione non si appoggia soltanto sul supplema anche su altri che ho tentato per mio conto e credo inutile riportare. Supponendo ad es. la lacuna minore, di due o tre lettere, (*)
mento proposto, e
volendo accostarsi alla lettura
plire
un verbo assai opportuno
oXxrjfia
rjaxrifiBvov
'^axrifxeva
() Mus.,
1.
;
e
III,
Hesych: daxelv
57
del
Savignoni
al nostro caso :
fj
dyoQr]
:
xal
(v. appresso),
'^cx~\rj^ri;
rö
cfr.
si
puö sup-
Herod.,
nQvxavrjiov
130:
II,
Jlngiiü
Xl&
xoafieip.
A
questa conclusione era venuto in parte anche il Fränkel, Rhein. c, p. 152 nota, osservando la scomparsa del F tanto in questa iscri-
zione {ol<^og), quanto in un'altra di Egina che appartiene sicuramente al V sec. {xtjgycüv xal 'Egycov in Aegina, I, 368, n. 10). La cronologia del Furtwängler apparrä anche piü inverosimile, quando si pensi al lento svi-
=
luppo calligrafico della scrittura in Egina; sui blocchi del terzo tempio noi troviamo, come contrassegno numerico, gli stessi tipi arcaici che haiino le lettere delle nostra iscrizione (le ragioni addotte a p. 495 non spiegano la persistenza o la spiegano soltanto in parte). Un vero e proprio sviluppo calligrafico si ha negli ultimi decenni del V secolo con l'iscrizione dell'am-
phipoleion, ma (^)
qui, si noti,
Sembrandomi
rovina accidentale del
abbiamo una vera
e propria Influenza attica.
assai dubbio che Tiscrizione sia andata
muro
in
pezzi
o di un'altra qualsiasi parte dell'edificio in
per cui
originariamente era collocata, non riesco a spiegarmi come un'iscrizione solenne di dedica, quäle la ritiene il Furtwängler, sia andata a finiro come materiale di costruzione nel muro del rif^eyog.
204
A MAIURI
niiovo contesto, che si restaurasse e ricostriüsse tiitto
il
il
tempio,
non piuttosto una parte esterna o interna di esso. Di piü l'uso di ol9og per vaog, non sembra assai singulare nel VI secolo» e
quando Egina
elementi
stessi
negli
abbiamo un vero
(^)
struttivi
e proprio
secondo
del
tempio
raog, giä lontano dal
di
tipo
deirot9og miceneo {^)? Ammettendo con il Furtwängler l'identificazione della divinitä del tempio arcaico con la dea Aphaia, ma escludendo l'eqiiiYalenza da lui posta tra oi9og e va6g, non restano che due ipoper Tidentificazione delF oF9og o trattasi delle costruzioni sul
tesi
:
lato meridionale
supposte dal Furtwängler case una del sacerdoti, parte tempio denominata oF9oc. Non a riconoscere come sola legittima quest'ultima ipotesi. Con
i
per
della di
o,
esito
terrazza,
l'espressione tcupaiai au9og
=
o of9og, ci viene indicato
un
edi-
strettamente pertinente alla dea, mentre che il gruppo delle costruzioni meridionali, oltre ad offrire una notevole ricchezza di ambienti, appare del tutto staccato dal tempio. unico
ficio
Di
direi,
e,
piü, poiche
il
%a)X€(pag Tiorsnoirj^r]
ot9og che al ßaDfiog,
il
sembra
riferirsi tanto allo
primo non puö non essere una vera parte una delle piü importanti, dal momento
costitutiva del tempio, e
che per essa terpretazione
poneva mano ad un abbellimento costoso {^). L'inpiü giusta parmi la seguente: si deve intendere
si
icc(paCai come un'espressione equivalente a twi xag 'Acpatag vaa)i e TccffaCai ct)i9og come rooi Tag 'Acpaiag vacbi ö oixog (\^avcpxo6oiii]r]^r]). Ora quäle valore occorre dare a oi9og nella struttura del tempio del secondo periodo?
tica,
(')
La
ma
dei
II
e
improbabile
ricostruzione del Furtwängler del 2° tempio e del tutto ipoteparticolari della costruzione si hanno tracce sicure nei fram-
menti architettonici elencati (^)
Non
e studiati
accuratamente
Furtwängler stesso ammise Teguaglianza
in
Aegina,
I,
116 sgg.
di 0^90? a va6g, soltanto
perche egli faceva Tiscrizione contemporanea alla fondazione del tempio piü ma non pensava giä ad estendere l'uso della parola olxog con valore
antico,
in cui il va6g non fosse piü un vero e proprio olxog: c, p. 254: « Dass ohog etwa der Ausdruck für einen Tempel jeder Art wäre, hat nie Jemand behauptet und eine solche behauptdi va6q, cfr.
anche
ai casi
Rhein. Mus.,
1.
ja auch gänzlich grundlos ». Della ricchezza della decorazione in avorio, testimoniare la piccola serie di oggetti in avorio
ung wäre {^)
Aegina,
I,
puö in
qualche modo
elencati
e descritti in
426: questi oggetti non appartengono forse tutti
al terzo
tempio.
L'ISCRIZIONE DEL TEMPIO DI
che
debba proprio intendere
si
Come
«
APHAIA
la cella
nel Partenone la presenza di
«
IN
— vaog,
205
EGINA sede
un dm(T&6do/.iog
deWagalma. e di
un
tiqo-
eaduta daH'antica terminologia la denominazione di 66f.iog per la parte che era sede della diviüitä, cosi par legittima la denominazione di ol9og per la cella del tempio dofiog-TiQovaog (^), fa supporre
di Egina.
Essa
ma
periodo,
richiama
ci
al tipo
di aver trovato
wängler dice
non vale essa
^q\Y olxog-vaog di
stessa,
nel
P
1°
tiitto
sono le seguenti
razione della cella 2° qualora antico
monumen-
la storia
:
l'iscrizione si riferisce a lavori di ricostriizione e di
pliamento del tempio (VI sec), di cui da (?) si
e
dell'altare
di qiiello a cui
(^)
(^)
i
1'
am-
particolari della deco-
;
debba riconoscere l'esistenza iscrizione
nette, se ne dovrä far risalire l'origine
non
Piirt-
il
tale del tempio,
piü
il
testo dell' iscrizione,
tempio della dea Aphaia. Le conclusioui che si possono trarre per
intero
ciii
tracce piü sicare nel tempio del
di
im tempio
strettamente
ad oltre
il
VII
si
ricon-
secolo, poiche
puö piü ammettere con
il Furtwängler, in base alla falsa che tra il 1° e il 2° tempio non ininterpretazione dell'iscrizione, terceda che uno spazio di mezzo secolo;
si
3° resta convalidata la tesi del Furtwängler che la divinitä del culto fosse la dea Aphaia, poiche ad Aphaia si rico-
massima
struiva (o
si
si abbelliva il tempio e l'altare o per un culto piü sontuoso, o anche per la rovina pro-
restaurava), e
la necessitä di
dotta dal tempo alle costruzioni piü antiche.
A. Maiuri.
{') (")
Su queste denominazioni v. Frazer Pausanias, II, Appendix, y. 562. Che il secondo tempio fosse giä un pregevole lavoro di architettura
neirinsiome e nel particolari, in Aegina I, 484. (^)
Vedi SU ciö
le
si
ricava dal giudizio che ne da
il
Furtwängler
gravi o-sservazioni del Savignöni neH'articolo seguente.
NUOVE OSSERVAZIONI SÜLL' ISCRIZIONE E SUL TEMPIO DI APHAIA
precedente scritto del dott. A. Maiuri
II
nuova il
e
liice
piü giusta
ha
posto
iscrizione eginetica del
1'
era
significato della quäle
una
tempio Aphaia, da un preconcetto
travisato
stato
in
di
archeologico e da uno strano malinteso linguistico; ed io sono lieto di avere pörto occasione, come l'autore ha voluto gentilmente rammentare, ad uno studio che ha prodotto un risultato
pregevole in se e altresi tale da invitare altri a meditare ancora SU queH'importante documento epigrafico. E questo e accaduto, prima di ogni altro, a me stesso, che cosi fui incitato, alla mia volta,
mente
a
dalle conclusioni del giovane autore il
in se, sia
medesimo argomento, anche
sia per
recenti nel santuario di
Egina
quanto
con
ne' suoi rapporti
e poi
attenta-
riguarda l'iscrizione
altri
gli
con
ristudiare
altri
degli scavi
dati
d'indole
obbietti
piü generale.
Dacche
il
fine
del Maiuri fu principalmente quello di dimo-
strare gli errori dei precedenti editori dell' iscrizione e di contribuire alla retta interpretazione del teste frammentario senza un
deciso proposito dell' integrazione di esso, cosi
ho voluto
io
ten-
tare di far ciö mediante nuovi supplementi che siano in armonia
con le considerazioni sörte dalla materia archeologica. poi opportuno
di
aggiungere questo mio
lui stesso consenziente, affinche
sotto gli occhi ciö che e
intimamente collegati avventura
troverä
il
il
fra loro e
accettabili,
dall'opinione
del
lettore abbia tutto
stimato Maiuri,
ad un tratto
due studii contemporanei, integrantisi a vicenda. Chi per
prodotto di
o
conclusioni non dovrä dimenticare disseiiso
Ho
scritto del
allo
Maiuri,
in
tutto
che, egli
o
in
mie mio qualche
parte,
nonostante
ha sempre
il
le
merito di
NUOVE OSSERVAZtOM SULL' ISCRIZIONE a?ere preparato
nuovo fondamento, sopra
il
il
207
ECC.
quäle e sörta la mia
ricostruzione.
Prima che
io dica del testo dell' iscrizione
rammentare, con breve riassunto, al lettore
il
credo
necessario
risiütato degli scavi
che, sotto la direzione del Furtwängler, furono eseguiti suUa spia-
nata ove
si
ergono ancora le belle colonne del tempio edificato ad
V
a. C. La spianata stessa, o terrazza suo stato e cinta e sostenuta da come suol dirsi, nel presente quattro muri, in parte conservati, che corrono parallel! ai lati del
Aphaia
del
agl' inizii
secolo
tempio, ad eccezione del muro Orientale che e obliquo, onde la si accosta a qiiella di un trapezio. Gli scavi
forma della terrazza
hanno dimostrato che questa non era terrazza e che piima del tempio
la
forma
attiiale furono
della
primitiva lassü
altre
co-
struzioni piü autiche.
A seconda dei materiali usati per esse e del modo onde questi «rano stati messi in opera, i resti di quelle costruzioni furono divisi in tre periodi che sono indicati con colori diversi in una tavola della grande pubblicazione {^). AI I periodo furono attribuiti
muri
di rivestimento dei
i
resti di
di pietre trachitiche, tufacee e calcari
Da al
un altare
si
un piccolo tempio
(olxog) in
AI
II periodo
fu
ricostrui la pianta di
cinto irregolare assai piü ristretta di quella attuale
€ con l'altare davanti
di
due
fatti di
questi avanzi e dalle parole della iscrizione (che
VII secolo ed a questo periodo)
e
un miscuglio turchiniccie, non squadrate.
margini della rupe,
riferita
un
re-
e contenente
forma di cella oblunga con vestibolo
(^).
(VI
sec.) si
assegnarono
i
resti
di
un propylon
con annesso porticato, poi di uno strato incompleto di pietre spianate e combacianti, in numero di cinque, che si supposero apparte-
(')
Aegina, Das Heiligtum der Aphaia, tav. 5 di aggiunta alla p. 155 cfr. poi la tav. 2 del volurae delle tavole. Per gli avanzi delle
del testo;
costruzioni piü antiche v. p. 116 sgg., e specialraente il riassunto a p. 159 sg. per opera di E. R. Fiechter; e per le distinzioni e la storia delle costruzioni V. Furtwängler, ib., p. 480 sgg. Degno di menzione e pure il piccolo libro del Furtwängler stesso, Die Aegineten der Glyptothek König Ludwigs I. nach den Resultaten der neuen Ausgrabungen, München, 1906, in cui egli
riassunse (*)
il
risultato degli scavi e de' suoi studii.
Op.
cit.,
fig.
401.
208
L.
SAVIGNONI
uere ad un secondo altare, ed infine un pezzo di miiro poco distante e parallelo, ma non contrapposto, al detto strato, pel quäle restö incerto il giudizio se abbia costituito un sol corpo insieme con l'altare (che cosi sarebbe stato molto lungo) oppure sia stata distinto e abbia formato una luuga base. Qui il materiale e 11
tufo (porös) a pezzi squadrati.
E
a questo stesso periodo
non pochi frammenti architettonici
si
asse-
quali alcuni con ornati policromi) di un cospicuo tempio arcaico, che si
gnarono pol
i
(fra
i
trovarono sparsi dentro il nucleo della spianata. Per mezzo di tutto questo materiale si fece la ricostruzione grafica di un tempio assai maggiore del precedente,
tare posto piü verso
il
di
un propylon
e
di
un lungo
al-
ciglio Orientale della spianata, che giä in
questo periodo sarebbe stata ampliata da questo lato mediante lungo muro obliquo che in buona parte si conserva e che poi
rimaneggiato
e rialzato
nel III periodo
il fii
(^).
A
questo III periodo (V sec.) spetta resistente tempio pericon le sue importanti sculture (delle quali si ricuperarono ptero altri frammenti che provocarono il nuoYO studio del Furtwängler) suo altare fiancheggiato da due basi monumentali inoltre il nuovo prop3^1on e i muri regolari di costruzione della spianata di nuovo ampliata da tutti i lati (^). Nel muro Orientale furono e con
il
trovati,
;
messi in opera con
l'altro materiale,
i
tre pezzi
maggiori
della lastra contenente l'iscrizione del tempio di Aphaia; ed altri
frammenti
di iscrizioni e
una grande
qiiantitä di doni votivi (te-
stimonianze del culto intenso della dea
luogo fin dalla epoca micenea) furono ricuperati mediante quel metodico scavo. Come ognuno vede, tutto il riferito sistema di ricostruzioni, se si prescinde
massima parte
da e
ciö
in quel
che spetta al periodo piü recente, per la Dei due templi assegnati ai due
atfatto ipotetico.
periodi anteriori uno solo e certo,
quelle del
VI
secolo.
Sebbene
anche di questo la pianta proposta (imitata da quella dello Hekatonpedon di Atene) sia soltanto ipotetica e non appoggiata sopra alcuna traccia delle fondazioni, che non si trovarono; tuttavia
i
molti e varii pezzi architettonici sparsi nel rinterro della
(') Op. cit., fig. 402; V. poi pianta, sezioni cromia del tempio, in tavv. 59-62.
O
Op.
cit.,
fig.
404.
e
facciata deH'alzato, poli-
NUOVE OSSERVAZIONI SULL' ISCRIZIONE ECC. terrazza ne documentarono
la
non diibbia
209
Invece
esistenza.
del
siipposto tempio piü antico e piü semplice (oixog) non si rinvenne De traccia ue pietra alcuna. E vero che il Fiirtwängler affeuma che, qiiando
si
sostnizione,
«
usabili del
prima costruzione
fece la si
misero qiü in opera
del
i
Orientale
di
materiali che sembrarono
qiiei
primo tempio, cioe del semplice
perö prima di tutto
miiro
oi/cos
di
Aphaia,
e
pezzi della grande iscrizione di Aphaia, che
noi qui trovammo » (0 ma egli non sa indicarci, oltre a questi, alcun altro pezzo che abbia fatto parte di quella costruzione da. ;
Uli riferita al
Che
VII
secolo.
tra quei materiali
non siano nemmeno
i
pezzi della grande
iscrizione, e che questi sieno stati introdotti nel
non e
al
tempo
ma
della prima costruzione
muro
Orientale
della seconda, tutto ci6
conseguenza logica della pertinenza dell'iscrizione stessa ad ima
etä piü recente, cioe al
VI
secolo
('^).
Perciö non vi e alcun fondamento positivo per ammettere la esistenza del siipposto tempio primitivo, che lo stesso Furtwängler fu
costretto
gli altari!
a
Ma
credere
brevissima
Vi sarebbe
(^).
chi ci assicura che all'altare
l'altare,
anzi
piü interno e appa-
rentemente piü antico abbia necessariamente corrisposto un edificio chiuso, e non piuttosto sia desso l'altare di quell'antichissimo culto all'aperto, che lo stesso Furtwängler ammise, e che cominciato giä nell'etä micenea puö avere diirato altrettanto bena fino al
VI, come fino al VII secolo
a.
C? E
d'altra parte chi ci
assicura che quelle misere cinque pietre, che sopra ho
ricordate,
rappresentino veramente l'altare corrispondente al tempio del VI secolo e non piuttosto uDa base od altra cosa? Ho notato giä sopra che esso e solo ipotetico, e che almeno per il pezzo di muro ci
prossimo, e forse costituente un sol corpo con le cinque pietre,
{')
Op.
cit.,
p.
si
483.
Vedi Maiuri, sopra p.203 e qui appresso p. 210. (=^) Aegina, p. 485. Stretto tra la cronologia (per quanto forzata) dell'iscrizione e quella del tempio del II periodo (che non pote non rialzare fino (^)
al
primo terzo del VI
durata di mezzo secolo. piü (infatti le forme
sec.)
E
pote concedere al
sono molto
r iscrizione, che rimarebbe?
preteso tempietto appena la
se la cronologia di quello dovesse
arcaiche)
cosi
come
risalire
ancor
e discesa quella del-
210
L.
SAVIGNONI
pensö giä alla possibilitä di una base (^). Ma, dato pure che li fosse im altare piü recente, non ne consegiie di necessitä che questo stia al tempio del VI secolo come il primo altare ad im primi-
tempio murato. Niente impedirebbe di ammettere che lo stesso tempio del VI secolo avesse avuto prima im altare piü prossimo, tive
e poi, per rinnovamenti
e
stato sostituito
tanti altri casi simili) da
in
(come
ampliamenti
successivi,
fosse
quelle
un altare piü
discosto dal tempio stesso. Si potrebbe pensare, nel secondo caso, che questo fosse quel ßwfxog che e mentovato nell' iscrizione arcaica. Comuijque sia, tra i resti delle costruzioni che si giudica-
rono anteriori
ultima e definitiva sistemazione del santuario di
all'
Aphaia, un solo tempio e un solo altare certezza:
il
resto e
mera
Non
ipotesi.
si
possono riconoscere con
non vegga quanto
v'e chi
AI quäle,
ciö sia sfavorevole all'assunto del Furtwängler.
d'altra
venuto meno anche l'appoggio dell' iscrizione, da lui conparte, siderata come l'atto di fondazione del supposto tempio del VII secolo: le considerazioni esposte qui sopra dal Maiuri non lae
sciano alcun dubbio sull'inconsistenza di quest'opinione.
Ciö
premesso,
Maiuri, circa
quelle del
r
vengo ad
iscrizione
I
stessa.
mie
esporre le
idee, in aggiunta a
senso e l'integrazione del testo deldella dimostrazione del Maiuri
il
capisaldi
sono: l'esclusione dell'eiToneo significato attribiiito däi precedenti verbo nsQisnoirjS^rj l'eliminazione dell'inammissibile
«ditori al
\
Supplemente \_€T]r}dTi]\ la ben fondata congettura, prima proposta e poi abbandonata dal Fränkel, che nel lato sinistro della pietra manchi una parte maggiore di quanto fu in fine supposto da questo € dal Furtwängler, ende \_KX~\iEoita e
il
patronimico non
il
neme
proprio del sacerdote; in ultimo l'assegnazione deH'iscrizione non al
VII secolo
C, come
a.
volle
il
ma
Furtwängler,
al VI,
come
riconobbero giä il Fränkel ed il Furtwängler stesso prima ch'ei ne forzasse la cronologia in servizio del sue sistema di storia del santuario
(')
(^).
lo accetto in
Si badi che
un
altro
massima
fondamento
tiitto
ciö.
Ma
il
(^)
margine Orientale Aegina, pp. 2
dell'altare del
sg. e
480
sg.
Y
dove
il
Ma-
di altra base, spettante allo stesso
periodo cronologico, fu riconosciuto a poca distanza di sotto
sebbene
secolo: op. si
li
e
cit.,
p.
precisamente 155.
legge: « es hindert nichts, sodes siebenten Jahrhunderts
viel ich sehe, die Inschrift in die zweite Hälfte
NUOVE OSSKRVAZIONI SüLL' ISCRIZIONE iiiri
dire,
211
ECC.
abbia ragione di negare che riscrizione rappresenti, per cosi l'atto di fondazione del tempio, e propriamente del primi-
tivo terzo tempio presimto dal Furtwängler, tuttavia mi sembra che egli stesso ammetta subito qualche cosa di simile proponendo il supplemento [^DcvmxoSofiyj&r] nella seconda linea deH'iscrizione ;
sieche qiiesta rappresenterebbe, se non l'atto della prima fondazione, almeno qiiello di ima ricostriizione del tempio. f] questa,
come ognun
una piccola modificazione
vede,
supplemento del Fränkel
;
Si\V[^u)ixodofiy]^rj,
primo
ed e anche, secondo sembra a me, una
concessione troppo grande alla proposta definitiva del Fränkel e Furtwängler insieme. Concedo io stesso che il soggetto o/xog rie-
prima di ogni altra, l'idea del costruire e conseguentemente quella del verbo oixoSofisoo od ävoixoSonäw, anche perche la desinenza ...rjx^rj non ammette altro che un verbo in s(o od am.
Yochi,
Perciö io non nego assolutamente che il supplemento possa essere quello proposto dal Maiuri. Ma si puö osservare che il seguito della iscrizione
non
nuUa che possa valere come appoggio di quel che piuttosto vi si trovano delle espressioni che
offre
e
supplemento; ci conducono ad
altri pensieri. Infatti le seguenti parole del testo ricordano che fu aggiunto, o semplicemente acquistato, l'avorio (xcoXscpag noTsnoirid^rj), e che poi fu dato compimento o rifinici
mento fosse.
{rrsgisTioirj^r])
Ora tutto
ciö
ad un'altra cosa,
che tosto vedremo quäle
sembra presupporre Vesistenza
di
un
edificio
giä compiuto nella sua costruzione muraria, e suscita, per necessaria conseguenza, l'idea di ciö che suole
immediatamente succe-
dere ad essa, vale a dire l'ornamentazione dell'edificio medesimo.
Di regola non si pensava ad acquistare od applicare l'avorio (ed eventualmente Toro ed altre materie d'uso ornamentale) se non fosse giä compiuta, o quasi, la parte architettonica
quando perciö
1'
zu setzen
iscrizione di
»
il
:
che
Egina
e detto
ci
narra che, nel
troppo facilmente.
tempo
Egli stesso,
in
;
e se
cui era
in Sitzungsber.
Akademie, 1901, p. 373, aveva scritto: «die Inschrift gehört ohne Zweifel in das sechste Jahrhundert ». Kon occorre ripetere qui la hibliografia delP iscrizione giä data dal Maiuri; soltanto noto che H. Thiersch, in
d. hayr.
Aegina,
p.
367
archaischen Zeit gredito, fra
i
»
;
non si pronunzia in modo preciso sulla cronologia carattere paleografico la rimanda « in die Mitte der
n. 5,
sg.,
di essa, dicendo che
il
tuttavia ne rileva
quali e notevole la
i
segni
di
un
arcaismo
mancanza del bustrofedismo.
di
giä pro-
212
L.
SAVlGNOiNI
sacerdote un tale figlio di Kleoitas, l'aYorio e si dette
pensare che
fa
il
Vi
delle varie sue parti.
dei lo
:
e
premura
del-
da compiere se non quello della decorazione
vi fosse altro lavoro
fosse la
fece acquisto ed iiso
si
ultima mano anclie a qualclie altra cosa, ciö^ tempio fosse giä hello e fatto, e che allora noii: 1'
e
di
appena bisogno
rammeDtare quanta
neH'ornare
studio dei greci
lo
case degli
le
tutte le arti erano chiamate a concorrere a questo fine, e
Sfcato
come
cittadini
i
privati largheggiavano sorame occorrenti, ne mancavano talvolta i moniti oracoli
degli
rahbellimento
quando
restava
nel e
fornire
si;
le
minaccie
le
o
incompiuto
ne-
gletto (^). Testiraonianze di questo zelo religioso sono, oltre ai documenti letterarii ed ai molti resti monumentali, anche pa-
recchie iscrizioni
(^).
Per conseguenza
io
che
credo
della seconda linea dell'iscrizione di Egiiia possa
al
principio
bene
supplirsi
verbo [^sxoafi^rj&rj, che perfettamente si adatta cosi alla forma grammaticale dei frammento come al concetto generale dei testo il
intero.
Un' altra considerazione deriva da
xodoii~\rjdrj
tiitto
poco favorevole al proposto [arcoiciö che sopra ho detto circa la storia
delle costruzioni nel santuario eginetico. Se col proposto
supplementa
intende una ricostruzione dei tempio di Aphaia,
deve altresi
s'
ammettere che, prima
di questo
tempio
(epoca delFepigrafe), esistesse in quel
piü antico
(^)
(^)
;
in altri termini
Veggasi,
p.
es.,
il
si
VI
ricostruito nel
secolo
medesimo luogo un tempio
detto supplemento presuppone l'ac-
Pausania, VIII, 42,
6.
V. p. es. Dittenbert^er, Sylloge^, n. 556, yML nirt&aca rag [^ö]Qoq)äg xal XoVaca rä
1.
25:
-nEQiaXell^ipca roi'f 1.
140:
röy ßoDfxbv Tot nXo{)t(avog neQiaXeixpau xal xoviüaaL xccl kevx&aai xcd ß(üfxoi)g Tolg &ei(y)olv. Ibid., n. 651: si elogia uno perchö [rö] to[v] xtopog leQ\bv xaX&g ix]6afjirjaEv. Ibid., n. 757, 1. 9: altri elogi ad altri
Ilkoiß-
ß(o/Lioi)g
£ns\x'\6a^'rjGav di
[x]«[fc] t[^]»' d^söp xal
Cfr. specialmente ibid., n. 559, l'epigrafe
Theophilos
trjp
'
Ibid., n. 587,
ßoD^bv i^
di Delo,
äo/f^g
per
la
roig
che...
(bixodöfxrjoav.
quäle
un certo
naaxocpoQLov xal xrjv yQacprjv rdv te rolxcou xal syxavaiy x&v dvQiöv xal xohg nqofxöx^ovg xoi)g iv xoTg aixoTg aaviöag äviSrixEV ^agäniöi, laidi, üvovßidi, 'Jq-
xoylaaiv
T^? ÖQOcpf}g xal rrju roi^oig xal xäg in
rbv
i'drj.
tot)
'
noxQdxei, inl IsQStog Zeke^xov xoV !4vdQovLXov 'Pa/npovalov. Si ricordi il distico in lode di Polignoto })resso Plularco, Cimon., 4 (0 verbeck, S. Q. 1044).
Del resto a
tutti
sono note
le
iscrizioni spettanti
alla
costruzione
mentazione deirErechtheion (Jahn-Michaelis, Arcc Athenarum",
p.
e
orna-
99 sgg.).
NUOVE OSSERVAZIONI SULL' ISCRIZIOXE
cettazione deU'opinione del Furtwängler su quel
tempio che, come abbiamo veduto,
e
213
ECC.
terzo
primitivo
molto dubbio che sia mai
esi-
sarebbe quel siipplemento qualora col verbo in qiiesto caso un rifacimento o restauro s'intendesse avoixo6ofi€(o stito.
Pill accettabile
come
parziale dell'edificio,
ammettere
benche
(^);
lo stesso
sembra disposto
Maiuri
in qiiesto senso era piiittosto
una forma del verbo piü proprio
ad
da aspettarsi
snKSxsva^a), che qui e escluso
dalla desinenza superstite della parola. Altri dubbii sorgono dalla considerazione che, secondo le
distriitto
da
iin
ri-
tempio arcaico in antis di Egina, che fu incendio, ebbe appena la durata di un secolo du-
siütanze dello scavo,
il
:
rata forse troppo breve perche vi sia spazio per lavori di restauro degni di essere solennemente commemorati (^). Vengo ora al contenuto della parte rimanente dell'epigrafe stessa.
A
mi
questo proposito
ancora un
occorre di soffermarmi
poco sul signiticato delle due parole
e nagisnoi-qd^rj.
noTsnoir^^rj
Quanto alla prima, tutti i miei precursori, compreso il Maiuri, hanno dato al verbo ngoanoiäco {noTiTroiäcci) il significato di k aggiungere ", che puö anche benissimo accordarsi col mio assunto,
ma
che non
avere,
fra
procacciare
e
»
verbo
tuttavia l'unico di questo
altri
significati,
di
quelle
«
:
esso
guadagnare,
anche
puö
acquistare,
(per altri piuttosto che per se) corrispondente al la-
tino comjparare (^)
;
e
questo appunto io credo che sia il significato caso. Se qui si fosse voluto piü pre-
da darsi ad esso nel presente cisamente esprimere babilmente, a
Vi
e
poi
mio
il
l'applicazione di ornati in avorio,
parere,
avremmo avuto
piü
pro-
l'aoristo passive del
verbo
verbo nsginoisoo, che, tra
varii suoi significati,
i
non ha mai avuto quelle attribuitogli qui dai primi editori dell'epigrafe, come giustamente ha rilevato il Maiuri ma poi questi ;
C) Y. sopra p (')
202.
Furtwängler, Die Äegineten
stato distrutto nel
p. 13, suppone che il detto tempio sia 490 dai Persiani, benche non vi sia alcuna notizia di un
loro approdo in quelPisola; invece se, 11
posteriore tempio zum V. Jahrhundert
periptero n, la
fu
catastrofe
come pensa
costruito
del
«
primo
il
etwa
dovette
presto, e cio restringerebbe ancor piü la durata del (3)
Fiechter ibid.
um
die
p.
Wende vom
medesimo tempio.
Cfr. Thucid. 1, 55; 2, 2; 8, 85; 3, 70, e poi
Cfr. Euripide, Hippol. 631: yiytj&e x6afjiov
VI.
succedere assai piü
i
lessici di
Stephanus
e Passow. (*)
149,
nQoa&eig äyaXfxati.
214
SAVIGNONI
L.
non ha dato che
il
maggior peso all'uno o
me sembrano
a
all'altro
dei dne significati
concetto dell'epigrafe acqiiistare, venire in
rispondere al
meglio che sono quello di « procacciare, possesso » e l'altro di « fare con arte, rifinire, compire » corrispondente al latino perßcere {^). Penso che il secondo sia qui il sistessa, e
gnificato piü probabile.
Ma
che cosa
fu posseduto o compiiito per il tempio? Ecco di produrre i miei siipplementi alle parti maninomento giunto canti dell'epigrafe. II Maiuri si e contentato di rimiiovere quello il
h'Qxoc,
che
era
tazione del
lacuna
la
si
debolmente
fondato
ed verbo TtoreTioirj^rj (^) a davanti questa. aperta
sopra iina falsa interpreha rinunziato a colmare
;
Ma
a
quanti sieno gli elementi essenziali completo, non sarä molto difficile trovare quel verbo.
Tali elementi sono
il
di
Ed
e
menzionati
regola troviamo
questo
proprio
il
caso
il
tempio Tara
divinitä; e sono precisamente questi tre,
noi
chi
in
anche
pensi,
quali
e
vero
soggetto
e la
statiia
(*)
Per
il
primo significato
n€QL7ioif}aai,
fjQ&ov
ai)t&
cfr.
di
della
in questo ordine, che
iscrizioni
d'
indole
sacra.
della nostra, dove troviamo
successivamente la menzione giä sicm*a del tempio (oixog)
ai)t&
e
im santuario regolare e
di
Etym. M.
p.
256, 6
xaxaaxEväaavxeg xtA.
;
:
e
del-
ßovX6fj,8vu rtfiäg
Polyb. 15, 10, 4: 116: neQinoiBiv rö
äacpdXeiai^ n.; Philostr. p. 396: eiixXeiay n.; Ammon. p. nsQtxräa&cci ^ xoa^slv. II secondo significato ci h parimente indicato da questa ultima citazione e daH'öpywyo»' 7iept7i£7rot?;^eVo>' di Theoph., citato giä dal Maiuri. II valore intensive del neql, riconosciuto da questo in neginoisoj^
corrisponde esattamente all'uguale valore di per varii significati di questo verbo veggansi (^)
Nemmeno mi
i
in perficio. dizionarii citati.
Del
resto pei
par giusta la grafia rö)Qxog, da zö eoxog invece di &d)Qxog meno severo); infatti cfr. le crasi doriche S^ibtEQoy
d^o^QXog (dorico piü o
ätsQov) in Theoer. XI, 30, e &dxiQai (:= tal dreoai) in Epich. 23, e poi anche ^^xdirj (=rg 'Exärr}) G. 1. Ä., IV, b, 422 n. 3. L'influenza dell'aspirazione del secondo elemento sul primo della crasi e ripetutamente
(= rb
6 ßcofiög, esemplificato nell'epigrafe stessa in ;^tö ßo)fx6g, /(öÄ^
tosto occorrerebbe al
un dorico sQxog (con
suono incerto della contrazione
Kühner-Blass,
Grammatik der
psilosi) che io
non conosco. Quanto
noter5 che accanto airw di Theoer.
gr. Sprache,
I,
p.
224, n. 7)
nelle
(cfr.
epigrafi
abbiamo generalmente ov per es. rotnUomoy in Collitz, Dialektinschriften, di 1, num. 3325, lin. 281, e toiqyov ibid. num. 3342 lin. 57, (iscrizioni si ha ngwyyvog (Cauer^, n. 40). di 181 Nella tavola Heracl. I, sgg. Epidauro). III,
NUOVB OSSERVAZIONl SULL' ISCRIZIOSE
Tara
dunqiie la terza cosa
(ßoofiog):
poteva essere altro che
il
che
215
ECC.
era
ricordata
qui
simiilacro ossia lo sdog, e
\\
dod
che resta
g
ancora sulla pietra puö acconciaraente essere la lettera finale di questa parola. Precisamente con qiiesta stessa parola, a somiglianza di tante altre iscrizioni, si trova indicato il simiilacro della dea nella nota iscrizione di Egina, contenente l'inventario di
Aphaia
Qiolto
nel
riedificato
che
probabile
principio
simiilacro,
quel
del tempio
V
secolo(^); ed anzi e salvato dalF incendio del
del
tempio arcaico, fosse ancora quello stesso che era
stato
menzio-
nato nella nostra iscrizione.
Ma
soggetto t6 ^'Sog non basta, per le siie poche lettere^ viioto della terza linea. Senonche questo fine si ragsenza difficoltä tostoche si badi alla menzione dell'avorio giunge s' incontra nella linea precedente. die Chi non sa che [iXbipag) il
a colmare
cosi
il
simulacri del culto diinque di piü
v'e
la
come
neU'ornamentazione dei templi si
lavorazione
nella
dei
soleva associare loro con l'avorio? Che cosa
logico
dell'ammettere che, trovando
menzione dell'avorio, dovesse poi seguire
qui
qiiella del suo
giä indi-
compagno, l'oro? E il legame sintattico tra YiXäcpag e il non ci e suggerito naturalmente e senza sforzo dalla stessa XQvaog maniera onde nella fräse precedente sono collegati Voixog e il visibile
Per conseguenza, ecco la lezione
ßoofiög?
iscrizione completata
che
io
propongo della
:
Tov dstvog Tov KX^soita lagtog sovrog tagjaiai coi9og TfAfcö^ opp.
xaX&g (?)
Xd) x^vtrog,
xai ^ovSo~\g nsQisnoii^d-r^.
la quäle
messa
s^oafiyjx^Tj
x^
x^^^^^'^ TioTsnoirjOr]
/^«jMog,
in lingua latina (piü delle
moderne atta
all'espres-
sione del pensiero antico) puö suonare cosi:
cum
Cleoetae filius saoerdos esset
Aphaeae aedes
prorsus {oi^i^. pulchre) exornata fuit et ara, et ebur comparatum fuit et aurum^ et simulacrum perfectum (opp. constitutum) fuit. V'e appena la necessitä di avvertire (perche ognuno puö ve^ da se) che nella proposta restituzione e un perfetto ac-
rificarlo
cordo coi dati della pietra, sieche nella terza linea (^)
Aegina,
corrisponde
p. 366, n. 1
;
il
numero
esattamente
Fränkel
in /. G.
a
delle lettere supplite
quello delle
Argol. n. 39
:
v.
lettere
appresso, p. 217.
216
SAVIGNONI
L.
€he sono nella medesima parte della liuea sovrapposta
(^).
lo siip-
pongo che X€xoaf.irjd^i^ (o, se si vuole, eTisxoCiiij&ri) fosse preceduto da im avverbio che significasse o l'effetto della decorazione, al che poteva bene servire l'usiiale xaXwg, o meglio il compimento di essa con la seguente indicazione del compimento degli altri
in accordo
lavori del tempio e questo poteva esprimersi col proposto TeXscog o con altro avverbio simile, come nariMz, navTslibg, olwg ecc. (*). ;
Nella 3^ linea sono supplite 15 lettere (v. la nota seguente), e questa, suj)plemento piü probabile, deve servire di inisura pei Sup-
(')
a causa
del suo
plement! della 2^. Ora qui, se si pone il reXiayg, abbiamo supplito 11 lettere, che aggiunte ad altre 4 a dcstra, cioe fino alla / che sta sopra all'o di Mog, dänno un totale di 15, cioe di quante si suj>plirono nello spazio sottostante; invece col xccXüag si ha una lettera di meno, cioe 14, che potrebbe essere compensata dal composto insxoafxriStj, anch'esso bene appropriato, ma non necessario, perche Tepigrafe non e scritta aT0i/r]66v; e cosi le prime due linee, pur essendo quasi uguali in lungliezza nella tuttavia l'una 80, Taltra 27 lettere (non computati (»)
conservata, hanno
parte i
segni divisorii).
Altri supplementi possibili sono: \neQ^ixG>g o'^'^wr e navts^Otg
'^Gx]ifj^ri
per questo verbo Maiuri, sopra pagina 203). Un verbo che in principio mi parve atto ad esprimere qui 1' idea del compimento dei lavori h \exaenoLyiSr] che verrebbe terzo composto di uno stesso verbo in una stessa (cfr.
il
epigrafe,
posto (che,
il
che forse
semplice
come
Vixoaijrj&r]
dissi,
io
Furtwängler aveva per prima
h troppo. II
Chi
inoi^dtj.
poi
preferisse
Vdymxo&o^rj&f]
non voglio escludere del tutto) potrebbe
qualora non
gli faccia
po' minore dei supplementi da
me
troppa
difficoltä
proposti
;
e
il
numero
cosa del
pro-
Maiuri
sostituirlo al-
delle lettere
un
chi trovasse pleonastico l'av-
verbio potrebbe supplire [norsnexoafi'ji^^t]. Avverto infine che ho adoperato la crasi
GOaos
costante zione
v.
(:= &ovdog o d^ih&og), invece di rö
dove
della crasi, lä la nota 2
della
p.
e possibile. in
214.
benche forse sarebbe preferibile griech. Sprache,
I,
p.
Ho oi^^og
poi
i'dog,
questa
mantenuto
(cfr.
in
conseguenza dell'uso
iscrizione: la
per Taspira-
trascrizione öJL<^og,
Kühner-Blass,
Grammatik der
220).
Mi place infine di riferire qui che, avendo io avuto occasione di parlare col prof. D. Comparetti di questa epigrafe, nel tempo che io la studiava, anch'egli vide subito la probabilitä della menzione dell'oro appresso a quella dell'avorio (l'idea del /^i^ffd? erasi giä presentata durante la discussione nella Scuola, senza che tuttavia se ne tentasse allora l'inserzione nel testo)
e
che
poi egli, ristudiandola da so, giunse, indipendentemente da me, al mio stesso
com'egli mi comunicö per lettera dopo che io avevo trovato i miei supplementi: ciö che li avvalora di molto. Approvato poi il mio « ecTo? », proposemi di cambiarlo in dativo supplendo press'a poco cosi: [xal ta Met, XQvaö]g nsQLBnoirj&rj, intendendo qui « an circumpositum fuit » e nella linea seconda « ebur adpositum fuit (Trot^to =;70/ier(?) >?, sieche, a suo parere, ixoafirjd^ri,
mm
NUOVE OSSERVAZtONI SüLL' ISCRIZIONE
217
ECC.
Qiianto airavoiio ed all'oro mentovati nell'epigrafe, possono intendersi usati cosi per la decorazione di alcune parti dell'edi-
come per
ficio e dell'ara (^),
il
compimento della statua della dea,
«erto piü per questa che per quelle, dacche sappiamo che codeste
materie erano con speciale favore messe in opera nella esecuzione di simiilacri destinati al
ciilto.
Nel
primo rapporto
preliminare
dello scavo lo stesso FurtwäDgler, che non aveva intuito dove ve-
ramente si nascondesse la menzione della iDamagine di Aphaia, aveva espresso Fopinione, comunque erronea, che la parola sXs(fag significasse
«
la statua di avorio della
dea
» ;
ma
poi
pubblicazione definitiva dichiarö esser piü verosimile
nella
sua
che
questa parola alludesse agli ornati aggiunti alla porta o alle pareti od a tutte e due le cose insieme (^). Ora a me pare che la nostra iscriÄione (in cui l'acquisto dell'avorio e dell'oro e quasi orgogliosamente ricordato con una fräse speciale) possa ammettere anche delle preziose materie; ma che in ogni caso, e furono queste adibite alla composizione della statua principalmente, della dea, menzionata nella linea seguente. Ed e, come dissi sopra,
un uso
siffatto
assai probabile che questa statua arcaica fosse quello stesso h'Sog
venerato nel bei tempio ricostruito sulle rovine dellantico V secolo, e che era inventariato nell' iscrizione
<5he era
al principio del
sopra ricordata. La statua era di piccole dimensioni e rappresentava la dea seduta, come risultö dalle tracce della base oblunga riconosciute sul pavimento della cella
;
ed era poi recinta da una
balaustrata, della quäle fan fede cosi le parole deH'iscrizione predetta iJxQia ttsqI üb sdog svtsXt]), come i quattro buchi, corrispon-
denti ai quattro angoli della balaustrata,
Voixos e
il
ßcof^ög
me
nel
stesso
visibili (^).
sarebbero stati guarniti di avorio, Timagine sacra sarebbe
Le ragioni lessicografiche e archeologiche esposte testo mi dissuadono dairaccettare questa spiegazione
stata dorata.
da
li
dal Maiuri e e
il
relative
Supplemente. (*)
Cfr. p. es.
^axr}(j,ivog,
cunar
». (*)
e
Dio Cass. 74,4: ßeafiög iXi(pavri xe xcd Xt^oig 'iviftxoZs « non ebur neque aureum mea renidet in domo la-
Toraziano
Pindaro dice noX^xQvaov Sdua il tempio delfico [Pyth. 4, 95). Aegina p. 3; cfr. Blümner, presso Pauly-Wissowa, V, p. 2359,
ci-
tato ivi. (')
X
Aegina,
p.
43
1>12. Fiechter per
:
il
rettangolo della traccia della base misura m. 0,92 la statua li collocata potesse
primo ha pensato che
15
2l8
L.
E
SAVIÖNONI
quella statua arcaica non era fatta di
di legno e avorio solamente,
come
altri
solo legno, o al piü
pensö,
ma
bensi di legno
avorio ed oro, cioe di tutte le materie della tecnica piü sontuosa che si usasse per le immagini sacre : e qiiesto ci e dato oggi di con-
cludere dalle parole dell' iscrizioue, che meritamente ne fa vanto.
Ferse noi possiamo perfino farci un'idea approssimativa di queir immagine giiardando la tigura della dea (v. p. 222), rigidamente seduta con polos sul capo e con veste e predella fregiate di animali varii, la quäle era venerata in un tempio arcaico di Priniä in Greta {^). II richiamo di questo autentico monumento religioso
non
di quell'isola
e
inopportuno, perche
(lo
si
ricordi) la dea di
Egina era iina dea venuta da Greta, e la dedalea arte dei Gretesi dava ai santnarii ellenici i modelli pei simiilacri da esporsi alla pubblica venerazione, o da dedicarsi in dono alle divinitä venerate nei santuarii
(^).
Ne manca
in
Egina
stessa, tra
i
doni votivi sco-
perti nel santuario di Aphaia, qualche scultura che richiama, per lo Stile,
appunto
l'arte cretese
antichissima
(^).
V'e infine ancora una cosa che nierita di essere chiarita meglio di quanto siasi fatto finora; e qiiesta e la parola oJaog, che si legge
nella iscrizione di cui trattiamo.
Ghe questa
significhi qui la
«
casa
essere un idolo arcaico e « forse quello stesso che e rammentato nelFiscrizione di Aphaia », con le quali parole egli evidentem ente si riferisce all'errata interpretazione della parola iXecpag prima data dal Furtwängler, senza accorgersi che questi stesso l'aveva giä abbandonata; infatti egli pensa a ua
simulacro di legno oppure di legno e avorio
soltanto.
Finora
niuno,
ch'io
sappia, aveva scoperto la menzione di una statua chryselephantina nella terza
riga deir iscrizione. (^) Vedi Pernier, in Bollettino d'Arte del Min. d. P. I., If, n. 12, 1908, 459, figg. 13 e IG; E. Loevi^y, Typenwayiderung in Jahreshefte des oesterr. archaeoL Inst., XII, 1909, p. 243 sgg., fig. 123. II tipo e gli attributi di
p.
,
questa potevano bene prestarsi cosi per un'immagine di Ehea, a cui penso il come di Britomartis-Diktynna con cui s' identifica Aphaia, che alla
Pernier,
sua volta s'identificava con Artemis: la connessione si vede soprattutto nell'Artemis nörvia OriQ&v, cosi detta A. Persica, di cui corapare la figura in un dono votivo dello stesso tempio cretese (Pernier, ivi fig. 15). Tra i doni
Aphaia sono anche figure di dea seduta, con o senza ;90^o« Aegina, pp. 377 e 379 sgg. Cfr. Eurip., Hippol 145; Verg. Ciris 308. () V. per l'origine del culto e per il mito di Aphaia Furtwängler, Aegina, p. 8; cfr. Paus. II, 30, 3; Antonin. Liberal., Transform. 40. votivi del
tempio
di
in testa:
(«)
Op.
cit.,
p.
359, n. 168.
NUOVE OSSERVAZIONI SULL' ISCRIZIONB della dea
»
ossia
siio
il
tempio
noii
e dubbio,
219
KCC.
ed e cosa giä rico-
nosciuta ed ammessa.
Ma si deve osservare che il Fiirtwängler giudicö tale parola conveniente solo per quel piccolo e semplice edificio primitivo che fu da lui stesso ideato e che il Fränkel credette essere designato ;
con quella parola non il tempio della divinitä (che per lui era Artemis) venerata su quel coUe, ma un sacello secondario concesso
ad Aphaia entro
sacro recinto.
il
E
ormai chiaro che questa
conda opinione e sbagliata, e che ofxog significa l'unico dell'unica dea Aphaia.
Ma e
colo,
si e soppresso quel primitivo tempio del VlI sedimostrato e spettare l'iscrizione a quel piü grandioso del VI secolo, del quäle si rinvennero cospicui avanzi,
ora che
si
tempio
puö
se-
edificio sacro
stessa
l'uso della
affermo che
AI
si.
egualmente giustificato? lo Maiuri parve, in seguito alle risultanze termine ovxog dovesse ormai restringersi a parola essere
dott.
del suo studio, che
il
una parte del tempio. Questa idea, se per una parte si discosta da quelle ora rammentate, per l'altra partecipa di quell'esitanza comune a fare ofxog vaog puramente e semsignificare soltanto
=
plicemente.
Ma
lemica fatta per
Una culto,
io
non ho cotesta esitanza,
e
stimo inutile la po-
ciö.
ammessa la denominazione ohog per un edificio quäl valore mai possono avere, nelluso di quella, le
mensioni
volta
e la
forma
dell'edificio stesso?
Perche, per
del di-
esempio,
si
dovrä permettere il termine otxog per designare un semplice templum in antis, e non piü per un templum in antis con opistodomo?
Finora niuno
ci
ha dato
le
prove di
in questo o in altro caso sarebbe
della cosa.
E
il
ciö,
alterato
concetto e questo: che
e ci il il
ha dimostrato che
concetto fondamentale
tempio
e
la casa del
dio che vi abita sotto la forma visibile della statua, e si esprime tanto bene col semplice oJxog^ o con gli analoghi vocaboli do^og e
quanto col piü solenne
Siüiicc,
e piü usitato
termine vaog
(^)
;
alla
(*) Cfr. la glossa: vct6g' naQä rö ifvaleiv iv aijtiö xbv 9^e6v, e Hesych.: vabs, olxoq 'iy&a d^eög nQoaxvvslzat, Herod. VIII, 143 : rav {(hE&v xal fjQwcay) ivingrias rövg re oixovg xal rä äydXfxara. Per ^öfxog cfr. Hom., 11. Z. 89: &vQag ;
Eumen. 242: Isthm.
8,
Ran. 1273:
(fd^ao*/ üqxBfÄL^og) e per ^{öfia Aesch,. xal ßgetag rö abv, &eA; Pind., Pyth. 4, 95; id. 119; Soph., Oed. T., 71 etc. (altri esempi in Stephanus, op. cit. s. vv.).
IsQoto döf^oio: Aristoph.,
ngöaeifxi, ^CHfxa
220
SAVIGNONI
L.
che
Romani
lo esprimevano con la corrispondente parola aedes, oltre che con la piü dissimile parola templum. E ogniino sa che questo concetto, che si e perpetuato nella religione
stessa
guisa
i
e perfino con la
fino ai nostri giorni
cabolo antico
(^),
divinitä, che
prima coabita
si
affine vo-
coU'origine tempio. La con Tuonao nella stessa casa di lui stessa
del
ha da quella il supremo potere, una casa sua propria, imi-
deH'uorao che
propriamente
(e
ricollega
un
di
permanenza
ossia diQWava^) riceve a poco a poco
tata da quella deH'uomo, la quäle poteva ben dirsi anch'essa olxog
Cosi ancora Pausania poteva designare con l'affine panon tanto per la sua appa-
senz'altro.
rola oi'xri^a l'Erechtheion di Ateno,
renza esteriore differente dalla ordinaria dei templi cinti di colonnato,
come suppose
il
Furtwängler
(^),
quanto
e
piü per la pianta
e la struttura dell'interno, pei dislivelli delle
parti e per i porbalcone delle Cariatidi, messi senza simmetria lä dove oc-
tici e il
piacque il che si spiega, io credo, con la forza della tradizione che volle che il santuario, destinalo a conservare i ricordi
corse
;
piü sacri e vetusti della cittä, e costrutto sulla stessa parte ove fu la casa di Eretteo distrutta dai barbari, mantenesse anche nell'architettura alcunche di quella complessitä e varietä di ambienti
che s'indovina ancora preistorica
gli
avanzi
Non m' indugerö
(^).
abbia dimostrato che dai
su
a
rintracciati
ricordare
di
quella casa
come Farcheologia
forme iniziali dei templi classic! derivano solo non Irascurerö certi preistorici ('*)
le
dei
fAsyaQa esempii nuovi che ci vengono da Greta. I due templi arcaici teste tipi
;
discoperti a Priniä, all'uno dei quali
dea che
(^)
sc.
Dei:
O
sopra ho Si ricordi cfr.
i
rammentata nostro
11
«
Duomo
(^),
appartiene quella statua di piü che mai nella
somigliano
», ted. «
Dom
Dome
», fr. «
»,
da domus,
giä citati döfiog, d&f^a.
Aegina,
p.
3,
dove sono ricordati
i
varii
esempii di queste denorai-
nazioni. C»)
Cfr. Jahn-Michaelis,
phie von Athen, (*)
Cfr.
sacri: p. es.
Per
il
p.
Arx Athenarum^,
nome fxsyuQov conservato
Paus.
p.
vii;
Judeich, Topogra-
237.
1,
in
tempi
39, 5; III, 25, 9; IV, 31, 9;
storici
VIII,
ad alcuni 6,
edificii
5; VIII, 37, 8.
la derivazione dal tipo « continentale » rimando a Perrot-Chipiez, Vart, VII, p. 349 sgg., e per quella dal tipo cretese al mio studio sul Pythion di Gortyna in Monum. d. Lincei, XVIII, p. 213 sgg. (') Pernier, loc. cit, p. 457 seg., e tav. in.
IX,
8,
1.
Hut. de
Alla rag. 221.
NUÖVE OSSERVAZIONI SULL' ISCRIZIONE
221
ECC.
pianta ad iina casa antica: infatti consistono di iina cella rettangolare con davanti im vestibolo (al quäle neiruno dei templi corrisponde anche un opistodomo); e la cella stessa ha nel mezzo loro
un
rettangolo incavato
nel pavimento per ricevere i resti delle bruciate suH'ara posta li dentro, e il fumo delle che erano vittime, iisciva da quali un'apertiira del tetto corrispondente al rettangolo predetto; precisamente cosi come avveniva nella casa omerica (^).
Niun
altro ediflcio sacro, meglio e
una
prima di
questi, ci
aveva
dipendenza dalla casa descritta analogia in io ed riconosco anche i primi esempii, non nell'epopea; questi solo del tempio hypetrale, ma altresi di^W impluvium della casa raostrato
si stretta
e
classica
della
dell'origine e dell'uso ('). Quäle migliore giustiflcazione parola olxog per la denominazione di un ediflcio consacrato
alla divinitä?
Ora, appunto l'iscrizione di Egina (che ormai io credo di avere dimostrato doversi riferire al tempio abbastanza grande e sontuoso del VI secolo a. C.) ci da la prova piü certa e piü solenne di
quelluso,
indipendentemente dalla grandezza
e
dall'apparato
del
tempio. Soltanto e vero che in Grecia la parola oJxog cadde generalmente in disuso depo il periodo di tempo cui spetta l'iscrizione, cioe dopo
il
VI
secolo
a.
C,
a differenza ^QlYaedes dei Romani,
ma
a somiglianza dell'altra voce greca 66fiog, l'uso analogo della quäle ci e attestato dalle voci ngoSo^og ed ÖTna^oSofiog, super-
nella nomenclatura templare(^); e questo avvenne, io credo, a poco a poco e in ragione della prevalenza e generalizzazione del stiti
tempio circondato da un portico a colonne.
tipo di
tettura distinse
Come
l'archi-
almeno negli esempii piü solenni e perfetti, la casa del dio dalla casa dell'uomo, cosi anche la lingua si attenne ormai all'uso esclusivo della speciale e antichissima parola vaog, che, pur contenendo in se il concetto origiallora definitivamente,
nario, valeva a distinguere
nettamente
il
tempio dalla casa comune.
(') Cfr. Perrot-Chipiez, ibid. p. 88 sgg., dove forse, in consegnenza di questa scoperta in Greta, h da modificarsi la parte centrale della sala (veggansi le tavv. I e IT).
() Giä
il
Pernier suppose che fosse nel tetto un'apertura per l'uscita
del fumo. («)
V. sopra p. 205.
222
SAVIGNONI, NUOVE OSSERVAZIONI SULL' 5SCRIZI0NK ECC.
L,
Probabilmente
riptero,
che
stessi
Egineti
gli
principio dissero raoc
il
edificarono
dal
fin
magnifico tempio pein onore di Aphaia
sulle rovine dQlVofxog piü antico e dotarono di
im xod^iog assai piü gnificato e per arte,
tempio secolo.
ricco e
mirabile, per
non
che
si-
fosse qiiello del
commemorato nella iscrizione Rammentiamo con gratitudine
del e
VI
rim-
pianto Adolfo Fm-twängler, che per la sua fasuprema siil santuario di Aphaia non solo
tica
quella iscrizione
ritrovö in
dea che fn
li
venerata,
il
ma
vero
nome
della
ci
procacciö altresi ima conoscenza
piü
ampia
e
piü
novello
pregi
del
tutto
ciö che
dei
gradita
tempio,
e
di
una volta ne com-
piva la particolare bellezza.
LüIGI Savignoni.
\ImmM
Statua di dea, in terracotta, trovata in un tempio dell'isola di Greta. (Dal
«
Bollettino d'Arte «)
DIE
Die
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN.
in rechts-
und wirtschaftsgeschichtlicher Beziehung gleich
wichtige und interessante Frage, mit der sich beschäftigt,
ist,
die
vorliegende Arbeit
soviel ich sehe, zuletzt von
Walion
in seiner
Histoire de l'esclavage (^) eingehender, wenn auch weder erschöpfend noch durchweg befriedigend, behandelt worden. Wesentlich
im Anschluss an ihn hat dann Marquardt im Privatleben der Römer (^) eine knappe, wie die Walions fast ausnahmslos auf die '
'
Angaben der
Schriftsteller gegründete Darstellung des Sklavener-
werbs bei den Kömern gegeben. Auch der verewigte Meister der römischen Altertumsforschung, Th. Mommsen, hat mehrfach Veranlassung gefunden ihr näher zu treten, ohne sie jedoch je zum Gegenstand einer eigenen Untersuchung gemacht zu haben. Er selbst hat freilich das Bedürfnis einer solchen empfunden und dies auch gelegentlich einmal
dem Wunsche nach
in
einer
'
umfassenden
Zusammenstellung der zerstreuten Nachrichten über die Herkunft der Sklaven zum Ausdruck gebracht (^). Die hier von mir vor'
gelegte
bemüht
sich,
dem von Mommsen
vor
nunmehr fünfund-
zwanzig Jahren geäusserten Wunsche im weitesten Sinne nachzukommen. Ihre Grundlage bilden, vornehmlich für die Epoche der Kaiserzeit, die Inschriften,
die Früheren gearbeitet
(^)
Bd. II« (1879)
S.
was gegenüber dem Material, mit dem
haben, hier ausdrücklich
16-66.
n
Bd. I (1879), in 2. Aufl. (1886) Schriften Früherer verzeichnet sind. (")
In der Abhandlung
im röm. Staat'
hervorgehoben
'
S.
166
ff.,
wo auch
S.
169 A. 2 die
Bürgerlicher und peregrinischer Freiheitsschutz
(18S5), jetzt in den Ges. Sehr. III S. 17 A. 2.
224
M.
BANG
werden mag; Papyri und Schriftstellerzeiignisse hinzu
(^)
treten ergänzend
(^).
Wie
jedem Staate mit Sklavenbetrieb vollzog sich die Ergänzung des Sklavenbestandes im römischen Reiche auf zweifache Weise, durch Zuwachs von aussen her und durch Selbstfortpflanzung. in
Von den dadurch geschaffenen beiden Klassen der servi facti servi nati, deren quantitatives Verhältnis nicht zu bestimmen für unsere
Zwecke auch gleichgültig
ist,
kommt
und und
für die Untersu-
chung der Nationalitäts Verhältnisse nur die erste in betracht (^). Ich beginne mit einer Gesamtübersicht über das vorhandene Maan Herkunftsangaben, nach Landschaften bezw. Provinzen geordnet {^), um dann zur Erörterung der Rechtsgründe der Unfreiheit überzugehen und weiterhin die Verteilung der verschiedenen terial
Nationalitäten auf die einzelnen tionalität auf die dienstliche
Provinzen, den Einfluss der Na-
Verwendung und
schliesslich die
Her-
kunftsvermerke auf den Inschriften der Sklaven zu behandeln.
Unberücksichtigt geblieben sind die jeweiligen Angaben der Schriftüber die in den Kriegen der republikanischen und der Kaiserzeit gemachten Gefangenen (s. die Zusammenstellung bei Walion IP S. 30 fF.). Ihre (*)
steller
Einbeziehung hätte bei der grossen Ungleichheit der Ueberlieferung über die äussere Geschichte des Reiches
notwendig ein schiefes Bild der wirklichen
Verhältnisse ergeben. Herangezogen habe ich vielmehr nur die zufällig sich findenden Nationalitätsangaben, diese aber in möglichster Vollständigkeit; was nicht ausschliesst, dass ich hier und da doch etwas übersehen habe. (*) Einiges habe ich schon vor vier Jahren ('Die Germanen im röm. Dienst', Berlin 1906, S. 74) ad hoc zusammengestellt. ihren Geburtsort ange(^) Immerhin haben auch die vernae, soweit sie ben, in der folgenden Uebersicht Berücksichtigung gefunden, obwohl ja die
Bezeichnung verna an sich schon in gewissem Sinne Herkunftsbezeichnung ist und sich als solche (mit dem 'Exponent natione) auch auf den Inschriften unfrei geborener Leute verwendet findet, wie C. I. L. VI 10049: Jlf. Aur(elius) Polynices nat{ione)
verna und M. Aur(elius) Moliicius Tatianus natione
Calpurnia natione vernacula; C. X 3646: C. Valerius Clemens vetranus nat(ione) verna (ähnlich C. XI 59. 61. 65) und sonst. verna-, 14208:
(*)
dies
Wo
der Sklaven- bezw.
durch Petitdruck kenntlich
Libertinencharakter nicht völlig sicher, ist gemacht. Ganz Unsicheres ist überhaupt
weggelassen. Anführungen aus Dichtern und generelle Erwähnungen sind in '
'
gesetzt.
DIE
I.
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
225
Allgemeine Uebersicht über die Natioiialitätsangaben der Sklaven. A.
der Republik.
Zeit
Ausland. '
multi eunuchi ex
Aegypten:
[Alexandra] Bad^vXXog Vgl. Plaut. Merc. ptia' Poen. 1291 \
cum ferunt '
Aethiopien:
:
.
.
'
414 "
.
f.:
—
Aegypto': Cicero Or. 70, 232.
6 ^Alb^avdgevgi^): Athenaeiis
ancilla
..
.
I20D. —
aut Syra aut Aegy-
Äegyptini qui cortinam ludis per cir-
'
.
Aethiops qui ad balneas veniat (centum) venatores Aethiopes
'
IV
Auct. ad Her.
:
— h. 61): VIII 131. — Ein Äetliiops im Lager des Brutus 42): ApIV 134; Brut. 48; Florus Obsepian — Eun. 165: 'ex ancilquens Vgl. Aethiopia 50, 63.
Plin. n.
(J.
(J.
b.
Plut.
c.
II 17, 7;
Terent.
70.
lula' (vgl. 471) und den sagenhaften Aethiops in der cretia-Erzählung bei Serv. in Verg. Aen. VIII 646.
Syrien: (Eunus) oixärrjg 2vQog 'Avnyärovg
Diodor
^Evraiov to
XXXI V/V
5
Lu-
yävog ix
= Eunus
ser134) vus natione Syrus Livius per. 56 nomine Syrus quidam Eunus: Florus II 7, 4. (Tvfißiovaa (Eifvcf)) 2vQa xccl i) .laav^noXTxig olaa (J. 134): Diodor XXXIV/V 2, 16. :
Tf^g "ATtafxsCag (J.
=
:
—
QaTviwv 2vQog ßacfiXsvg
(J.
134):
Evvovg iavTov
ebd. 2, 21.
^xhv 'Avtioxov^
(Stuimv to nXfjOog sTicovofjiaatv
2vQoi
Syria
ol '.
SgankTai
134):
(J.
—
Cicero Or. 70, 232.
(J.
—
rwv ärcoüTutSiv 2vQovg St twv änoo
—
ol 134): ebd. 2, 24. 'multi eunuchi e
ebd. 8.
—
2,
—
L, Lulatius Paccius thura-
—
CLL.
VI 5639. de familia rege Mitredatis (^): Die Zeugnisse über den bekannten aus Antiochia gebürtigen Mimendichter Publilius bei Schanz, Rom. Litt. I, 2^ S. 22. rius
—
Vgl. Plaut. Merc. (*)
414
f.
(oben unter Aegypten).
Maecenatis libertus: Schol. Pers.
sat.
5,
123
(vgl.
Seneca contr.
X
praef. 8). (")
Mommsen
wohl mit Recht, für den voi> Puer Syrus fortasse cum reliqua praeda regia Romae
(zu der Inschr.) hält diesen, '
Pompeius besiegten
:
venum datus ad Augusti aetatem
facile pervenire potuit
'.
226
M.
Cypern
ot oIxstui
:
xXrj^rjaav) (J. Cilicien
ot ix Tfjg
Kvttqov äxd^ävtsq
56): Dio
KXscov Tig KCXi^ ix
:
xaza
TTjv 2t,xsXCav
Diodor
XXXIV/V
BANG
XXXIX twv
vo^isvg 2,
ebd. 2, 20.
23,
tvsqI
t6v
ysyovcog 17.
43, vgl. 2.
—
.
(Kvtiqioi ins-
.
.
2.
Tccvqov toticov
.
.
.
(J. 134): Kofxarbg 6 ScSsXtpbg
tTiJTOtpoQßicov
—
'Adi^vicov Kili^ üb ysvog olxovo^og övoTv ciSsXtfwv ^syaXonXovKov (J. 104): Diodor XXXVI Athenio pastor Cilix Florus II 7, 9. 5, 1
KXscovog
:
cov
=
:
'
Cappadocien
:
Cappadox modo abreptus de grege venalium
'
:
Cicero p. red. in sen. 6, 14.
BithTnien; {Nicomedes Bitliyniae rex C. Mario) cctioxqksiv söodxs Tovg nXsiovg twv Btr^vvu)v vnb t&v dr]f^io(!i(ov(bv öiaQTtaysv-
Tag SovXsvsiv iv raig inaQ^iaig 3,
(J.
104)
Diodor
:
XXXVI
1.
Thracien: AsvxXov zivbg Bariciiov luovoßccxovg iv Karivr^ TQscfovTog, cov Ol TToXXol FaXccTcci xal &Qaxsg fjüav ißovX€V(tavTo .
^ihv Siaxoaioi (psvysiv
J. (
73)
:
Pliit.
.
Grass. 8.
.
—
(Spartacus)
im
Tag 'ÄXnsig rbv atgarbv oto^svog SsTv vTtsQßaXovTag avTOvg im Tct olxsta %MQ€Tr, TOvg fjih' slg 0Qaxrjv, TOvg
fjyev
d' slg
FaXaTiav
(J.
72)
:
—
ebd. 9.
^naQTaxog &Qa^
avrjQ,
iaTQaTtvf^isvog noTä 'Pcüjuaioig, ix 6^ atxjiiaXwaiag xal nqa-
iv ToTg ^ovoiiaxoig lov (J. 73): Appian. b. c. I 116 ^TTocQTaxog avr]Q 0Qa^ tov Nofia6ixov ysvovg Pliit. Crass. 8 as(tig
:
=
=
(Spartacus) de stipendiario fhrace miles, de müite dezertor^ inde latro, deinde in honorem viriitm gladiator: Florus II 8,
8
= Spartacus
(fvXog oixTa tov
Macedonien
:
Tlirax: Orosius V, 24,
^naqTaxov
1.
—
i]
yvvi] oßo-
Plut. Crass. 8.
Macedones (multi Romae servierunt) rege Perse capto
168): Cic. Tuscul. III 22, 53. Griechenland: de Cn. Publicio Menandro, libertino homine^ quem (J.
apud maiores legati nostri in Graeciam proficiscentes Interpretern secum habere voluerunt, ad populum latum est, ut is
Publicius, si
domum
revenisset et inde
ne minus civis esset (vor 146): 'Axccibg xal Tovvo^a xal to ysvog
(J.
2, 16.
C) Vgl. Momrasen St.-R. III
S.
656 A.
1.
Romam
redisset^
—
Balbo 11, 28 (^). 134): Diodor XXXIV/V
Cic. pr.
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
DIK
Libiirnien: A.
Arrius A.
l.
Philemo Liburnus:
227
1269
C. I
= IX
352. Gallien:
Statins
Caecilius
comoediarum scriptor
{^)
... natione
Insuber Gallus ... quidam Mediolanensem ferunt (J. 225? 222?) (2): Hieronym. ad a. Abr. 1838 (=179 v. Chr.). %ervm natione Gallus (J. 88): Livius per. 77 percussor
—
=
= carnifex Gallus genere: Comm. — Crixus Oenomaus Lucan. Phars. 70 — Orosius V 24, Crixus 73) gentis eiusdem
Gallus: Auct. de Bern, ad Galli
(
J.
vir. ill.
Q7
II,
Galli atque
et
(^).
et
1.
:
Germani
(^) (J.
pars fugitivorum quae
72)
ex
97=
:
Sali. bist. III
Gallis
fr.
Germanisque
96 D.
-
constabat
Galli auxiliatores Sparlaci Ger71): Livins per. Galli Germanique ex factione maniquei Orosius V 24, 6 Casti et Gannici (^) Frontin. strat. II 5, 34. Castus et (J.
=
—
:
—
Gannicus duces Gallorum
(J. 71): Frontin. strat. II 4, 7. t6 Aixirog ^ihv ccqxccTov raXccTrjQ fjv, äXovg dh sg Si] xal Tovg "Pcojuaiovg dovXsvCag to^ KuC(Sccqi vnb ^bv sxsCvov
Sh
7]X6vd8Qd)drj ...
(J.
LIV 21, B {% — '(ad maxime ad iumenta Varro
58-44): Dio
'
pecuariam) Galli adpositissimi, rer.
rust.
Germanien
:
II
10,
:
4.
factum (eius hostis periculum) etiam nuper in Italia (J. 72-71): Caes. b. G. I 40, 5; vgl. Dio
servili tumultu
Gaecilius quoque ille (') Vgl. Gellius IV 20, i3: inclutus servus fuit et propterea nomen habuit Statins.
comoediarum poeta
In einem dieser Jahre scheint er in Gefangenschaft geraten zu sein. als servus publicus natione Germanus qui ... hello Cimbrico captus erat: Velleius II 19 servus publicus natione Cimber: (^j
C) Derselbe bezeichnet
Val. Max. II 10,
70
ff.
=
Vgl. Plut. Mar. 39;
Appian b. c. I 61; Lucan Phars. II und meine Ausführungen Klio X S. 178 ff. (*) Im ganzen 30000 Mann: Appian b. c. I 117, 543; vgl. Livius per.
96; Orosius
V
6.
24, 2; Plut. Grass. 9.
Die Form Gannicus (so die Perioche des Livius und der cod. Parisinus 7240 des Frontin au dieser Stelle) ist, wie die Inschriften zeigen (')
(C. XIII 5187 und vielleicht 2135), die richtige, nicht Gannicus, wie Gundermann, dem cod. Harleianus folgend, schreibt. Im übrigen scheint der Name lieber die Stärkegermanisch zu sein; vgl. Müllenhoff D. A. II, S. 155. verhältnisse dieses Heerhaufens s. Rathke, De Romanorum bellis servilibus*
—
*
(Berl. Diss.) 1904, p. 68. 70.
ecc
(«) Nach dem Grammatiker Probus Germania puer captus.
bei Valla schol. in luven, sat.
1,
109
228
BANG
M.
XXXVIII
— To rsQfiarixov
vßqsi xal (fQovrj^aTi tcov 2nccQTax€i(jDV ctTToaxKi^sv (J. 72): Plut. Grass. 9. Vgl. oben unter Gallien.
Ligmieii
1.
45,
—
servus natione Ligus (J. 218): Coel. Antipater
:
XXI
b.
Livius
46, 10.
Africa: a
Setinis captiva aliquot nationis eins (d. h. Karthagische) empto. ex praeda mancipia (J. 198): Livius XXXII .
.
—
6.
26,
nier) {'): C.
F.
salan{us) soc{iorum) s(ervus) (ein Pu7856 -= I. G. XIV 608 (ca. 180 v. Chr.). C^).
Cleon
X
—
Terentius Äfer ca.
(geb.
Romae Gaetulien:
.
.
Te-
—
est
Karthagitiietues multi
servierunt (nach 146?): Cic. Tuscul. III 22, 53. GaetuH {in Circo adversus eleplianios pugnantes
55): Plin.
J.
.
Suet. vita Ter.
190):
Romae
mature manumissus
Carthagine natus serviit
(^)
Lucano senatori, a quo
rentio
Geburtsland \mh estimmt puer (M. Äntoni IIl viri v.
Plin. n. h.
Chr.) Alpes genitus (ca. nales trans maria advecti': Plin. :
n.
Inland. '
'
Cic. de Syri venales de noviciorum grege quis
or. II
:
VII 56.
XXXV
Cic. in Pis.
—
'
ve-
199.
— Syrus nescio 1,1. — ävöganoSu '
QQ, 265.
'
:
h.
p. c) Irans
r,
:
40
Syrien:
i.
VIII 20.
h.
n.
'
'
2vQia
(J.
48)
Appian
:
b.
II 74.
c.
quod illic natum dicitur esse, comparasti ad cam (octo homines rectos) Catull. 10, 14-20. '
Bithynien
:
lecti-
'
:
Asien
:
Z.
Manneius
Q.
{libertus)
("*)
medic(us)
vfxQocTr^g Jt^iurjiQiov TqakXiccvog: C. (ca.
(^)
100 v.Chr.)
Wie
(^).
—
388
.
.
.
=
cpvaei 6^
I.
G.
Ms-
XIV 666
Cic. in Verr.
'venales Äsiatici':
aus der auf den lateinischen und griechischen Text folgenden accuratiora Cleon patrio usus ser-
phönicischen Inschrift hervorgeht, in der
mone
X
*
narravit' (Kaibel). (2) («)
(*)
Ritschi, Opuscula
IV
p.
661.
Vgl. Baehrens, N. Jahrb. f. Philol. 1881, S. 401 So und nicht filius, wie Kaibel und Dessau (Inscr.
f.
sei.
7791) meinen,,
nach Analogie von C. VI 700: C. Ducenius G. Hb. Pkoebus, filius Zenonis, natus in Suria Nisibyn{e), zu ergänzen. Ueber das Fehlen der
ist
Bezeichnung libertus (*)
Auf
Sadria S.
f.)
s.
Oxe. Rhein. Mus. N. F. 59 (1904), S. 111. Nomenclatur (ausserdem Maxsuma
diese Zeit führt sowohl die
wie auch die Schreibung ei in veivos und frugei.
DIE
V
146.
56,
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
—
*•
ctvSqaTtoSa (pQvyia
229
AvSia'
xccl
(J.
48):
Appian b. c. II 74. Achaia: vidi etiam in PeloponnesOj cum essem adulescens, quos-
dam L.
Corintliios (sc. servos) (J. 79)
Ateius
libertus
Phüologus
Suet. de
Sullas): .
.
.
:
libertinus
gramm.
—
10.
—
Cic. Tuscul. III 22, 53.
Atlienis
Le)iaeus
natus
est
(Zeit
Magni Pompei
traditur 'puer adhuc Athenis surreptus refugisse
patriam perceptisque liberalibus disciplinis pretium suum gramm. 15. •Gallien: M. Antonius Gnipho, ingenuus in Gallia (*) natus sed in
retulisse: Suet. de
expositus, a nutritore suo
manumissus
(geb. ca. 114): Suet.
de gramm. 7. Spanien Statius (^) Benni P. s{ervus) Hispanis (so) :
40
1848
—
(^)
C.
:
IV
'
non omnis apta natio ad peChr.) (*). (ca. Varro Bastulus cuariam, quod neque neque Turdulus idonei v.
'
:
rust.
rer.
Sardinien Cic.
II
10,
4. '
'
Sardi venaleSj alius alio nequior (sprichwörtlich) ad fam. VII 24, 2 Festus p. 322 M. Auct. de vir.
:
:
=
=
57, 2.
ill.
Sicilien:
Veneris Erycinae: Cic. in
Agonis Lilybaetana liberta Caec. 17, 55 (J. 70).
Italien
Q,
:
tis
Caecilius Epirota Tusculi natus, libertus Attici equiad quem sunt Ciceronis epistolae: Suet. de 16. L. Crassicius gener e Tarentinus, ordinis
Romani,
gramm.
libertini,
—
cognomine
Pasicles
(letzte
Zeit
der
n. h.
X
Republik):
ebd. 18.
B.
Kaiserzeit.
Ausland. Aethiopien: Aethiopes duo (Tiberius): Plin. thiopes (J. 41) (') (^)
Paenultima non potest esse u
man den Nom.
—
'
122.
— Ae-
duo Aethiopes capillati
'
:
'
bemerkt der Herausgeber. Trotzdem sing, zu verstehen haben, wie ja die Schreibung i für u
auch in der Endung -us 4222 (Christi.): duobis). (*)
Suet. Cal. 57.
In Gallia Cisalpina oder in der Narbonensis. Vgl. Gellius IV 20, 12. '
C)
wird
:
öfters
vorkommt
(C.
XIV
3031: libertabis; C. III
So auf Grund der Nomenclatur und anderer Indicien Oxe
S. 126 oben.
a.
a.
0.
230
BANG
M.
Petronius 34,
4.
—
VII 87.
tial.
—
*
fruitur tristi
AetMops
procerüsimus homo
:
advectus
.
Gabbara nomine ex Ärabia h. VII 74. esse{danus)
.
.
—
n.
lib(eratus) Faustus (coronarum)
—
XII 3324
Mar-
:
5.
Plin.
(Claudius):
'
— Äethiopes
luvenal. sat. 8, 33.
:
aniculae: vita Elagab. 32,
Arabien
Canim Äethiope
'
'
XXXVII n{atione)
Ärabus:
Ein Araps Caesar(is) n[ostri) (vgl. 1245). ser. C. VI 8868. 8869, eine Sklavin Araba ebd. 12280. Indien (^): fjv 6h ovxog {Autolecythus Favorini serous) ^IvSbg fihv C.
—
xai txavobg fiäXag (Hadrianus) Philostr. vit. soph. 18. Mummeia Peducea Inda: C. VI 22628. Vgl. Hör. sat. II 8, 14: :
cum Parthien
—
Gereris procedit fuscus Hydaspes. lul(ius) Mygdonius generi Parthus, natus ingenuus,
sacris C.
:
capt[us) pubis aetate^ dat{us) in terra(m) Romana{m) s. factus cives R{omanus): C. XI 137 (1. Jahrb.). natione Narcissus» Parthus lib. paedagogus [puero}Aug. .
—
.
rum
.
VI 8972 (Marcus).
imp{eratoris): 0.
Trans fluminianus nomine Abbas qui
— puer
.
.
.
.
.
natione
anEutyches Mus. 229 norum circiier Septem (J.166): Pap.Brit. (Schulten, Sex Vividius Sex. l. Parthus C. Hermes 32, 273 ff.). .
[_ef]
—
.
.
:
VI 29112. Persien: Mercurius origine Persa ex ministro triclinii rationalis (J.
354)
Cappadocien:
:
Ammian
XV
\_Ca']ppadoca
3, 4.
Antoniana
(^):
C.
VI 33390 (Au-
gustus).
Dacien: Dacus insutarius: C. VI 7407 (Augustus).
Nereus nat(ione) \German{us)) (^) Peueennus Germanicianus Neronis Caesaris: C. VI 4344 (J. 19-29).
Germanien:
—
Suebus Germanus
(^)
:
C.
VI 6236
(Claudius).
—
'
rig vjjlwv
—
sie (V) Bei der ethnographischen Unklarheit der Bezeichnung Indi wird auch von Aethiopen und Südarabern gebraucht: Letronne, Mem, de l'Acad. sind alle des Inscr. IX (1831), 158 if.; v. Gutschmid Kl. Sehr. I S. .38
—
hier aufgeführten Nationalitätsangaben mit einem Fragezeichen zu versehen. Antonius oder seiner (^) Ursprünglich Sklavin entweder des Triumvirn M.
jüngeren Tochter. vgl.
C) Zu ergänzen corpore custos, gehört hinter das folgende Peueennus; Germanen im röm. Dienst S. 67.
meine (*)
'
*
Germanus
ist
o/ßcium servile (vollständig Germanus armiger), nicht
DIE
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
231
ovx äxofj TTccqsiXv^ipev to reQfiav(är TiXf^^og; ccXxr^v ^kv yciQ xai fisys^r] aco^drcov sl'dsts drjTiov nokXaxig, insl 7iavTay(pv Tovg tovtwv alxficckcoTovg
'PwiLiatoi
Ind. II
bell.
376 (Agrippa
'
loseph» — empti per66)commercia
s'xovcJiv
spricht).
—
:
(J.
Tac. Agr. 39. {Usipi quidam) per commercia venumdati et in nostram usque ripam mutatione ementium Tac. Agr. 28. adducti (Domitian) Germanus (= bar-
(J. 83):
—
:
'
barus) minister
'
'
Germanici baiuli
Logus
.
.
:
nat(ione)
.
nat(ione)
.
.
.
Sh ta
ol
(po-
Germanus
C.
\
X
—
3577.
Cn,
14359^
VI 17861.
C.
(^):
Vibius
III
C.
\_Er'ynundur(us):
—
—
14.
Tertull. ad ux.
Felix serbus nat(ione) Germanus lix
^
yvvaixwv xal (fOQad}]v ßaCtdiovClem. Alex. paed. III 4 (27, 2).
Kslvol tioXXoi':
Teg
—
96.
tcov
slg vipog oI'qovtsq
QeTa
XI
Martial. epigr.
:
'
—
Fe-
... [se'y{vus'^)
Suebus: C. VI 30569.
Mauretanien
pueri minuti Mauri (Augustus)
:
Suet. Aug. 83.
:
l,
—
—
armillata plialerataque Mazacum turba (Nero) Suet. Nero 30. cursor Gaetulus': luvenal. sat. 5, 52. Gaetulus :
'
Gaetulien:
—
'
ebd. 5, 59. Gaetulus und ganymedes Sklavennamen C. VI 18842. 31012 und sonst. :
—
'
Gaetulicus
als
Geburtsland unbestimmt: {paedagogus Claudii) barbarus et olim regis fisuperiumentarius (Augustus) Suet. Claud. 2.
—
:
lius '
.
.
.
ipse
me
dedi
in
servitutem
serva nulrix adhibita, ut plerumque
bar ae nationis': Gellius XII
17.
1,
:
Petron.
solet^
—
—
4.
57,
externae
et
—
bar-
Annius C. l. Dioa(nnos) XII: C. VI
C.
nysius {c~\aptus an(norum) IX, servi(i)t 11712. externis (^) natus terris: Not. p.
'
'
d.
1898
scavi
477.
Inland. Greta: p.
mutier nomine Theudote ... n{atione)
959
tab. cer.
XXV
(J.
— 160).
xTr]Tix7]
Gretica:
C.
III
6ovX[r] dJy6(j,aTt
Herkunftsbezeichnung. Andere Germani aus derselben Zeit, wie dieser Sklaven der Statilii Tauri, C. VI 6221. 6229-6235. 6237. 9191. (')
Wenn
nicht,
Avie
der
folgende,
aus
der
Provinz
Germanien,
gebürtig. (^)
Wofern nicht das Wort hier nur
gebraucht
ist.
in
dem Sinne von
'
nicht italisch
BANG
M.
"232
2T€(pccvrj sTiixsxXrjf.isvri ^'c'^sifuvovg
ürk.
d.
Leipz. Papyriissaraml.
SovXy] 7
1059,
—
57.
ovofia
fj
13
(J.
Chr.
V.
. .
ysvsi Kgr^rixt]
.
Movaa
svysvrig
?).
Aegyptü
—
Aegyptius puer
Griech.
Petron. 35,
:
BGÜ. IV
ÄlyvTtxoy. (Gaiiis)
—
'
'
:
5 (J. 293).
4.
C. VIII 10881.
Oyrenaica: Philipus Cyrenaeicus:
Aegypten:
I
6.
Suet.
:
Cal.
Harpocras Ae-
gyptius vofxov MsfxcpiTov a peregrina manumissus Plin. ep. X 6; vgl. 10. 1. (Eclectus a cubiciilo Aug.) to yävog Alyvrt:
—
Tiog
(Commodus)
flerodian
:
I
—
6.
17,
Apollonius medicus ^Ejicccpov yswrjiia 1. G. XIV 809. f^iu ('): C. X 1497
=
—
^
.
B. Servilius D. L .
.
^Pcofjiaicov
(Sttsq-
^
pueri Alexandrini' puer Alexandrinus qui caldam ministrabat Petron. 31, 3; 68, 3. Thr{aex) M. Antonius Exoclius nat{ione) Alexandrinus: C. VI 10194
Alexandria:
—
'
:
(Traian-Hadrian).
—
Triaex)
—
nat(ione) Alexsandrinus:
Aptm
XII 3329 (3. Jahrb.). Macedo Thr(aex) uro AlexandriVI 10197. C. Generosus retiarius invictus n(us): n{atione) C.
—
Alexandrin{us)
Alexandria
{et)
:
V
C.
3465.
.
—
C.
lulii Crispinus et
co(l)libert(i) et fra-
tres: C. III 10551.
Syrien
.
Euritus domo
Iul{ius)
Lynx
.
—
C. lupueri minuti Syri (Augustus) Suet. Aug. 83. Menoetes Antioehensis Syriae ad Baphnem\ C. IX 41 :
:
lius
— Nomius Syriä (pantomimus): VI 10115 — Glap(h)yra Syra Messalae: VI 4699 (Augustus). — Prima Sura Alexandri (Augustus-Tiberius). VI 6338 (Tiberius-Claudius). — Auge Sura VI 6340 (Tiberius-Claudius). — I)ap{h)ms Sura: VI — 6431 (Tiberius-Claudius). Syrus nequa(m): qui — munera IV 4831 tulere quae grandes — Martial. VII 53, Syri suffulta — utSyris IX datur canusinaius puellae — libertinus ebd. IX 22, nostro Syrus asser sudet luvenal. 102. — natus ad Euphraten (Syrae) 65. — ad cireum iussae prostare puellae {mu— ebd. 351. vehitur cervice Syrorum' quae longorum C.
(Augustus).
C.
l{iberti) pist,
C.
:
quasillari[a']:
C.
C.
scripsit
*
C.
octo
(vor 79).
'
:
*
lo.
epigr.
octo
'
lectica
:
ebd.
11.
2,
'
'
e
,
.
'
9.
:
'
sat. 1,
':
.
'
:
:
lier)
*
Apollonius D. Servilio et patrono natus Aegyptia'- (Kaibel). (»)
'
ebd. 3,
et patre
6,
usus esse videtur et matre
HERKUNFT DER ROKMISCHEN SKLAVEN
DIE
Jsidag 2vQog ''Hoovlog y>(»(>yog rfjTLs ivQog: BGÜ. II 618 ii 19 (J. :
BGÜ.
I
213/4).
233
155, 3
—
153).
(J.
—
Allectus [natusj
—
Laudicia Syria C[oele~\ Aug. Hb. curs[or]: C. VI 241. C. Ducenius C. lib. Phoebus, ßlius Zenonis, natus in Suria
—
Msibyn(e), liber factus Romae: C. VI 700. natus'} in Suria oppido Olumpi lib. [. .
—
851.
.
.
.
.
Julius
C.
C.
:
.
XII 4899
T. Aur(elius) Apollinar^s'} nat{ione) »S'f«/]Strato Augg. lib. rus Apamenus (Hb.): C. VI 13021. Flamma 5[^]natione Syru Antiocense: C. VI 26883.
vgl. p.
.
€{utor)
nat(ione) S^yl^rus: C.
.
.
—
nem Surus (0C. XI 198 Ä.
VI 32827.
C.
— X 7297. — Bassus
—
Bamas
natione
natio-
Surus:
VI 17318. — — VIII 9493. *Postumus ^Annaeus Fros Suru{s) VI 24898. — L. Appaleius L. ONISOR Syrus: Hi— BGU. X 557 —"ox^iog larus Sur{us): — BGÜ. Marina 816, 2vQog (Pasionis cuiusdam) X 1984. — Lucia natione Syra: X natione Syre: X 3467. — Aurelia Tyche nat(ione) Syra: — VI 16486. 3540. — Manneia 0. Surisca: Epistolium VI 17117. — Tyche Fortunata Surisca: Egnatia — VI 27868. PJioenica: ...] Commagen\_. (conserva aus Rom. — Syrus imedierte Syra {Sy-
—
Eudem\iis\ natione Surus:
C.
L.
C.
:
l.
C.
l.
C.
ii 11.
o
1 178, 4.
ivgog-.
III
:
14.
C.
C.
C.
liber(ta) ..
C.
l.
C.
C.
l.
0.
.
Inschr.
illius):
imö.
Sklavennamen sehr häufig (*). ludaea: \_cr\audia Aster \_H}ierosolymitana [ca']ptiva: C. X 1971 risca
(mit Nebenformen)
als
(Claudius).
Forlunatus Cyprius Zweifelhaft Inscr. Gr. XIV 677.
Cypern:
Gavius
Q.
Cilicia (pantomimus): C.
Cilicien: Pylades
Hieronym. ad
Cilix pantomimus:
KiXi^
xcofirjg
C.
cissa: C.
VI 6483
Thars(o) luliantis Sklav eines
eques
C.
14523.
Beispiele 17344. 18636.
27034.
27081.
(•)
27082.
55716 und sonst
VI 1011h
Abr. 199b
MrjaTaQv&v: Suidas s. VI 4294 (Augustus-Tiberius).
ccTiö
[_Ci']lix:
(»)
a.
(s.
V
C.
(Hb.):
—
v.
—
1032.
—
= Pylades
= IIvXa^r]g
—
*
Loiadus
Laudica
Cili-
L. Laelius L. Hb. (Tiberius-Claudius). Cilic(ia): C. VI 220, 13 (laterc. vigilum singularis; vgl. C. VI 3173. 3227. 3229. 32796. ii 49. 2223. 5833. 6943. 7546. 11292. 13782.
VI 975 18707.
19315.
22402.
23775.
24206. 24239. 24299.
27211.
28076.
28687.
33450.
38612. 33910. 34953.
die Indices der einzelnen
Bände des C.
I. L.).
16
234
BANG
M.
—
J. 203). L. Arlenm L. l, Demetrius nal{ione) Cilix. negotiat{or) sagar{ius): C. VI 9675. [Tl Petr]onius T. l. De\_. .]r^^5 natione Ci\_lix^ : C. XI (3396. Ta^Qae^vg V.
—
—
.
devtsQog mklog \_M~\6XaviTinog Cagnat IGß. III 43. Prima Erotis Cappadoca: C. VI 6510 (Tiberius:
Q7]Tiaqig
Cappadocien
:
—
Claudius).
hjmo Cappadox
'
'
qui valebat
Petron. 63,
:
5.
valde audaculus et
longus,
—
'
'
Cappadox
'
'
Cappadoces in catasta sex^: Martial. VI 77.
X
ebd.
—
76.
"
C.
C~\appadox X 3571.
C.
Inscr.
Vgl.
C.
:
—
VI 2171.
C.
2.
—
'
— L. Antistius L. Aeteius
C.
VI 11188.
—
XI
Cyrilla nat(ione)
—
864.
— ancilla Gr.
:
—
luven, sat. 7, 15.
':
Cappadoxs:
Cappadox'.
ebd. 69,
77. Cappadoces 'de Cappadocis eques catastis't (equites) Cappadoces, altera quos nudo tra-
ducit gallica talo
Eros
Pers. sat. 6,
:
—
XIV
{_L
C.
l.
l.
Eroz
L Ero^s
L.
'^^ienm
nomine Cappadoca:
C.
Cappa{doca) :
VI 17263.
—
400.
ävdqccTioSa fih' yaq JIorTixcc r) Avöia tj ix ^Qvy&v TTQiaiT' av xavTav^ä Tig, oov ys xat ays'Xaig svtvxsTv ictiv
Pontus:
''
'
afxa (foiTuiaaig
dovXog TQiibv:
övofiaTi
BGÜ.
Paphlagonien
:
dsvgo
KccQog
C.
yävsi
Apoll.
Tyan.
novTi[xbg wg]
VIII
itiJbv
7.
—
d6[_xtt~\
III 937, 9 (J. 250).
lecticarius: C.
Phil[e~\ros
(Tiberius-Claudius). ne)
Philostr.
:
—\_P~]ap{h)lago L. Arlenus L.
l.
VI 6311
Artemidorus
Paphlago mercator sagarius: C. VI 9675. X 1973. 3462; Inscr. Gr. XIV 1787.
nai(io-
— Zweifelhaft
Bithynien: servus (Tauri Statilii Corvini cos. a. 45) nomine Bithynicus: C. VI 6417. equites Bithyni, altera quos nudo
—
'
' .
traducit gallica talo rilla
domo Bithyna
:
luven,
(liberta
et
sat.
7, 15.
—
coniux militis
—
Puhlicia Cy^ leg,
V Mac):
Bi^v^ni BGU. I 118, r (^). (J. 189). Sijnfor{us) gen{ere) Bythynus: C. VI 27053. Polychronia natione Thyna {vixit annos XX, servivit anC. III
7503 (Hadrian-Marcus)
—
nos IUI)'. C. 4337.
(')
XI 3541.
— ....
—
nationis Nicomidii: C. XIII
Die Zeit ergiebt sich aus dem Fundort der Inschrift, Troesmis in
Niedermoesien. Vgl. Filow, Die Legionen der Provinz Moesia (Leipzig 1906)^ S 64.
DIE HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
Galatien
Diocles
:
Caesaris ministr(ator) Germanicianus na-
Ti.
VI 4351
Gallo grae[c(us)']: C.
tione
—
—
(Tiberius).
Caesaris Augusti equiso Gallograecus:
Ti.
235'
C.
Hilarus
VI 33777
—
Asclepi[_. .] nat^one GaP^ata'. C. VI 12495. alumnus natione Calatus: C. X 1976. Galata Glycerus als Sklavenname C. VI. 10077. 19538 34123«. BulL
(Tiberius).
.
—
=
comun. 1905
159. und sonst.
p.
Lycaonien: Laiemus Aug{usti) circitor natione Lycao (et filius): C. X 711. Zises Aug(usti) atre(n)sis natione Lycao: CX 713 (beide, wie es scheint, aus Claudischer Zeit). (^).
—
Onirus Isaurus: Not.
Isaurien:
Pamphylien ^
XIV
838.
Lycius (puer)': luven,
QoccTior
BGÜ.
scavi 1897, 406.
AvQ{riXioq) 'Avuioxog nsqycuog (üb. hominis Pergaei)
:
Inscr. Gr.
Lycien:
d.
11, 147.
sat.
—
Avxiov ov
6v[jonaTi IlQoadoxCcc ysv~\si
:
(foi;Afx6[v] xo-
cog
si&v
sl'xoCii
Fragment aus Myra vom
III 913, 7 (J. 206); vgl. das
Jahre mit der Erwähnung eines \_na~\i:aQ€vg H^aytov ebd. p. 242. Vielleicht auch C. VI 28228 : Sovlrjv Valeria D. l. Lycisca, XII annorum naia Romam veni. selben
.
Asien
:
.
—
.
pueri nobiles ex Asia (Gaius)
Suet. Cal. 58.
:
'Axirj STisTigavo fxhv sx rrjg 'A(riag (Claudius) '
(Trimalchio Maecenatianus spricht) tarn Petron. 75, quam hie candelabrus est '
:
ticus: C.
IV 2393. 2394
(vor 79).
'
—
'
:
Dio
magnm
—
—
LXI
17
dt
7, 1.
— Sri
ex Asia veni
Dapnus AsiaMytilenaei roseus man-
—
10.
'
'
Martial. VII 80, 9. gonis ephebus flos Asiae (=pul' eher puer Asianus caro pretio comparatus: Schol.): luven, sat. 5, 56. equites Asianij altera quos nudo traducit :
—
'
'
gallica talo in
Asia: C.
:
V
ebd. 7,
=
14.
—
—
L, Ursius L.
l.
Boetus natus
[Z.] Laelius L. l. Eros Asiaticus: L. Laelius Eros Asiaticus: C. VI 21021.
7451.
—
VI 10683 Isidora m{urmillo) Primus lib. Asiaticus: C. XII 5837. domo Asiae (viearia Aug. dispensatoris) C. III 7802. Laudica Asiatica: C. VI 9907. Phrygien: (^) adulescens quem Phrycia edidit tellus: C. VI 17130, C.
—
:
13 (J. 12 V. Chr.).
— M.
Livius Aug.
l.
—
\_Ph']ryx a veste: G.
Vgl. C. X 696. 698-701; ein C. lulius Augusti [Z. ... das. n. 710. Vgl. Philostr. Apoll. Tyan. VIII 7: ^qvH yotfy inixtttQtov xal dnoSidoad-ca roig airdv xal äydQano^tad-eytcay fx^i ini
236
BANG
M.
—
VI 4042 (Augustus).
'
luven, sat. 11. 147.
':
Phrijx (piier)
— —
Eutychas servos natione Phrijge: C. VI 3173 (Hadrian). civitati Nacolensium patriae suae testamento legavit P. Aelius
Onesimus Äug.
(Siov
2ccfißaTlg
yia:
BGU.
f.ihv
li[b.~]:
— xoga-
fjisTovofiafr^sTcTa ^Adrjvaig ytvei C>qv3. 14 (J. ro 151). KXsavSQÖg iig
i)
Cxsaäai (Commodi
0Qvym'
:
.
—
.
.
fjv
drjfxodia sIoo^otcov vtto xtjqvxi niTiQcc-
Herodian
libertiis):
'
€x
6998 (Hadrian).
III 887,
ysvog (P^v^, tcov
noSa
CHI
oben
I
12,
3.
234 unter Pontus.
S.
— —
— —
^
ävdqalantinus
... TrophiFryx C. V 4506. mus Äug. Hb. ... puer quondam Phrygius pastor: C. VI 27657. C. VI 35053. Petronia ViCosmu[_sl, Phryx
retiarius
.
.
natio{ne)
.
:
—
:
X
ctoria natio(ne) Phryg{ia) {Hb.): G. 1986. Carlen: Vitalio baliat (= valeat), Car est: C. IV 4874 (vor 79). Philostr. Apoll. Tyan. III 25. '/fctvdqanoSu Kagixa
—
'
'
:
QoxXfjg KccQixöv ccvöoccTcoSov
= Zonaras
XII
14.
—
(
Elagabalus)
:
Dio
LXXIX
Symphoros Äntiochi Caesareus
— 1
15,
{\. e.
Antiochi Gaesaris servi vicarius) Trallianos'. C. IX 285. Lydien: qui Colitis Cybelen et qui Phryga plangitis Attin ... flete
meos cineres; non
est
alienus in Ulis Hector (Demia. 95 servus vel lib.) et hoc
Flavii Clementis cos.
tillae fort.
tumulo Mygdonis umbra tegor: C. VI 10098. noSa AvSia oben S. 234 unter Pontus.
—
^
arSga-
'
:
—
Tyrannion Cyncena: C. VI 27264. JI. Ai'Xiog ITsgyaiJirjVog, smSo^og \yov^~\^aQovSiqg, xoXXrjyiov ^X^[v] «V ^Poüfiri t&v (Tovfif^iaQovd\^(ov^: Cagnat III Älcimas Zmurneus tubocantius: C. VI 10149. 215. C. XIII 2623. CoL. lib. Parthenopaeus Ephesi{us)
Griechenstädte: Terentia M. .
.
l.
.
—
.
.
—
:
.
—
VI 4936 (Claudius?).
tinos Milesios: C.
Khodus: Gaius nat(ione) Rhodius:
C.
XIII 7084.
Griechenland: (^ Eutychis Graeca (') (meretrix): C. IV 4592 (vor natus in fans delegatur Graeculae alicui ancillae 79).
—
Tac.
(*)
'
'
dial.
29.
Im weitesten
—
Sinne
:
puer Apalaustus
genommen denn ;
.
.
.
n(atione)
Grecus
:
dass ein Sklav mit der unbestimm-
ten Herkunftsbezeichnung natione Graecus ebenso gut wie im Mutterlande »uf einer der Inseln oder in Kleinasien oder sonst wo geboren sein kann, versteht sich von selbst. («)
Für Graeca stand ursprünglich verna.
DIE HERKUNFT DER ROKMISCHEN SKLAVEN
940
C. III p.
tab. cer.
VII
(J.
237
— Apollmaris 142).
servi Greci: C. VIII 11985.
Glauce
et
—
{collibertus et
L. Aemü{ius) Hippolyt(us) educator illius) q(ui) fuit natione Graecm:
C. II 4319.
Euttjchidesnat(ione) Graecus:Q.Nl\14.i:%.—
—
XX
Beryllus esse{darms) lib(eratus) (pugna) nat{ione) Graecus: C. XII 3323. Vgl. den venaliciarius Graecarius
—
(oder, wie
Attica
:
Mommsen
JioSwqu
'ASrjvccia
gr{d)e{g)arius) C. XII 3349.
will,
C.
:
VI 7596 (Claudius-Nero
?).
— puer
(Calvisii Tauri philosophi Atheniensis) genere Atticus (AnEahodus Athenesis: toninus Pius): Gellius XVII 8, 4.
—
G.
VI 17343.
— —
VI 6519 (vorneronisch). C. VI 10187. Nasanatione Traex: Samnes Thelyphus Uta puer serve 'pronatus natione Trade: C. II 3354. Secunda Thraecida:
Thracien:
Vielleicht auch C. III
vitatem Äncialis,
et
C.
—
14190: ... de provincia Tracia cidtmnicomon'
morit\^u]r Doroleum^ de
tanis. Bessi
:
...
XX
(h)opl{omachus) palmarü{m) 1739. Crescens D. ser. natione
—
C. II
natione
Bessus
:
Bessus olear(ius)
de portic(u) Pallantian[a) Venetian{orum)parmul(ariorum?): C. VI 9719. Maedi: lecticarius
—
M(a)edus: C. VI 6310 (vorneronisch).
nomioe
'
iuvenes Maedi' (lecticarii) luven, sat. 7, 132. Moesien: duo fortes de grege Moesorum (lecticarii): luven, sat. :
'
'
9,
142.
Dardanien
:
Messia Dardana quasillaria
danus:
— lacinthus unctor Dar-
—
VI 6343 (vorneronisch). Aurelius alumnus illius l^BJiardama genitus
C.
libertus
.
8371.
.
.
Timavius :
C.
XIII
—
Dacien: Scor^^p^o Ressati Über tm domo Dacus: C. III 13379. Amabilis secutor nat{ione) Dacus pug{narum) XIII: C. III
—
Aurel(ius) Primus libertus nat{ione) Dacus: VI 3227. Sassa coniunx et conliberta illius nat(ione) Daca: C. III 14355^^ Mettus nation(e) Geta: Eph. ep.
14644.
C.
—
—
VII 840. Dalmatien
:
C. III
Hilarus L.
14355'^
Liburnien: Liburnus
—
Semproniorum nat{ione) Dalmata Pempte nat(ione) Dalmata: C. 111 5913. Sei Strabonis (praef. praet.) a manu:
et
L.
T.
:
238
BANG
M.
C.
VI 9535
—
'
{dives) ingenti curret luven, sat. 3, 240. Liburnus super ora Liburno (^) (officialis ab admissione [qui admissionibus praeerat Schol.]):
(Aiigustus-Tiberius).
—
'
:
ebd. 4, 75.
Pannonien: C. Fl.
'
'
:
—
'
Liburnus'
Arri
Carito
—
XIII 7247.
l.
\
ebd. 6, 477.
Pannonius:
natione
argentarius
L. Atilius L.
Saturninus
l.
.
.
.
domo
Scarbantia: Dessau 8507.
Noricum: Norica quam cerlo venabula dirigit ictu fortis adhuc leneri dextera Carpophori: Martial. sp. 23 (vgl. 15. 27).
—
\
Tertius nat{ione) Noric{us) C.
C.
:
(2)
VI 3229.
—
Zweifelhaft
VI 23068.
ßaetien: Mercator nal(ione) Raetus annorum XII II (^): C. VI 32796. Thr(ae)c(tim) Pinnesis ... nat(ione) Raetus:
—
C.
V
5124 (Gordian).
Lepontii: Felix
Lepontia: C. VI 6453 (vorneronisch). C.
VI 6471
Lepontia: (desgl.) Germanien: servus nomine Nervius
—
Hilara
(^).
{^)
(J. 16):
CXI
1356.
—
Bassus Germanus Germanicianus Drusi Caesaris nat(ione) C. VI 4337 (wie die folgenden aus der Zeit des U[b~]ius (^) :
Tiberius).
natione
—
VEIN
Macer Germanicianus Ti. Caesaris Germanus C. VI 4339. Valens Germanus Germa-
—
:
nicianus Ti. Caesaris Augusii natione \_B']atc^'\us (?) (®): C. VI 4341. Bassus Neronis Caesaris corpore custos
—
natione Frisius: C. VI 4342.
— Hilarus
Neronis Caesaris
—
M. Ulpius corpore custos natione Frisiaeo C. VI 4343. Felix mirmillo veteranus ... natione Tunger: C. VI 10177 :
= 33977
(Traian).
—
Vitalis
invictus
retiarius
natione
Bataus: C. XI 1070.
(')
So Munro bei Mayor, Liburna die Hss. Vgl. im übrigen Friedländers
Bemerkungen zu der Stelle. (^) Oben S. 233. A. 1. nomen Lepontia (') Henzens Bemerkung quomodo intellegendum sit, non constat, quoniam nomen civitatis pro natione non addi solet ist, wie *
.
.
.
'
unten (Abschnitt V) gezeigt werden wird, irrtümlich. ' Germ, im röm. Dienst (*) lieber das Germanentum der Nervier meine S. 4 A. 27; über die im Folgenden aufgeführten Leibwächter ebd. S. 65 ff. '
(*)
Ueberliefert ist veivs.
{")
So
Mommsen
für das überlieferte
ataevs.
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
DIE
Gallien: L.
Vetilius L.
l Primus G^a/C-
.(?)]
239
VI 7760.
C.
:
T. P. Pescemu[s] Hilaru[ß~\ natione Gallus: C. T. Tullius Syntropus nati{one) Gal(lus): C. VI 27741. 4172.
P.
—
l.
6ovXog ö[y6fiaTi 'ÄgyovTig
.
.
.
FaXlog: BGÜ.
ysv{s)i
— —
IX
816, 11
I
(J. 359).
Phoebe Vocontia emboUaria artis omnium erodita: VI 10127. L, Statins C. l. Volt(inia) Naso AquienL. Domitius ViXII sis: C. 4527 (früheste Kaiserzeit).
I^'arbonensis
:
—
C.
rilis
Viennensis
{tib.)
Laetus
[.
.
:
Nl^arbone\_.
.
V
C.
7046.
Viannessis
peius ... n{atione)
.
.
—
(?)
ret{iarius) Z.
C.
XII 3327.
C.
VI 21053.
:
:
—
mur(millo) Cotumbus Serenianus L. Carisius L. Aedu(u)s: C. XII 3325.
Lugudunensis
:
.
—
.
l.
PomL.l.
.,,
nat{ione)
.
Iucun\_dus'\
XII 4538 (früheste Kaiserzeit).
C.
Lugudunensis: AquitaDieii: C.
—
Silani
Iu[n{ius)'\
'^
l.
Irilibertiis natione
Biturix
:
C. III 5831.
A.
Titinius A.
l.
Scymnus Corda
{^):
C.
VI 27477
(früheste
Kaiserzeit).
Belatusa Cauti Spanien:
l.
Boius
Julius Htjginus
C.
(2):
14359^^
C. III
libertus
Augusti
natione ffispanus
(nonnulli Alexandrinum putant et a Caesare puerum Romam adductum Alexandria capto) Siiet. de gramm. 20. Ephesia ffisp(ana): Not. d. scavi 1909 p. 436 (erste KaiserPrimulus n(atione) ffispanus: C. VI 5337. zeit).
—
:
—
Tr{aex)
.
Q.
XII 3332.
Vetlius
—
.
—
.
Gracilis
.
.
.
natione
Lucifera ...ex Hispania:
ffispan(us) C.
:
C.
VI 21569.
Eros IUI IT (vir) Aug{u' stalis) (Narbone) domo Taracone: C. XII 4377 (1. Jahrh.). M. TJlpius Aracinthus retia{rius) ffispanus p{alo) prim(o)
Tarraconensis
:
L. Afvanius Cerialis
l.
—
—
Phoebus qui natione Palantinus: C. VI 10184 (Traian). et Tormogus ffispanus natus Segisamo{i)ne {natus a. 143, defunctus a. 163): C. VI 24162. Lusitanien: Corinthus ffelvi Philippi ser. p{io)
Gollipponensi (seine Brüder
ex Lusitania munici-
Victor und Geier)
:
C.
VI
(^) Wenn dieses Corda, Insel an der Westküste von Gallien, gemeint ist (Corda auch Stadt im nördlichen Britannien). (^) Ob auf die gallischen (zwischen Loire und Allier) oder auf die pan-
nonischen Boier zu beziehen,
ist zweifelhaft.
240
M.
—
16100.
M.
G. Äll{ius)
500
BANG ] Aemirdenlsis']: C.
lilb
—
— Ru]ßnae — Publida Eme[ritensis?] Ebora: Venusti Emeritemu 505. —
C. II 769.
lanuarius
iib{erta) Cauriensis:
:
:
Calephasis Enier{ilensis) {Hb.) L. Liciaius L. Hb. Cogitans
Baetica:
Q. Hb.
Equüius
C. II 504.
C. II
Urbici Hb. Annianus Emer{itensis)
Q.
:
—
Inventim
L.
— Norbana 1201. — 1467. —
G. II 506.
C. II 50S.
Patriciensis: G. II
Primigenius VenUponensis
:
G. II
Lucius Ca\_e~]Hus Philocy\ryus \_An~\Hcariensis
(*)
...
mu-
— \_Af\Ha Hb. T\ert\iola — Mummia (muHeris) Hb. For-
Heris Hbertus: G. II 1485. Olaur\_ensis\\ G. II 1446.
IL
Am-
Äventinus Maximae Hb.
(früheste Kaiserzeit). ... maiensis: C. II 501.
L.
—
tunata OsHpp{onensis) G. II 1449. FAcinia ModesUna Licini G. II 1651. Hb.: Ipolcobulcolensis, So]^p~]r\_h']onis :
—
Carpime Gaditana VI 9013.
Chii Aug. l{iberH) procur{atoris):
(^)
G.
L. Sulpicius Maxentius vern{a) Tarracionensis): C. II 4325. Qiuintius) Aratus verna 7'arr{aconensis): C. II 6071.
Vernae:
qui retorto crine Maurus incedit, fatetur esse se coci Sanlrae' Martial. VI 39, 6. '
Mauretanien
:
Maurus
Maura
subolem
hie,
:
'
luven,
:
sat.
'
ebd. 6, 307.
:
53.
5,
—
'
—
Mauri
'
notae
:
ebd.
— \
collactea
'
7, 120.
—
—
'
niger
Maurae Crescens
agit{ator) factionis ven(etae) natione Maurus: G. VI 10050 Victor natione Maurus [Hb.): Eph. ep. VII 1002 (Traian).
—
(3. Jahrb.).
— pueUa (nomine Mainuna conserva
illius)
—
quam
*Alldigenuit teltus Maurusia: G. III 6618 (3. Jahrb.). stus Maurus puer an{norum) XXIIII: G. II 1755. Vernae'.
C
Julius
Rogatus
C.
{I)uli
Jovin{i) filius
verna Lemelefensis:
C. VIII 20G03.
Numidien:
IX
22,
'
ut 14.
Massyla
—
meum
*
Libys Libyci niger cabalH
..
virga gubernet equum
eques': ebd.
'
:
bezeichnung findet sich (^)
ebd.
XII
24,
6.
Numida Seneca
X
13,
—
2.
':
—
Martial. '
rector
Als Funktions-
ep. 87,
9
' :
cursores
So Mommseii, wohl richtig, für das überlieferte Jl/uticariensis.
Vgl. die des öfteren von Schriftstellern (Plin. ep. I 15, 3; Martial. 78, 26; VI 71. 1; XIV 203; luven, sat. 11, 162) erwähnten Gaditanae* (^)
V
Tänzerinnen von übelstem Ruf und wohl jedenfalls spanische Sklavinnen, die von Unternehmern (Martial. I 41, 12) gehalten wurden.
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
DIE
Numidae'
et
ebd. 123, 7:
\
'
cursorum
Tac.
;
bist.
II
'
40
Numidarum citus
:
241
agmen
equitatuSj
= Plut.
Numida
equo
C.
twv xaXovpLsvMv Nojua^oov (kaiserlicb) ; VIII 1290 b: CO lieg ium cursorum et Numidarum (kaiserlich); VI 7582: C. Bruttim TeiespTiorio C. Brutli Praesentis
c.
m.
Otho C.
Africa:
11:
tTinsvg
JI
V.
COS.
(vor 79).
VI 6507
C.
Numida
ipsius.
— catervae
(Aiigiistus).
Suet. Cal. 18.
— Helpis Afra:
{Catulo fratri)
Numida Aug.
rum pugilum:
—
lib.j
180)
(a.
Preima Afra:
ser.
n.
Afro-
IV 2993
C.
z y
vil(icus)
Aemil{ia) Primiliva mater oriundiex Africa VI 13328 vgl. 13327 (1. Jahrb.). ThevesteiC. i^fl«^« col{oma)
Medaiirianus
et
— VI 1429 = 31652
stinus ser. act(or) ark(arius) ex Africa: C. Q. Publicius Aemilianus rhetor nationem (nachbadrianisch).
—
Afer
C.
(J):
(norum)
—
in 2127 a.
Crinitus secutor nat{ione) Afer anII: C. III 8825. Scorpianus
—
XX, pug{narum)
L. Papirius L.
l.
—
[••..] natione Afer: C. III 12013^. Mandalus Clup(eis) C. XI 1528. Bala
\_agita~\tor factionis
—
:
luliae filia nata regione
Adrumelo (conserva
illiiis)
:
C.
IX
3365. Vernae: Pu{b)licius Ziocas v{erna) Lcptitan{us): C. Lepcitana: C. VIII 3521. Sicilien:
Rußo
Siculus: C.
VI 4651
Libonis: C.
VI 6514 (Augustus). (Tiberiiis).
Xivaato Tovrop,a Ovr^quv: C. leicht
XIV
auch C.
II 61 IG.
X
—
.
—
Cirra ver7ia
Scia Sicula
TqsivuxQia yatcc ^s Xo1494. Ein Siculus viel-
—
3535.
Sardinien: Auctus L. Alliea[f\vetran{i) leg. na(tus) in Sar(dinia) an{nos) XI .
~
:
.
—
VI[_. .'];
C.
ei servi{i)t
V 2500
(vorne-
M. Ulpius Augg. lib. Charito (et ülpia Charonisch) (^). ritine soror eius et P. Aelius Augg. lib. Africanus cognatus eorum): C. VI 29152; Charitos Herkunft zeigt Inscr. Gr. XIV 1915:
tCxts Sh
Inscr. Gr.
Corsica:
XIV
^agdoiCrj f,is 1008. 1009.
[^ns^QiQQVTog.
twv ävdqanoSoov oguv sanv iv
xfj
—
'^Pcofir]
Zweifelhaft
xal ^avfid-
Wahrscheinlich ein freigelassener Municipalsklav (Publicius). Allienus entbehrt eines Cognomens, dessen Gebrauch in der Nomenclatur des römischen Bürgers seit Claudius Regel, seit Nero Regel ohne Aus (')
(^)
nähme
wird.
242
M.
BANG
sß(paCv8Tai tb ^r^Qiojdeg xal to ßo(Txr]fiaTU)S€g iv V 2, 7 p. 224. Strabo avToTg: o(Toi'
^€iv
Italien.
Eom
Claudius Esquülna Äug. \_l.~\ Tlberinus patrlaest, media de plebe parentes: C. VI 10097.
:
Tl.
.
.
.
Roma mihi
—
Scu-
T.
trlus T. lib. Fab. Sabinianus Romia) und Z. Septimius L. IIb. Fab. Hyginm Roma'. C. VT 220, 9. 25 (latere. vigiliim V. J. 203).— P. Tltius P. l. Pamphilus Roma C. VI 27501.— :
Decumlus L.
L. p.
Felix Roman[iensis) pistor: C. XII 4503,
l.
847.
Methe
Kegio I:
Cominiaes Alellana:
C.
L. Livineius Fellclo Neapolllanas'. C. Valentina Nucherina G. X 3499. :
rolis ab
Ostia: C.
X
IV 2457 (vor 79). VI 33404 (Aiigustiis).
— —
— Cerdo Veratl Herme— M. Aurelius Äugg. 7956. Agilib.
huic temporis primus Septentrio pantomimus res publica Praenesiln{orum) ob itisignem amorem eius erga Z. Faecives patrlamque (siatuam posuit) C. XIV 2977. sui
lius
.
.
.
—
:
Alexander thurarius Puteolanus: C. X 1962. Pierius Tlburtin(us) ^pantomimus)'. C. VI 10115 (Augnstus). C. X 6638 c m 20 (Claudius). Felix Aug. l. Tuscul{anus) nius L.
l.
:
Macer Velit[ernus quasilla\_ri']a a
.
?]
(früheste
33919
Q.
C.
X
Regio IV:
G.
XII 4540.
—
.
.
.yis
VI 9850.
Hllarus \_A~\eclanus\ C. XII 4526
Kaiserzeit).
(latere.
lib.
vigilum
— 203).
J.
Regio: C. VI Musice Viboniensis:
Theomnestus
Iul(io) v.
7365.
Muanin[f\us
T.
Philocles
l.
Compse vicaria (hominis
libertini)
Romae, mortua Praeneste:
C.
Coljrynihis Anconitana: C.
V
Reatinus:
C.
VI
nata PicenOj nutrita
VI 21695.
—
Attia M.
l.
1906.
Hülsen möchte die Heimatsangabe eliminieren triftigen Grund. (^)
ohne
l.
.:
VI 35075.
Sosius Q.
[r.] 22708.
Regio V:
M.
C.
:
.
/.
(erste
220, 24
Caesaris
— [_Fulvia ^.] Lais Tarent{ina) (0Kaiserzeit). — L. Curvius L. L Priamus Ta-
rentinus: C. Eegio III:
.
Pandateria
Eogio II: \^M. ü"]mbricius
^
.
— — —
(*
fortasse fuit
parent '),
DIE
Kegio VI:
L.
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
Titulenus
Fano Fortunae:
C.
L.
oriundus
Tertiiis
l.
243
colonia
lulia
— lulia QVAENIT a Fano VI 35579. — L. SabiVictoris:
XI 6238.
(^)
C. Fortun(a)e liberta ... L. L ab ortus Primigenius n{i)us Iguvio medicus: C. 5836. Q. Marcius Q. l. Philargurus Pisaurensis: C.
—
3191
mmSj
—
C.
(vorneronisch). sed ob discordiam
Melissus,
natus ingeMaecenati
Spoleti
parentum exposiius pro grammatico muneri datus est {cito manumissus) de gramm. 21. Regio VII
:
Musclosus
.
a(gitator)
Tuschs: C. VI 10063.
—
XI IX
.
.
:
Suet.
r{ussatae) nat(ione)
f\actionis)
M. Livius Paederotis
—
lib.
Felix
C. Titius C. l. Celer domo Arretinu{ß\: C. VI 21393«. Cortona: C. XI 2123. Urbicus secutor primo palo na-
—
tion(e) Florentin{us)
:
V
C.
5933.
—
\_F^lorentin{us) {Hb.): C 7iat{ione) Florentina: Not. d. scavi iio(ne)
Regio
vm:
Eaecia Sex.
(früheste
l.
Kaiserzeit).
Tertia
—
C.
Corneli milil(avit) coh{orte)
Aurel(ius) Leo na-
T,
VI.
—
2992.
1908
Primitiva
389.
p.
Claterne{n)sis: C.
Papirius
VI
C.
vig{ilum)
lib. :
XII 4256 Foro
Felix
VI 2990.
C.
Glaucus n{atione) Mutinemis pugnar{um) VIT: C.
—
Varisidius Icelus \^P']armensis {lib.) C. Flavia Victoria Raveana {Hb.): C. VI 18461. .
.
:
L. Hb. Agor. Lepidus
gilum Regio IX:
:
V
—
L. Cassius
22 (laterc. vi-
—
Prima Ligurus: C. VI 4720 (Tiberius). C. VI 33598. Pardon Dertonensis pugnar{um) 3468. Rodine Pol{l)entina an{n)o{rum)
Tullus
C.
Regio:
VI 220,
—
3466.
IX 2269.
—
J. 203).
V.
Liguria
X:
{^)
C.
V
—
—
XX
(ancilla hominis oviundi Pollentia): Westd. Korrbl. 22 (1903) S.
Regio
X
168 (frühe Kaiserzeit). :
Eutyches [ vytti BathylH [ß]ervus domo \^Aq]uileiae 8827. Rapidus retiar[ius'] Aculeie{n)sis C. III
C. III
:
—
:
(') Hülsens Vermutung q{uae) vaenit wird, abgesehen von dem Befremdlichen dieser wohl nirgends zu belegenden Formel, schon durch die dadurch sich ergebende unmögliche Form der Libertinen-Nomenclatur widerlegt. In
QVAE-NIT steckt vielmehr das (in der Ueberlieferung verderbte) Cognomen und a ist der Exponent der Heimatsangabe (s. Abschnitt V). ('^)
Wahrscheinlich verhauen für Lepido Agor{ianus
?).
244
BANG
M.
12925. —
4532
C.
Äutronius
C.
domo Veronae:
l
Ferrarie(:d)8\_ü~\ (0:
—
(erste Kaiserzeit).
Thallus
VI 9124.
C.
—
C.
C XII
Sei Phaedri acior
M. luventius M. üb. PubL
Felix Verona vetranus ex coh. III vig,: C. VI 32754. Regio XI: C. Apron(ius) C. l. Clemens Medio lan(iensis): C.
V
6344. (*) Sagria Prima verna Italica: C. VIII 4283. Olympus domin{i) Domitiani Aug. ser. vern. Rom{üe) natus:
Vernae:
C.
VI
23*454.
Lysimachus (Claudius). C.
aedit{uus)
—
—
VI 8958.
6638 c
III
nus: Not.
3.
d.
Dorcas
—
C.
vern{a) Ant{iatinus): luliae Augustae verna
X
6638
c
ii
23
ornatrix
Coprensis
:
Bathyllus ver{na) Capr(ensis) a bybkiotheca)'. C. X Euplutus Ti. Claudi Aug. Caesar, verniä) Capreta-
scavi 1895 p. 235.
—
Valeria Isidora vern{a) Jl/isen{en-
X 3444. — lulia Longina verna Misenensis, filia C. luli Firmi: C. X 6338. — lulia Auta natione vern{a) Nucherina: C. X 1981. Q. Val{erius) Maximus vete{ranus) vern{a) Oste(nsis): C. X 3654. —
sis): C.
IV 4699
Isidorus verna Putiolanus: C.
—
(vor 79).
—
Cornelia Dionysias
Memmia Nereis ver{na) Stabi{ana)\ vern(a) Puteol{ana): C. X 3446. C. X 3472. Q. Remmius Palaemon Vicetinus mulieris verna (geb.
—
unter Augustus): Suet. de gramra. 23, vgl. Hieronyin. ad
Die vorstehend Sprache. Insonderheit
a.
Abr. 2064.
mitgeteilten Listen sprechen eine dentliche erfährt die wichtige Frage nach dem Ver-
—
hältnis von Auslands und Inlandsrekrutierung in gewissem über die die Ansichten noch immer ausSinne die Kardinalfrage einandergehen, durch sie ihre, wie ich hoffe, endgültige Beantwortung. Fassen wir zunächst die Verhältnisse der republikanischen -
—
Zeit ins Auge, so ist bei
dem
relativ
geringen
Umfange
des rö-
mischen Staatsgebietes in dem Hauptteil dieser Epoche von vornherein mit einem Prävaliereu des Auslandes in der Sklavenliefe-
um
zu rechnen, und das
rung
so
mehr,
je weiter wir
zeitlich
hinaufgehen. In einer Periode, wo der römische Besitzstand nicht über die italische Halbinsel nordwärts bis zum Arnus und Aesis
und über
die drei ihr vorgelagerten grossen Inseln hinausreichte,
(')
Ferraria jedenfalls das heutige Ferrara.
(')
Beachtenswert
vernae
mit
ist,
dass
Herkunftsangabe
die inschriftlichen Zeugnisse
fast
ausnahmslos
stammen und campanische Städte nennen.
aus
für
italische
Campanien {regio I)
DIE
WO
alles
landes
Land
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
Aus-
jenseits dieser Grenzen unter den Begriff des
und dieses
fiel
245
Römer nach Nähe lag, war
für den
allen
Richtungen hin
man sozusagen zur Deckung des Sklavenbedarfes, der sich damals, um die Wende des dritten Jahrhunderts v. Chr., noch in bescheidenen Grenzen in handgreiflicher
es natürlich, dass
hielt und mit leichter Mühe zu befriedigen war, in erster Linie ausländische Gebiete heranzog. Man braucht dabei durchaus nicht nur an Kriegsgefangene zu denken, obwohl diese Kategorie in der
Sklavenschaft gerade jener Zeit eine hervorragende Rolle spielte und der Krieg noch einen Hauptfaktor für die Ergänzung derselben darstellte.
Schon damals blühte der Sklavenhandel, und die stän-
digen Sklavenmärkte in den grossen Handelscentren von Tarent und Syrakus hinauf bis Rom versorgten ganz Italien mit lebender
Ware. Es kommt hinzu, dass man die familia
rustica von
Zeit wenigstens für Sklaven Züchtung und vernae nicht viel in jener
dem ausländischen, womöglich ausgewachsenen und unter allen Umständen den Vorzug gab (^). empticius Mit dem Umsichgreifen der römischen Machtsphäre, mit der fortwissen mochte und stets
schreitenden Einverleibung
Landschaften musste auch
angrenzender und auch überseeischer der Begriff des Auslandes stetig sich
verengern und
damit dessen bislang dominierender Einfluss auf die Sklavenlieferung allmählich schwinden. Namentlich die Unterwerfung Spaniens, die Annexion von Griechenland und Macedonien, der
Gewinn des Attalidenreiches und
die Eroberungen des
Pom-
peius im Osten haben dieses Monopol gebrochen und im Bunde mit der ständig sich steigernden Nachfrage bewirkt, dass in immer grösserem Umfange die Inlandsrekrutierung Platz griff.
Diese aus historischen Gründen hergeleitete und mit Notwendigkeit zu folgernde Entwicklung findet ihre volle Bestätigung in
den
Listen,
so
wenig
reichhaltig das
Material auch gerade für
Nach Ausweis derselben sind die Sklaven, von denen wir Herkunftsangaben besitzen, im dritten Jahrhundert v. Chr. und in der ersten Hälfte des zweiten samt und sonders, in der zweiten Hälfte des zweiten noch in der überwältigenden Mehrzahl Ausländer; dagegen tritt im ersten Jahrhundert das inländische Element, neben Italienern und Sicilianern Spanier, Gallier, diese
Epoche
ist.
Mommsen, R.
G-,
P,
S.
834.
246
M.
BANG
Griechen und Asiaten, bereits ziemlich stark hervor und macht ausländischen in dieser Zeit sind es hauptsächlich Aegylebpter, Aethiopen, Gaetuler, Thraker, Gallier und Germanen hafte Konkurrenz. Von einer Verdrängung des Auslandes kann
—
dem
—
indes in dieser Periode noch keine
Rede
sein,
und wenn
es
auch
den Markt nicht mehr wie einst unumschränkt beherrscht, so behauptet es sich doch als zum mindesten gleichberechtigter Faktor. Das ändert sich mit dem üebergang der Republik in das Kaiserreich und
mit der von diesem
grossartigem Massstabe Die Unterwerfung und
in
betriebenen Expansionspolitik vollständig.
Einverleibung von
Nordspanien, Britannien, der
Rheinlaude, der
Alpendistrikte, der gesamten Donauländer mit Eioschluss von Dal-
und Dacien, der Binnenlandschaften von KleinLycien, Pontus und Kleinarmenien, der syi-isch-arabischen Grenzgebiete und Palaestinas, von Aegypten und Maure-
matien, Thracien asien
samt
und nach erfolgenden umfangreichen Gebietserweiterungen schliessen das Ausland zuguterletzt vollkommen von der Mittelmeerwelt ab und beschränken es auf den abgeschiedenen Norden von Europa, auf den äussersten Orient vom armenischen
tanien, diese nach
Gebirgsland hin bis nach Indien und auf die afrikanische Wüste. Für die Ergänzung des Sklavenbestandes liegen somit die Verhältnisse in der Kaiserzeit ganz anders.
Rand der Welt zurückgedrängte Ausland
kommen
ausserstande, den
Das gleichsam ist
bis
an den
erklärlicherweise voll-
mittlerweile ins üngemessene gestie-
genen Bedarf an Menschenware zu decken. Die notwendige Folge davon ist, dass die im Reiche vereinigten Länder von sich aus für frischen Nachwuchs zu sorgen haben, das heisst die Provinzen im Verein mit Italien nunmehr fast ausschliesslich die Versor-
gung des Marktes übernehmen. Deutlich
kommt
das in unseren Listen
zum Ausdruck. Von den
rund 360 darin aufgeführten Herkunftsangaben aus der Kaisei'zeit entfallen ziemlich genau 320 die vernae sind nicht mitgezählt auf Italien und die Provinzen, der kleine Rest auf ausländische
—
—
auf Germanien, Parthien und das numerische Verhältnis von AusDas nordafrikanische Binnenland. landsklaven und Inlandsklaven ist also in dieser Epoche annähernd 1 8. Das zeigt zur Evidenz, wie die Bedeutung des Ausin der
Gebiete,
Hauptsache
:
landes für die Sklavenlieferung
verblasst
ist,
gerade in der Zeit,
DIE HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
WO
im Staate wie
die Sklavenschaft
247
nie zuvor eine Rolle spielte.
Gelegentliche besonders beutereiche Feldzüge mögen wohl dieses Verhältnis zeitweilig ein wenig zu Gunsten des Auslandes ver-
schoben und das betreflfende
exotische Volkselement sich
für den
Augenblick haben bemerkbar machen lassen (^), an dem dauernden allgemeinen Charakter der Sklavenbevölkerung des Kaiserreiches
haben
sie
nichts zu ändern vermocht.
Sklavenschaft, wie wir
gefunden haben,
sie in
im
also
ist
Aus
einer fremdländischen
der älteren Zeit
der Republik vorLaufe von zwei Jahrhunderten eine
einheimische, sich aus der Bevölkerung des Reiches rekrutierende und in Art und Sprache in nichts von dieser unterscheidende ge-
worden. Wir haben bereits gesehen, wie diese Entwicklung Schritt hält mit der territorialen Entwicklung des Reiches und durch sie ihre natürliche Erklärung findet.
Es erhebt sich weiter die Frage, welches die Länder im einzelnen gewesen sind, die vorzugsweise zur Deckung des Sklavenbedarfes beigetragen haben. Auch darüber geben die Listen ohne
und in bündigster Weise Auskunft. Es zeigt sich, dass das Sklavenland par excellence zu allen Zeiten Syrien gewesen ist. Nicht nur erscheint in den Herkunftsangaben aus republikanischer weiteres
Zeit
sowohl wie aus der späteren
Italien abgesehen weitaus
das
Syrervolk geradezu
am
Epoche diese
häufigsten, es galt
als ein für die
Landschaft von
auch den Alten
Sklaverei prädestinierter
Menschenschlag. So urteilen Cicero (^) und Livius {^), so urteilte schon Plautus (*). Mit den Syrern teilen sich in diesen zweifel-
Ruhm
haften
ebenfalls das
Juden und die kleinasiatischen Griechen, denen
wenig schmeichelhafte Prädikat der natio naia ser-
Vergl. die schon angeführte Stelle aus Josephus bell. lud. (II § 376): dxofi 7iaQeiXrjq)sy rö TsQfxavGiv nXf)9oq; dXxfjv [xsv yäQ xttl fxe-
(*) Ttff
die
i^&v oix
yiS^rj a(OfA,dT(av etdere
d'^nov noXXaxig, inet
sxovaLv und impletae barbaris servis
navTa^ofi 'P(0(j,aTot, roi»? toükou Worte der vita Claud. 9, 4-5:
die bombastischen
ttlX(^aX(hxovg
Romanae provinciae; nee ulla fuit regio, quae Gothum servum triumphali quadam servitw non haberet. (") De prov. cons. 5, 10: ludaei et Syri, nationes natae servituti. (^) XXXV, 49, 8: Syri... haud paulo mancipiorum melius propter iervilia ingenia quam militum genus; XXXVI, 17, 5: Syri et Asiatici Graeci vilissima gener a hominum et servituti natu. (*) Trin. 542: Suri, genus quod patientissumumst hominum. .
.
.
.
.
.
248
M.
vituti beigelegt wird
Juden
für die
BANG
Und
die Listen bestätigen dies, weniger Graeculi und die anderen Bevölkerungs-
(^).
als für die
^lemente Kleinasiens. Phryger. Karer, Lyder, Lykier, Pamphyler, Isaurer, Lykaonen, Galater, Biihyner, Paphlagonen, Pontiker, Kappadoker, Kiliker müssen, wie aus der ungewöhnlich grossen Zahl von zufällig erhaltenen Zeugnissen hervorgeht, von dem Zeitpunkt an, wo Asien ein Tummelplatz der Sklavenjäger und Sklavenhändler
wurde, ununterbrochen in ungeheurer Menge den Markt bevölkert haben. Besonders in Phrygien, Bithynien, Cappadocien und Cili<;ien scheint das Exportgeschäft geblüht zu haben sind doch nicht ;
weniger
als drei
Fünftel aller namentlich bekannten Sklaven klein-
asiatischer Herkunft, über deren engere
Heimat Angaben
aus diesen vier Landschaften gebürtig. So liesren hinsichtlich des Sklavenbezuges in Asien.
Wenden
wir uns nach
dem
Verhältnisse
die
schwarzen
vorliegen,
Erdteil, so
ist
hier an erster Stelle Aegypten zu nennen, das schon in republikanischer Zeit recht bedeutend, in hervorragendem Masse dann der Kaiserzeit an der Sklavenzufuhr beteiligt war. üeber Aegypten führte auch der Transithandel aus Innerafrika, aus
aber
in
^
Aethiopien ', wo, wie die zahlreichen Erwähnungen von Negersklaven aus der früheren wie aus der späteren Epoche beweisen, schon dazumal
umfange
Menschenjagd in demselben erschreckenden sein muss wie heutigentags. Neben
die
betrieben worden
diesen beiden Ländern bildeten das römische Afrika tanien
namentlich
in
der
Kaiser^eit
höchst
und Maure-
ergiebige Bezugs-
quellen. '
dem
'
In Europa giebt es für die Sklaverei geborene Völker in oben erläuterten Sinne nicht. Immerhin müssen auch hier
s^ahlreiche Gebiete, Italien nicht ausgeschlossen, in
Masse
ausgedehntem
Sklavenlieferung herhalten. Die Griechenwelt, Thracien, Dacien, Germanien, das freie wie das römische, Gallien, für
die
Spanien und Sardinien, welch letzteres in dieser Beziehung sogar sprichwörtlich geworden ist, stellen nach Ausweis der Listen die grös&ten Contingente.
Eine ganz singulare Stellung nimmt auf den ersten Anschein Wenn man die blosse Zahl der Zeugnisse zum Massstab
Italien ein.
(>)
S.
247 A. 2
u.
3.
DIE
249
HERKUNFT DER ROEMISCHEN SKLAVEN
nimmt, müsste das herrschende Land
in
der Kaiserzeit
man
aber erwägt, dass diese Zeugnisse in der
lassene betreffen
und
hinter denen sich vernae
(^),
Ge-
alle
biete des Orbis in der Sklavenproduktion überflügelt haben.
Wenn
Mehrzahl Freigeverbergen können
in vielen Fällen verbergen werden, so ändert sich die Sachlage
ganz erheblich. Wir haben
es
dann nicht mehr mit freigeborenen mit (vielfach vom Herrn ge-
.Vollblutitalienern zu tun, sondern
zeugten) Sklavenkindern, die in Rom, Neapel, Mailand oder sonstwo das Licht der Welt erblickt haben und insofern diese Städte später nach der Freilassung als ihre domus bezeichnen können. Freilich bleiben auch so noch genug Zeugnisse übrig, bei denen diese Voraussetzung schlechterdings nicht zutreffen kann, bei denen es sich vielmehr um wirkliche Italiker handelt, so viele, dass sie es
mit den an der
verstatten, Italien dennoch in einer Reihe
Skla-
am
meisten beteiligten Ländern zu nennen. Ueber die Ursachen dieser zunächst auffälligen, ja befremdlichen Erscheinung wird weiter unten, bei der Erörterung der Rechtsgründe der Unvenzufuhr
handeln
freiheit zu
sein.
Diese Ausführung kann nicht abgeschlossen werden ohne einen kurzen Hinweis auf das Verhältnis von Orient und Occident im allgemeinen. Es hat sich bereits gezeigt, dass im Osten einzelne Gebiete, Klein asien, Syrien und Aegypten, in ganz aussergewöhnlichem Umfange für die Sklavenlieferung herangezogen worden sind, dass andererseits aber
auch die westliche Reichshälfte samt
dem germanischen Norden
in
nicht
unerheblichem
Masse
zur
Deckung des Bedarfes beigesteuert hat. Wägen wir nun aber unter Berücksichtigung aller inbetracht kommenden Momente die Leistungen beider Teile genau gegen einander ab, so sinkt die Wagschale ohne weiteres zu Gunsten des Orients, und das kann nicht
wundernehmen. Das Reich brauchte nicht nur Sklaven, es brauchte auch Soldaten, und die besten Soldaten lieferten bekanntlich die Provinzen des Westens und die Donauländer. So erklärt vielleicht,
nicht
wenn zum
mehr
als zwei
Beispiel
aus
dem
volkreichen
Sklaven bekannt sind,
Aehnlich verhält es sich, wie ein
Blick
sich
während wir auf der
anderen Seite wissen und durch Hunderte von
(^)
es
Pannonien
Beispielen zu be-
auf die üebersicht zeigt,
mit Spanien. 17
M.
250
BANG
—
verlegen vermögen, dass dieses Land wie kaum ein zweites der unhöchstens Germanien sich Hesse Conscription gleichen
—
terworfen gewesen ist. Und ähnlich liegen die Dinge bei Dalmatien, bei ßaetien und Noricum. Dieses Menschenmaterial war
um
eben zu kostbar,
— Gerade
es leichter
Hand auf
der
Catasta
zu
ver-
schleudern. umgekehrt verhält es sich mit dem eigentlichen Orient. Einen so schlechten Soldaten der Orientale im allge-
meinen abgab
(^),
ein so brauchbarer
lag in seiner
Gesinnung Sklaven. So kommt
Knecht war
er.
Die sklavische
Natur und stempelte ihn zum geborenen dass er die Rolle, die er schon in der vor-
es,
römischen Zeit spielt (*), in der römischen weiterspielt und der Orient dem ganzen Altertum sozusagen als das an Menschenware unerschöpfliche Negerland gilt. Es bleibt noch übrig, auf die zeitliche Folge der Beteiligung der einzelnen Nationen an der Sklavenzufuhr einen Blick zu werfen.
In ältester Zeit
— die
Angaben reichen nicht über
Decennien des dritten Jahrhunderts
v.
Chr.
die
letzten
hinauf — begegnen
unter den Sklaven zunächst italische Kelten und Ligurer, sodann, nach Beendigung des Kannibalischen Krieges, in grösserer Anzahl
Punier und karthagische Afrikaner. Augenscheinlich eine Folge der Annexion und der im Auschluss daran erfolgenden, bis zum
174 sich hinziehenden Pacificierung von Sardinien ist das massenhafte Auftreten sardischer Sklaven, das zur Entstehung der
J.
schon erwähnten sprichwörtlichen Redensart Veranlassung gegeben Mit der Unterwerfung Macedoniens (168) gelangen zahl(^).
hat
im 1. Jahrh. n. Chr. ungemein zahlreich im (*) Die Galater, die wir Heeresdienste, zumeist als Legionare, antreffen (Mommsen, Hermes XIX, S. 5 Ges. Sehr. VI, S. 24), sind noch in der Kaiserzeit, was sie ursprünglich
=
waren, scheiden also aus. (2)
Die
Sklavennamen
in
der
griechischen
Komödie und zahlreiche
sprichwörtliche Redensarten (vgl. Cicero pr. Flacco 27, 65) legen Zeugnis davon ab. Die Bestätigung im einzelnen giebt zum Beispiel die attische Poletenurkunde Inscr. Gr. I 277 (wahrscheinlich vom J. 415 v. Chr.), wo von
16 zum Verkauf gestellton Sklaven mit Herkunftsangabe genau die Hälfte Orientalen sind, nämlich 3 aus Karlen, 2 aus Syrien und je 1 aus Lydien, Kolchis und Melittene (die übrigen sind Thraker [5], Illyrier [2] und Sky-
then
[1]).
57, 2: Ti. Sempronius Gracchus... altero contantumque captivorum adduxit ut, longa vendi•' Hone res in proverbium veniret, Sardi venales\
(») Vgl. Auct. de vir. sulatu Sardiniam (domuit)
ill.
'
DIE
HERKUNF DERT ROEMISCHEN SKLAVEN
251
Anhänger des besiegten Perseus in die Gefangenschaft und Sklaverei. Ungefähr zur selben Zeit tauchen griechische Sklaven auf dem Markte auf. Um die Mitte des Jahrhunderts erscheinen reiche
zum
Male Syrer und Kiliker, und zwar beide Elemente grossen Mengen, gegen das Ende desselben Bithyner und
ersten in
gleich Karer. Es folgen mit
dem Beginn
des ersten Jahrhunderts Aegypter, Aethiopen, Thraker, transalpinische Gallier und Germanen, Sicilianer
und
Italiener,
späterhin, in den letzten Decennien der Re-
publik, Kappadoker, Phryger, Lyder,
und Gaetuler.
Corsica, Mauretanien
Kyprier,
und auch
Liburner, Spanier Indien treten in
unseren Listen zuerst in
Augusteischer Zeit auf, wenig später, unter Tiberius und Claudius, Arabien, Judaea, Paphlagonien, Galatien, Lycaonien,
Moesien (Dardanien), die alpinen Lepontier und
Numidien. Ebenfalls noch dem ersten Jahrhundert
n.
Chr. gehören
die ersten Erwähnungen von Lykiern und Parthern an. Im Laufe des zweiten Jalirhunderts endlich erscheinen Kreter, Pontiker, Noriker und ßaeter. Für das erstmalige Auftreten anderer Völker-
schaften in den Herkunftsangaben, wie der Isaurer und Pamphyler einerseits, der Daker, Dalmater und Pannonier andererseits, lässt sich eine genauere Zeitbestimmung nicht geben. mir nicht, dass diese auf den Listen basierenden
Ansetzungen hei der Lückenhaftigkeit des für die ältere Zeit
im einzelnen
vielfach
— Ich
verhehle
chronologischen Materials namentlich
willkürlich
und
daher
keineswegs unbedingt zuverlässig sind, und es wird auch kein Verständiger in ihnen mehr sehen wollen, als sie in der Tat sind,
nämlich ein ungefährer Anhalt. In diesem Sinne aber sind sie, ich, verwertbar und einigermassen geeignet, ein Bild von den
denk
wirklichen Verhältnissen zu geben, und solange nicht neue Funde, auf die freilich bei der ganzen Sachlage kaum in grösserem Umfange zu rechnen sein wird, unser Wissen in dieser Hinsicht bereichern, werden wir uns mit den gewonnenen Resultaten begnügen
müssen.
M. Bang.
I
GIOIELLI NEL
Nei frammenti
di
NÜOVO MENANDRO
Menandro che
i
papiri ci hanno di recente
restitiiito(^), occorrono due volte enumerazioni interessanti di gioielli, fra gli yvoüQia^aTa di fanciulli esposti, che souo cagione di qiiei riconoscimenti foutunati su ciii, quasi sempre, s' imperniano le co~
medie.
..
Queste rassegne meritano d'essere studiate brevemente, come sussidio alla completa intelligenza del testo, ed anche perche portano dei contributi nuovi, sebbene di non grande valore, alla storia
della piccola arte antica.
•
Negli 'E7tiTQ67toiT8g Siiusco, un carbonaio, consegna alla moglie^ esaminandoli, i contrassegni rinvenuti su di un fanciuUo esposto che^ in seguito a si
e
quelV arbitralo ch'e la ragione del
fatti restituire
Davo
dal pastore
titolo della
comedia^
:
ovTOffi inh^ sivai (paCvetai
äXsxTQVMV
TIC xal
TOVTi 6^ SiaXiOov
fidXa atqv(fv6g. Xaßh TtsXsxvg ovxoaC
Tl.
VTioxQvaog daxtvXiog rlg ovtoCi.
aviog Oi6r]Qovg, yXvp^fia ravqog ovx
ccv
sOtiv 6
Siayvoirjv. 7ioYi
rj
KXsoütQaTog Sä
«g Xsysi
tcc
rgäyog rig
yQccfifjiaTa (^).
I papiri di Menandro furono scoperti, come e noto, nel 1905 e pubdapprima dal Lefebure, quindi dal Van Leeuwen e dal Robert e, recentemente dal Körte (Menandrea, Leipzig-Teubner, 1910). In pochi anni h sorta intorno a questa scoperta importantissima una vasta letteratura dovuta, (*)
blicati
per citare solo alcuni nomi, oltre che agli editori giä menzionati, al Croiset, al Wilamowitz, al White ecc. all'estero. ed in Italia allo Zuretti a L. Maccari,
Menozzi,
Terzaghi.
Una
ricca
pp. Liv-Lviii dell'ediz. del Körte.
H
Vv. 167-173.
bibliografia deirargomento
trovasi
a
I
Nella lIsQixsiQOfiävrj
n
25S
MENANDRO
GIOIELLI NEL NUOVO
la fanciulla tosata
»
e Pateco,
che mo-
stra dei gioielli anch'essi contrassegni, a Glicera:
Ilaraixog OV xcd TOT SlSoV. OV TQccyog Tig, €(fTrjx€V
ßovg,
rj
aVTOV OVTOCC
TTCCQ'
r}
toiovtI d^rjqCov
;
rlvxäga sXaipog (pUTUT
iCTiv, ov TQccyog.
lliXTmxog
xeqa Y^'X^h t^ovT ol6a. xaT tovtI tqCtov jisTsivbg Innog (^). I contrassegni del
bambino degli Epitrepontes sono dunque un
monile adorno di
gemma
non
forma,
e chiara
la
di cui, data
sieche
coUana ed un anello con pietra di gallo e di
1'
indeterminatezza della fräse,
puö pensarsi egualmente ad una incisa, e due altri gioielli a forma
scure.
monile ingeramato deve notarsi che Menandro usa la parola che pare avesse un valore tecnico Siahdog, voce che ricorre piü volte anche negli inventari del tempio di Diana Brauronia (-).
Per
il
:
Non molto monili indicati
difficile e
indagare che cosa possano essere gli
l'uno come una scure
(tcsXsxvc),
l'altro
altri
come an
gallo (aksxTQvwv) sulla cui durezza il poeta si compiace di scherzare. La scure che ebbe, com'e noto, un significato sacro e simbolico accennante ad un principio divino fin dall'etä fu usata,ridottaapiccole proporzioni,
portato al collo dai bambini.
un taglio che a due Plauto
('*)
si
sono
(di
Di
queste ultimo ne ricorre
(*)
(^)
;
(^)
accettine simboliche sia ad
tali
rinvenuti numerosi
bronzo, di ferro ed anche d'osso
Micenea
come SLmnleto [TtQoaßacxdvia)
e
mensione
in
esempi sia d'oro, che di dunque uno di questi pic-
Vv. 33842, ed. Körte.
C. I. G. 150*»^. Dittenberger, Sylloge Inscriptionum Graecarum. Lipsia 1883, n. 366. Anche nelPinventario del Tesoro di Apollo a Delo ricorre menzione di monili d'oro SidXi^a. Dittenberger, Sylloge, 367' •^8*'^*^.
C)
(*)
La Grlce 'primitive, p. 842. Rudens, verso 390: « securicula aurea anceps».
(*)
D*oro in Antiquitös du Bosphore Cimmirien reedit4s p. S. Meinach
{•)
Perrot,
254
PACB
B.
che
coli amuleti,
la
custodia, al collo del
madre ha messo come contrassegno e come bambino ch'era costrotta ad abbandonare.
Qiianto al gallo, non ostante non
siasi
fin
qui, ch'io sappia,
rinvenuto nessun gioiello che ne abbia la forma, puö pensarsi sia ad UDO di quegli anelli a base zoomorfa, di cui si conoscono nii-
ad iin amiileto da appendere al collo; che (^), sia un gallo si potesse fare im amuleto basta a dimostrarlo la parte che esso ebbe nell'antica mitologia come attributo del dio della
merosi esemplari di
salute e
come
infernali
offerta gradita alle divinitä
in particolar
modo Persephone. L'anello, da cui dipende
della comedia, e dal
detto
poeta,
avTog
vTioxQvaog
lermini,
corrisponde
monete
esempi
;
al
riconoscimento e la chiusa felice
il
con
precisione il
(TiSrjQovg,
di linguaggio tecnico
con
che,
scambio di
suberato che comunemente applicasi alle da una foglia
di gioielli di metallo ignobile coperto
di oro e d'argento sono, com'e noto, numerosissimi anche per l'arte
antica K
ict
(^).
L' incisione di
yqafifjiccTa
»
quest'anello,
a Kleostratos,
un
nome
sciuto; sulla veritä di questo
e
doyiita,
secondo dicono
artista toreuta fin qui sconoio
non credo che debba dubi-
non essende evidentemente una ragione sufficiente per ritenerlo imaginario, il fatto che non si trovi in nessuna delle antiche tarsi,
gemme
firmate che ci son rimaste, e
non ne facciano mensione
altri documenti letterari. L' incisione di questo artista, rappresenta
un
toro od
SU cui nella
un capro, figura molto simile a quella, pure «
fanciulla tosata
»
discutono Porteco
e Glicera,
incerta,
creden-
dola ora un capro, ora un toro, ora un cervo, accompagnato da una
XII; di Bronzo in sepolcri di Megara RyhlBLea. {Orsi, Mon. d. Lincei, e Siculi di Cassibile, Plemmirio e Mt. Dessueri {Bull, di Paletn. ItaL, 176) I, 1890, p. 20); di ferro inedite del Museo di Siracusa; d'osso al Fusco (Sira-
tav. IX,
cusa) (Orsi, Not. d. Scavi, 1895, p. 127) e
Megara Hyblaea (Kekul^, Die Ter-
rakotten von Sicilien, p. 8). se ne vedano in Hadaczek, Der Ohrschmuck der (^) Anelli con colombe Griechen und Ftrusker, Wien, 1903 (in Ahhandl. des Archäol.-Epigr. Se-
minars der Univ. Wien, XIV Heft) colombe, op. (^)
Nei
cit.
citati inventori del
(TaxrtJAtot ai&tjQoi
p. 50, figg. 91-92;
orecchini con piccole
p. 63, fig. 35.
tempio di Apollo a Delo
si
trovano ricordati
tnoxBXQvamfiivoi, (Dittenberger, Sylloge, 367"),
parola i'ndgyvQct (Dittenberger, op.
cit.,
366*^).
e ricorre la
I
belva
MENANDRO
255
da un Pegaso; ambedue rientrano in quella seile di con rappresentazione di animali cornuti di cui si ha qualche
e
gemme
riscontro
(*)•
Ma, ed che
GIOIELLI DEL NüOVO
si
ricava
e
questo forse Teleineüto
scientificamente piü utile
da queste enumerazioni dei crepundia Menandrei,
r incisione tutta dell'anello e detta yXvfifxa, con parola nuova, di trasparente etimologia, che insieme a diaXi^og e ad v7T6xQv(fog, va aggiiinta alla serie non molto ricca di termini tecnici deH'oreficeria antica, che ci hanno conservato Polluce Teofrasto Seneca, Plinio ed
alcune iscrizioni
(^).
BiAöio Page. coi nomi di artisti, ricordo (*) Per citare solo le piü note, Apollonides e quello di Illos, figlio di Dioscoride {CtE.Bsibelon, des jintiques, p. 103, tav. XXXIII). (")
Si
vedono raccolti
e discussi in
il
toro di
Le Cabinet
Blümmer, Technologie und Termi-
nologie der Gewerbe und Künste, tomo III, p. 281; o, piü brevemente, nel beirarticoio di E. Babelon, Gemmes in Daremberg et Saglio, Dictionn. d, ant., V. V.
Abgeschlossen
am
1.
Oktober 1910.
:\:-::'^
••inv.'i
;'
uh>
MOSAIK IM WIENER HOFMÜSEÜM.
Das nebenstehend Abb. tino deiristituto 1866, p.
1 (^)
170
abgebildete Mosaik
von
ist
im Bullet-
W.
Heibig besprochen worden, bald nachdem es in Centocelle gefunden worden war. Im Jahre 1868 ging es in den Besitz des Wiener Hofraiiseiims über, wo es ff.
an der Fensterwand von Saal XII angebracht ist (^). Es 39,7 cm. breit und 38,6 cm. hoch; die Darstellung samt der einfachen schwarzen Umrahmung ist in allen wesentlichen Teilen
jetzt ist
intakt erhalten. Ergänzt ist nur der untere
Rand mit dem Puss-
bodenmuster und einige Flicken links neben der kleinen Dionysostigur und rechts von dem Baume; durch ungeschickte antike Ausbesserung
ist
der Thyrsos
des Dionysos zerstört worden
Eine
(^).
Zeichnung und eine Photographie im Besitz des römischen Instituts zeigen das Mosaik noch ohne die Ergänzungen, die vermutlich erst in Wien vorgenommen wurden. Dass das Mosaik nicht an Ort und Stelle ausgeführt war, zeigt die äusserliche Herrichtung ; es ist, wie ein gleichzeitig gefundenes Maskenmosaik (^), in einen Terrakottakasten eingeschlossen. Etwas ähnliches finden wir bei
den Neapler Dioskuridesmosaiken, die nach Winckelmanns ('*) Angaben nicht nur an den Seiten, sondern auch unten mit dünnen
Marmorplatten gefüttert waren.
(^)
Die Photographie des Mosaiks, die Vermittlung der Erlaubnis zu und eine Reihe von Angaben verdanke ich der Liebenswür-
ihrer Publikation
digkeit von Dr. Julius Bancö. (^)
Antike Ausbesserung
sieht
man auch
rtchts
vom Kopf
der
alten
Dienerin rechts. a.
a.
0. S. 178. Zeichnung im Institut. d. Kunst B. XII,, Kap. 1, § 9. Guida
{^)
Heibig
(*)
Winckelmann, Gesch.
Naz. 167
u.
169.
18
d.
Mus.
258
G.
RODENWALDT
Das in der Zeichnung und Ausführung gleich geringe Mosaik würde kaum eine Abbildung und erneute Besprechung verdienen, wenn nicht seither eine gemalte Replik derselben Darstellung in einem der imitierten Tafelbilder des im Garten der Farnesina
Abb.
1.
Mosaik im Wiener Hofmuseum.
gefundenen Hauses erhalten wäre (^). Abb. 2 zeigt den jetzigen Zustand dieses Gemäldes nach einer Aufnahme C. Faraglias, während eine deutlichere, aber stilistisch und sachlich nicht überall zuverlässige Zeichnung {^) in den Monumenti dell'Istituto XII, (')
Mon.
d.
Inst.
XII, Taf.
8,
5,
Ann.
d.
Inst.
1884,
S.
322 (Mau);
Heibig, Führer 1131. (^j Z. B. fehlt die allerdings undeutliche Trennung zwischen Decke und Matratze der Kline. Der rohe Typus des Jünglingskopfes entspricht nicht
MOSAIK IM WIENER HOFMUSEUM Taf. VIII, 5 veröffentlicht
ist.
Das
259
Mosaik hat mit dem Bilde
die Haiiptscene gemeinsam, enthält aber, von kleineren Unterschieden zunächst abgesehen, eine Figur weniger und eine völlig
veränderte Räumlichkeit. Es kann sein,
wo
die
originale
Fassung
keinen Augenblick zweifelhaft ist. Das Bild hat den
erhalten
typischen Hintergrund hellenistischer
Abb.
2.
—
vielleicht
muss man sagen:
Wandgemälde aus dem Hause der Farnesina.
frühhelleuistischer
— Innenscenen,
Aach auf dem Mosaik haben
eine verschieden getönte wir zunächst rechts die dunkle
Wand.
Wand,
dem Kopfe der Frau durch eine hellere Fläche abgelöst Dann aber folgt links ein Strauch und eine hohe, gelbe
die über
wird.
dem
Original. Die straffe, feste Zeichnung ist, wie die stilistische Eigenart der meisten dort reproduzierten Bilder, durch die weichliche Manier der
Zeichnung verwischt worden.
260
RODENWALDT
G.
trägt (0- Hinter
Basis, die eine Statuette des Dionysos
Baumstamm
ein knorriger
dem
hervor, von
sich
ein
rechte Wandfläche hinweg
Vorhang über die ganze
ihr
ragt
mächtiger
spannt.
Das
Baum und Vorhang
gehören zum t}^hellenistisch-römischen Landschaftsmalerei. der pischen Repertoire Götterbild auf hoher Basis,
Wir
mische Art,
An
flicken.
dem Mosaik
also in
besitzen
ein Musterbeispiel für die rö-
landschaftliche Elemente
an Figurenbilder heranzusich war es sinnlos, die dargestellte intime Scene aus
einem Innenraum ins Freie zu verlegen wollte man aber einmal der herrschenden Mode folgen, so war es nicht unüberlegt, ein Dionysosheiligtum anzudeuten und einen Vorhang über das Liebespaar ;
zu spannen. Viele der sonstigen Abweichungen entspringen
nur
der
Ge-
ringheit der Arbeit. Dagegen ist vielleicht im Zusammenhange mit den landschaftlichen Elementen eine räumliche Wirkung beabsichtigt,
wenn
Raumschicht der anderen
die Dienerin links aus der
Figuren heraus mehr nach vorn gestellt und der Fussboden überhaupt vorne verbreitert ist. Der dreibeinige Tisch mit der Schale
war dem
Mosaikarbeiter
offenbar
zu
schwierig; er ersetzte
ihn
durch eine Silensstatuette, die ein nur ganz roh angedeutetes Gefäss trägt. Auf dem Bilde steht die Dienerin hinter dem Tische ;
auf dem Mosaik m.usste decken, nach sie
ihren
schüttet,
rechts
um
sie,
verschoben
Silen
und Gefäss nicht zu
werden.
Abgesehen davon, dass
Wein nun nicht mehr in das Gefäss, kam dadurch ihre Spitzamphora mit der
in Konflikt.
ver-
sondern
davor
sitzenden Frau
Der Mosaikarbeiter oder der Verfertiger seiner male-
rischen Vorlage verkürzte sie einfach, da er eine üeberschneidung
nicht wagte.
Das Bild der Farnesina gibt das Original in den Hauptsachen genauer wieder als das Mosaik, wohl auch darin, dass der Kopf Jünglings wesentlich idealer ist als dort. Dagegen mag in einigen Punkten das Mosaik vorzuziehn sein. Wenn auf ihm Decke des
und Matratze der Kline deutlich unterschieden sicherlich
richtiger
als
auf
vorhanden, aber undeutlich
dem
ist.
wo
sind, so ist das
Trennung zwar Vor allem aber haben wir auf dem Bilde,
die
Mosaik rechts das typische Motiv der alten Dienerin
{')
Vgl. Heibig
a.
a.
0.
in
gebückter
MOSAIK IM WIENER HOFMUSEUM
261
Haltung mit gebogenen Armen, während auf dem Gemälde die anscheinend jugendliche Dienerin sich elastisch und keck auf die Kline
stützt,
eine Haltung, die
Mau
dazu
verleitete, die
Ob
rechts als Kinder des Liebespaares zu deuten.
nerin sich
im Hintergrunde dem kaum entscheiden.
Figuren
die zweite Die-
Originale angehörte oder nicht, lässt
Wichtiger als zur Ergänzung dieser Einzelheiten
ist
für die
Beurteilung des Gemäldes die Existenz einer unabhängigen Replik überhaupt. Sie beweist, dass die imitierten Tafelgemälde dieses
und anderer Häuser nicht etwa dekoratives Beiwerk, sondern wirkliche Kopien von bekannten Tafelbildern sind. Das Original des
Gemäldes innerhalb der hellenistischen Epoche genau zu datieren, schwer möglich. Die Bestimmtheit der Zeichnung, die
ist vorläufig
der Dienerin links mit Festigkeit der Formen, die Verwandtschaft den an frühen lässt Hellenismus denken. tanagräischen Terrakotten,
Dazu
passt,
Bilde
dass auf
desselben
dem
zweiten,
Zimmers (M.
d. J.
übereinstimmenden
stilistisch
XII,
8,
4)
der
Mann
einen
kurzen Yollbait trägt, wie wir ihn bei frühhellenistischen Portraits finden
(^).
den Angaben bei Heibig a. a. 0., in Farben wie das Gemälde; nur die Decken der Hauptsache dieselben und Kissen der Kline sind bunter. So beschränkt sich das Rot der
Das Mosaik
Decke ist
in
hat,
nach
dem Gemälde auf
rötliche Schatten.
Uebereinstimmend
die Helligkeit der Farben, das Fehlen kräftiger,
farbiger Flä-
Zwischentönen. Die gleichen Eigenschaften haben das zweite Bild desselben Zimmers und die beiden chen, das Vorherrschen
von
Tafelgemälde des cubiculum 5 der Casa Farnesina (Heibig 1132). Im Gegensatz dazu steht die Buntheit und Farbenkraft der Gruppe dreier Bilder
im cubiculum
4.
Besonders der Schmuck der Kline
dort ausgenutzt, um grosse Flächen eines einheitlichen, reinen, satten Gelb, Violett, Grün und Rot nebeneinander zu setzen. Es ist
sind dieselben Farben stisch
gemalten
und Zusammenstellung wie auf den enkau-
Stelen von Pagasai, während die weniger bunte,
Fouill. d. (*) Vffl. das Portrait des Demosthenes, den Kopf in Delphi Delphes IV, 73, den Wiener Kopf bei Hekler, Oester. Jahreshefte 1909, Tf. 8, S. 198 iF. Die Bärtigkeit des Mannes verbietet es, das zweile Bild mit Heibig als spätere
Scene derselben Figuren aufzufassen.
262 helle
G.
RODENWALDT, MOSAIK IM WIENER HOFMUSEUM
Tönung der anderen Gruppe
eine Parallele in den Mosaiken
des Dioskurides in Neapel hat. Der verschiedene Erhaltungszustand verstärkt vielleicht, aber verursacht nicht diesen Gegensatz,
der auf Vorlagen verschiedener Technik, vielleicht auch verschiedener Künstler hinweist.
Gerhart Roden waldt.
EIN
DENKMAL DES MITHRASKULTES AUF ANDROS IN GRIECHENLAND.
seit
Zur grossen Zahl von Monumenten, die uns die Bedeutung des der zweiten Hälfte des ersten Jahrhunderts und besonders
seit
dem
Reiche
Jahrhundert nach Chr. im
zweiten
so
neue Inschrift
römischen
ganzen
verbreiteten Mithraskultes bezeugen, tritt
stark
hinzu, die
ich
am
17.
Mai 1910
in
eine
Palaeopolis,
der Stätte der antiken Hauptstadt der Insel Andres, der nördlichsten der Kykladen,
aufgenommen habe.
Diese Inschrift findet sich auf einem 0.48 hohen und 1.263
Einheimischen
breiten, von den
als
«
Marmaropetra
»
bezeichneten
Stein, der in der letzten noch sichtbaren Reihe von rechteckigen » « to genannten Mauer, un^ElXiqvixo grossen Quadersteinen der
weit der
«
Porta
"
liegt
(^).
Die Inschrift
ist
gut
erhalten
die Mitte der Schriftfläche hat infolge der Feuchtigkeit ein
(^)
Diese von den Einheimischen als
«
rö 'EXXrjvtxö
n
;
nur
wenig
bezeichnete Mauer
schon Weil Athenische Mittel]. I 1876, S. 235 ff. angibt, gleich unterhalb eines schlechtweg « Porta » genannten Tores, dessen Pfosten aus zwei
liegt,
wie
gewaltigen Felsblöcken bestehen. Diese Mauer hat eine Höhe von 3. 1 Meter und wird oben durch 0,37 vorspringende Platten aus gleichem Material abgeschlossen. Die Länge dieser rechts von der Inschrift sich erstreckenden
Mauer beträgt ungefähr 25 Meter. Wieweit reicht, lässt
sich
die
infolge des daraufliegenden
Mauer
links von der Inschrift
Erdreiches nicht
feststellen,
ebensowenig ihre Dicke. Auch andere, südwestlich davon gelegene Punkte von Palaeopolis zeigen, allerdings kleinere, Teile einer Terrassenmauer und
werden
als « rö 'EXkrjrixö n bezeichnet.
Weil
a. a. 0.
nimmt
an, dass die
Mauer
unterhalb der Porta mit ihren mächtigen Quaderblöcken als Terrassenmauer für ein darauf stehendes Gebäude gedient habe, und vermutet, es habe hier der Apollotempel gestanden, in dem die Beschlüsse der Andrier aufgestellt wurden. Dass diese letztere Vermutung nicht ganz zutrifft, wird uns die vorliegende, im Folgenden näher zu beleuchtende Inschrift zeigen.
264
T.
SAuciuc
Die Höhe der schönen Buchstaben schwankt zwischen 0.055
gelitten.
und 0.057. Nach jedem Wort (Praepositionen ausgenommen) finden wir als Interpunktion ein Blatt mit dem Stiel nach oben, abwechselnd links und rechts.
Am
Anfang von Zeile 1 sehen wir kein solches dekoratives Element; desgleichen nicht in Zeile 6. Hier ist
Fehlen
das
Zeile 6
Zeile eng
Blattes erklärlich, da das
des
erste
Wort von
mit der Praesposition « cum » der vorhergehenden zusammen gehört. Aus demselben Grunde finden wir
mil.
«
»
am Ende von Zeile 5 nach der Praeposieht man diese Zeichen deutlich zu Anfang
diese Interpunktion nicht sition
«
cum
»
.
Sonst
und zu Ende einer jeden Zeile. Am Ende der letzten Zeile wechselt das dekorative Element und wir finden nach Ael., Messius,
und Aur.
statt des Blattes jedesmal drei nicht in einer Geraden Punkte. Nach dem letzten Worte der Inschrift sehen wir liegende mit einem Blattstiel verbunden zwei nach rechts gewendete Blätter,
wobei der Stiel des zweiten Blattes sich
in
zwei einander
zuge-
wendete Spiralen verzweigt.
Im Folgenden gebe
ich
die
Umschrift ohne das dekorative
Element dieser Inschrift. 1 Pro salute imp(eratoris), Caesari
(sie!)
2 L(uci) Septimi Severi et M(arci) Aur(eli) Antonini 3 Augg(ustorum) et P(ubli) Septimi Gaetae (sie !) Caesari (sie !) 4 M(arcus) Aur(elius) Rufinus evocatus Augg(ustorum) nn(ostrorum) 5 Sancto deo invicto speleum constituit cum 6 Mil(itibus) pr(aetorianis) Fl(avio) Clarino, Ael(io) Messio, Aur(elio) Juliano. Wir erfahren in dieser Inschrift von einem speleum, das für das Heil des L. Septimius Severus, Marcus Aurelius Antoninus, die Augusti genannt werden,
Geta, dessen
Name
und
für das Heil
des P. Septimius
hier ausnahmsweise nicht ausgetilgt, sondern
P. Septimius Gaeta (sie!) geschrieben erscheint und der nur den Titel Caesar führt, dem Sanctus Dens invictus geweiht wurde.
Für
Bestimmung dieser Inschrift ist es angezeigt, hier Momente aus der Regierungszeit dieser drei Herraller Kürze anzuführen. die
einige wichtigere
scher in
L. Septimius Severus, der in unserer Inschrift Augustus genannt wird, wird am 13. April 193 von den in Pannonien befind-
EIN
DENKMAL DES MITHRASKULTES AUF ANDROS
zieht ungefähr 7. Juni
ihm
die
Gegner, der ersten
265
193 mit seinem Heere
in
Rom
ein.
Seiner
die Herrschaft streitig machten, wird er erst iu
Hälfte des Jahres 197 Herr und betritt dann als al-
leiniger Herrscher
unternimmt Syria
GRIECHENLAND
zum Imperator proklamiert und
Carnuntiim
liehen Legionen in
IN
Rom am
2.
Juni des Jahres 197. Ende Juli 197
den grossen parthischen Feldzug und
er
nach
geht
(').
Mit Lucius Septimius Severus erscheint in unserer Inschrift auch dessen älterer Sohn Bassianus (genannt Caracalla), der im Jahre 196 (Oktober oder November) mit dem Namen des Marcus
Den Titel AugusMai 198, im Anschlüsse an die Eroberung der parthischen Kapitale und teilte somit die Regie-
Aurelius Antoninus auch den Titel Caesar erhielt (^). tus
bekam Caracalla vor dem
3.
rung mit seinem Vater (^). Der zweite Sohn des L. Septimius Seist Publius Septimius Geta, der in unserer Inschrift nur den Titel Caesar führt. Diesen Titel bekam Geta während des parthiverus
am
schen Feldzugs
(^)
Cassias
Für
2.
Juni 198
die oben angeführten
LXXV
und
LXXVI
4-8;
vom Senate
(^),
Angaben
Herodian
H
aber
bestätigt
siehe: Vita Severi
c.
1-13; Dio
13- III 5, 2-8; Aurelius Victor
c. 20; dann D. M. J. Höfner. Untersuchungen Septimius Severus und seiner Dynastie I 1875 S. 61 if, 103, 185 ff, 221; Adolphe de Ceuleneer, Essai sur la vie et le regne de Septime Severe, Bruxelles 1880 S 35, 111, 114; Dr. Karl Fuchs, Geschichte
de Caesaribus
c.
zur Geschichte
20; epitome
des Lucius
des Kaisers L. Septimius Severus, Wien 1884, S. 5 ff.; 30 ff. 59 u. 60 ff. 68; Otto Schulz, Beiträge zur Kritik unserer litterarischen Ueberlieferung für die Zeit von
Comraodus' Sturze bis auf den Tod des M. Aurelius Antoninus
(Caracalla), Dissertation, Leipzig 1903, S. 35
ff.;
53.
Vita 10, 3; 14, 3 vgl. 16, 3-5; G. Goyau, Chronologie de l'empire romain S. 243; siehe auch Höfner a. a. 0. S. 190; Fuchs a. a. 0. S. 69; Schneider, Beiträge zur Geschichte Caracallas, Diss. Marburg 1890 0. Schulz («)
;
und Anmerkung 66; vgl. auch Otto Th. Schulz, Der römische Kaiser Caracalla. Genie, Wahnsinn oder Verbrechen? Leipzig 1909. vita Severi 16, 1 (*) C. I. L. VIII 2465 Cagnat, Cours d'epigraphie latine, S. 197; Goyau a. a. 0. S. 248; dann Höfner S. 264 u. Fuchs a. a. 0. S. 80, die das Jahr 197/8 annehmen. Schulz a. a. 0. 53 « noch in der ersten Hälfte des Jahres 198». Tillemont, Histoire des empereurs III 58 behauptet, dass ihm der Senat diesen Titel am 2. Juni oder ein virenig später bestätigte; a
a.
0. S. 19
;
;
Wirth, Quaestiones Severinae S. 31 u. 32 nimmt August oder Sei)tember des Jahres 198 n. Chr. als die Zeit an, in der Caracalla den Titel Augustus erhielt. (*)
Vita Severi
dann Höfner
a.
a.
0.
c.
16,3-5; vita Getae
S.
265
ff.,
vgl.
S.
1. 1; 5, 3; Cagnat 221; Fuchs a. a. 0.
a. a.
S.
CS.
80;
198; Schulz
266
SAUciuc
T.
wurde ihm
dieser Titel erst
am
7.
März 192
{^).
Wir
hätten somit
als termimis postqiiem für unsere Inschrift den 2. Juni 7.
in
198 oder
März 199. Den anderen Terminus gibt uns I. G. III 10, der in dem getilgten Namen wohl mit Eecht Getas Name
an, er-
gänzt wurde, dessen Erwähnung auf Denkmälern, ja selbst auf Münzen nach seiner auf Befehl des Caracalla erfolgten Ermordung (27. Februar 211) (2), bald nach dem Tode des L. Septimius Severus (4. Februar 211)
(^)
ausgetilgt wurde. In
I.
G. III 10, die
nach Eckhel (Doctrina nummorum VIII 245) sicher ins Jahr 209 zu setzen ist ("*), erscheint Geta in gleicher Weise wie Caracalla
was den Titel Augustus zur Folge
zur Herrschaft herangezogen, hatte.
In dem Jahre 209 n. Chr. (wahrscheinlich gegen Ende) hätten wir somit einen sicheren terminus ante quem für unsere Inschrift.
Doch wir werden weiter unten
sehen, ob sich
die Zeit
der
Inschrift nicht näher begrenzen lässt.
a. a.
0. S. 49
fF.
u.
115
Beinamen Antoninus schon Höfner
a.
a.
ff.;
dass Geta mit
dem
Titel Caesar nicht auch den
geht aus unserer Inschrift hervror, wie auch 0. und Schulz a. a. 0. festgestellt haben. erhielt,
Tillemont
a. a. 0. S. 55; Domaszewski, Geschichte der römischen 260 nimmt an, dass Geta im Jahre 215 gleich seinem Bruder dem Antoninus zum öaesar erhöht wurde, was mit der Ueberlieferung keineswegs (')
Kaiser
II,
vereinbar (^)
ist.
Tillemont
a.
a.
0. S. 215.
Fuchs, a. a. 0. S. 122; Schulz a. a. 0. 66, 87 ff. 116. Die griechischen Volksbeschlüsse, S. 191 Dit(*) So auch Swoboda, den (in Bemerkungen zu I. G. III 10) schliesst aus üoasi&eGipog A, tenberger (3)
;
das er für November-Dezember hält, dass Geta im September oder Oktober des Jahres 209 den Titel Pius Augustus erhalten habe. Nissen, Rheinisches
Museum XL 1885 glaubt Wirth ten
hätte.
a.
S.
a. 0.,
Höfner
a.
330
ff.
a.
A für Ende Jänner und daher im Dezember 208 den Titel Augustus erhal-
hält Iloaei^edav
dass Geta
0. S. 265
Anm. 126
:
Beginn des Jahres 209. Vgl.
quaenam Eomanorum temporibus fuerit condicio S. 24 ff, u. Schmidt, Handbuch der griech. Chronologie S. 741. Cagnat a. a. 0. S. 198 Anm. 2 lesen wir, dass nach den sicheren Inschriften von Afrika (C. I. L. VIII 2527 und 2528 j Geta schon im Jahre 198 hinter seinem Namen den Titel Caesar Augustus führte, und dass seit 209 der Titel Imperator Caesar vor seinen Namen gesetzt wurde, während der auch Fr. Neubauer: Atheniensium
rei publicae
Titel Augustus seither seinem vollen
Namen
folgte.
DENKMAL DES MITHRASKULTES AUF ANDROS
EIN
IN
GRIECHENLAND
267
Die Stiftung für das Heil des Lucius Septimius Severus und Söhne geht von Marcus Aurelius Rufinus aus, der « evocatus Augustorum nostrorum » zusammen mit den Prae-
seiner beiden als
torianern
— denn
«
mil. pr.
l(itibus) pr(aetorianis)
kann
»
ergänzt
in unserer Inschrift nur zu
werden — Flavius
mi-
Clarinus, Aelius
Messius und Aurelius Julianus genannt wird. Als evocatus Augustorum wird M. Aurelius Rufinus wohl selbst ein Praetorianer geda meist an die ausgedienten Unteroffiziere der Praetorianer die evocatio des Augustus erging (^). Namen wie M. Aurelius Rufinus begegnen wir in den Soldatenlisten sehr häufig, In
wesen
sein,
der grossen Zahl dieser Inschriften scheint mir C. I. L. VI 4, 2, No. 32640 Beachtung zu verdienen. In dieser zuerst von E. Ste-
venson, Scoperte di antichi edifici al Laterano, in den Annali delristituto di corrispondenza archeologica 1877, Bd. 49 S. 343 ff. gedruckten und dann ausführlich in der Ephem. epigr. IV No. 895
(Add. zu vol. VI Pars 1, S. 317) von E. Bormann und W. Henzen behandelten Inschrift, haben wir den Teil einer Liste von verabschiedeten Praetorianern aus
ptimius Severus
(Z.
8
u.
dem Anfang
der Regierung des
9 hat Carnuntum noch nicht den
Se-
Namen
Septimia, auch Siscia erscheint in Z. 15 noch nicht nach Septimius benannt) (*). In Zeile 25 der linken Kolumne finden wir den
Namen
Aurel. M. F. ülp. Rufinus Bize. Dieser Rufinus gehörte zur Centurie des Munatius Pius, die sich übrigens auch auf der
209 dem Septimius Severus geweihten Basis
(C.
I.
L- No.
32533)
Naheliegend ist es, den Aurelius Rufinus, Sohn des Marcus, aus der Tribus Ulpia in Bize (Stevenson a. a. 0. vermutet Bizya findet.
in Thrakien)
mit unserem Marcus Aurelius Rufinus zu
der bald nach
seiner Verabschiedung der evocatio
identifizieren,
des L. Septi-
mius Severus, welcher gerade damals bedeutende Truppen benöabtigte, um sich mit seinen Feinden in Italien und im Orient zurechnen, Folge gegeben hätte.
(»)
Hermann
Schiller u. Moritz Voigt, Die römischen Staats-, Kriegs-und Handbuch der Klass. Altertums-Wiss. IV 2, S. 250.
Privataltertümer, im (^)
mann 1. J.
Ich benütze die Gelegenheit,
um
hier H. Hofrat Prof. Dr. E. Bor-
und wertvolle Anleitung auf der am 10./9. gemeinsam unternommenen Reise nach Italien meinen ergebensten Dank für die äusserst freundliche
auszusprechen.
268
SAuciuc
T.
Betreffs der drei anderen Praetorianer
ähnliche
Vermutung
auf Inschriften wiederkehren. Dass in
einer Provinz zu
können wir nicht eine
häufig auch dieselben
so
aufstellen,
sie
nicht
Hause waren, etwa auch
in in
Italien,
Namen sondern
Thrakien, da die
Zahl der Thraker unter den Praetorianern eine beträchtliche war
möchte ich aus der Neuerung schliessen,
im Anfang
verus
Rom
brach
(^),
Septimius Se-
Regierung in der Garde der Praetoindem er mit der Bevorzugung von Italien
seiner
rianer geschaffen hat,
und
welche
(^).
Unter sancto deo invicto
ist in
Zeile 5 unserer Inschrift
Mi-
thras zu verstehen. Mithras, der von alten Zeiten als Sonnengottheit verehrt wurde, ist bei den Römern als Beschützer des Lebens, sowohl
gegenwärtigen wie des zukünftigen, als Bürge der Unsterblichkeit, vor allem der Gott der Soldaten geblieben und musste unter der Militäräespotie eines Septimius Severus des
einen ganz besonderen Aufschwung nehmen (^). In den Inschriften heisst Mithras meist Dens invictus; sehr « sol » hinzu, das öfters statt Dens mit invictus häufig tritt noch oder auch allein vor dem Namen Mithras steht. Der Name Mithras ist
in sehr vielen Fällen nicht genannt,
indem wir da entweder Sol
tus oder deus invictus oder deus sol C.
L.
I.
(^)
Anm.
VI 3722
a finden.
Da
invic-
oder auch nur deus wie
in
Mithras als ein Gott gedacht wurde,
Joachim Marquardt, Römische Staatsverwaltung
11, 2.
Auflage, S. 479,
2.
Marquardt, a. a. 0. S. 478. Carl Fuchs a. a. 0. S. 37 ff. Ueber den Mithraskult ausführlich bei J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung III, 2. Aufl., S. 84 ff., in Anm. 3 ist hier auch die ältere Litef«) (')
Dann Jean Reville, Die Religion zu Rom unter den Severern (übersetzt von Dr. Gustav Krüger) 1888. S. 74-99; W. H. Röscher, Ausführliches Lexikon der griech. und röm. Mythologie II, 2, 3028 ff. Die auf diesen Kult bezüglichen Denkmäler sind übersichtlich zusammenratur über Mithras beisammen.
gestellt bei
demselben F. Cumont, der auch den Mithrasartikel bei Röscher
Textes et monuments figurös relatifs geschrieben hat, in seinem Werke aux mysteres de Mithra, Band II, Brüssel 1896; Band I 1899. S. auch F. Cumont, Die Mysterien des Mithra, ein Beitrag zur Religionsgeschichte der römischen Kaiserzeit, Leipzig 1903 (Autorisierte deutsche Ausgabe von G. :
—
Gehrich) Otto Seeck, Geschichte des Untergangs der antiken Welt III 1909 S. 130 ff.; Heinrich Nissen, Orientation, Studien zur Geschichte der Religion, ;
3.
Heft, 1910 S. 314.
DENKMAL DES MITHRASKULTES AUF ANDROS
EIN
der unaufhörlich die bösen
IN
269
GRIECHENLAND
Geister bekämpft und in
Flucht
die
schlägt, wird er fast durchgehends Invictus genannt (^). Das Wort sanctus, das wir in unserer Inschrift finden,
ist
für Mithras in der Verbindung mit deus und invictus ohne ausdrückliche Nennung des Namens Mithras auch anderwärtig bezeugt,
wenn auch nicht so in C.
C.
I.
I.
in derselben Reihenfolge wie in unserer Inschrift,
12374 (Deo sancto
L. III suppl. 2, No.
invicto)
und
XI 1821
(/In/victo deo sancto) {'). Mithras wurde in Grotten verehrt und, wenn solche
L.
ihm
errichtete nian
fehlten,
unterirdischen Tempel, der «spe-
einen halb
genannt wird, wofür man auch allgemeinere Bezeichnungen wie aedes, sacrarium, templum einführte (^). Da von einem Feldzuge oder einer Reise, die Septimius Severus mit seinen beiden Söhnen nach Andres unternommen hätte,
leum
y>
uns nirgends berichtet wird, so lässt sich diese Weihung auf Andres, die der evocatus Augg. Marcus Aurelius Rufinus mit den drei an-
dem Mithras gestiftet hatte, am ehesten in Zusammenhang bringen mit dem früher erwähnten Partherfeldzug deren Praetorianern
0) Statt invictus finden wir C. I. L. 1479 omnipotens und C. I. L. XIV 64 indeprehensibilis. Oefters so C. I. L. III 879, VI 511, 722, 5204, XI 3865 (imvicto), 5735 wird Mithras schlechtweg Invictus genannt. (*)
C.
I.
Sonst
ist
sanctus für Mithras nur an wenigen Stellen sicher bezeugt. C. I. L. III suppl. 1. 10465.
L. III 3475 D(eo) s(ancto?) Soli invicto
Eph. epigr. II 641 Deo s(ancto?) o(ptimo) m(aximo) Soli invicti (sie!); CLL. VI 82 a und b Sancto domino invicto Mithrae, (Dorai)no sanct(o o)ptumo maxim(o); VI 710 und 711 Soli sanctissimo, VI 787 deo sancto Mi(thrae); invicto Mithrae, C. I. L. VII 99 (Deo sa)ncto (Mit)hrae, und vielleicht ist auch C. L L. VI 756 statt D(eo) S(oli) M(ithrae) zu lesen
VI 3726 Sancto
D(eo) S(ancto)M(ithrae);
CLL
XI 5736 N(umini)
s(ancto) S(olis) i(nvicti)
M(ithrae). (^) Von einem speleum, öfters mit dem nötigen Zubehör erwähnt, das dem Mithras nicht gerade immer von Soldaten geweiht wird, erfahren wir
C
auch aus anderen Inschriften, so (sie!)
cum omne
(sie!)
impensa
.
.
.
I. .
L. III suppl. 2, 13283: ... spelaeum L L. V 810. . speleum cum
C
fecit.
.
.
omni apparatu fecit. CLL. V 2, 5795 .... hoc speleum constituit. C I. L. VI7 33 ... hoc speleum constituit IL 5 638 speleum consecravit 649 (dem .
.
.
.
;
652 (dem Mithras u. der Luna Aecate") hoc speleum I. L. VIII 6975 Speleum cum (sig)nis et sacr.) hoc speleum .... constituit. I. L. IX 3608 .... speleum consummaver(unt) 4110 ornamen(tis) ...
Mithras
u.
der
«
.
.
.
C
C
Speleu)m .... XXXIV No. 7
.
restit(uit). .
.
.
.
dann noch bei
speleum cum signis
.
.
;
J.
Gruter, Corpus Inscriptionum S.
et
(...) ceterisq ....
dedit.
270
T.
SALCIUC
des L. Septimius Severus aus dem Jahre 197 und den darauffolgenden Jahren, auf dem ihn seine beiden Söhne und seine Gattin begleiteten.
(^).
Unter den Truppen, die Septimius Severus mit sich auch Praetorianer (^). Dio Cassius LXXVl, 12,
führte, befanden sich
35 weiss auch zu berichten, dass bei der Belagerung von Atra (oder Hatra) in Mesopotamien (Ende 199 n. Chr.) ihm der grössere Teil der europäischen Truppen den Gehorsam kündigte, und Wirt 0. S. 11 verweist auf C. I. L. VI 225 a, b, c, die durch
Nennung der Konsuln
a. a.
die
und aus der
sicher datiert ist (200 n. Chr.),
wir auf der linken Nebenseite des Altars erfahren, dass der Altar
aus
Marmor von M. Aurelius Nepos, remansor dem
mae
» pro (sie!) eorum ab expeditione Parthica geweiht « Auf der rechten Nebenseite stehen die nomina turmae »
ist.
«
genio tur-
reditus
während wir auf der Vorderseite des Altars
die
Widmung
lesen,
aus der wir sehen, dass der Altar vornehmlich für die glückliche und* siegreiche Heimkehr der kaiserlichen Familie (der Name des
Geta
ist ausgetilgt)
gestiftet war,
Kom
202 aus Asien nach
die erst in
zurückkehrte
der
ersten
Hälfte
(^).
Darnach scheint ein Teil der europäischen Truppen während der Belagerung von Atra entlassen worden zu sein und die Heimangetreten zu haben. Bei C. I. L. VI das Jahr der Weihung nicht, dagegen scheint
227
reise
kennen
wir
VI 226 aus dem
Jahre 202 (vielleicht auch VI 738) unmittelbar nach der Rückkehr Geta's Name ist überall der kaiserlichen Familie aus dem Orient ausgetilgt
—
—
worden zu
für deren Heil gestiftet
sein.
dass die Prätorianer, die in unserer Inschrift
ist
es, Möglich genannt werden, und auf die wir oben ausführlicher zu sprechen kamen, Ende ] 99, in der schweren Krisis vor Atra, wo die Gährung
im Heere schon mehr offene Rebellion war (^), entlassen wurden, und auf ihrer Heimreise Andres erreichten, wo sie für das Heil
(*)
Höfner
Feldzug bei Ceuleneer a. Fuchs a. a. 0. S. 76 ff Schulz
Genaueres über diesen a.
a.
0. I S. 217
ff;
LXXVI
;
a. a.
0. S. 113 a.
0. S. 47
ff; ff.
Tribun der Praetorianer, Julius Crispinus, der die Gährung im Heere geschürt haben soll, von Septimius Severus hingerichtet, und an seine Stelle tritt ein Valerius. {')
Dio Cassius
(3)
Ceuleneer
a.
a.
10, 2 wird der
0. S. 131;
III, S. 65. (*)
Otto Schulz
a.
a.
0. S. 65.
Wirth
a.
a.
0. 12;
Tillemont
a. a.
0.
EIN
DHNKMAL DES MITHRASKULTES AUF ANDROS
dem Dens Sanctus
ihrer Herrscher
IN
GRIECHENLAND
271
Invictus ein speleum weihten.
Doch wahrscheinlicher ist es, dass die Praetorianer unserer InEnde 199 bei der Belagerung von Atra entlassen wurden, sondern erst nach Beendigung des Feldzuges und der Reisen des
schrift nicht
L. Septimius Severus
und dessen Söhnen,
also
Anfang 202 heim-
kehrten und bei dieser Gelegenheit auf Andres die Weihung dem Mithras stifteten. Dass auch Septimius Severus auf seiner Rückkehr
Rom
nach
den
übers Meer nach Thrakien eingeschlagen
Weg
(^)y
könnte diese letztere Annahme nur stützen.
Ob Septimius
den
Severus
Weg
übers
Meer gemacht und
dabei sich auf Andros aufgehalten habe, können wir aus der vorliegenden Inschrift nicht entscheiden. Auch können die Münzen
mit dem Haupte des Septimius Severus oder des Geta, die sich auf Andros finden, uns keinen Aufschluss in dieser Hinsicht geben CO.
Denkmal bezeugt nur, dass auch auf Andros, das als dem im Jahre 133 v. Chr. erfolgten Tode des Königs Attalus III, auf Grund eines Testamentes an die Römer überging und von diesen zur Provinz Asien geschlagen Dieses
Besitz der Attaliden nach
wurde
Mithraskult unter der Militärdespotie des Septimius Severus bestanden hat, dessen Schuld es ist, « das Reich der
(0,
einer zuchtlosen Soldateska
zerstörenden tete
Kämpfen
die
ausgeliefert zu
haben, die in selbstMittelmeerländer vernich-
Kultur der
(Domaszewski, Geschichte der römischen Kaiser II S. 262)» Da diese auf Lucius Septimius Severus und seine beiden
»
Söhne bezügliche Inschrift von oben gerechnet in der siebenten Reihe von Quaderblöcken in situ erscheint, kann auf dieser Ter(^)
a. a.
Ceuleneer
adriatische (^)
&yi]g
und
a. a.
0. S. 131; dagegen
0. S. 64: Carl Fuchs
J.
Meer JI.
icprjfxEQlg
n
a.
a.
0. S. 90:
Wirth a «
a.
0. S. 12 und Tillemont
nach einer Seefahrt über das
.
naa/ükt], NofiiafXttxixfj rf}g
pofj,iafj,ccrtxf)g
tfjg
dp/at'a?
doxaioXoylag
I
296
^^v^qov
1898;
Tafel
if.
17,
in
Jie-
N. 11
17.
C) A. MrjXiaQäxrjg dcay vqatov
dnb
:
Kvx'Aa(fixä tjrot ye(oyQa(pia xal latoQta
xGtv dQ^ttioidicoy
XQ^*^^^ H'^XQ^ xaraX^ipecug
tüv KvxXdinb T&y
avriöv
^Qdyxoiv 1874, S. 180 ff; Giuseppe Cardinali, II regno di Pergamo, in den Studi di storia antica pubblicati da Giulio Beloch, fasc. V S. 52; hier findet sich auf Seite 284 Anmerk. 1 und 2 auch die ganze das Testament des letzten Attaliden betreffende Literatur
beisammen.
272
T.
SAUCIUC, EIN
DENKMAL DES MITHRASKULTES AUF ANDROS ECC
rassenmauer nicht der Apollotempel gestanden haben, in dem die Beschlüsse der Andrier aus dem vierten imd den folgenden JahrV. Chr. aufbewahrt wurden, wie Weila. a. 0. vermutet, vielmehr scheint diese Terrassenmauer, wenigstens in dem Teil, in welchen sich unsere Inschrift aus der Zeit der drei genannten
hunderten
Herrscher befindet, in späterer Zeit aus wieder verwendeten nen hergestellt worden zu sein.
Stei-
Lage des Apollotempels, der Agora und der anderen Baulichkeiten, sowie des Mithraeums können wir keine genauen Angaben machen, bis nicht auf Andres nach einem einheitlieber die
Wir
lichen Plane gegraben wird. einer systematischen
mal
sich
erst
kommen;
Grabung
hoffen, dass alle Schwierigkeiten der antiken Stadt Andres doch ein-
werden überwinden lassen mit Kücksicht auf den Erfolg, der hier zu erwarten ist. « Die Auferstehung von Andres muss
lässt
1909
»
hoffen wir, dass sie nicht
mehr lange auf
sich warten
(F. Hiller von Gärtringen, Athenische Mitteilungen S.
XXXIV,
187).
Teophil Sauciüc.
Beilage zu
S. 272.
Inschrift auf Andros.
Nachtrag.
Auf
Seite
264
dessen
Zeile 8 v.
Name
hier
ii.
ist
zu lesen
ausnahmsweise
:
nicht bis
zur
TJnleser-
lichkeit ausgetilgt etc.
Auf
Seite
als
detachierter
der
in
271
Z.
1.
v.
u.
ist
zu lesen: nicht in
Die auf Andros anwesenden
Praetorianer
situ.
Hessen
sich
Posten zur
jenem Kriege bei
auch
üeberwachung des Hafens denken, militärischen Transporten eine Rolle
spielen mochte.
Athen.
Theophil Sauciüc.
DER SARG EINES MAEDCHENS BEMERKUNGEN ZUM SARKOPHAGE VON TORRE NOVA (Taf. 2-4; S. 89-167)
G. E. Rizzo sah voraus, dass trotz
seiner
eindringenden Er-
klärung des Sarkophags von Torre Nova ein solch hervorragendes monumeato dotto den Scharfsinn und das Wissen noch von man-
chem Archäologen herausfordern werde, und da
er einen Vorschlag
beiden
Deutung einiger Gestalten auf der Rückwand und Seitenflächen als Bildern von 'ccfivtjToi bereits diskutiert
hat, so
möchte ich die Reihe der
von mir zur
wollte dies auch aus
dem Grunde
dsvtsqai
(fQovTiSsg
eröffnen
tun, weil ich glaube, jenen
;
Ge-
danken, welcher sich mir einst bei flüchtiger Betrachtung des Originals aufgedrängt hatte, jetzt mit Hilfe der vortrefllichen Publikation auf festere Basis stellen zu können.
Wenn
über den Inhalt des Bildes auf der Frontseite als der
Einweihung des Herakles
in
im We-
die eleusinischen Mysterien
kann — mag auch, wie wir sehen
sentlichen kein Zweifel bestehen
Benennung dieser oder jener Figur und an der so mancher Einzelheiten noch zu bessern sein Bestimmung
werden, an der
—
schwebt die Exegese
der
Gestalten
auf den übrigen drei Seiten
so lange in der Luft, als man mit Rizzo (149) die Attribute in den Händen der beiden Mädchen auf Seite C als enigma insolubile
hinnimmt. Von vorneherein
ist
ja nicht anders zu erwarten, und dass mit ihnen der
als dass diese Abzeichen sprechen sollten
Bildhauer
dem
Betrachter einen Schlüssel
zum
Verständnis seiner
Hand
zu geben beabsichtigte. Beim Versuch, das Rätsel zu lösen, dürfte es sich empfehlen, zwei Fragen getrennt zu halten erst nur zu entscheiden was für
Schilderei in die
:
;
Gegenstände sind
es,
welche der Künstler
zum Zwecke
der Cha19
274
F.
rakterisierung auswählte,
HAUSER
und diese Vorfrage nicht zu vermengen
mit der Untersuchung: welcher ausgedrückt werden?
Sinn
sollte
durch die Attribute
Das Gerät, welches das sitzende Mädchen auf 1)
Seite
mit ihrer Linken an den Felsen anlegt und das Rizzo
ersten Bericht für ein
simpulwn
entsprechend meinem Vorschlage
gehalten als
C in
(Taf. 4,
seinem
hatte, erklärt er
nun
als rj^/Äog,
von
Weinsieb,
einer Form, wie es sich in zahlreichen Exemplaren aus Bronze erhalten hat. Und zwar nehme ich für diese Bestimmung mehr
Prädikat probabile in Anspruch. Denn im Scheitel der Wölbung des Blechs bemerkt man nicht blos am Original, sondern
als
das
deutlich auch in
der
oder Eintiefimg,
deren
Abbildung eine kleine kreisrunde Fläche Durchmesser gerade dem durchlöcherten
Zentrum an den erhaltenen omphalosartig vorspringt
von
dieser
manchmal auch
Seite
gesehen,
sich
Danach kann kein Zweifel
aufs
einbaucht,
das
Bronzesieben,
oder,
genaueste entspricht. an der Bestimmung des Gerätes als Weinseiher übrig bleiben. nun nach dem Sinne des Attributs zu fragen, so hatte
Um
ich auf die Siebe hingewiesen, mit welchen nach antiker Vorstel-
lung in der Unterwelt die Uneingeweihten Wasser in ein leckes Fass tragen. Dagegen wendet aber Rizzo (154) ein, Piaton spreche im Gorgias 493 B, auf den ich mich berief, von einem xoaxivov, geflochtenen Sieb, keinem bronzenen Weinsieb, keinem fj^fxog. Allein eine der von Rizzo selbst in der Anmerkung genannten Stellen redet ja doch von einem xoaxirov xaXxovv, Beweis
einem
genug, dass
man auch
Bronzesiebe als xoaxiva bezeichnete. Ferner
zwar die Bemerkung auf S. 155, das xoaxivov der Uneingeweihten bei Piaton vertrete die Stelle der lecken Hydrien in
ist
den Händen der Danaiden, gewiss richtig; nui hätte dann Rizzo noch hinzufügen müssen: selbstverständlich vertritt es auch die Stelle der zerbrochenen Hydrien, mit welchen Polygnot in seiner
Nekyia die
Uneingeweihten
liess (Pausanias
Und man
sollte
Krug und Sieb
X
31,
Wasser
in
den
5 und 8; Robert, Nekyia
Pithos S.
tragen
19-21, 68).
meinen, ein solcher Austausch von zerbrochenem lasse keinen Zweifel darüber, wie
wenig für diesen
Vorstellungskreis auf die Form des Siebes ankomme; was er braucht, das ist ein rinnendes Gerät und Durchlässigkeit fehlt ja einem Bronzesieb gewiss nicht. Somit ist bewiesen, dass ein
DER SARG EINES MAEDCHENS
durch ein
äfjLvrjTog
Bronzesieb
als
der
275
Weihen
nicht teilhaftig
charakterisiert werden konnte.
Antike Gräber enthalten nun als ein keineswegs seltenes Fundstück derartige Weinsiebe und ihre Beigabe für den Toten erweist auch in Rizzos Augen, dass das Sieb nicht in die Reihe der dem
Cadaver mitgegebeneu täglichen Gebrauchsgegenstände gehöre, sonihm eine symbolische Bedeutung zukommen muss. Nur
dern dass
mir ein vages simbolo di purificazione nicht hinunter, so wenig als ein arnese rituale di culto funebre. Vielmehr führen will
den
die in
beigebrachten Stellen ausgesprochenen Vorstellungen der Alten auf eine ganz bestimmte Erklärung, dass nämlich durch Beigabe des Siebes ein Toter als ctfxvrjTog bezeichnet wird. Dass « uneingeweiht " jedoch doppelsinnig zu verstehen ist, werden wir später sehen. Zunächst soll noch auf anderem Wege belegt werden, dass
dieses
im mundus funebris
Weinsieb nichts anderes besagen will, als eine ganz andere Siebform, die mit dem Seihen des Weines sicher nichts zu schaffen hat. Minervini beschreibt und publiziert ein rundes
im Bullettino Napoletam, Nuova
Serie
Taf. 3, Grabfunde aus Nocera, welche
V,
1857
S.
177 und
nicht blos eine Reihe der
üblichen bronzenen Weinsiebe zutage förderten, sondern in zwei Fällen. Hess sich beobachten, dass auf der Brust des Skeletts eine rechteckige, leicht gebauchte, ähnlich wie Reibeisen durchlöcherte Eisenplatte lag, deren Ränder nach Ausweis der Abbildung unblieben, somit ursprünglich versteckt gewesen sein verdeckt ohne Zweifel durch einen Holzrahmen, welcher müssen;
bearbeitet
die durchlöcherten Metallplatten
mutlich von
Händen
zum
Siebe vervollständigte.
man dem
Toten auf seine Brust legt und verder aufgebahrten Leiche gleichmässig mit beiden
Ein Sieb, das
fassen Hess,
kann kein beliebiges Haushaltungsgerät sein
hier drängt sich die Forderung einer sj^mbolischen
:
auf.
Deutung Ausserdem wird aber durch dieses rechteckige Sieb auch einem etwaigen Einwand begegnet, jene Weinseiher in anderen Gräbern hätten keine tiefere Bedeutung als die übrigen Beigaben, wie Schöpflöffel
nnd Weinkrüge.
Allein trotz
— oder
wegen der weiten Unteritalien muss es Bedenken er-
vielleicht sage ich besser:
Verbreitung der Mysterien in
regen, dass bei so vielen Verstorbenen
immer wieder nur das
eine
276
F
HAUSER
ausgesprochen sein sollte: slvca xal 'EXsvaTvi €v ovSsvl Osfiävoov ^oyo),
(X 31, 11) jedenfalls,
zu
als
gebrauchen,
tun'
rovvovg
um
üuserem
%a
dQwfisra
Worte des Pausanias
die
Zai-tgefühl widerstrebt es
man
vor der Leiche gerade einen Mangel des stark betont und diesen Tadel für alle Zeit ver-
hätte
Verstorbenen so
ewigt. Legten die damaligen Griechen einmal solch hohen
Wert
auf Mysterienweihen, so verstünde man nicht, warum trotzdem so gar viele Menschen sie verschmähten. Jede Schwierigkeit schwindet jedoch, sobald wir einsehen, dass der Hinweis auf die Einweihung bildlich geraeint
ist.
Von verschiedenen Gelehrten, deren Namen aus den in Wasers IV 2089 gegebenen Zitaten zu finden
Artikel bei Pauly-Wissowa sind,
wurde beobachtet, wie
die
Danaiden
was haben nur Danaiden mit
erst
im vierten Jahrhun-
im Hades übernahmen. Aber
dert die Stelle der Uneingeweihten
ccf^ivr]Toi
gemein?
Auf den
ersten
Blick nicht das Allermindeste, und ihre Vermischung beruht auch eigentlich auf nichts als einem spitzfindigen Wortspiel. Danaiden sind aya^oi, da sie ihre Gatten
Ehe vollbracht
sie
ist;
bleiben
bevor
ermorden, also
in
das
räXo; der
diesem Sinne
äisleTc,
wie in ganz anderem Sinne, wer die tsIt] der Mysterien nicht kennt, dcTeXrjg bleibt. Weil sie ayaijoi sind, treten sie an die Stelle von afxvr^toi (^). Zu dieser uns schwer einleuchtenden Begriffsverschiebung wurden die Alten jedoch auch noch dadurch verführt, dass die Zerimonien bei der Ehe auf nächste denjenigen bei der Mysterienweihe verwandt sind. Schon Lobeck im Aglaophamus S. 648 hat auf Grund schriftlicher Belege und die Contessa Lovatelli
bildlicher
(')
im Bulleltino Commale 1879
S.
10 mit Benutzung der Bräuche
Darstellungen auf die Uebereinstimraung
Daraus dass ein männliches Gei^enbild zu den Danaiden nicht genannt man nicht schliessen, jener Büssertypus sei auf das weibliche Ge-
wird, darf
schlecht beschränkt geblieben. Sichere Anzeichen von männlichen Sündern sind wahrauf diesem Gebiet freiwilligen oder unfreiwilligen Sündern zunehmen auf der Palermitaner Lekythos, für die ich nur ihre letzte Behand-
—
—
lung durch Kuhnert im Jahrbuch 1893 S. 110 zitiere. Und einen entsprechenden Büssertypus hat Dieterich Nekyia 168 aus des Angabe erschlossen, dass
nach
Pythagoras
in
der
Unterwelt
bestraft
werden
ol
(xfj
&eXorTeg
avvBivai xaig ccit&v yvyatU; also wohl hauptsächlich Sünder wie Dantes verehrter Freund Brunetto Latini, dem er im Inferno (XV 22) begegnet.
DER SARG EINES MAEDCHENS beider Feiern aufmerksam gemacht;
277
nimmt man
hinzu,
was Mann-
Forschungen S. 354, 368, 370 über Hochzeitsbräuche zusammenbrachte, so tritt diese Verwandtschaft noch klarer hervor. Daraus nun dass ayafxog und ä^vi]tog für die Griechen hardt in seinen
Wechselbegriffe bilden, erschliesst sich das Verständnis der Reliefs auf diesem Sarkophage der Künstler stellt Eingeweihte und Unein:
geweihte dar, wählt dieses Thema jedoch nur, weil er unsere Gedanken auf Verheiratete und unverheiratete lenken will. Das Attribut in der
Hand
des zweiten
Mädchens auf
Seite
C wird
diese
Auffassung bestätigen. Rizzo (149) sieht in diesem Gegenstand ein Diptychon. Eigentlich hätte ihn schon die von ihm selbst beigebrachte vermeintliche Analogie eines in
Rom
dem
Täfelchen
das Attribut schon
darum
gefundenen Elfenbein-Diptychons, das mit einem an seiner Schmalseite
rechteckigen sitzenden Ringe in der Tat recht wenig ähnelt, von dieser Bezeichnung abhalten sollen Diptychon, also ein Doppelblatt, darf man ;
kennen
lässt,
es
sich hier
nicht nennen, weil, klärlich
um
ein
wie Abb.
einfaclies
17
er-
Täfelchen
handelt. Eine wirkliche Analogie wird nur in dem Gemälde Museo Borbonico I 12, 2 angeführt, das auch von Heibig n. 1726 beschrieben ist. Allein in natura genau entsprechende Täfelchen aus
Holz begegnen unter ägyptischen Funden nicht allzu selten. Man vergleiche die griechischen Mumien-Adressen, Revue Arclieologique
XXVIII, 1874 Taf. 19-28, Papyrus Erzherzog Rainer Ausstellung Taf. 2 und die Schreibtafel mit Schulaufgaben, die im Journ. Hellen. Stud. 1909 Taf 5 abgebildet ist (^). Freilich lehren die von mir beigebrachten Analogien nicht mehr, als dass solche Täfelchen, die man doch wohl Sslroi nannte, eben Schreibmaterial
was
waren;
sich der
Bildhauer des Sarkophagreliefs darauf geSinn er darum dem Attribut bei-
schrieben dachte, und welchen legte,
wäre
kaum
zu erraten, wenn
wir nicht schon die richtige
Spur gewittert hätten. Auf römischen Sarkophagen mit Darstellung der Hochzeit, wie deren mehrere in Benndorfs Vorlegeblättern 1888 Taf. 9 zusammengestellt sind, C) Prof. Hülsen
ansatus,
über
zu
weist
welchen
denen
man
noch das Fragment im Bri-
mich freundlichst derauf
Mommsen Gesammelte
giebt, aus derartigen Täfelchen bestand.
dass der codex V 340 Aufschluss
hin.
Schriften
278
F.
tischen hält
HAUSER
Museum
bei
der
Cat. Sculptures III n. 2307 hinzunehmen mag, dextrarum iunctio der Ehemann mit der Linken
eine Schriftrolle, in welcher die Erklärer ohne Zweifel mit Recht
den Ehekontrakt suchen. Als Bezeichnung für dieses schwerwiegende Schriftstück behält aber die lateinische Sprache, auch als
mehr auf Holz geschrieben wurde, folgende Austabulae nuptiales, tabellae sponsalium et nuptiarum,
es längst nicht
drücke
fest
:
tabulae dotales, moArimoniales; wofür man die Belege bei Marquardt-Mau, Privatleben der Römer 48 findet. Diese tabulae und tabellae verraten aber deutlich genug, dass in älterer Zeit Heirats-
auf
Holztäfelchen niedergeschrieben wurden. Damit, wir was wir brauchen. Das Täfelchen, welches haben glaube ich, die Frauengestalt gewiss nicht zufällig mit ihrer Linken hält, gekontrakte
rade so wie sonst der in der
Linken
trägt,
Ehemann auf den Sarkophagen
ist
ein Ehekontrakt, seine
seine Rolle
Besitzerin
eine Ehefrau, welche einer durch ihr Sieb charakterisierten
somit
Ehe-
losen gegenübersteht.
Selbst auf
dem
breiteren Friese der Rückseite (Taf. 3) wird
dieses Lieblingsthema weiblicher Unterhaltungen weitergesponnen.
Hier erklärt Rizzo das mit Guirlanden und einem Stierkopf ge-
schmückte tektonische Gebilde für einen Altar. Ausgemacht ist das es kann sich ebensogut um einen auf dem Sarkophage keinesfalls ;
dargestellten Sarkophag handeln
und
die Beobachtung, dass dieses
Gebilde die Dimensionen des wirklichen
Sarkophages in genauer
Proportion verkleinert, wird uns sogar eher zu Gunsten der Erklärung auf einen Sarkophag stimmen.
Einen bisher nicht ausgenutzten Anhalt zur Deutung ergibt der geistige Rapport, in welchen die liebevoll ihr Kind an sich drückende Mutter zu der anderen weiblichen Gestalt gebracht wird,
dem Sarkophage sitzt. Beide blicken sich Aug in Auge und doch ist die Stimmung genau die gleiche. Die Gestalt auf dem Sarkophag
die trauernd auf
mit innigem Ausdruck nicht bei beiden
sendet einen tiefen, einen wehmütigen, fast beneidenden Blick auf die glückliche Mutter herab diesen Blick fängt die Matrone auf ;
und beantwortet ihn, indem sie zugleich ihre Hand gegen das Kinn hin führt. Nicht sowohl um den Kopf zu stützen; sondern mit einer unwillkürlichen Bewegung, wie wir sie leicht ausführen, wenn uns ein Gedanke völlig absorbiert und wenn wir an uns
DER SARG EINES MAEDCHKNS halten müssen,
iini
279
lebhaften Empfindungen nicht lauten Ausdruck
zu geben. Polygnot hat nach Ausweis des Berliner Skyphos (Mon. In. X 53) eine der Mägde beim Freiermord durch diesen Gestus
wehe
dass so gesunde, frische Burschen sterben sollen. Die Trauernde findet also Sympathie bei der
verraten lassen, wie
es ihr tut,
Frau, Mitgefühl dafür, dass Elie und Mutterglück ihr durch den sich auch hier das Leit-
Tod versagt blieben. Somit wiederholt motiv, Frau und Jungfrau.
Nicht ebenso deutlich klingt dieses Motiv in den beiden rechts befindlichen Figuren an, trotzdem auch sie offenbar differenzierend charakterisiert werden.
Das ganz
Mädchen knickt
sitzende
in
hilflos in
seinem Schmerz sich
aufgehende
zusammen, wogegen
der
stehenden Frau das Anlehnen ihres linken Armes auf die Hüfte, die gerade Stütze des anderen Armes, die Festigkeit ihrer Stellung
überhaupt ein nicht zu verkennendes Gefühl von Sicherheit gibt, das neben dem Elend der weggekrümm-
fast von Selbstbewusstsein,
ten
Schwester
verletzend
wirken könnte,
wenn
einen teilnahmsvollen Blick auf die Trauernde In der Stehenden
erkennen
wir
also
wieder
nicht
es
durch
gemildert würde. die
Frau,
in der
Trauernden die Jungfrau. Die erste Erklärung des Sarkophags von Torre Nova fand zwischen diesen sämtlichen Frauengestalten keine innere, sondern nur eine aus dem Streben nach Keichhaltigkeit der Motive erwachsene künstlerische Unterscheidung heraus und fasste sie alle gleichartig auf wie die 18 Klagefrauen des Sarkophags von Konstantinopel.
Genauere Analyse der Motive legt aber Gegensätze von einer Figur zur anderen klar, welchen die Erklärung gerecht werden muss, und
wenn jener Kontrast der Attribute
ungesuchte
Grunde
sich von selbst mit
auf Seite
C
in
Zusammentreffen,
dem
verschiedenen Sinne
Einklang bringt, so erweist dieses dass unsere Erklärung auf festem
ruht.
Die zur Betrachtung noch übrige rechte Nebenseite
D
(Taf. 4, 2)
wurde vom Bildhauer etwas flüchtiger behandelt; auf ihr vermissen wir auch die gegensätzliche Charakterisierung des Figurenpaares entsprechend den vorher besprochenen drei Gruppen. Die Niedergeschlagenheit beider Epheben, ihre widerstandslose Hingabe an den Schmerz kann hier auf einem Sarkophage keinen anderen Grund
haben
als
den bitteren Tod; zweifelhaft bleibt jedoch, ob sie den
280
F,
Hingang
HAUSER
eines Freundes betrauern, oder ob sie selbst als Verstorbene
gedacht sind, die über ihr eigenes Schicksal jammern. Bei dem sitzenden Mädchen mit ihrem Sieb auf der gegenüberliegenden Seite
schwanken
lässt sich nicht
welt hausen
;
also
drei Bilder der
sie
;
kann nirgends sonst
als in der
haben wir das Reich des Hades
Nebenseiten, deren
Unter-
für sämtliche
untrennbaren Zusammenhang
ßizzo (144) betont hat, als Local anzuerkennen. Dass der Künstler mit strenger Logik die einmal gewählte Szenerie durchdacht hätte, darf
man bei einem antiken Menschen von vorneherein nicht erMan vergleiche nur z. B. das Bild der Grablekythos, abge-
warten.
Denkmälern
bildet in den Antiken
welche
sicli
der
Maler
attische
I
23, 2
:
vor
kaum anderswo
der Grabstele, als
nahe beim
Dipylon aufgestellt dachte, sitzt der Tote und bis dicht zu ihm heran treibt Charon seinen Nachen, während doch jeder Athener
wohl wusste, dass der Acheron glücklicherweise fernab vom Kerafliesst. Pedantisch ausfragen lassen sich die alten Kunst-
meikos
werke nun einmal nicht; wo ein Sarkophag, eine Grabstele steht, da ist die düstere Welt der Toten, so wenig der nüchterne Verstand auch darüber im Zweifel bleibt, dass alle diese Denkmäler auf der Oberwelt
vom
hellen Licht der Sonne beschienen werden.
Der abgekantete
Pfeiler,
auf den
sich
der
einer
Bpheben
stützt, wird als eines der bescheidenen Grabdenkmale gelten dürfen, wie sie seit dem Ende des vierten Jahrhunderts durch eine Kirch-
hofs-Polizei-Reform des Demetrios von Phaleron wieder aufkamen,
wie
n.
schon für ältere Zeit belegt werden
uns aber auch
sie
durch eine
in
Lekj^thos
Bologna,
Pellegrini,
z.
B.
Catalogo Bologna,
358 (Brückner im Archäologischen Anzeiger 1892
S. 23).
Der
Jüngling stützt sich somit auf sein eigenes Grab, wie im Bilde der erstgenannten unter den beiden herbeigezogenen Lekythen ein
Jüngling vor seiner eigenen Stele sitzt. Danach werden wir auch in seinem Genossen suchen
als einen Verstorbenen.
gelegten
Armen bekümmert
verspreche ich mir noch sollte,
leider
was Brückner nicht
in
Von
dieser tatlos
niclits
anderes
mit übereinander
vor sich hinbrütenden Jünglingsgestalt
manche Aufschlüsse, wenn
es
gelingen
den Oesterreichischen Jahresheften XIII 50 den in der Zeit
um 440
geschaffenen griechischen Relieffries, in dessen Besitz sich der Herr Erzherzog Franz Ferdinand in Wien mit den K. Museen zu Berlin teilt,
gelungen
ist,
DER SARG EINES MAEDCHENS richtig zu
Denn
deuten.
den
Jüngling auf
hier
um
281
diesem Friese steckt das Vorbild für
in
dem Sarkophag von
Torre Nova.
Da
es
sich
eine Koustatierung handelt, die auch ganz abgesehen von
Erklärung unseres Sarkophages wichtige Konsequenzen im Gefolge hat, sehe man scharf zu, ob die Uebereinstimmung sich wirklich nur durch Abhängigkeit erklärt. Die Haltung beider der
Figuren ein
ausser dass die Figur auf
ist,
dem Sarkophag
ganz klein wenig weiter vorstellt (was hier zur
erwünschter war) völlig
die
gleiche und
völlig
ihre
Füsse
Raumfüllung
gleich
auch die
Gewandanordnung. Den Gewandzipfel, welchen Brückner irrtümlich für das Wehrgehäng ansah, und die Falte an der Hüfte, die er für ein
und
Schwert
hielt, finden
in einer jeden
auch wie die
Irrtum
rechte
wir hier in der frischesten Erhaltung Deutlichkeit wieder;
ausschliessenden
Hand über
die
linke wegläuft,
das könnte
nicht genauer übereinstimmen. Da den Relieffries seine Arbeit zweifellos in das fünfte Jahrhundert verweist, so wird die Annahme
abgeschnitten, die Figur
im Friese und
die auf
dem Sarkophage
gingen auf ein gemeinsames Vorbild zurück. Denn in den Tagen des Phidias wurde nicht so treu kopiert, dass die vermeintliche
Kopie des V. Jahrhunderts auf dem Friese mit der sicheren um sechs Jahrhunderte jüngeren Kopie am Sarkophage so
fünf bis
peinlich übereinstimmen könnte.
Wir
dürfen also wirklich unserem
Glücke trauen, dass hier einer jener ganz exzeptionellen Fälle vorliegt, in welchen ausser der römischen Kopie auch das griechische Original erhalten blieb. Den gleichen Schluss zog übrigens auch schon Brückner (59) für das Fragment aus Ephesos, welches ebenfalls eine Gestalt aus dem Friese wiederholt.
Aergerlicherweise
ist
es aber bis heute nicht
geglückt, den
dem Mädchenraub, welchen ein kunstgeschichtlich unbefangeneres Zeitalter ohne weiteres für den Raub der Sabinerinnen erklärt hätte, einleuchtend zu deuten, so wenig als das Rätsel in
Fries mit
den anderen Friesteilen und seinen traurig umherstehenden oder Männern gelöst ist. Wenn dies, wie dringend zu wün-
sitzenden
schen, noch gelingen
Jünglinge,
und dann
Namen kämen
(^).
sollte,
so Hesse sich
erwarten, dass unsere
auch die
Frauengestalten, zu bestimmten müssen wir bei der allgemeinenBezeichVorläufig
Die oben stehenden Worte waren gesetzt, als das diesjährige Leipziger Winckelmanns- Festblatt in meine Hände kam, welches die glänzende Ent(^)
282
nung
man
F.
HAUSER
als Jünglinge, Frauen und Jungfrauen stehen bleiben. Aber wird sich erinnern, dass das reifere Altertum eine Abneigung
gegen generelle Büssertj^pen im Hades überkam an Stelle namenloser ayaiioi und cci^Lvrjioi in Polygnots Nekyia traten die Danai:
den. Dass auch diese
Epheben auf dem Sarkophage wiederum
Bil-
der von Unverehelichten darbieten sollen, ergibt sich allein schon aus ihrer Jugend.
Wenn
Kizzo (144) zu dem Ergebnis gelangte, dass der Sarvon Torre Nova, welcher seines Formats wegen keinenfalls kophag für einen Erwachsenen ausreichte, einem naTg f.iv7]^€lg a(f eatiag als letzte Ruhestätte gedient habe, so zog er diesen Schluss ledig-
lich aus der Darstellung
im Friese der Vorderseite. Seitdem der
Sinn der übrigen Bilder erschlossen ist, wissen wir, dass das Einweihen in die Mysterien hier nicht im eigentlichen Sinne zu verstehen war, sondern als ein zartes Bild von Vorstellungen, über
man nicht gerne allzu deutlich spricht. Das Menschenkind, das in diesem prächtigen Marmorgehäuse zu Staub zerfiel, musste fort von der Welt, bevor es in die Mysterien der Ehe eingeweiht
die
wurde, und, worauf für die Alten der Nachdruck
fiel,
bevor es die
Nachkommen zeugen
konnte, welche durch heilige Pflicht dazu berufen sind, einst nach seinem Tod den Kultus der Psyche des
Ahnen zu
erhalten.
Da
unter den Bildern der Unverehelichten auf
dem
Sarkophage, welche dem Verstorbenen als Folie dienen, das weibliche Geschlecht überwiegt, so schmückten diese Reliefs den
deckung von Studniczka
raittheilt,
dass jener
Fries einst den 1'empel ;im
schmückte. In der Deutung des Frieses ist sich freilich der Urheber der Kombinazion selbst noch nicht sicher. Er weist auf den von Felasgern
Ilissos
verübten Qeberfall der jungen Athenerinnen hin, welche kamen um aus der Kallirrhoe, der späteren Enneakrunos, welche trotz Doerpfeld dicht neben
dem Tempel
liegt,
Wasser zu holen. Für
könnte diese Erklärung genügen, wenn
man
die Platten
mit dem Frauenraub
sich über das Fehlen der Hydrien
wegsetzt. Aber die übrigen Friestheile mit angeblich wandernden Felasgern das will mir nicht recht einleuchten. Was mich an dieser Entdeckung be:
sonders überraschte, das ist, dass eine Gestalt des Frieses an einem Tempel, man ohnehin schon mit dem Heiligthum der kleinen Mysterien in Agrai identifiziert hatte (Furtwängler, Meisterwerke 210 Anm. 3), nun gerade in
den
Verbindung mit einer Mysteriendarstellung auftritt. Wenn hier kein innerer besteht, so wäre es wenigstens ein närrisches Spiel des Zufalls.
Zusammenhang
DER SARG EINES MAEDCHENS
283
Sarg einer Jungfrau: nccgdävog r] firj^sTTo) fivr]&€T(ra arSgög wie Grammatiker ausdrückt (Ammonius ed. Valckenaer
sich ein alter
XLVIII). Der neue Gesichtspunkt, welchen wir dem Sarkophag von Torre Nova abgewannen, erweist seine Berechtigung nun auch noch p.
er sich beim Verständnis längst bekannter Darder aus Unterwelt als brauchbar erweist und in diesen stellungen Bildern die Bedeutung einiger Gestalten aufhellt, über welche sich
dadurch, dass
Darum machen
die Eiegeten noch nicht geeinigt haben.
kein Gewissen daraus, für wenige
wir uns
Minuten einen Seitenweg
ein-
zuschlagen, der vom Sarkophag wegführt denn die Abschweifung lohnt sich auch für unser eigentliches Thema, da wir mit einem Gewinne zu ihm zurück kehren, mit festerer Zuversicht auf die ;
Kichtigkeit der vorgetragenen Auffassung. « Die Darstellungen der Unterwelt auf unteritalischen Vasen sind in einer Monographie mit diesem Titel von
Breslau 1888, behandelt worden und seither
»
August Winkler,
kam nur
eine einzige wesentliche Bereicherung des Materials durch ein Ruveser Fragment hinzu, das Michele Jatta in den Monumeati dei Lincei XVI, 3 veröffentlicht
und
S.
517 besprochen
hat.
In der Hölle, wie sie
nach der Phantasie der Tarentiner des vierten Jahrhunderts ausschaut, werden die Verächter der
Danaiden dert,
in
Ehe durchweg schon durch die einem Falle so ausführlich geschil-
exemplifiziert; dass sie die volle Hälfte des Bildfeldes einnehmen; ein an-
dermal auf drei Vertreterinnen reduziert, zuweilen auch ganz unUnd zwar fehlen sie sonderbarerweise gerade auf der
terdrückt.
Münchener Amphora, Furtwängler- Reichhold, Vasenmalerei I 10, wo wir jetzt das gleich links hinter Orpheus angebrachte Ehepaar mit Kind sofort
als
eine Folie
für die
Ehelosen verstehen. Nur
Kontrast zu den ayufxoi aufgefasst, gewinnt diese Familie von Seligen ihre Existenzberechtigung im Hades. Aber trotzdem sie nur die Idee der Familie vertreten, geht doch ein kahler Typus als
dem
antiken Menschen gegen den Strich
in dieser Periode
— darum kann
es
kaum
— zum
mindesten noch
eine Frage sein, dass der
erfindende Künstler, dessen Komposition die erhaltenen Vasen in mehr oder minder vollständigem Auszuge, in mehr oder minder
trüber Brechung widerspiegeln, ganz bestimmte Namen lür diese drei Gestalten parat hielt. Denn mit der Zeit wurden alle die ge-
284
F.
HAUSER
im Hades auf individuelle Figuren der Sagenwelt umgeschrieben (*). Das Vernünftigste zur Deutung der Familie auf der Münnerellen Büssertypen
chener Vase
hat jedenfalls Wilhelm
Todes^ 408 vorgebracht, wenn er drei in
enger Verbindung
mit Eleusis
Die Idee des
Furtwängler,
Namen
stehen,
nennt, die sämtlich
also
gerade
mit der
Kultstätte, die den grössten Einfluss auf die Vorstellungen über die Unterwelt gewann (Dieterich Nekyia 64). Er tauft das Ehepaar
und Deiope oder Antiope mit ihrem Kinde Eumolpos. genannte Frau eine Rolle im Hades spielte, besagt ein
Musaios Dass die
Gedicht von Hermesianax (Athenaeus XIII 597 d): yiwairj d'sazl slv 'Aidji. Und ich glaube den Beweis dafür, dass Musaios mit seiner Gattin das Muster-Ehepaar vertrat, durch folgende Beobachtung au einer anderen ünterweltsvase stützen zu können.
Zufällig handelt
um
es sich
eine Vase,
die ebenfalls schon
wurde und zwar von Amelung 104. Die Amphora mit Schwanenhenkeln be-
in diesen Mitteilungen besprochen
im Jahrgang 1898
S.
Ermitage zu Petersburg und ist im Bullettino Napoletano, Nuova Serie III 3, darnach in den Wiener Vorlegeblättern Serie E 6, 2 und in Reinachs Repertoire I 479 abgefindet sich in der
Auf den
bildet.
Streifen
als die
als Persephone,
ersten Blick sind sämtliche Gestalten
Danaiden und die
Hades und
drei
im unteren
Mittelfiguren des oberen
Hekate erkannt.
Die
Frauengestalt aber die Gestalt entspricht in allem Wesentlichen ihrer Haltung, namentlich auch dem Attribut eines Schwertes, der in einer anderen Vase mit Unterweltsbild
rechts nennt
Amelung
eine Erinys
;
(Arch. Ztg. 1883 Taf. 18) am selben Platze sitzenden Dike. Da Dike nun auf dem oben genannten, von Jatta publizierten Fragmente mit Flügeln nachgewiesen ist, so lässt sich schwanken, ob
unser Maler an Dike dachte,
welche er in ihrer Erscheinung an
die nahe verwandten Erinyen annäherte, oder ob er Erinys selbst
darstellen wollte, welche dann ihr Schwert von Dike hätte.
Uns
interessieren jedoch
Hier
mehr
übernommea
die Gestalten links von Perse-
Frauengestalt, welche stört, dass ihre linke Schulter und der Busen bloss aus
phone.
wände
(')
sitzt
zunächst
hervortritt. Sie hält
U.
V.
eine
einen Ball und
blickt auf
Wilamovitz, Homerische Untersuchungen 202.
es
nicht
dem Geeinen un-
DER SARG EINES MAKDCHENS terhalb von ihr stehenden, mit leichtem
285
Gewand
versehenen, aber
dadurch nicht verdeckten jungen Mann herab, der beide Hände vor sich in Brusthöhe erhebt: « mit ihr sprechend » meint Stephani
im Katalog der Ermitage n. 426. Allein Stephani wie Amelung haben das Motiv der Hände nicht richtig aufgefasst; es sind keine Gesten zur Begleitung der Rede, sondern die einander zugekehrten und doch in einiger Distanz von einander gehaltenen inneren Handflächen entsprechen der Haltung von Ballspielern. Man vergleiche Joiirn. Hellen. Stud. XI 12. Da nun die Partnerin tatsächlich einen Ball in der Hand hat, kann seine Geste nur sagen
wollen:
wirf mir den Ball zu!
Sonderbar,
diese selbe Aufforde-
rung steht griechisch ausgedrückt auf einem oft erörterten italischen Krater in Neapel, Heydemann 2872, abg. Millingen, Ancient Umdited Monuments I 12. Die Inschrift ist auf den Pfeiler geschrieben, der ganz jener columella auf Seite
phages
entspricht,
D
unseres Sarko-
und wäre nach Kretschmer (Vaseninschriften
215) zu lesen: Ifjg av fjiol rccv (t(f[a)TQav, das tfig av als vulgäre Ausdrucksweise für den precativen Imperativ zu erklären. S.
Hier kamen wir durch Zufall einem interessanten Zusammenhang auf die Spur. Aber wo steckt der verbindende Faden? Das Bild des Kraters sagt nur soviel, dass einem ruhig auf den Pfeiler, sicher einen Grabpfeiler sich stützenden Mädchen von Eros, der von ihr
weg
schreitet, ein Ball zugeworfen wird, den sie
sich übrigens nicht aufzufangen
bemüht
(^).
Hier
am Grabe können
wir ein Ballspiel nicht in seinem nackten Sinne hinnehmen, hier muss ein Hintergedanke damit verbunden sein. In der Tat lässt sich der Sinn
mit
Hilfe
von
Dichterworten auch noch
heraus-
einem Epigramm, Anthol. Pal. V 214, parallelisiert das Ballwerfen mit einem Zuwerfen des Herzens, und Meleagros wenn Anakreon in seinem allbekannten Liede singt, dass Eros den schälen. In
Purpurball ihm zuwerfe und ihn zur Liebe mit der Lesbierin rufe, so liegt auch hier ein tiefer Sinn im kindlichen Spiel. Sodann Dass es sich um einen Grabjjfeiler handelt, wird ausser Zweifel gedurch die Analogie des Bildes einer Amphora, ebenfalls in Neapel (Heydemann 2868; abg. Millingen Taf. 36), da in diesem Fall das auf den Stein eingegrabene Distichon die Grabinschrift nicht verkennen lässt. Und die Wie(^)
stellt
derholung des gleichen Epigramms auf einer anderen Vase (Heydemann Pariser Antiken 90) steht auf einem Pfeiler, der von Grabvasen umgeben wird.
286
F,
wird es nicht Zufall
sein, dass
HAUSER der Einsatz gerade des H^anenaios
beim Kottabosspiel nach Nonnos Dionysiaka XXXIII 69 iu einem Ball besteht. Für primitivere Zustände vertritt ein Apfel den Ball; was aber
(irjXo^
ßXrjS^sig bedeutet,
das verrät uns das Scholion zu
civtI tov sQcott. ovicog yäg slsyov ol Aristophanes Wolken 997 nccXaiol tö TiTor^aai xal dg sqootcc ayaysTv^ f^^^fp ßccXXsiv (^). Mit dem Apfel oder mit dem Ball werfen bedeutet also, um einen uns :
in
Rom
nahe liegenden Ausdruck zu gebrauchen, far alV amore.
Nach diesen antiken Aeusserungen, deren Sammlung Belesenere ohne Zweifel bereichern könnten, sind wir über den Sinn jener zwei Gestalten auf der Amphora im Klaren: wir haben ein glück-
Paar vor uns, abermals einen Kontrapost zu den liebWiederum jedoch nicht blos ein Typus von Lie-
lich liebend
losen Danaiden.
benden, sondern ein bestimmtes Paar. Denn die Kithara oberhalb des jungen Mannes will durch die Deutung berücksichtigt
vom Kopfe sein,
wie Attribute an
Teil
in
dem
Paar,
Münchener Amphora net,
also gerade
für
den Stützen von Statuen.
welches auf
unserer Vase
entspricht, wird das,
wofür
demnach
Musaios
dem Musaios
Vase kaum
der
Sänger bezeichSomit lässt sich
als
gilt.
Wilhelm Purtwänglers Deutung der Gruppe auf noch bezweifeln
Der männliche
der
Münchener
(^).
Der Gedanke, welcher die Auswahl der Bilder auf den Nebenseiten und der Rückwand des Sarkophags von Torre Nova leitete,
die Kontrastierung der Ehelosen
und der Verheirateten, fügt
sich also in eine schon für das vierte vorchristliche
Jahrhundert
erweisbare Gedankenreihe ein, die gerade von Vorstellungen der
Un-
terwelt verwertet wird, somit auf einem Sarkophag an ihrem richtigen
Diesem Gedankenkreis kann auch das von Plutarch (Coningalia PraeD [Moralia ed. Bernardakis I 338] und Aetia Romana 279 F [Moralia II 290]) erwähnte Solonische Gesetz nicht fremd sein, wonach die Braut sich erst hingeben darf nachdem sie einen Quittenapfel gegessen, üeber den Apfel (•)
cepta 138
Liebessymbol: Stephani im Compte Rendu 1860 S. 86; weiteres 1872 S. 160 zitiert; Boettiger Kunstmythologie II 250. dieser Gestalten als ApoUon und Aphrodite (^) Amelungs Auffassung dem vernachlässigt den Stock, welcher für Apollon nicht passt, und wird Motiv der männlichen Gestalt, der Aufforderung zum Ballspiele, nicht geals
wenn man keinen Anstoss daran nehmen wollte, dass si(^ gerade Zu und Leben in die Unterwelt verirrt hätten. Musaios: Maass Orpheus 110.
recht; selbst
diese Gottheiten voll Licht
—
287
DER SARG EINES MAEDCHENS Platze
sitzt.
dem
Danach können wir mit
Gefühl,
diesem
auf
Umwege doch keinen vergeblichen Schritt getan zu haben, zum Gegenstand unserer Exegese zurückkehren. In der Deutung des Hauptbildes auf dem Sarkophage (Taf. 2)
langen
entfernt sich meine Auffassung weniger erheblich von der oben vor-
getragenen; trotzdem sind die Differenzen gross genug, dass es sich lohnt anzugeben, wo und warum sich an Rizzos Exegese noch
Hier traue ich mir nicht mehr zu, als die sechs im Hochrelief gehaltenen Figuren zu taufen; denn die flachen Gestalten im Hintergrunde bieten der Erklärung gar zu wenig^
feilen lässt.
Stützen und solcher würde der Exeget um so nötiger bedürfen, als allem Anscheine nach gerade die Füllung des Grundes nicht aus
dem gemeinsamen holungen stammt, ruhige
griechischen Vorbilde der erhaltenen Wiedersondern erst in römischer Zeit, welche die
Wirkung des griechischen
Fläche nur langweilig fand, in wurde.
Um
mit
dem
Reliefs
die
Protagonisten,
alte
dem
mit
seiner
neutralen
Komposition interpoliert
verhüllten Herakles zu be-
besonders das Widderfell, das
ginnen, so interessierte Rizzo (21)
sogenannte ^ibg xwdiov, das über dem Steinsitz liege. Allein da das Fell unten in eine nicht zu bestreitende Löwentatze ausläuft^
uague leonem\ ein Vliess würde übrigens am Rand, welche nicht kraus, sondern schlicht herabhängen, ausgeschlossen. Da nun zudem die Re-
so
erkennen wir
allein schon
plik auf der
ex
durch die Haare
Marmorurne
(Taf.
7) bestätigend hinzutritt, so
Löwenfell nicht mehr mit der
sich das
lässt
Annahme
wegdisputieren, der Bildhauer habe dieses Detail nicht verstanden. Er wusste nur
warum
zu gut,
er
ein
Löwenfell braucht; denn
an
dem
in ein
Himation gewickelten Herakles, der überdies nach Vorschrift des eleusinischen Zeremoniells eine Fackel lialten musste, waren seine allbekannten
Kennzeichen
das Löwenfell
bringen sonst Unkenntlichen ;
Ein
beim
blieb
besten
Willen
nicht
das
einzige
Mittel,
also
dem Beschauer
Miss Verständnis, wie
es
unterzu-
um
den
vorzustellen.
Rizzo beim Sarkophag voraus-
begegnet vielmehr dem Relief in Neapel (104) welches das Löwenfell mit einem Ziegen- oder Rehfelle verwechselt. In keiner
setzte,
der Repliken liegt somit das Widderfell auf der Bank; es befindet sich dagegen an einer anderen Stelle, über der Kiste, auf welcher
288
F.
HA. USER
Demeter sitzt. Der Verfertiget der Urne zwar mit löblichster Absicht aber mit um
(Taf. 7) so
bemühte
sich
geringerem Gelingen
die Flocken des Vliesses durch gleichmässige Schuppen auszudrü-
cken, während auf dem Sarkophage die Oberfläche des Fells, soweit ich aus einer der Gefälligkeit von Rizzo verdankten grösseren Photographie erkenne, nicht weiter modelliert wurde (^).
Und ausserdem
bleibt der Zerimonie doch ein Jibq xwSiov er-
halten; nur liegt es an anderem Punkte, als wo
man
es
Es
suchte.
nämlich genau da, wo man es nach Polemon, der über dieses wusste, zu liegen pflegte, nämlicli unter den Füssen des zu Heiligenden. Ein flach auf den Boden gebreitetes'
liegt
Thema wohl Bescheid Fell war
im Relief nicht
Widders zu charakte-
leicht als das eines
und darum schlug der Bildhauer des
Sarkophages den Ausweg ein, durcli einen Widderkopf die Beschauer, bei denen er ja Bekanntschaft mit dem wirklichen Vorgange voraussetzen durfte, risieren
an
das
symbolische
Urne glaubte
sogar,
Fell
zu
dass
zur
erinnern;
ja
Andeutung
der
Verfertiger
der
schon ein Widderhorn
genüge.
Der Steinsitz ohne Lehne, der wie ein grosser Schemel ausschaut, kann nicht wohl auf die Bezeichnung ^qovoq, welche Rizzo ihm gibt (121, 123), Anspruch erheben. Wahrsclieinlich erfahren
wir seine richtige Bezeichnung aus Aristophanes' Wolken, wo der feierliche Ernst einer Weihung parodiert wird und wobei der Proselyt
sich
Wenn
nach
Vers 254 auf einen
mit diesem Worte auch
tsQO(;
sonst
eine
axi^inovg
elende
setzen
Pritsche
soll.
be-
zeichnet wird, so muss es doch seiner Zusammensetzung nach ur-
(^)
Die wie ein Korb geflochtene
Kiste
mit
dem
Wi(Jderfell darüber,
welche der Sarkophag zum erstenmal greifbar deutlich ausführt, erklärt nebenbei auch ein Epitheton im Demeterhj'-mnus, mit dem sich dessen Erklärer seither vergeblich bemühten. Dort sd^rjxsv
^Idfxßr}
xi^v''
Silvia \
heisst es
nrjxtbv
edog,
im Vers 195: xaS-ibneQr^e
tiqIv y'bts
&'in''dQyvcpeov
di]
ol
ßdXe
xßag. Unter diesem
« aus mehreren Stücken zusammengefügten Sitz » versteht Demeter und Persephone 95 Anm., einen » gemeinen Sessel im Gegensatz zu dem Prachtsessel, auf welchem Metaneira sieh niederlässt». Keine einleuchtende Erklärung, da selbst der herrlichste Thron nicht aus einem einzigen Stück Holz geschnitzt wird. Hier muss also das Adjectiv etwas anderes bedeuten: u aus vielen Stücken zusammengefügt» und dann
Preller,
malt es das Weidengeflecht der Kiste. Unsere Interpretation ist wohl sicher, weil der Hymnus wie der Sarkophag über den runden Korb ein Vliess breitet.
289
DER SARG EINES MAEDCHENS
sprünglich eine Fassbank bedeuten und der Sitz des Herakles bei der Weihung zeigt gerade die Form einer solchen.
dem
Eine böse crux bereitete
Erklärer die letzte Hochrelief-
Jüngling mit dionysischen Attributen. Rizzo weiss sich schliesslich nicht anders zu helfen als ihm den Namen Dionysos zu geben, trotzdem er wohl empfand, wie wenig passend figur rechts, der
Hermesähnliche Kopf auf einem Dionysoskörper sässe, wie wenig zumal in der Kaiserzeit. Dass der richtige Namen für diese Figur nicht gefunden wurde, beruht auf einem Zufall, nämlich dieser
dass der Erklärer
seinen
Weg
von links nach rechts
nahm, an-
umgekehrt vorzugehen. Legt man sich angesichts des Fackelträgers rechts die Frage vor: ein dem Dionysos durchaus ähnliches Wesen des eleusinischen Kreises, nur jugendlicher, einem statt
xA-lltagsmenschen ähnlicher als er
— wer
kann das wohl
sein,
wer
Niemand, der diesen Namen nicht vorher für eine andere Figur schon abgegeben hat, würde mit der Antwort zaudern: natürlich lakchos, der mit Dionysos geradezu identifiziert
muss das
sein ?
wird, dessen Aeusseres aber
Künstler
reifere
wie
derjenige des
vom Dionysos-Charakter abwangeben der Erscheinung des eleusinischen Dionysos
Terrakottareliefs Taf. 6 merklich
deln einen ein
Sie
(').
Stich
bäuerlich
ins
Gewand, das
umsäumt zu
sein.
die
Kräftige,
Derbe,
Eigentümlichkeit
Zu dem
in seinen
und hüllen ihn
aufweist,
mit
in
Fransen
Augen unfeinen Realismus, im
Bäurische herabzusteigen, verstand sich freiBildhauer des Sarkophages nicht aber er gewann es wenigstens über sich, an Stelle des Dionysoskopfes mit seinen in der Kaiserzeit obligaten Schmachtlocken den
Kopftypus
bis aufs
lich der klassizistisch geschulte
;
kurzhaarigen Krauskopf eines Epheben zu setzen, eines jungen Burschen wie man auf jeder Strasse begegnen konnte. Bestätigt wird aber die Deutung der fraglichen Figur auf dem Sarkophage als lakchos dadurch, dass sein Chiton befranst ist, ein Detail, das
für Dionysos
nie nachzuweisen, für sein eleusinisches Ebenbild auf jedoch jener Terrakottaplatte belegt wird. Und lakchos passt auch vortrefläich an diese Stelle denn nun sitzt Herakles wirkja ;
lich
inmitten der drei eleusinischen
tischen Kreis er (')
vgl.
Hauptgötter, in deren
mys-
aufgenommen zu werden wünscht.
Die ältere Zeit
(z.
B. der Maler des Kraters, abgeb. Tischbein I 32; S. 120) kennt diese Unterscheidung nicht.
Furtwängler im Jahrbuch 1891
20
290
F.
Infolge dieser links den
Namen
HAUSER der
verliert
Umdeiitung lakchos, mit
junge
Fackelträger
welchem ihn Rizzo bedachte, und
damit verträgt
sich aufs Beste, dass die fiir ihn vorgeschlagene durch die herbeigezogenen Analogien der Figur auf Identifizierung Vasen anstatt bekräftigt, vielmehr in Frage gestellt wird. Denn
Rizzo
entgangen, dass zu den genannten Vasen, auf welchen der angebliche lakchos niemals durch Beischrift beglaubigt es ist
war, neuerdings ein Vasenfragment mit einer entsprechenden Figur hinzukam, wo neben ihr das Ende der Beischrift flO^ erhalten ist;
zwar ein kleiner Rest, aber
mit voller Sicherheit
um
Namen Eumolpos Der Knabe mit dem Bu-
er genügt,
zu
den
ergänzen (^). bouleuskopfe wird nun also zu Eumolpos und damit den Streitereien über die Bedeutung des praxitelischen Kopfes das Feld erweitert.
Den Stammvater der Eumolpiden wollte Rizzo (139) vielin dem feisten Weihepriester suchen, der aus einem zierlichen
mehr
Kännchen, so zierlich wie das Taugefäss der Aglauriden und wie das der Aurora auf dem Augustuspanzer, Wasser über das Feuer giesst(^). Es wird nämlich geradezu angegeben, Eumolpos habe Herakles eingeweiht.
Doch
ist sich die
üeberlieferung in diesem Punkte
nicht einig: denn ein so vortrefflicher Zeuge wie Xenophon nennt einen anderen Namen, Triptolemos. In seinen Hellenika (VI, 3,0) lässt er Kallias den Spartanern Friedensvorschläge machen und zur
Einleitung bedient
sich
minem: wurde denn
der Unterhändler des
Arguments ad ho-
nicht euer Altvordere Herakles
unseren Vorfahren Triptolemos
in
einst
durch
die eleusinischen Mysterien ein-
geweiht? Selbst als Phantasieprodnkt Xenophons genügt diese Rede doch zum Nachweis, dass gegen die Mitte des IV. Jahrhunderts hin zu
Athen wie im Peloponnes Triptolemos für denjenigen
Furtwängler-Reichhold Vasenmalerei II, S. 56. Nicole Meidias Taf. 5, Nicht verschweigen darf ich, dass mir die Bestimmung des Geschlechtes dieser Gestalt auf dem Sarkophag nicht über jeden Zweifel erhaben scheint. Ueber der linken Brustwarze führt schräg nach oben gewölbt eine Falte, wie (^)
S.
75.
sie nur durch die Rundung eines weiblichen Busens sich erklärt. Aber nicht minder zweifellos fehlt an der rechten Brusthälfte jeder Vorsprung. Wenn die Person weiblich ist, kann kaum ein anderer Namen als Hekate in Frage kom-
men; ich halte (")
Man
die Auffassung als Jüngling indessen
vergleiche dazu:
Stengel Opfergebräuche
für wahrscheinlicher.
der
Griechen
S.
34
DER SARG EINES MAEDCHINS
291
welcher Herakles in die Geheimnisse von Eleusis einführte.
galt,
Dass die andere Version, welche Euraolpos nennt und für die sieh nur wesentlich jüngere Zeugen als Xenophon vorbringen lassen, piü autorevole wäre, wie Rizzo (139) will, darf man also wirklich nicht behaupten.
bei
Aus den Bildwerken wurde uns der jugendliche Triptolemos seiner Aussendung auf dem Flügel wagen eine so vertraute
Erscheinung, dass es überraschen wird, seinen Namen angesichts eines behäbigen Domlierren ausgesprochen zu hören. Allein für den Sohn des Keleos grünte, so wenig als für gemeine Sterbliche, der Lenz nicht ewig; das beweist seine Auffassung auf den tarentinischen
wo
er inmitten
Mann
auf seinem
Unterweltsvasen (Furtwängler-Reichhold Taf. 10), der greisen
Throne
Totenrichter
sitzt.
Demnach
Weihepriesters
als
als
gestandener alter
bringt
am
Sarkophage die
Benennung des
Triptolemos nicht die mindeste
Damit wäre aber
Schwierigkeit.
die undankbare
Aufgabe des Dissentierenden, wenigstens für das Gebiet der Exegese, zu Ende geführt; denn in der
Benennung der drei Hauptfiguren auf der Vorderseite als Demeter, Köre und Herakles dürfte Rizzo kaum einem Wieder-
spruche begegnen. Des Herakles
die
eleusinischen Mysterien wählt der griechische Bildhauer unter tausenden von Weihungen als die berühmteste aus, weil sein künstlerisches Empfinden, ganz im Gegensatze zu den Gepflogenheiten in der christlichen Epoche,
Einweihung
in
sich dagegen sträubt, nur eine
beliebige Weihung, die abstrakte bildnerisch Weihung gestalten zu wollen; blasse Verallgemeinerung widerstrebt ihm, trotzdem sie lediglich als Folie
Idee einer
Uneingeweihte dem Sinn genügt hätte. Antike Künstler wissen, wer an nichts Bestimmtes denkt, an gar nichts denkt.
für
dass,
Immer ein
Bild
droht uns aber noch die Frage: warum schmückt denn sogar die Vorderseite an dem Sar-
der Mysterienweihe
kopliag einer Person, welche doch gerade als uneingeweiht,
auch
Auf
als afivr]rog
im Sinne von
diese Frage antwortet ein
wenn
aya^og bezeichnet werden soll ? Vergleich. Zu Athen war es von
Alters her der Brauch, unverheiratet Gestorbenen eine Lutrophoros aufs
Grab zu
seine Freunde
stellen:
das Brautbad, welches
nie von der Kallirrhoe ins
wenigstens symbolisch
dem Verstorbenen
Haus tragen
durften, sollte
nachgeholt werden, indem nun das Gefäss
292
F.
HAUSER, DER SARG 2INES mAEDCHENS
mit dem Badewasser
für alle
Zeiten
auf
dem Grabe
steht.
So
wird die Weihung, welche dem in den Sarkophag von Torre Nova gebetteten Mädchen zu Lebzeiten versagt blieb, im Grabe, wenigstens
symbolisch,
noch
an
jedoch will nichts weiteres
ihr
vollzogen.
Die
Weihung
sein als ein leise, aber
selbst
auch zu
noch klar sprechendes Bild.
Friedrich Haüser
Rom
uns
DO VE Fü TROVATA LA GHIMERA
DI AREZZO.
Ancöra oggi si narra in Arezzo, e specialmente nel popolo, il ritrovamento della Chimera: e questo fatto ci puö dare facilmente un'idea deH'interesse che sollevö nel 1553 questo rinvenimento, che se ha preso
nella fantasia
popolare proporzioni di leggenda,
interessa altresi gli archeologi.
conoscenza del punto esatto in cui fii trovato bronzo famoso, possono trarsi deduzioni importanti. questo Essendo convinzione generale ormai, che la Chimera in origine doveva appartenere ad un gruppo e doveva essere unita al Infatti, dalla
Belloforonte il
molti ritengono che
(*),
luogo in cui essa fu trovata,
del Belloforonte montante
Ma la
il
se qiiesta uon e che
moderna opinione
sarebbe
opportuno
Pegaso.
una vana speranza, perche, accettando
di illustri archeologi,
i
di essa e che si riferisce alla
di cui
gamba
po-
sinistra
sua dedicazione al Dio Tin, la cre-
inaportato
faceva parte
ritenendo
quali,
steriore alla statua l'iscrizione etrusca incisa nella
dono un originale greco
esplorare
sperando forse di rinvenire la statua
separatamente
dal
resto
del
e logico ritenere
improbabile il ritrovamento del Belloforonte suUo stesso luogo in cui fu rinvenuta la Chimera, pure, sapendo da numerose testimonianze d'antichi scrit-
gruppo
(^),
(^) Benvenutü Cellini, Vita di s^ medesimo, vol. II, pp. 468-69, n*. 2. Firenze 1829; Gori, Museum etruscum, tom. II, pp. 289-294. (In queste pagine vi sono riportati quasi tutti i brani dei poeti e storici antichi che si
riferiscono
alla
etruschi, tom.
Chimera). Firenze
516
MDCCLXXXVII;
Inghirami,
Vasari, Ragioiiamenti, Giornata vol. VJII, p. 163, ediz. Sansoni, Firenze. («)
d. klass
I,
p.
Conestabile,
Altertums.,
;
II,
Monumenti
rag. III. Opere»
Iscrizioni etrmche, p. 186 e seg. Baumeister, Denk, 316. Brunn-Bruckmann, Denkm., tav. 319.
fig.
;
294 tori (^),
della la
DEL VITA
A.
che furono trovate insieme con essa
medesima maniera
importanza
"
per dire
come
Fino ad ora perö
ritiene
li
di
bronzo
(^), e facile capire
anche
interessante per
Arretium, nel posto
in cui tutti
venuero alla luce. era incerti nello stabilire
si
furono rinvenuti quei bronzi. Nella popolazione aretina zione che
molte ligurine
«
Vasari
uno scavo, che sarebbe
di
la topografia e la storia della antica qiiesti oggetti
il
trovati
ho
nella
il
luogo in cui
constatato esser viva la tradi-
sommitä
Arezzo, e vicino al punto dove s'erge tezza medicea.
colle dove
del
tuttora la
Cosi la pensano anche altri archeologi e chimera trovata dum aedificaretur
ritiene la
Gori
il
sorge
smantellata
arx
et
(=^),
il
for-
quäle
fossae esca-
varentur.
Ma
altri
luardo di
S.
I piü,
capisce in tanta diversitä di pareri, erano incerti,
e si
anche Giorgio Vasari che nel nel Proemio delle Vite
e fra questi
dissotterrata
la dice
Arezzo
sostenevano essere stata essa rinvenuta vicino al ba-
Lorentino, ed alcuni presse quelle di S. demente.
«
nel
far
fortificazione
fossi,
e
muraglia di
»
{^).
Ig perö confesso che,
mancando
di
basandomi sulla
prove e
sola logica, pensavo che questo bronzo famoso dovesse essere stato
trovato nella parte alta della cittä attuale, dove sorgeva in antico
quella etrusca, e dove fu rinvenuta anche la celebre statua di Miperche nella parte bassa della coUina su cui si estende
nerva;
Arezzo, dalla parte di occidente, fino ad
sono stati mai
ora non
trovati oggetti e costruzioni dell'epoca etrusca. Perö pensavo pure,
che se veramente questo ritrovamento fosse avvenuto nei pressi di porta S. Lorentino, ciö avrebbe provato l'esistenza di importanti costruzioni
etrusche anche
in quella
non
zona che
e stata
mai
tom.
289.
regolarmente esplorata. (>)
Cellini, op. cit., vol. II, p.
(^)
Vasari, op.
cit.,
Proemio
468;
Inghirami, op.
delle Vite, vol.
I,
p.
cit.,
III,
221.
Inghirami, op. cit., tom. III, p. 289 Demster e Buonarroti, De Etruria tom. I, tav. XXII; Gori, op. cit., tom. II, p. 293; Angelucci, MeRegali, morie utoriche di Arezzo, p. 34. Winckelmann, Storia delle arti del disegno, tom I, p. 177, n* (a), [*•) (')
tom. p. 67
;
II, ;
p. 47.
Roma MDCCLXXXIII;
Vasari. op.
cit.,
vol.
I,
p. 221.
Micali, Antichi
momenti,
vol.
III,
DOVE FU TROVATA LA CHIMERA DI AREZZO
Pensando
mi proposi
a ciö,
che avesse permesso trovata la statiia che
di stabilire e
di cercare
295
dociimenti la prova
siii
con esattezza
il
oggi un cimelio prezioso del
dove fu
liiogo
Museo Etrusco-
Egiziano di Firenze. 11 cartello esplicativo
la dice rinvenuta in
posto in questo
Museo
sotto la
Chimera,
Arezzo nell'anno 1554.
Per quanto non perfettamente sicuro sii questa data, mia fu di esaminare le deliberazioni del Comune di Arezzo
prima cura
di detta epoca. Infatti nel libro esistente nell'archivio le
deliberazioni dal 1551
titolo,
al
1558,
a caratteri molto sbiaditi
lessi in
ma
comunale, che contiene
prima pagina,
intelligibili, la
fräse;
sotto
il
Leone
trovato fuori di P.^ S. Laurentino a b®. 102.
ben
Seguendo questa indicazione, trovai il documento cercato molto conservato, sebbene un po' diffieile a decifrarsi in qualche
punto.
Eccone «
Die
il
XV
testo
:
Nove(m)bris. MDLIII. Du(m) extra m(o)enia urbis
Aretii prope porta(ra) divi Laurentini (^) Terra fodiebat(ur) quae in novu(m) quod ibi fabricat(ur) vallu(ra) portanda erat subscri-
ptu(m) insigne Etruscor(um) opus inventu(m) erat
Leo
extitit.
Id. n.(empe)
(a)eris polite ac ingeniöse factus veri Leonis statura aspe-
ctu ferox, qui
magna
mor(e) sinistro erat,
ira
ob vulnus
fortassis,
quod eidem
in
fe-
accensus, iubas erectas simul et ap(er)tas ge-
r(e)bat fauces ferebatq(ue) sup(er) tergora tropheu(m) veluti quohirci jugulati caput spiritu(m) et sanguine(m) emittentis. In cuius Leonis crur(e) anteriori destero h(a)o era(n)t
da(m) ostende(n)s
Sed ip(s)um uti egregiu(m) quod una cu(m) plurib(us) tu(m) pueror(um)
iscript(a)e lipter(a)e >IR)/V\I/IIX.
erat opus Princeps noster
brutor(um) parvulis (a)eris statuis, Inter quas equi una erat et qu(a)e simul cu(m) ip(s)o Leone rep(er)t(a)e fue-
tu(m) aviu{m)
et
ru(n)t et quar(um) singul(a)e pedis fere me(n)sur(a)e era(n)t Flo-
(') Queste parole sono scritte a grosso carattere stampatello. Si capisce che ranonimo autore di questa nota, conscio deirimportanza deiravvenimento che essa riguardava, avrä cominciato a scrivere a grossi caratteri appunto
per dar
piü risalto a queirimportantissima notizia; seguito con il carattere usuale.
ma
poi, per far prima,
296
A.
rentia(m) portari
DEL VITA
hoc qui videru(n)t
Nempe
iiissit.
«
o(mn)es admi-
et elegaDtia(m).
su(n)t et operis antiquitate(m)
rati
hoc leone
in
signii(m) erat iiullu(m) no(n) fuit ideo arbitratu(m) e(ss)e chimer(a)e Bellorofontis simulacru(ra) " (^).
Serpentis
Come si
si
vede,
estese nei
il
documento
e
e cbi lo t:crisse
chiarissimo,
appunto per l'importanza di quel
particolari
ritro-
vamento.
Ora dunque, non essendo piü dubbio che vata fuori di
Chimera
la
trarre dj
porta S. Lorentino, possiauio
ciö
fu
tro-
alcune
dediizioni.
Chi ha
un'idea della topografia antica ed attuale di Arezzo sa che la cittä nei tempi etruschi si esten-
e del suo territorio,
deva piü che altro sulla parte di tramontana della coUina sii cui anche oggi sorge, pure avendo subito in vari tempi diverse variazioni con la mutazione e l'ingrandimento della cerchia delle sue antiche mura.
—
romana
Sotto la dominazione
com'e noto,
le
cittä
romane
quasi sempre avevano un orientamento del tutto opposto a quello cittä
delle
etrusche
—
si
estese
tendenza ha mantenuto nei secoli
poi e
a
mezzogiorno,
e
questa
mantiene tutt'oggi Arezzo nei
suo ingrandire.
Naturalmente
sommitä il
il
del colle.
E
cuore di questa nei tempi etruschi era sulla infatti non solo si puö determinare su essa
cerchio delle antiche
mura urbane
;
ma, appena si scava vicino cima del podium Sancti
all'attuale fortezza, che occupa proprio la
Donati (come templi perti
fu
chiamato
di edifizi pubblici
e
—
Medio Evo),
nei
—
si
trovano ruderi di
quelli del teatro sono in parte sco-
ed infine in quel luogo furono rinvenuti la celebre statua altri bronzi ed oggetti dell'epoca etrusco-
della Pallade e molti
romana.
Ma
nella parte nord-ovest della collina al basso della cittä,
dove oggi
si
trovano la porta
e
il
baluardo di
S.
Lorentino, per
Chimera, mai furono rinvenuti ogtraccie di antiche costruzioni dell'epoca etrusca. Solamente
la cui costruzione fu trovata la
getti
a mille metri da questo punto, sulle rive del Castro (torrente di si trovava la fornace dei vasi aretini
non antichissima formazione)
(^)
Quesf ultimo periodo
e scritto
da altra mano o posteriormente.
DOVE PU TROVATA LA CHIMERA
AREZZO
DI
297
Calidia
(se ne vedono anche oggi gli spurghi), alle e lo storico aretino trovarono presenti Leone ne fabbrica e che su scrisse Alessi, pubblicö varie sigle, questa mentre il Vasari, a suo dire la scavö ed esplorö inleramente (^).
della famiglia
ciii
escavazioni
Ma
che del
tolto questi avanzi,
nessun
riale,
X
si
resto sono dell'epoca
oggetto o costruzione dei
impe-
tempi etruschi sono
stati
rinvenuti in qiiel vastissimo tratto di terreno.
Senza eseguire scavi od assaggi almeno in qiiella zona, e difficile emettere un parere reciso suirimportanza archeologica di
Ma
essa.
viottola,
io
credo che vi sia molto terrapieno; infatti liingo una oggi detta l'Orciolaia, che la traversa, nei ciii
ancora
pressi in antico sorgevano fabbriche di vasi aretini di un genere molto rozzo, non ancora stiidiato, non appare alla superficie fram-
mento alcuno
di quelle celebri terrecotte,
gli spurghi sono profondi si
scorgono in
Nessuna
anche
mentre sui terreni dove
diie o tre metri,
questi frantumi
gran copia. perö di quelle
caratteristiche elevazioni
dove solevano gli etruschi -erigere
le
di
terreno
loro costruzioni, esiste vicino
alla porta S. Lorentino.
Perciö, considerato dal punto di vista dell'archeologo il luogo dove sappiamo oggi essere stata trovata la Chimera, vien fatto di suppporre che quei bronzi vi siano stati nascosti. Supposizione, del resto, assai verisimile, dati
i
nnmerosi esempi, anche recenti, di
ri-
trovamenti di statue nascoste deliberatamente.
La natura
perö dei piccoli bronzi rinvenuti insieme colla Chi-
farebbe ritenere appartenenti ad una stipe votiva. Se ci6 sarebbe certa nelle vicinanze della porta di S. Lorentino fosse,
mera,
11
l'esistenza d'un antico tempio.
Disgraziatamente non abbiamo nessuna notizia dell'epoca che, fornendoci particolari esatti sullo scavo o sulla
disposizione delle statue rinvenute, ci permetta deduzioni piü fondate.
Alessandro Del Vita.
(»)
M. A.
Alessi, Historie
deWAntichitä di Arezzo. Manoscritto n° Qß
della Biblioteca della Fraternitä dei Laici di Arezzo; Vasaii, op, cit, vol. II, p. 557.
ßlLIEVO
«
ELLENISTICO
«
DI
GENOVA
(Tavola VIII)
poche sculture antiche conservate a Genova Palazzo Bianco, la mia attenzione fii attratta da un
Nell'esaminare
Museo
nel
rilievo
di
le
marmoreo, murato nel piano superiore deH'atrio,
per qiianto mi fosse dato saperne e
degno
di esser conosciuto
II rilievo e di
marmo
e
che
—
— ritenevo assolutamente inedito,
(^).
lunense,
alt.
m. 0,74,
largh.
m. 0,45
rotondato ai due angoli superiori; di buona conservazione,
;
ar-
tranne
qualche piccola scheggiatiira. La saperficie e molto lisciata e nelle parti promin enti alquanto erosa. I due margini laterali sono an-
tichi ed intatti,
in
modo da esclndere una continuazione
rilievo sia a destra che a sinistra, o che esso
del
abbia fatto parte di
una rappresentanza figurata piü estesa. II rilievo deve assolutamente considerarsi come a se stante ed intero (*) e credo, inoltre, arbi;
Questo articolo era preparato e la tavola giä eseguita, quando studiando nella Biblioteca deiristituto archeologico germanico, rilievo ^ compreso nelle Einzelaufnahmen, n. 1370, con un breve arti-
(^)
mi
accorsi,
che
il
colo del Bulle. I mezzi di studio, dei quali a Torino posso disporre, non
mi
avevan permesso di sapere cio e, d'altro canto, non avevo vi^to citato il rilievo anche in pubblicazioni recentissime relative a tal genere di monunienti. ;
Stimo, ad ogni modo, non inutile una nuova e piü accarata edizione del riperche rimasto quasi nascosto (come tante altre sculture) nelle
lievo, sia
poco
accessibili
oifrirne e,
come
Einzelaufnahmen, spero, assai migliore.
sia perche
Del
la
resto, le
riproduzione ch'io posso mie vedute non sono pre-
cisamente uguali a quelle espresse nell'articolo citato. Non puö certo chiamarsi edizione del rilievo la piccola figura pubblicata a p. 25 del « numero unico » Genova-Palazzo Bianco, Museo di
Storia e d^arte, Genova 1908.
ch« (•) Questo esame fu fatto dall'ispettore prof. G. Campora, prima rilievo fosse murato dove ora si trova. Egli mi scrive, escludendo che il marmo possa essere frammento di un sarcofago o di altra comil
RILIEVO
"
ELLENISTICO
«
DI
GENOVA
299
traria la congettura del Bulle siilla continuazione del soggetto verso
Del resto, non solo la rappresentanza figurata e, come completa e chiara in se stessa ma la forma cosi armonica del « quadretto » bene si adatta al fine di questi rilievi, che era
sinistra. dirö,
;
— come
e
ben noto
un
feriore sporge II rilievo
—
quello di decorare le pareti. Dal lato in-
listello,
che serve come di base alle figure.
proviene dalla chiesa di S.
lassana, nella Valle del Bisagno
dagli
scrittori
sulla
piii
ab
Podestä
presso Genova, ed e perö,
non
conosciuto
dänno alcuna notizia
provenienza di esso (^). Certo, e perö, che era dentro la Chiesa, nella parete a destra
antica
una leggenda popolare, raccolta anche dal nota) riconosceva in esso un soggetto sacro:
e
maggiore; (loc.
(^),
l'altar
presso
in
cit.
che tenta
Diavolo
d'importanza e
quali,
Assunta a Mo-
immemorabüi murato
dell'altar
il
i
locali,
Maria
pora) un parroco volo un Satiro e
s.
A
Giustina.
deve se
si
il
(come mi scrive
maggiore, finche
meno ignorante
«
non priva
questa leggenda,
rilievo fu conservato in luogo sacro
degli
altri
»
il
prof.
Cam-
riconobbe nel Dia-
Santa Giustina Minerva;
e non volle piü in chiesa un'opera pagana. Acquistata dal municipio di Genova, la « Tentazione di s. Giustina » trovö definitiva accoglienza a Pain
lazzo ßianco.
Nella popolare leggenda.
io
vedo quasi un accenno alla giusta
interpretazione del soggetto: che non Santa Giustina e tentata da
Satana,
ma Athena
non vuol piü esser tentata da quelle maledeformato il viso verginale. E vengo
dette tibie, che le avevano
piü estesa.
posizione
Colgo l'occasione, per ringraziare l'egregio Ispettore datemi sulla provenienza del rilievo e sugli scrittori
di tutte le informazioid
che ne parlano e degli aiuti prestatimi per farmi ottenere la buona fotografia che qui si pubblica. Altre fotografie, eseguite prima che il rilevo locali
;
fosse murato,
mi furono
esibite dallo stesso prof.
Campora.
Genova Genova ad Alizieri, Re-
F. Podestä, Escursioni arckeologiche in Val di Bisagno, 1878, p. 15; A. e M. Kemondini, Parrocchie deWArchidiocesi di (*)
Reg. X, Genova 1890, lazione sui il
1859; a (^)
p.
188 seg. Questi libri
monumenti piü meritevoli
me non
si
di cura in
riferiscono
Genova
ecc. (pubblic. verso
accessibile).
Conosciamo esempi di statue antiche trasformate in santi e divenQuanto ai rilievi e simili opere di scultura antica, mu-
tate oggetti di culto.
rate nelle chiese o in
Pisa
etc.),
altri
luoghi sacri
(Duomo
di
Sieua,
Camposanto
vedi le notizie raccolte dal Sittl, Archaeol. d. Kunst,
p.
35.
di
300
da
G. E. RIZZO
al soggetto
ciö,
del
rilievo
del Bulle non
letto l'articolo
;
senza
tacere
mi pareva
Marsia ed Athena, qiiautunque
di
forma diversa,
—
supporre
Bulle
—
la
potesse pen-
riferisse al
Che
mito no-
una
debba, invece,
si
continuazione della seena a
della gara fra Apollo
tratti
si
11
di aver
rappresentato in
appunto interessante.
e perciö
come opina
che
sinistra, e
si
prima si
possibile
sare ad alcim'altra interpretazione, che non
tissimo
clie
e
Marsia,
presente
non arrivo davvero a comprenderlo. Vediamo un po' di spiegare il momeuto dell'azione. Athena, vestita di chiton e di himation, armata di scudo, di lancia e di io
Athena,
ma
elmo,
senza egida, sta seduta sopra uno scoglio.
verso la sua destra, ma ripiega per non vedere ciö che le sta a sinistra
ma
non della testa soltanto,
si
;
accompagna questa mossa
e
puö dire
— con quäle
satiro,
persona, con
di tutta la
un gesto di rifiuto e quasi di orrore, Or questa azione non puö riferirsi che il
Non guarda
la testa e ritorce lo sguardo,
alla figura del giovane
due lunghe tibie nelle mani
—
si
allontana
volgendo lo sguardio indietro, a rimirare Athena, come sorpreso e timido del disdegno della Dea. Altre considerazioni verranno fra poco; ma nient'altro io vedo nel rilievo che
verso sinistra,
due personaggi ben definiti in un momento dell' azione, che ci offre del mito una forma nuova e diversa, che nelle rappresentanze conosciute
dell'arte
forma, ma il
classica
nuova
e
Nella letteratura
e
di
(^).
E
non
e
soltanto
questione
di
c'e posto soltanto
per
mutata concezione del mito. nell'arte antica
non
severo disdegno patriottico di Melanippide (Athen. XIV, 616 e) per le solenni figure del gruppo dell'Acropoli ateniese, attri-
buito a Mirone
quäle
parole,
menti
(^);
ne
di quella etä e di quell' arte, alla quäle
almeno indirettamente,
(')
SS.
(cfr.
(I,
24,
il
nostro
si
ricollega,
o nelle sue fonti di derivazione
artistica.
accennaro alle questioni fatte
notissimo
Ho appena bisogno
luogo di Pausania basterä rimandare
125
ho bisogno di dimostrare qui, con troppe realistica del mito prevalga nei monu-
io
concezione
1),
di
in rclazi
alFarticolo
del
Sauer in
speciahnente a pag. 152). p. 136 ss.
Cfr.
sul
gruppo attribnito a Mirone;
e
Jahrb. d. Inst. XXIII (1908),
pure
Svoronos,
Das Athener
Nationalmuseum, (*)
p.
136
Cfr. le obiezioni alla identificazione del
SS.
e
Cultrera, in Rendic. dei Lincei
Brunn, in Svoronos, op. (1909) p. 372 ss.
XVIII
cit.
RILIEVO
Basta confrontare
ELLEMSTICO
«
"
DI
GENOVA
frammento conservato
il
301
Melanippide con
di
la
narrazione ovidiana di questo mito {Fast. Yl, 696 seg.), per renderne ancora piü evidente la profonda differenza psicologica.
Di questa concezione umana mito
iiei
rilievi
ellenistici,
e
Palazzo Bianco non
lievo di
servazioni piü volte ripetute
Ma
prima
e
«
quasi sempre
idillica
stato detto molto e da molti; e e
del
»
il ri-
che iina biiona conferma delle os-
(*)•
qualche breve osservazione stilistica, momento dellazione: Athena ha giä buttato
di esporie il
precisiamo meglio
il Satiro {^) le ha raccolte, e quantiinque sorpreso dal disdegno della Dea. couserva l'acqiiisto ch'egli crede prezioso (e mentre Athena non vnol piü saperne, e gli costerä... la pelle !),
via le tibie,
il viso e ne sente orrore. B non per istituire im confronto fuor di liiogo), ma per far comprendere meglio l'azione, sarebbe (che potrei addurre l'esempio di una piecola gemma del Museo di Ber-
ritorce
lino
(^),
in cui
e
incisa
il
piccolo Satiro che,
di
Molassana ha
e
non
Athena che
si
stando dietro di
rivolge, per lei,
Giä da im primo sguardo d'insieme, e
tutti
indegno di
i
sceuario
e
il
e chiaro
che
tibia.
rilievo
il
caratteri della serie studiata dallo Schreiber,
tigurare tra
Dell'opera precedentemente
Notevole
non giiardare
suona la doppia
i
monumenti
consimili,
raccolti
citata.
prospetto
architettonico,
cosi
frequente come
per l'azione figurata in questi rilievi (*). Nel nostro abe un albero sacro, ch'io credo di alloro; ed
biamo un'edicola
anche questo dell'albero, che protende i suoi rarai dalle aperture di archi e finestre e un carattere molto comune e noto della pit-
(')
Basterä accennare
ai
miti nel ciclo
di
rilievi
del
Palazzo
Spada
(Schreiber, Hellen. Reliefbilder, tav. III-IX), e a quelli di Perseo ed Andromeda, di Endimione e Selene (ibd. tav. XII-XIII) ecc. (*) Non Marsia, propriamente, ma un giovine Satiro. Del resto Mar.sia e indicato nel mito greco come Sileno o come Satiro (cfr. Plat. Symp. 215 B; nutde fluv. X, 2; Ovid. Metam. VI, 383; Fast. VI, 703 ecc). (»)
Müller-Wieseler, Denkmal, d. alten
(*)
Cfr. le diligenti
Varte ellenistica e
Kumt
II,
22, 239.
enumerazioni di monumenti in Cultrera, Saggi greco-romana, pag. 205 ss.
sul-
302
G. E.
tiira paesistica
llen
«
pompeiana, dei
ellenistici
»
RIZZO
romani
rilievi
di
stiicco,
dei ri-
e
(^).
L'edicola e scolpita con assoluta ignoranza delle leggi proe perciö riesce, a prima giunta, non facile immaginare la
spettiche
;
—
forma architettonica, che lo scultore ha inteso riprodurre. Poiche date le conoscenze che ora si hanno siüle rieche, strane e quasi fantastiche forme dell'architettura di etä
Eell'Asia Minore e nell'Arabia alla fantasia di artisti
della pittiira
Per
— non
decoratori e
imperiale, specialmente lecito attribuire soltanto
prospetti architettonici, p.
dei rilievi
come
io
credo
pompeiana forma
risalire alla
i
e
reale,
il
nostro
clie
ci
es.,
(^).
aiutare
possa
principalmente l'osservazione dei punti nei qiiali lo scultore ha supposto che siano, da un canto la roccia su cui Athena e sediita, e, dall'altro, lä.
l'albero: questo, cioe, di
Un ramo
l'arco,
qua
dall'edicola, quella al di
dell'albero, a sinistra di chi guarda, s'introduce per
disegnato
come piü
piccolo e di scorcio, e spunta dall'arco
grande di prospetto. Ora, tra la roccia e l'albero c'e una profonditä che lo scultore non ha saputo rendere; e ancora di piü, a ostacolo il fatto che lo zoccolo su cui a primo aspetto, ci e di poggiano le basi dei pilastri sembra continuo, in linea retta, fra i quattro pilastri medesimi. Ma questi devono supporsi disposti in quadrato: i due archi laterali dovrebbero esser visti di scorcio, e quelle in fondo in proporzioni
diverse, rispetto al grande arco di
prospetto. Gli archi si innalzano direttamente dai capitelli; e Tedicola si suppone coperta da una völta in croce, col tetto a cono, co-
ronato da un acroterio centrale, decorato delle note forme vegetali. Chiari sono questi particolari dei tetto e i canali, che scendono sulla cornice dell'arco di prospetto, chiusi da piccole antefisse circolari.
Di un'edicola simile, coperta egualmente di un altro esempio, nel frammento di rilievo
ricordo
Museo
(»)
al
Terme,
Cfr.
rilievi in Schreiber, op.
i
LXXX, XCIV. Frammento 7
quäle ho sopra accennato
delle
dei
Museo
cit.,
delle
tetto
(^).
tavv. III, IV, V, IX,
Terme,
in
conico,
ellenistico dei
Ausonia,
LXVIII-
II, 1,
2,
pag. 93,
ecc, ecc. Devo rinunziare ad un esame stilistico comparativo delle foirae ar('') chitettoniche dell'edicola, perche non mi sono accessibili, qui a Torino, le
fig.
;
grandi opere descrittive dei monuraenti, specialmente dell'Asia Minore. Ausonia, II, 1, pag. 92, fig. 7 [Cultrera] « In fondo un arco con (=») :
ELLENISTICO
«
RILIEVO
»
SOS
GEKOVA
DI
Athena deriva certamente da im esemplare di arte ed e stato osservato come nei rilievi di quest'arte sia
tipo di
II
ellenistica
;
quasi un motivo scoglio
üna
(^).
muliebre seduta sopra uno
di predilezione la figura
commento merita pure
parola di
vine Satiro, dai capelli
ed
crespi
con
irsuti;
la testa del giotratti
fisionomici
barbarici quali sono una maggiore conferma della supposta derivazione, iieH'arte ellenistica, del tipo del di innegabile verismo,
»
come
Satiro dal tipo etnico barbarico,
ture di
Pergamo (*). mi sembra
il
Singolare cui
di
il
e
vita,
i
modo
nel quäle e disposta
forma
satiro e vestito: in
vediamo nelle
noi lo
di
pelle
chiton esomide cinto
suUa spalla
con le zampe annodate
la
sinistra.
passarsi sotto silenzio le lunghissime tibie con
i
fori
scul-
alla
Ne possono per
suoni
i
(xodi(oaeig), muniti di piccoli coni e intermezzati da quelle appendici ricurve (ßofißvxsg i(f6Xxioi), sul cui uso, sulle indicazioni degli scrittori
musicali e sui confronti monumentali, rimando all'articolo
Denkmäler
del von Jan, nei
Come e
del Baumeister,
la composizione, cosi
eminentemente
certa cura
pag.
556
ss. (^).
anche la tecnica di questo rilievo
A
questo effetto contribuiscono una sottile e studiata di ogni particolare, e l'uso
pittorica.
troppo
I,
e l'abuso degli scuri profondi e del trapano: contrassegni
non infrequenti nei
rilievi
tando, per esempio,
i
come
tecnici
puö vedere confrondel Museo del Vaticano con quadri-paesaggi ellenistici,
si
sopra una bizzarra prominenza a cono o a piramide che sia, sostenuto da ioniche ». L'esame diretto del frammento mi lascia credere che
due colonne non
si
che
il
tratti di
un arco, raa
di un'edicola; e la
bizzarra prominenza non h
tetto di essa.
(*)
II
teraa e stato con tanta cura studiato dal Cultrera, che ogni altra soverchia: cfr. Saggi cit., pag. 162. II confronto del-
osservazione sarebbe
l'Athena del nostro rilievo con quella della stato fatto dal Bulle nell'art. cit. (*)
Cfr.,
per
grande
tazza di Hildesheim, h
questa derivazione, Watzinger, Magnesia, pag. 220
piü estesamente, Cultrera, op. C) Anche il Bulle (art.
qualche altro esempio.
cit.,
cit.)
pag. 86 si
s.;
e^
ss.
riferisce
al
Baumeister, aggiungendo
304
RILIEVO
G. E. RIZZO,
«
ELLENISTICO
alberi ed animali (Scheiber, tavv.
Museo
di
Mantova
(ibid., tav.
CVIII e
CVII),
Vienna
e
»
GENOVA
DI
CIX),
paesaggio del
il
principalmente
sul
rilievo
11
un
e scolpito
quäle (ibid., tav. LXVII), forme assai piü singolari che quelle dell'edicola del lievo di Genova. di
edifizio
sacro, di
In esso e davvero
ri-
l'abuso del trapano, per ot-
straordinario
tenere gli scuri e le decorazioni dei particolari architettonici
perö questa tecnica non puö aver nuUa di comune con quei caratteristici punti e forellini, ai quali lo Schreiber attribuisce molta importanza, ;
per sostenere la derivazione dei rilievi ellenistici dalla metallotecnica(^): ma e soltanto indizio e prova che molti di questi rilievi,
come
il
nostro, sono opera di tardi
tempi romani.
Ed anche
per motivo della tecnica, attribuisco Genova alla seconda metä del secolo secondo d. Cr. la
forma architettonica dell'edicola ed
alte basi dei oltre
pilastri
che gli stessi
Satiro — parlino
i
il
rilievo di
e
credo che
;
particolari stilistici delle
—
corintii con doppio toro e dei capitelli
tipi artistici
da cui
derivano
l'Athena ed
il
in favore della provenienza del rilievo dall'Asia
Minore. Chi pensi
ai
commerci
troverä inverosimile che
di
di
Genova con
lä sia venuto
il
l'Oriente
(^),
non
marmo, giä murato
nell'antica chiesa di Molassana.
G. E. Rizzo. Torino.
Credo opportuna questa osservazione, per evitare la confusione, in sia caduto qualcuno, nel discutere questa parte della teoria dello Schreiber. Oltre la nota monografia sui rilievi di Palazzo Grimani, bi(^)
cui
mi sembra
sogna ben considerare, per tale questione
di tecnica,
l'articolo
dello
Schreiber in Jahrb. d. Inst., XI [1896], specialraente a pag. 81 s. (') E appena necessario ricordare il rilievo emigrato al British dalla Yilla Di
Negro a Genova, ed
attribuito al fregio del
anche non appartenuto a questo monumento
stesso
Museum
Maussoleo.
E
se
per tale questione Wolters u. Sieveking, Der Amazonenfries des Maussoleums, in Jahrb. d. Inst., XXIV [1909], pag. 183), e certamente di un'arte coeva e molto simile, e a Genova noQ pote venire che per i commerci medievali con TOriente ellenico. Ville e palazzi di
sorpresa!
Genova sono ancora da
(cfr.
esplorare, e potrebbero
serbarci
qualche
EINE BRONZENE ATHENASTATÜETTB
AUS NEÜMAGEN
Die Bronze der Athenastatiiette, Abb. 1. u. 2 wurde in Neumagen 2V2ni von einem römischen Canal entfernt
nordöstlich der Kirche
Schutterde gefunden. Sie ist massiv gegossen, 10 cm hoch und gut erhalten. Es fehlen nur die Finger der rechten Hand, die Nain
Ecken vorn
senspitze, die
am Helmbusch und
die
Lanze.
Die
mit einer hellgrünen, an einigen Stellen ins bläuliche übergehenden Patina überzogen. Bronze
ist
Athena steht
in
bein, der linke Fuss gesetzt. <^.ie
aufrechter Haltung da mit rechtem Standmit der ganzen Sohle vor und zur Seite
ist
Die linke Hand, die den Mantel hält, stemmt
Seite.
Der
rechte
Oberarm
ist
die
gesenkt,
hielt die Lanze, wie sicher aus der vertikalen
Hand des
Der
fest in
Hand
Durchbohrung der
nach der Seite gehobene Kopf Die Göttin ist bekleidet mit einem
leicht
hervorgeht Standbeins gewendet.
sie
erhobene
ist
langen, bis auf die Füsse herabfallenden Chiton, einer schmalen,
um unteren Rande von Schlangen gesäumten, die Brust schräg überschneidenden Aegis, deren Gorgoneion auf der rechten Schulter liegt (^) und dem Mantel, der den linken Arm und die linke Schulter Rücken schräg überschneidet, die rechte Schulter und mit den von der linken Schulter herabfallenden Falten
verhüllt, den freilässt
so zusammengerafft
ist,
dass das rechte Mantelende vorn eng und rechten Oberschenkel anliegt, über der
dem Leib und
dreieckförmig Hand einen kleinen Bausch bildet und dann in freien, tiefen Falten an der Seite des Spielbeins herabfällt. Den Kopf bedeckt ein korinthischer
(^)
tuaire
Helm mit
tadellos
Vgl. die Athena in den 465, 876.
erhaltenem
Helmbusch, das ge-
Tuilerien, Reinach,
Repertoire de
L PL
21
la Sta-
306
E.
FÖLZER
scheitelt« und gewellte Haar fällt in einem langen Schopf auf den Rücken herab. Die Gesichtszüge sind jugendlich frisch und passen vorzüglich zu der festen Haltung und den mädchenhaft schlanken
&
EINE BRONZENE ATHÄNAStATüETTE AUS NEUMAGEN
Wiederholungen
Amelung wegen ten
und
dritten
(*)
307
Dieser Florentiner Athenatypus
gibt.
ist
von
der ausserordentlichen Aehnlichkeit mit der zwei-
Muse auf
Abb.
2.
—
der Basis von Mantinea
(a.
a.
0. F.
I,
1)
Athen artatuette aus Neumagen.
mit Recht dem Kunstkieis des Praxiteles zugeschrieben Dass aber (^). dieser Athenatypus nicht erst im IV. Jahrhundert erfunden wurde, sondern schon aus
dem V. stammt, und
das Motiv von Praxiteles
Amelung, Basis von Mantinea, 16 ff. Da die Kopfhaltung der Bronzerepliken der Florentiner und Neuniagener Athena übereinstimmt, jedoch bei keiner der Marmorrepliken der Kopf (^)
(')
sicher zugehörig
ist,
so darf vielleicht
angenommen werden,
dass das
ge-
308
E.
FÖLZER
Zeitgeschmack verfeinert und weiterentwickelt ist, hat Amelung bereits durch einen Vergleich der Florentiner Replik mit der Athena Campana aus Petersburg schlagend nachgewiesen (^). So nur im
wie sich die Musen von Mantinea
mit ihren Marmorrepliken
und
die florentinische
in einer entwicklungsreiclien
Athena
Reihe vom
Original des V. Jahrhunderts entfernen, so auch wieder die Neu-
magener Athena von ihrem praxitelischen Vorbild, denn trotzdem bei ihr die wesentlichen Züge in Stellung und Haltung konservativ festgehalten sind, so sind doch Stand und Gewandmotiv reicher
und
effektvoller weiterentwickelt.
Während
bei den in den
frühpraxitelischen Kunstkreis gehörigen und von der Mantineabasis abhängigen Repliken durch das ruhige und sichere Standmotiv ist und die KörperHüfte infolgedessen so gut wie gar nicht heraustritt und die Schulter fast in eine Grade mit derselben fällt, sodass die Figuren vollkommen frontal und
die Last
hälften
des Körpers
kaum
gleichmässig verteilt
differenziert sind, die rechte
wie an den Platz gebannt erscheinen, ruht bei der Neumagener Athena das Gewicht lediglich auf dem rechten Bein und das Spielbein ist leicht und frei vorgesetzt. Dies Standmotiv fast Säulenhaft
hat ein müheloseres Tragen des Körpers auf den Hüften und eine Bewegung zur Folge, die dann im Oberkörper durch das
reichere
energische wird, dass
Zurücknehmen des linken Armes
so
stark
accentuiert
schraubenförmig, dreidimensional und damit viel unruhiger, momentaner wirkt, als die der älteren Vorbilder. Die sie
Neumagener Athena ist bei weitem grösser, der Rythmus lebendiger, die Formen haben eine Entwicklung zum
Aktivität
der
Eleganten, Zierlichen, fast Koketten durchgemacht. In dieser Neigung zum Eleganten zeigt die Bronze eine auffallende
üebereinstimmung mit der
des Lateran
aus der
Mitte
des IV.
bekannten
Sophokles-Statue Jahrhunderts (^). Hier wie
meinsame Original nach Art der Bronzewiederholungen den Kopf nach der Standbeinseite gedreht hatte Auch wird die Vermutung Amelung's (Führer S. 256), dass die Marmorkopieen inhezug auf die schmale Aegis das Original treuer wiedergeben als die Florentiner Bronze durch die Neumagener Athena
noch gefestigt. (')
n
Amelung, Basis von Mantinea 18 ff. ^ Heibig Fuhrer Nr. 683. abgeb. Baumeister, Denkmäler
S.
1685.
EINE BRONZENE ATHENASTATUKTTE AUS NEUMAGEN dort das weit vorgesetzte linke Spielbein, das graziöse
den Hüften, das
309
Wiegen
in
eneigische Einstemmen des linken Arms in die ganz verschiedenen Gewandmotivs zeigt
Seite, ja sogar trotz des
sich bei
beiden
eine gewisse üebereinstimmiing in
dem
IV.
Jahrhundert
der
Gewand-
behandlung,
die
besonders
Neigung des
sich
Anschmiegens des Gewandes an den Körper und
eigentümliche
Markierung der Körperformen, namentlich des Leibes und Oberschenkels, durch das Gewand. Auffallend ist bei beiden die deutliche
Statuen die Aehnlichkeit der Faltenbehandlung über der rechten Hüfte und dem Leib. Aus allem diesen ist klar, dass die Kunst-
werke derselben Zeit und Geschmacksrichtung entstammen müssen. Aber während der in seinen lang und grad herabfallenden Mantel verhüllte Sophokles als ein Ausläufer des noch früh praxitelischen
Gewandstils, der
die
Tendenz der Verhüllung des Körpers durch
mannigfaltige Drapierung verfolgte, zu betrachten ist, macht sich gerade im Gegensatz dazu bei unserer Neumagener Athena die der Enthüllung geltend, d. h. die Neigung, die Gewandung so anzuordnen, dass die Schönheit der Körperformen durch das Gewand
hindurch möglichst deutlich zum Ausdruck kommen und Arme, Schulter und Unterkörper soweit wie möglich vom beengenden
Mantel befreit werden, und
es fragt sich, in
welche Zeit wir diese
durchgreifende Aenderung des Geschmacks zu setzen haben, wo wir die nächsten Analogien für das Gewandmotiv unserer Bronze finden.
Das Motiv des Aufhebens des Mantels mit der Hand scheint zwar von Praxiteles erfunden und für ihn geradezu charakteristisch zu sein meines Wissens taucht es zuerst bei der Muse mit der
—
Kithara auf der Basis von Mantinea auf
(^)
und wird dann
anderen seiner weiblichen Gewandstatuen wieder verwendet aber dient dies Motiv wirklich steigern
dem Zweck,
(*),
bei nie
die Beweglichkeit zu
und den Körper formen zu grösserem Ausdruck zu verhelfen, ist rein dekorativ, und der Mantel fällt immer in einer
sondern es
Geraden über die Kniee herab.
Amelung, Basis von Mantinea. 46 ff. Amelung. Katal. des Vatican I, S. 94 ff, N. 77. Taf. 13 S. 96 N. 80 Tafel 13. Jordan, Tempel der Vesta Tafel IX. 6. Berlin Beschreibung de»Antiken N. 583. Baumeister Denkmäler S. 1845. (*)
(«)
310
E.
FÖLZER
Einen Schritt weiter geht dann die frühhellenistische Kunst, die linke Hand den Mantel so sog. Demetertypus (^)
wo beim hoch
zieht,
Teil des Oberschenkels
das ein
und der
sichtbar ist
untere Mantelcontour schräg den Unterkörper überschneidet. Die letzte Consequenz des gänzlichen Hoch- und Schrägraifens ist
Neumagener Athena gezogen und etwa in muss auch das Original, auf das unsere Bronze
dann bei unserer
frühhellenistischer Zeit
zurückgeht, entstanden sein
denn für diese Zeit
;
ist
Zug zum
der
Anmutigen, Zierlichen, Graziösen, der unsere Statuette kennzeichnet, charakteristisch. Jedoch scheint, da mir in der Grosskunst kein
einziges
weiblichen
einer
Beispiel
Mantel mit der linken Hand Oberschenkel sichtbar
ist,
so
hoch
bekannt
ist,
den
die
Gewandstatue,
raffte, dass der ganze linke das Original nicht für diese,
sondern für die Kleinkunst erfunden zu sein, denn bei Terracotten der hellenistischen Zeit ist das Motiv beliebt und kehrt mehrfach variiert wieder, vgl. Winter, die antiken Terrakotten III 2. S.
so
z.
B.
bei
drei
museums N. 207
Exemplaren des Bonner
(^),
216
(^),
und 206
(^),
39
ff.
akademischen Kunst-
von denen letzteres unser
Motiv bereits weiter entwickelt und abgekürzt gibt. vgl. Abb. 3. Die Sitte, den Mantel kurz, schräg und so hoch zu raffen, dass er den Oberschenkel des Spielbeins sichtbar
macht,
ist
wie
ein üeberblick über die Entwicklung imseres Gewandmotivs lehren wird, in der zweiten Hälfte des IV. Jahrhunderts erfunden und
allgemein geworden. Für unser Gewandmotiv lassen sich bereits im V. Jahrhundert 3 Varianten nachweisen. Erstens der Typus, wie wir ihn in
der Athena
vorn fest
Petersburg vor uns haben mit dem Taille liegenden horizontalen Faltenwulst des
Campana
um
die
(^)
in
oberen Mantelendes, zweitens der Typus mit dem locker herabfallenden oberen Mantelrand, der den oberen Teil des Leibes unbedeckt lässt und bei
dem wie
bei der
Hera Barberini
(^)
der End-
Amelung, Katalog des Vatican I, S. 163, 2, Taf. 22, 2 und Müncheiier Archäologische Studien Hakler S. 228 XXI d abgd S. 243, 19, u. S. 175 ff. (^)
(»)
(3)
(*) (")
Fundort Piraeas H. 0,15. Capua Bacone H. 0,20. Athen, angeblich Piraeus, H. 0,16. Amelung, Führer durch die Antiken in Florenz
S.
256, Abb. 46.
Heibig Führer^ Nr. 308 Baumeister Denkmäler Abb. 715 Vatican s, I, S. 98 Nr. 83 Taf. 13. des Katalog («)
u.
Amelung,
EINE BRONZENE ATHENASTATUETTE AUS NEUMAGEN
311
durch die Gürtung des Chitons durchgezogen oder aber bei über den linken Unterarm geworfen fst(^), seltener über die linke Schulter wie bei der am üebergang vom V. zum IV. Jahrhundert entstandenen Athena Giustiniani zipfel
anderen Statuen dieser Art
und ihren Repliken
Bei der dritten Variante macht die Statue
(^).
Abb.
3.
—
Terrakotten in Bonn.
Verhüllung des halben Oberkörpers und die schräge üeberschneidung der Brust durch den Mantel den Eindruck des durch
die
Eingewickeltseins. Ein Beispiel hierfür ist die Gewandfigur von der Insel Klaudos bei Kreta, welche Amelung für ein Werk aus der Zeit des Parthenon hält 0) Amelung, («) {^)
Amelung,
a. a. a.
a.
0.
1.
0.
S. I.
(^).
585 No. 421 Taf. 61 und S.
138 No. 114 Taf. 18.
AmeliHig, Basis von Mantinea
S.
54 Abb. 28.
S.
351 No. 62 Taf. 37.
312
E
Für
alle 3
Varianten
die Oberschenkel bedeckt
An
diesen
drei
ist
und
FÖLZER charakteristisch, dass bis unterhalb der
der Mantel
Kniee herabfällt.
dem V. Jahrhundert überkommenen Tjpen
aus
hält die erste Hälfte des IV. Jahrhunderts noch streng fest wie die Florentiner Athena, die als Parze ergänzte Statue im Vati-
can(') und die zur Urania ergänzte Köre im Musensaal des Vatican (^) beweisen, nur dass sich im einzelnen bereits eine Neigung
zum
und Eleganteren der Faltenbehandlung geltend macht, was Amelung (^) an einem Vergleich zwischen der Athena Gampana und der Florentiner Athena nachgewiesen hat. Raffinierteren
In der letzten Hälfte des IV. Jahrhunderts taucht
dann
in
einem bestimmten Kunstkreis eine neue Geschmacksrichtung auf, der es darauf ankommt, mehr als es bisher bei den im praxitelischen
Geschmack lang herabfallenden und die Körperformen verhüllenden Gewändern möglich war, dem Körper zu seinem Recht zu verhelfen und ihn durch das Gewand hindurch klar und überTage treten zu lassen. Deshalb geht man zu der für unser Gewandmotiv stilistisch bedeutsamen Aenderung der kurzen sichtlich zu
Raffung des Mantels über, die charakteristisch wird für frühhellenistischer Zeit sich entwickelnden Hygieiatypus
den in ('*),
mit
dem
das Motiv der Neumagener Athena aufs engste verwandt und zeitlich gleich zu setzen ist, mit dem einzigen Unterschied, dass bei den Hygieiadarstellungen der obere Mantelrand, wie im V.
Jahrhundert einen Horizontalwulst bildet, der entweder durch die Chitongürtung durchgezogen oder aber über den linken Unterarm geworfen
ist.
Da auch
für
wandmotiv verwendet wird,
Juno und die Musen
fen den Mantel jetzt
Aber auch kurz und schräg,
locker herabfallenden
dies neue
so ist dies ein Zeichen, dass
grosser Beliebtheit erfreute.
dem
(^)
oberen
es
Gesich
die anderen Varianten rafso ist für
Rand
die
den Mantel mit
Athena
im
Museo
Amelung, Katalog des Vatican, I. S. 640 Nr. 498 Taf. 68. Amelung, Basis von Mantinea S. 53 Zu vergleichen ist auch die als Euterpe ergänzte Statue der Kora. Amelung, Katal. des Vatican II. S. 605. No. 400 Taf. 49. C)
(^)
Basis von Mantinea, S. 18-20, Heibig Führer« S. 93 No. 161. Amelung, Katalog des Vatican I. S. 364 und S. 366 No. 83 und 86 Taf. 38, Clarac PI. 560 A, 1174 A, PI. 558 A, 1182 B. (») (*)
(»)
Clarac PI. 421, 742, PI. 311, 722.
EINE BRONZENE ATHENASTATUETTE AUS NEUMAGEN
Ghiaramonti sichtszüge
Und
(^),
in
welche Amelnng
die Spätzeit
schliesslich hat
aus der zweiten
ihrer praxitelischen Ge-
des Praxiteles setzt, ein gutes Beispiel.
Amelung
Hälfte
des
Variante 3
für
IV.
442 No. 262
seines Kataloges S.
wegen
313
mehrere Beispiele
Jahrhunderts im zweiten Bande (Taf. 49) zusammengestellt.
Diese neue Kunstrichtung, der es vor allem auf klar bewusste Ordnung und Uebersichtlichkeit des organischen Baues des Körpers trotz seiner Verhüllung durch die Gewandung ankam, er-
wuchs in bewusstem Gegensatz zu der des Praxiteles, an dessen Gewandstatuen namentlich in der Spätzeit eine Abnahme des Interesses an der plastischen
am Gewand die einzige
Form
zu konstatieren
Norm
zu gunsten der lebhaften Freude « der Körper nicht mehr
für den
ist,
Anlage der Gewandung bildet, sondern Schaffensperiode nach seinem klein-asiati-
für die
der in seiner zweiten
schen Aufenthalt eine grössere Vorliebe für das scheinbar als für das merkbar Beabsichtigte bekundet » (^).
zufäl-
lige,
In einem Kunstkreis, der wohl den Stil
des
Praxiteles
zur
Voraussetzung hat, der aber durchaus selbständig an der Weiterentwicklung des Gewandstils arbeitete, muss denn auch das Original, auf das unsere ist
der
Einfluss
Athena zurückgeht, entstanden sein. Wohl Formen und praxitelischen Ge-
praxitelischer
schmacks noch unverkennbar
in
der zierlichen Gesamthaltung, der
Wendung des Kopfes, dem lieblichen Gesichtsausdruck, aber die Umbildung des Gewandmotivs bedeutet eine eigene, persönliche, von Praxiteles unabhängige Leistung, ünpraxitelisch sind auch die überaus schlanken, eleganten Proportionen, das stark Bewegliche, Graziöse der Erscheinung, das an eine Beeinflussung von der Seite des Lysipp her denken lässt.
So können wir für eine Spanne Zeit von etwa 120 Jahren eine stets fortschreitende Entwicklung an unserem Gewandtypus feststellen, die aber trotz der Veränderung der Einzelheiten ganz konservativ an den aus •.:ipien
dem V. Jahrhundert überkommenen
der Gesamtanlage festhält.
E. PÖLZER.
{')
Amelung,
a.
a.
0.
I.
S.
542 No. 354 Taf. 56.
(} Amelung, Basis von Mantinea 61.
Prin-
VIAGGIO EPIGRAFICO DEL SETTEMBRE-OTTOBKE 1910 PER
1
LAVORI PREPARATORII
DEL CORPUS INSCRIPTIONUM ETRÜSCARÜM.
üna
raccolta epigrafica, la quäle possa soddisfare
esigenze di
uno studio
alle varie
non puö formarsi nelle sale di
scientifico,
una biblioteca cou semplici relazioni
scritte o
stampate
;
oltre
ma,
quella generale preparazione filologica che si domanda per qualsiasi ricerca di antichitä classiche, essa richiede viaggi ed indagiüi accurate nei luoghi dove le iscrizioni furono rinvenute o sono
conservate, perclie queste siano presentate in copie fedeli ed esatte.
Se ciö
e necessario
per qualsiasi
raccolta
epigrafica in
generale,
un Corpus Inscriplionum Etruscarum, monumenti di letlura non sempre facile, va-
assai piü deve esserlo per in cui
si
tratta di
riamente discussi e interpretati, e molte volte arrivati
siiio
a noi
guasti dall'opera del terapo e dell'uomo. Per queste ragioni principalmente il compianto prof. Pauli alla pubblicazione del nuovo
Corpus premise una in parte dal suo
serie di viaggi
compiuti in parte da
lui,
degno collaboratore e continuatore prof. 0. A.
e
Da-
nielsson, ricercando dappertutto gli originali delle iscrizioni tanto
edite quanto inedite, per ricavarne copie meccaniche in calchi, lucidi,
fotografie ecc, con cui allestire
i
facsimili, che
dovevano
il-
lustrare e documentare l'edizione. sotto le eure dirette del
Cosi,
primo volume del C tali
continiiano
monianza
i
due
i
I
E., e
primo editore, vide la luce il cosi coi medesimi criteri fondamen-
lavori del secondo volume, fascicoli giä pubblicati
:
comparso alla
fine
del 1907);
testi-
quelle del prof. Daniels-
son, contenente le iscrizioni di Orvieto e del (fascicolo
come ne fanno
territorio Volsiniese,
e quelle del dott.
Herbig,
315
yiAGGIO EPIGRAFICO ECC.
con le iscrizioni falische di Civita Castellana e dei creti,
comparso nella primavera dello scorso aono
vicini
sepol-
(^).
SiiUo stato dei lavori in generale e su qualche modificazione introdotta nella redazione dei secondo voliime in confronto dei
primo, fece una comunicazione il prof. Danielsson nel Congresso internazionale di Scienze storiche di Berlino (agosto 1908), pube intorno ai viaggi comblicata poi in Le Mond Oriental (^) ;
piuti in Italia rifeii per la parte sua
Accademia
conti della R.
che anch'io riferisca
dott.
il
brevemente
Herbig nei Rendi(^). Resta ora
Monaco
delle Scienze di
all' ultimo
intorno
epigrafico compiuto nel settembreottobre 1910 ("*). Questo viaggio ebbe per limiti estremi Firenze
Archeologico da una parte, dall'altra;
ma
le
dei
e il
suo Museo
e la sua Biblioteca
comunale
ricerche principali furono dedicate alle iscrizioni
Museo Archeologico
delV inslrumen tum dei noscritti
Fermo
mio viaggio
conservati
Fabretti
di
Perugia e
Biblioteca
nella
ai
ma-
comunale
di
quella cittä.
Coadiuvato validamente dal gacia ha
diretto
il
prof.
Bellucci, che con molta sa-
nuovo riordinamento di quell' importante Museo,
e insieme con lui dal
dott.
Fiumi
bibliotecario
dell'üniversitä,
Litterarum Regiae (*) Corpus Inscriptionum Etruscarum Academiae ßorussicae et Societatis Litterarum Regiae Saxonicae munißcentia adiutus in societatem operis adsumpto Olavo Augusto Danielsson edidit Carolus Pauli.
—
Volumen alterum post obituni Paulii adiutore Bartholomaeo Nogara
deruiit 0. A; Danielsson et
Gustavus Herbig, Sect.
—
I,
fasc. 1 (Tit.
edi-
4918-5210)
Lipsiae apud loannem Ambrosium Barth, 1907. Veterum Unguis Falisca et Etrusca conscripti. Conlegit edidit enarravit Gustavus Flerbig. Ibid. 1910. C). Der gegenwärtige Stand der Vorarbeiten zum Zweiten Bande ekes
curante 0. A. Danielsson. Tituli Faleriorum
—
Corpus Inscr. Etr. II, 1908. Vorarbeiten zum Corpus Inscr. Etr. Sitzungsber. Kgl. Bayer. Ak. (') Wissensch. 1904, fasc. II, pag. 283 e sgg. Bericht über eine Reise nach
—
Italien in (*)
Frühjahr 1908. Ibid. 1908, pag. 30*
I miei viaggi di ricerca di iscrizioni
estate 1893 per irapulso dei
mio maestro
piuti fino al 1900 si trova relazione negli
e sgg.
etrusche
Accademia sono depositati
in quegli anni. nio,
—
nella
Dei viaggi com
Annuari dell'Accademia
letteraria di Milano, 1894-95, 1895-96, 1897-98, 1898-99 la stessa R.
cominciarono
prof. Elia Lattes.
scientifico-
1899-900,
e
presso
calchi, disegni e trascrizioni raccolte
Delle iscrizioni ancora inedite, raccolte nell'ultimo decen-
renderö conto nei prossimi fascicoli di queste Mitteilungen.
316
B,
NOGARA
potei esaminare e prendere calchi di tutti quei
racotta e di bronzo custoditi nelle lettera
—
incisa o graffita
vasi
materiali di
ter-
che
vetrine,
portano qiialche forme e dimensioni diverse,
di
candelabri, sigilli, tessere od amuleti, specchi, strigili, armi, ecc.
—
che vanno sotto
e
11
nome generico
di
instrumentum.
Si tratta
molte volte, specie nei vasi di terracotta, di pochi segni convenzionali e di una o due lettere apposte forse dai commerciaati antichi (*), di cui im tempo si faceva poco o nessun conto, ma che coa Testendersi
ora,
e
l'approfondirsi delle ricerche, possono
nuove ipotesi circa
gerire o corroborare
degli Etruschi colle popolazioni
loro
le
e
contemporanee,
siig-
scambi
relazioni e gli
che
nel
suH'esempio del C I L., tra le iscrizioni deU'Etruria propriamente detta, formano una classe speciale, che giä il Pauli af-
C
I E.,
per la redazione, al dott. Herbig. (Jn esame accurato di tutti i manoscritti del Pabretti avrebbe
fidö,
domaudato un tempo
assai piü lungo di quello del
disporre, tanto piü che la
tessi
maggior
parte di
quäle io po-
quei manoscritti
risulta di scartafacci e di minute, mescolati senza alcun riguardo
materia a cui
alla
il
restringere risce tre
Dovetti perciö, per questa volta, mio studio a quella serie di manoscritti che si rife-
espressamente
Sttpplementi,
e
nel suo viaggio del
si
al
riferiscono.
Corpus Inscriptionum Italicarum
1908
(*).
serie si
di
Qnesta prima moltissime Schede
scritte.
I
e ai suoi
che fu in parte esplorata giä dal dott. Herbig
14 volumi giä rilegati, e parte a stampa e parte mano-
compone
di iscrizioni,
volumi rilegati contengono
di
i
Fabretti per la pubblicazione del suo
materiali che
servirono al
e del
Glossario, e
Corpus
presentano in generale una divisione analoga a quella adottata nel volume si riferisce alle iscrizioni da liii dette RetoCorpus. II
P
Etrnsche
(Italia
settentrionale)
;
il
2°
alle
umbre;
i
sei
dal S^ air8° alle iscrizioni etrusche propriamente dette; il
10*'
agli
arcaiche;
(*)
i
specchi etruschi;
il
tre ultimi, dal 12° al
volume 11°
il
volumi 9<>
ed
alle iscrizioni latino-
14°, alle osche. Si trovano riuniti
Molto istruttivo in proposito h il lavorö del dott. Rud. Hackl, Merauf Attischen Vasen, München, 1909.
kantile Inschriften (2)
Devo anche qui grazie
special! al sig. conte dott.
Vincenzo Ansidei, mie ricerche in
direttore della Biblioteca, che agevolö con molta liberalitä le
questi manoscritti.
317
VIAGGIO BPIGRAFICA KCC.
volumi
in questi
calchi e disegni d'iscrizioni
mandati a
stesso
lui
fatti
dal
Fabretti
dai siioi corrispondenti, lettere che descri-
Yono monumenti ed iscrizioni di recente scoperta o tratte da madi altre biblioteche (per esempio, nel volume VIII, a sono le iscrizioni estratte dalle schede dell'Amati conser174, pag. yate nella Biblioteca Vaticana e coraunicate fin dal 1848 dal
noscritti
P. Demetrio Diamilla), note e riassunti di pubblicazioni etruscologiche, ecc.
Fra
le lettere,
dotti al Vermiglioli
sono
parecehie e
,
del
Vermiglioli,
fra queste, in fine
o
volume
al
di
altri
se
3°,
ne
trovano diie lunghissime sottoscritte coUe iniziali L, L. e con la data del 1800 da üdine, che sono sicuramente di Luigi Lanzi. Risulta dall'esame dei volumi 9-10 che il Fabretti non fece
uno studio originale delle
iscrizioni
Panofka
del Braun, del Bunsen, del
fondamentali del Gerhard. e
descrittive, dei
degli
e le sue
trasse per essi le sue notizie
II
specchi
copie
dalle
etruschi,
specialmente dai
e
confronto poi delle
ma
pubblicazioni
notizie
volumi storiche
calchi e dei disegni contenuti in questi volumi
Corpus, dimostra che siffatti matemanoscritti hanuo servito giä alla preparazione della stampa e costituirono la parte sostanziale tanto del Corpus quanto del
col testo e con le tavole del riali
Glossario.
Oltreche ai quattordici volumi rilegati, rivolsi la mia attenzione a quelle parecehie migliaia di schede di iscrizioni che nivano subito dopo i volumi.
ve-
Esse erano in grau parte disordinate ma bastö l'esame sommario di alcune a farmi persuaso che rappresentavano il lavoro preparatorio del Fabretti stesso per una seconda edizione del C I L, ;
nel quäle dovevano rifondersi
Gamurrini
e
1
tre
Supplementi, VAppendice del
materiali offerti dalle nuove scoperte e dalle nuove
come si vede, egli stesso vagheggiava, con forze Pauli, piü gagliarde e con metodo scientipiü perfezionato, avesse deciso di farla.
pubblicazioni
prima che fico
i
;
edizione che,
il
La maggior
parte di quelle schede
erano
formate
delle iscrizioni etrusche ritagliati dalle pubblicazioni del e dei
Supplementi ed
coi
testi
Corpus
incollati su cartelle tutte di egiiali dimensioni,
alle quali erano State mescolate
Mi parve conveniente
molte
altre, soltanto manoscritte.
riordinarle secondo la distribuzione geogra-
318
B.
NOGAHA
del Fabretti, per vedere se veramente tutte le inscrizioni
fica
e
Corpus
dei
Supplementi
vi
del
fossero comprese, e se tra le Schede
manoscritte s'incootrassero raateriali inediti; tutte le iscrizioni del
e
e potei
persuadermi che
dei
Corpus Supplementi erano riportate immero progressivo siille schede cosi come furono stamcon qiialche aggiunta, qua e lä, manoscritta, di genere bi-
col loro
pate,
bliografico,
che le schede manoscritte riproducevauo
e
le iscrizioni
Appendice del Gamurrini, nelle Notüie degli scavi^ nel BuUeitino e nelle Mitteilungen dell'lnstituto,
pubblicate
\iq\Y
posteriormente
ecc.ünica eccezione facevano parecchie schede di Adria, nelle quali, erano riprodotte molte sigle graffite sui vasi del Museo ßocchi. Di piü, alla scheda della iscrizione n. 14 del
oltre quelle giä note,
Corpus (tav. II) erano uniti due lucidi, l'uno dei quali fornito dal prof. C. Cipolla (cfr. Notisie degli scavi 1884, pag. 10), i dai differiscono facsimili e dal Fabretti stesso quali pubblicati tav.
II,
14) e dal Pauli [Altital. Forsch.
I,
pag. 19, tav.
II, n.
38),
dänno lezione diversa da quella comunemente accettata.
e perö
In altra occasione spero di poter riprendere e compiere la esplorazione delle carte rimanenti.
Ancora
in Perugia, grazie alle indicazioni ed ai buoni uffici
del prof. Lupatelli
dell'üfficio regionale per la conservazione dei
Monumenti neiriTmbria, sig.
Romeo
Duomo.
Bartoccini
potei visitare
il magazzeno del capomastro Maestä delle Volte dietro il
la
presse
Ivi sono riuniti moltissimi
colti dal Bartoccini
frammenti
architettonici
rac-
in occasione dei lavori
compiuti in Perugia e mella provincia, e tra essi parecchi ossarii e cippi etruschi, nove dei quali con iscrizioni, delle quali, col cortese consenso del proprietario, potei prender copie e calchi (').
Bellucci, presi
il
Accompagnato poi dal
Bettona e conservata nell'orto della
sig*.
Marzia De Sanctis,
zione che sembra ancora inedita, benche la
giä in una (')
di quel
abbia
1879
Mentre correggo queste bozze, mi giunge notizia che
E
a far voti che
magazzeno non vadano
d'accordo colla
i
materiali
d'
importanza
iscri-
figurato
{'^).
11
signor Bar-
storico-artistica
dispersi, e che TUfficio Regionale dell'Unibria
Provincia e col
Comune ne agevolino
Archeologico deirUniversitä. (^) LMscrizione h la seguente il
stele
esposizione tenutasi in Perugia nel
toccini e morto.
prof.
calco dell'iscrizione di una stele proveniente da
:
ar
nesso delle due lettere iniziali ar.
.
hatina
.
l
.
,
l'acquisto
al
Museo
nella quäle h notevole
319
VIAQGIO EPIGRAPICO ECC.
A
Chiusi,
che
tilezza, sci'itti,
di
il
si
ciii
sig.
Luciano Lancetti consenti, cou l'nsata gen-
potessi copiare e fare
io
calchi di alcuni cimelii in-
i
e arricchita la sua raccolta
ch'egli poi volle cedermi in dono, un'olla
con quattro figiire, coi loro
A
nomi
:
quattro pesi da telai
ed uno specchio
fittile,
graffiti sull'orlo.
Fermo, nella Biblioteca comunale, vidi alcuni ossari fittili, due inscritti e conosciuti giä fino dal
e tra essi presi notä di
tempo del Pabretti.
Da ultimo logico,
il
dott.
a Firenze, presso
che prendessi copia del calco di toraba
Direzione del Museo Archeo-
la
Pernier, in assenza del direttore prof. Milani, lasciö
esplorata
nel
una
1909
luglio
iscrizione
Melone
al
scoperta
Sodo
del
in
una
presso
Di
questa iscrizione, col cortese consenso dello stesso lieto di poter offrire sin d'ora le primizie. sono prof. Milani, Cortona.
Essa era incisa
secondo (contando da
di
una porta
for-
di pietra contigui, in
modo che
sul
in tre linee sull'architrave
mato da due parallelepipedi destra)
sono
incise le
ultime due
della
prima linea. II primo parallelepipedo poi mezzo da una screpolatura. Lo spazio occupato
e attraversato
dall'iscrizione,
surato sul calco tra la prima e l'ultima lettera, e di
0,27 circa. L'altezza delle lettere e molto varia. La es.,
e alta
La
m. 0,105:
lettere
t
in
mi-
m. 1,05
X
iniziale per
m. 0,06 circa. presenta come certa. La
la v seguente e soltanto
lettura di questa iscrizione
si
l
formata da un'asta verticale a cui se ne aggiunge una piü breve obliqua verso sin. il piccolo tratto che piega a destra iniziale e
:
(vedi alla
flg. n. 1
lineetta
e 7)
e
appena accennato.
trasversale
che unisce
verticale aggiunto due aste della a (n. 2)
II tratto
le
320
sembra accidentale:
infatli
B.
NOGARA
il
solco
e 8) e
il
del
Una
neetta non sono fra loro congiimti.
tratto e quello della li-
particolaritä della r (n. 3
piccoto tratto obliquo inciso entro la figura della lettera,
forse perche la figura tondeggiante di questa
non
fosse confusa con
quella della 0. Per tale particolaritä una r siffatta, oltreche con o
puntata degli alfabeti
greco-italici,
si
con ß
confronta anzitutto
raffigiirato negli esempi piii recenti col segno di o semmentre nei piu antichi appare crociato, piintato ed anche
etruseo plice,
con tratto trasversale, e secondariamente colla figura di u con punto sovrapposto nell'osco in rappresentanza del suono o, e di u con tratto verticale in
come
si
mezzo
vede nelle due
alle
discendente a sinistra della u raente in
i
cui
trave,
due della si
i (n. 5).
congiungono
estremitä superiori delle due aste,
iscrizioni di Novilara (0-
i
La
(n.
4)
H
piccolo tratto
e affatto accidentale:
linea verticale n. 6 indica
due parallelepipedi che formano
simil-
il
punto
l'arclii-
quella serpeggiante a sinistra del n. 2 la screpolatura che
attraversa tutto
Tra
le
il
primo parallelepipedo.
particolaritä paleografiche dell' iscrizione, oltre quella
manda questa iscrizione con quelle dei testi ß meno recenti con puntato, si rileva tosto l'alternarsi, da una linea all'altra, della direzione della e, giusta il vezzo proprio di della r puutata, che
altre
iscrizioni
nella quäle
quella della
i
cortonesi
due
Ä
(^)
di
;
circoletti o
(lin.
3),
piü,
la
forma
rombi appaiono
in cui l'asta verticale
della
f
ancora
(linea 2),
disgiunti;
e separata dai
due
che s" incontrano ad angolo verso sin. e quella della m^ n^ s' formate da cinque, tre e quattro lineette spezzate. Tutto sommato perciö, se l'iscrizione non ha paleograficamente
tratti
i
caratteri di quelle piü recenti,
piü antiche: di
;
non
di
meno,
vasi trovati nella tomba,
non possiede neppur quelli delle alcuni frammenti
se si tien conto di i
quali appartengono al
VI
sec. a C.
una palmetta d'avorio intarsiata d'ambra che trova riscontro oggetti della tomba IJarberini di Palestrina, non si andrä lou-
e di
in
due nuove iscrizioni preromane trovate presso (*) Vedi E. Lattes, Di Pesaro. Rend. R. Acc. Lincei, 1893, pag. 784 e sg., e tav. IIl*. 466. Infatti nella nostra iscri(») Vedi C I E., 442, 444, 445, 448, 453, zione la e della prima linea volge a. d., i due della seconda a s., e i due della terza ancora a d.
VIAGGIO EPIGRAFICO ECC
attribuendola ai secoli
tano dal vero
VI-V
321 (^).
Ciö
confermato
e
pure dairesame dell' iscrizioae nel suo contenuto. Essa e ininterpunta; ma la divisione delle parole e ovvia, almeno nella seconda e nella terza linea che contengono due nomi proprii di persona,
femminile
bimembri
secondo:
il
quindi
ambedue
coniugi deposti nella cella sepolcrale incisa Tiscrizione:
Ärnt Mefanates
maschile
(^),
quasi con
certezza
i
il
nomi
primo e dei due
sulla porta della quäle era il
marito e Velia
Crapisnei
la moglie.
Amt
Velia sono due prenomi comunissimi, ed anche
e
(^)
nome Mefanates
e
territorio (C I E. I,
Non
ma
rappresentato da
il
di Chiusi e del suo
altri
esempi 1927, 2468), e dal gentilizio latino Mefanas
(^).
conoscono finora altri esempii di gentilizii come Crapisnei; non e nuova la radice crap- che ritorna cinque volte nelsi
riscrizione della
Mummia
Stastne con Petinius,
Resta la prima linea,
nomi proprii
e in
(^)
sempre confrontarsi con lat.
Crapilunia
Cramponius
C^),
(^),
e Crapisnei
puö
come Petsna Ratumsna
Ratumenna Ratumennia^ Statinius ecc. (^). nella quäle non mi sembra dover ravvisare
di persona; quindi, partendo dal noto avi^ dividerei
le parole cosi:
tus'Bi
-
avi
-
rupnineBi.
come mi suggeri il prof. Lattes, e Variante regolare per tus'(r)di^ come LaOi LaBial Laßialisa per Larßi
tus'Si^
fonetica
Larßial
(*)
AB
e
ecc.
per
ArnB
ecc, e perö
si
confronta con tus'urBi
Ciö risulterä ancor meglio dalla relazione circostanziata dell'interessi sta preparando dalla Direzione del R. Museo Archeolo-
sante scoperta che
gico di Firenze. (')
«
Nelle piü fra le arcaiche le persone si nominano di solito con for». E. Lattes, Le formole onomastiche delVepigrafia etrusca
mola bimembre
XIII
pag. 64 e seg. LO s'incontra per lo piü nei testi di scrittura arcaica. Vedi E. Lattes, Saggio di un indice lessicale
in Äfem. R. Ist. (^)
etr. in
Amt
Lomb.,
per ArnB,
vol.
(serie III),
AB come Lart
Mem. R. Acc. Arch. B. Lett. Vedi W. Schulze, Zur Gesch.
(*)
per Lard,
di Napoli, vol. I (1908) pag. 135. lat.
Eigennamen, pag. 214
e seg., 531,
556.
Vedi E. Lattes, Saggi ed appunti in Alem. R. Ist. Lomb., vol. X e A. Torp. in ßtrus. Beiträge, I, pag. 82 e sg. III) § 50, pag. 238 [106j E. Lattes, Correzioni giunte postille al {^) C I E. I, 1644, 2445 ed (•)
(serie
;
CIE. W.
(')
Vedi
(«)
Vedi W. Schulze, op.
Schulze, op.
cit. cit.,
pag. 301 e 591 add. alle singole
voci.
22
322
NOGARA, VIAGGIO EPIGRAFICO ECC.
B.
(G I E.
3858
I,
e ius\ureir) 433,
3858
pure nelle due iscrizioni
e
tusurSir 3860) tanto piü che esso e voce aggiiinta, come ;
3860
qui premessa, ai nomi di due defunti
sieme in un solo ossario
uomo
e
donna
raccolti
in-
(^).
avi ritorna piü volte nei testi etruschi, ed e spiegato dal prof. 0. A. Danielsson (^) corae corrispondente etrusco dal prenome o gentilizio
Avius
tendo che in dissente
il
(cf.
prof.
ma, pur consencit., pag. 348) ave avei avi rispondano ad Avius, ne quäle trova legittimo supporre che tali
Schulze, op.
taluni casi Lattes,
il
;
nomi comuni (^); e l'esempio della nostra iscrizione rincalza, se non erro, questa opinione. voci abbiano talvolta valore di
Rimane rupnineOi^ dove gulare che va di
Agram
Lattes
—
p. es.
('*).
si
si
tratta certamente di locativo sin-
con repin-ßi repine delF iscrizione della Mummia cosi ancora mi suggerisce il prof.
rupnine poi
—
confronta con acnina,
hupnina, Alpnana, Alpnani, Vipinana, husrnana, Velznani, Einainei ecc. (^); e la coppia locativa avi rupnineOi si riconnette ad isvel tuleti del-
Axinana,
l'iscrizione
capuana
28)
(lin.
deiriserizione orvietana della
i
(^),
rumi
o meglio ancora a
tomba
Grolini
(C
I
trineOi
E. II, 5093).
Se pertanto nella seconda e nella terza linea sono nominati insieme sepolti, nella prima si avrä
defunti marito e moglie
una formula introduttiva, la quäle poträ contenere un saluto ai due coniugi, oppure Tindieazione generica del luogo e dello scopo a cui esso era dedicato. B.
NOGARA.
{') Vedi E. Lattes, Rend. R. Ist. Lomb., 1899, pag. 1359. () Nella recensione di Die vorgriech-Inschrift von Lemnos di A. Torp in Berl. Philol. Woch., 1906, col. 594 e segg. (») Vedi Rend. R. Ist. Lomb., 1907, pag. 824, nota 13.
(*)
Vedi E. Lattes, Saggi ed appunti
dncYio rupinie
rupinam
(=
ecc. § 22 pag. 137 [35] e sg. Cfr. luogo sacrificale) delle tavole di Gubbio (I b 27,
35 ecc), e i gentilizii latiiii Rupius e Rubenius (Schulze, op. cit., pag. 321j. Per e in luogo di u cfr. Grutluniai Cretlu, Repusiunas vedi Repesunas E. Lattes, Rend. R. Ist. Lomb., 1908 pag. 843. :
e
(')
Vedi E. Lattes, Saggio di un indice lessicale ecc, giä
(«)
Vedi, anche ultimaraente, E. Lattes,
cit.
a pag. 37
69.
gründe iscrixione di Capua pag. 10 e nota 17.
in
Le annotazioni
Atti R. Acc.
Arch.
ecc.
di
del
Torp alla
Napoli
XXV,
SITZUNGEN
16 Dezember 1910.
Th. Ashby,
Drawings of Rome
in
British
Collections.
26 Januar 1911. G. Boni, Mura ürbane.
BERICHTIGUNG
Zur Figur auf Seite 222
ist
statt
'
'
terracotta
zu lesen
'
pietra
*
tufacea
.
Nachtrag zu
S.
278.
Die Rolle in der Linken des Ehemannes während der Hochzeitszeremonie, auf welche auch Birt, Buchrolle S. lernte ich aus
kommt, im Archiv stehen.
für Papyrusforschung I S.
Danach weist
67 zu sprechen
Bemerkungen von L. Mitteis und Wilcken
sie
auf den
Schriftehe, eine verbriefte
343 und 487
präziser ver-
syyqatfog hin, auf die mit ausdrücklicher Bedin-
yciiiog
Monogamie
gung der (fvvofxTjaig, der cohabitatiOj griechischen wie lateinischen Terminus in eigentlichem Sinne zu fassen. Nichts anderes will
demnach das Täfelchen
in
unserem Relief besagen. F.
Häuser.
REGISTER
Athena, Typus auf Relief von Genua
äyafiog 276. Aelius Messius (inschr.) 267.
Aegina, Inschr.
—
303.
vom Aphaiaterapel
197.
Ausgrabungen Furtwaenglers 207.
—
primitiver
Tempel nicht
vor-
handen 209.
—
Goldelfenbeinstatue 217.
Agonium
sterienreliefs
Ursprung fuer Mynachzuweisen
nicht
140.
Amor am Baumstaram dfnbrjrog 276.
Mauer xb
roera. Religion 76. Apollon, Kolossalstatue in Gela 10,15. auf dem Panzer des Augustus
—
—
canosinischen 182.
Architektur auf hellenistischem Relief
Genua 301.
ad
—
Original arbeit 29. Portraet 29.
— —
Panzerrelief 30.
—
Amor am Baumstamm 50
avi etr. 322.
kologie 75. Ballspiele als Liebessymbol 285. Basis von Mantinea 307.
v.
328, 111,
127.
Wolken
der
Canosinischen
Vasen
192.
Beil als Schmuckstueck 253.
Belagerung von Agrigent von Gela 6.
—
6.
Binde, weisse 39.
Aristophanes, Froesche
—
der Villa
gallin as 28.
Bogen und Koecher der Grosskoenige
Arezzo, Topographie 296.
v.
725
137.
Cameo Gonzaga
276.
(Petersburg) 44.
Campanareliefs 106, 132.
—
Tempel von Gela
40.
Bonucci, Ausgrabungsberichte 169,172. Camöe de la Sainte-Chapelle 53.
321.
Athena, und Satyr mit Floete 300. Statuette aus Neumagen 305
—
Standort in
Bauernstil
36.
Apulische Vasen, Chronologie 193. Vorbilder fuer die
dr6^g
— —
babylonische Forschungen und Etrus-
Animismus der
etr.
36.
Augustnsstatue der Livia 27. Literatur 27 A. 1.
Auslandssklaven 246.
genannt
'EXXrjPixö
263, 271.
Arnt
160.
Aurelius lulianus (inschr.) 267. M. Aurelius Rufinus (inschr.) 267.
Andros, Mithrasinschr. 263.
—
E
Auguralsystem 83. Augustus auf Arndt'schem Relief
der Augustus-
statue 50.
in
I 21
77.
alexandrinischer
—
Athenaeus
12.
Canosa, Vasen 168. „
— —
Chronologie 168.
ungenuegende Inventare 170.
REGI8TKR Canosa, Schichten der Gräber 179. Vasen der Verfallszeit 195.
— —
reiche und arme Graeber 196.
vom Sarkophag von Torre
Capitell
Nova
96.
325
Feldbinde 44.
Hand des Augustus von Primaporta 49. Fell des Satyrs auf Relief von Genua Feldzeichen in der
303.
Capitolinische Gottheiten 81. Caracalla 265.
Fermo,
Centocelle, Mosaik aus 257.
Fischgraetenmuster 185.
Chimaera von Arezzo 293.
—
S.
Lo-
Chiusi, etr. Inschriften 319. Cicero, in Verr. II 103 u. 192, 23.
Cod. Marc.
118, 288.
IV 149
Delphinreiter,
Demeter auf
Nova
56, 64.
Amor
d.
als 50.
Sarkophag von Torre
d.
Panzer des Augustus 36. 1,
6,
23.
—
127, 289.
Jibg xtö(ftov 122, 287.
Etrusker, und die roemische Religion 74. in historischer Zeit 75.
Herkunft aus dem Osten 77.
—
Erlaeuterung 59.
A.
Einwanderung
in Italien 78.
Etruskische Inschriften 314.
Gallia auf
phie
— — — —
— — —
d.
Panzer des Augustus 37«
und Topogra-
zur Geschichte 1.
Literatur
1. 2.
Flussmuendung Stadtmauer 13.
Tempel vor der Stadt wieder bebaut 26. Schriftquellen
ueber
die
Geta 265.
Genii tutelares 38.
139, 290.
Gewandmotiv der Athena von Neu-
magen
309.
Glaspaste, Berliner mit Victoria
£t&vptr]Qia 93.
und
Parthern 35, 41.
evocatus Augustorum 267.
Nachlass
Zer-
stoerung 23. Geloer in Phintias 16, 25.
Eubuleus, Kopf des sog. 113, 116. Eumoipos auf Sarkophag von Torre
hds.
14.
zerstoert 15.
Genius des Mannes 81.
Fabretti,
281
am Tronk der Augustus-
Etruskologie 75. Erinnyen, Tracht 162
Nova
Ilissos
1.
Gela,
Dionysos vom Herculanum 163. auf Sarkophag von Torre
— —
Allgemeines 56. Text 58.
statue 54.
Diodor ueber Gela
Nova
— — —
Gaius Caesar
117.
^idXi&o? 253.
Diana auf
Floete auf Relief von Genua 303.
Forum, Sepulcretum 79. Fries vom Tempel am
321.
etr.
76.
Fontanas Rechnungen ueber den Abbruch des Septizoniums 56.
rentino 296.
Crapisnei
Rom
Flechtband 187.
gefunden fuori porta
Cista mystica
Inschriften 319.
Flavius Clarinus (inschr.) 267.
Fundbericht 295.
—
etr.
Festkalender in
ueber
Inschriften 316. Falerii 78, 81.
Farnesina, Wandgemaeide 261. favissae 80 A. 1.
etr.
yvMQiafjiata 252.
Grabstele des IV. Jahrh. 280. Griechisches
in
der
roera.
74, 79.
Grotten des Mithras 269.
Religion
326
REGISTER 81.
gruma
lateinische
Epigramm
:
Haartracht des Hierophanten 159. Hadrian im Typus des Ares Borghese
ronski, I
—
im Typus Diomedes 44.
des
Muenchener
A.
Schmuckstueck 253.
als
Haus und Tempel 220. Hausform des Sarkophages
91.
Hekate auf Sarkophag von Torre Nova 125.
35579 243 A. 68.
X
228 A. 4
338
Romana
Interpretatio
1.
VIII 2657
80.
lulia auf Relief von S. Vitale 54.
Inno und lanus 81.
Helm, griech. Typus 43. Herakles
Nova
auf
Sarkophag von
Torre
137, 291.
Hierophant 156, 166. Hispania auf d. Panzer des Augustus
— — —
Regina von Veii 85. Schutzgoettin der Frau
81.
Sororia 81.
M. etruskisch
luppiter 0.
80.
Klagefrauen in Athen 147.
37. in militärischer
Verwendung
47.
Hydria aus Rodi 112. aus Cuma 112.
—
in der
146.
auf Sarkophag von Torre
und luno
81. 1.
Königsdiadem
39.
Königsgeschichte Roms 76. Köre auf Sarkophag von Torre Nova
Inschriften
Vorarbeiten zum C. I. E. 314.
120.
KovQOTQÖcpog 33.
neue in Florenz 319.
Kriegsgefangene
neue in Perugia 318 A.l.
Kyma, lesbisches
vom Aphaiatempel
in
Aegina 197, 206.
AGANAIA
96,
Sklaven 224
A
1.
97,
Nymphaeum
68.
hellenistisch- rö-
mische 260. Limitation 81,
XIV 256-259,8.18. 666 S.228A. 2393, 481c
Lambaesis,
als
Landschaftsmalerei,
auf Pithos
aus Gela 12,
— —
100>
KX]6olra 201, 210.
230 A.
Inlandssklaven 246.
Gr.
153.
Kunsteinfluesse
304.
Indi, ethnographisch unklar
I.
145.
Klageszenen am Grabe kleinasiatische
lanus Curiatius 81.
griechische:
auf Sarkophag von Sidon
Nova
115, 143, 289.
:
in Berlin 147.
Kunst 110.
auf Sarkophag von Torre Nova
etruskische
— —
—
lakchos im Kult 109.
—
5639 225. 32640 267.
I&isschopf 141.
hellenistische Innenszenen 259.
— —
2.
VI VI VI
Haruspizin 85.
Hund
Pamphylien n. 107. S. 71.
CLL. VI 220,22,8.243
44.
Hahn
105
bei Lancko-
4.
S. 22.
gefaelschte 22. lateinische: n«ue des Mithraskultes
auf Andres 263.
Lindioi, Akropolis von Gela 14 A. 2.
Lorbeerbaum apotropaeisch 107. Loewenfell auf Sarkophag von Torre
Nova
287.
Lutrophoros auf dem Grabe der 291.
äyafioi,
327
REGISTER lydische Graeber und Etruskologie 75. lysippischer Einfluss in der Athena von Neumagen 313.
Maeanderband auf canosinischen Vasen 183.
Mamertiner Zerstoerer von Gela 15.
Mars
Ultor, zwei
messapische Vasen 168.
Mosaik im Wiener Hofmuseum 257. Replik Wandgemaeide der Farnesina 258.
—
Verhaeltnis von Bild und Mo-
zum
saik
—
Original 260,
Farben 261.
— —
beim
luliustempel
Tempelbild des Mars Ultor 34, 43. Gerraanicus mit Feldzeichen 49.
Musaios und Deiope
Musterehe-
als
Mus.
von Bol-
artistico, Spiegel
sena 46 A.
1.
Mus. Capitol., Hadrian 44. Mus. Later., Sophokles 308. Mus.
Naz.
d.
Terme, Campa-
narelief 106.
— — — —
Urne vom Esquilin 106.
Wandgemaeide
258. v.
Prima
Turin, Sarkophagfragment 106. Wien, Hofmus., Mosaik 257. Samml. Franz Ferdi-
—
—
nand, Theseusfries 280. Mysterien auf Sarkophag von Torre
—
:
Nova
teilt
103, 123.
von Eleusis
nicht
dreige-
136.
Mysteriendarstellung und Ehelosigkeit
Berlin, Klagefrauen 147.
—
Hiero-
Barberini, Schutzflehende 147.
— — —
paar 284.
Athen, Meto