.
,^'
i
-^ 4
V,
>-
^
.-.^^'••-v^^,^.. *'^* #•
r:^:r^
ì
•T%--^„^.>
•>•
PAGINE LETTERARIE
PAGINE LETTERARIE
RICORDI
PAGINE LETTERARIE RICORDI DI
ISIDOEO DEL LUNGO
IL
PAKINI - DIPOETO DANTESCO - RITRATTI FIORENTINI DIVAGAZIONI GRAMMATICALI - SAPAVAMCELO
CESARE GUASTI
-
UBALDINO PERUZZI - ALTRI RICORDI - RICORDANZE NAZIONALI
ISCRIZIONI
IN FIRENZE G. C.
SANSONI, EDITORE
1893
^"viBT^^
PROPRIETÀ LETTERARIA
Tip. di G. Carnesecchì e
figli,
Piazza d'Arno.
A PIETRO DAZZI
Caro PietrOj Questo volumetto, del quale una parte contiene ricordi cari della
per ricordo
e
mia
vita, voglio sia dedicato
a
te^
suggello della nostra vecchia amicizia^
Firenze, nel maggio del 1893.
I.
D, L.
PARINI
IL
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO (*)
•Ignori,
A
chi parla d'un
la vita e
mento
con
gli
de' suoi
esagerarne
al
corgersene se
sopra
le idee o
il
senti-
concittadini, accade facilmente di
le lodi.
naturalmente
grande uomo, che operò con
scritti
lo
E
ciò
perchè
affeziona
e' si
soggetto che tratta, e senz'acingrandisce; quando pure non
desideri di maravigliar gli uditori con la scoperta di nuove relazioni non avvertite dagli
e
fatti
umani
cosa
oggidì
sembianze de'
altri.
La
qual
avviene forse più di frequente. Imperocché non comportando più tempi gli sterili fiori dell'eloquenza accademica, si giudica che anche in sii
mili occasioni
possa un tema e debba essere stu-
diato con qualche la
acume
di osservazione: e così
novità che non può avere
il
soggetto,
dev'essere famoso e perciò notissimo,
si
il
quale
vuol tro-
vare nella maniera di trattarlo. Ora questa legge (*)
Discorso
letto nel
E. Liceo Dante
per la Solennità commemorativa degli
Del Lungo
il
dì 27
marzo 1870
illustri Italiani. 1
^
IL PARINI
che
il
pubblico tacitamente impone a chi s'ha da
credere lo abbia chiamato non a vano spettacolo,
può
di leggeri
ed
accennavo, servazione giiì
condurre
esagerazione che aver per conseguenza che T os-
filosofica
alla
letteraria riesca
come r erudizione
di certuni,
cipalmente dal desiderio gio poi,
quando
il
su per che nasce prin-
parere eruditi. Peg-
di
che impone la pe-
pubblico
ricolosa legge è così eletto ed autorevole
questo che m'accorgo aver
io
:
come
che posso a voi
più francamente confessare la mia insufficienza,
me ne Voi pertanto non udirete da cose nuove. Vere, mi studierò che siano; e
parlandovi per debito d'ufficio non perchè sia creduto degno.
me
certamente, quali nell'animo toria rità,
le
sento: che l'ora-
ha già troppi conti da regolar con la Vela « nuda dea » ^ di quel Poeta che oggi dà
titolo
e materia alla nostra festa scolastica.
Ma
se fra le lodi, che molte potrebbero darsi a Giu-
seppe Parini,
io
avrò scelto questa, ch'egli rin-
novasse nel poetare quel degno fine e altezza di concetti che i suoi tempi mostravano, non pure
ma
neanco quasi più riconoscere né pregiare negli antichi; non vorrete dirmi ch'io sia uscito del vero, né che l'argomento proposto al mio dire sia inopportuno a' tempi presenti; quando, o Signori, più che a questioni di lingua almeno con più passione, pare che di stile, aver perduto,
^
Nell'ode
U Impostura,
v.
6.
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO il
secolo
e
il
si
fine
intorno forse poi gli
gì'
intendimenti
dell'arte, e vi si
travagliano
rivolga a quelle circa
supremo uni
piiì
e
i
gli
grande maestra,
à
filosofi
che
i
concordi
retori,
ad interrogarne
altri
quella
e d'arte e di vita, la storia.
L
E
veramente che
molti precetti,
o,
la
storia
almeno, che
i
acquistino quel lume e calore di vita, principii astratti è
valga
dell' arte
precetti il
da essa quale
negato dalla loro stessa uni-
versalità e comprensività, basta a dimostrarlo fatto,
ai
che studiare un po' a fondo
un'opera d'arte vale quanto far
un
il
libro o
capo all'esame
delle relazioni di quel libro e di quell'opera verso le consimili
non
dell'ingegno umano,
produzioni
altro nel
se
medesimo paese e nel periodo di Il qual metodo di critica sto-
quella data civiltà. rica a torto
si
accuserebbe che avvolga
il
libro
o l'opera d'arte nel laberinto delle digressioni e
quando anzi avvicina più dappresso allo scrittore od artista il lettore, cui impone lo studio de' tempi loro e della lor vita, quasi come termine di paragone entro limiti circoscritti. Con che viene a stabilire una norma, per la quale principalmente si distingue la moderna critica da quella de' secoli passati non potersi né di opere né d'ingegno sentenziare, che in pari tempo non de' paralleli,
:
si
giudichi e della vita e dell'animo;
o,
in altre
4
IL PARINI
un giudizio
parole, di
od
letterario
artistico essere^
sua propria natura, un giudizio anche morale,
uomo
ed ogni vita di grande
sponta-
riflettere
neamente una condizione o un aspetto o un inomento della civiltà. Se la poesia dantesca ci rappresenta il risorgere dell' ingegno italiano fioco per lungo silenzio, anche la vita di Dante, ne' mae negli esilii, negli studi
gistrati ci
dice la storia del gran
tanto dovè quel risorgimento
poeta chi l'uomo e
il
e le
pompe
Ruggero Estensi
medievali,
qual
di
e di
meno
non
gli ultimi
corti
guelfo, a cui
né intenderebbe istudiasse.
Se
bagliori di esse
italiane;
e
figliuoli
Bradamante non erano
principi
il
in se le splendidezze
messer Lodovico, i
:
cittadino
VOrlmido Furioso raccoglie ripercotevano nelle
e negli amori,,
Comune
ma
italiani fra
di gli
soli
tutti
qual più
xv e
il
il
xvi se-
colo: ora la storia de' suoi servigi in quella corte è storia
della sua poesia,
anche quando
egli
ci
addiviene, di poeta, cavallaro.^ L'alta malinconia
che riconduce
Tasso a quel vero,
il
intesse fregi, noi fa senza scusarsene
al
con
quale se la
Musa
ha sue radici nella trasformazione della vita d'Italia dopo caduta la libertà: e la corte dell'ultimo duca di Ferrara, dove quella grande cristiana,^
anima lemme
si
logorò, deve alla critica della Gerusa-
ispirazioni più. larghe e più eque, che
ne attingessero
i
1
Satire, VII, 238.
2
Gerusalemme
retori
liberata.
I,
antichi dal
2,
gretto
non con-
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO
5
fronte de' due epici cinquecentisti. Quel che alla vita di Dante, Firenze; del
Tasso e dell'Ariosto,
la corte; sono a quella del Petrarca gli eruditi
e i
i
principi e le donne, gli
trovatori di Francia,
pubblica fiorentina e la repubblica e
Padova
di
mana. Così il
Roma
baroni di
e
i
pon-
d'Avignone; a quella del Machiavelli, la re-
tefici
i3ità
i
scolastici d' Italia e
i
l'
Italia
Medici;
e Pisa,
i
di
;
Michelangelo,
di
Galileo, le univer-
granduchi, la curia ro-
che studia
la critica, nell'atto stesso
generale nel particolare, e ritesse di secolo in
secolo la storia ideale dell'arte, non impone principi!
ma
li
deduce; non abbandonai
teoriche, anzi la indagine dei
fatti
fatti
perle
allarga ed in-
vigorisce, e questi rende, avvicinandoli, più elo-
quenti.
E
se io le chiedo
m'interpreti
il
Parini
poeta, essa pur con l'occhio intento alle forme e
mentre ricerca con quelle la forma pari-
alle vicende della nostra poesia, e
la relazione che abbia
niana, incomincia dal
considerare
nel
Parini
il
lombardo,
il
oampagnuolo
di Bosisio,
professore,
magistrato: la vita del Poeta; per-
chè
al
il
l'abate,
il
poeta sia commento l'uomo, e nel poeta,
compiutamente interpretato, apparisca e risplenda da sé quella forma che a lui piacque di poesia, e che
lui
distingue dagli
altri
l'arte e del pensiero, italiano.
nella
storia
del-
IL PAKINI
IL
La
vita dei Parini è presto raccontata, presto
giudicata. Nato in modesta condizione, condotta alla città
perchè cogli studi s'apra una
priraa eh'
e'
batte
è,
come
di tanti
via, la
a que' tempi^
un sentieruzzo d'Arcadia, ma che a lui sarà cammino a ben altre regioni chi in Giuseppe Parini rammenterà piiì Ripano Eupilino e Darisbo Elidonio ? Ed anche, come di tanti allora, ingegnosi :
ma
plebei e
poveri,
la
sua veste è
ch'egli però saprà rispettare, e
far
prete:
di
rispettabile
Presto partecipa alle guerre letterarie
altrui.
:
e
dalla pietà boccaccevole del padre Bandiera di-
fendere le forme, più potenti dove di
Paolo Segneri; e contro
quelli avvocati
piiì
semplici,
Branda, uno
il
di
incomodi della toscanità che nean-
che allora mancavano, scaramucciare pel dialetto
meneghino; mostrano già nel novello Arcade un sentimento del vero
e
del
quelle selve, dove del bello
a frasche e frondi gnorili, diti
vi
ignoto
smarriva
in
in
mezza
la vista. Precettore in case si-
acquista l'amicizia di que' nobili eru-
che a niuna città italiana fecero difetto nel
passato secolo,
rono
naturale, si
ma
monumenti
che forse in nessuna lascia-
dell'operosità
propria
tanti
e
tanto insigni quanto a Milano, dove basta ricor-
dare che fu
di patrizi la Società Palatina, dalla
quale l'Italia riconosce
le
maggiori opere
del
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO Muratori. Airamico di cotesto
convenne
'
ben
patriziato
far la satira della vita de' cicisbei
vocazione
ecco determinarsi la poesia morale
Parini
del
si
ed
:
alla
vocazione a cui d'allora innanzi,
:
ch'egli era in su' trent'anni,
neanche la sua
lirica
ruppe mai fede; dico quella
lirica, che sola avrebbe meritato d'essere raccolta da quelli amici indiscreti che furono, anche per lui, gli editori delle
opere postume.
^
Dalla pubblicazione del Giorno
incomincia la fama del Parini: e «il verso »
^
gli
procaccia,
condiscendenze,
la
favore
de' go-
cattedra,
il
de' giovani
Milano descrisse
le
partecipò scrivendo alla Metastasio
Alba;
lodato viltà o
vernatori, la benevolenza del cui arrivo in
sì
senza prezzo di
e per la sposa, la bella
e
arciduchi: feste,
e vi
VAscamo
in
Maria
gentile
Beatrice d'Este, trovò versi di miglior tempera,
che per l'augusta Maria Teresa,
seppe scrivere
l'elogio,
egli
netto congiunse le lodi di
ratore filosofo a minacce
^
Vedi
i
sei
La
3
Confronta
della quale
non
che in un ardito so-
Giuseppe contro
il
II
l'
impe-
governo
sa-
volumi delle Opere di Giuseppe Parini puh-
hlicate ed illustrate 2
^
da Francesco Reina; Milano, 1801-1804.
caduta, v. 37. i
sonetti
Ardono,
il
giuro, al tuo divino aspetto,
per la Estense arciduchessa, e Io vidi
il
Tempo, che
lo
sguardo acuto,
per l'imperatrice. Su Maria Teresa vedi anche alcuni versi (145-146, 155-160) dell'ode
La
laurea.
IL PAKINI
8
cerdotale di
preparato
Roma.
turbine francese, né da
il
come
fatto incapace, lo
sguardo
di
con
fu di altri, a seguirne
quella
da un
dolorosa necessità
ma quando
rivoluzione:
la
meraviglia
vertiginosi moti; ne alieno
i
equo giudizio fu
Lui dunque non coglierà im-
^
questa,
che
trasmo-
dando, s' imbestiò nel sangue e nelle rapine, non poteva piiì piacere al Parini, che aveva accettato d'essere, col Verri ed altri ottimi, magistrato municipale nella Cisalpina. Così, né maravigliato né dolente, vide tornare gli Austriaci: e cinque mesi dopo, nove innanzi Marengo, moriva. Vita
tutta individuale: tica
come vedete, tutta privata, tale insomma che per una cri-
semplice,
non educata
somma
dalla libertà a dare
portanza agi' individui e
alle loro relazioni
im-
morali
con la società, poco o nulla offrirebbe da essere studiato rispettivamente agli scritti di
invece
il
cercare quali relazioni
lui.
Per noi
Parini
il
abbia
avute col governo austriaco, quali con la
rivo-
luzione, quali con la reazione; quali con la nobiltà
da
adulata
lui
ma
satireggiata, quali con la plebe,
rispettata e virilmente consigliata; e
confrontare, per tal modo, la sua vita alla
poesia; sarebbe, secondo
avviamento trattasse
i
di
non
il
già detto,
il
sua
migliore
alla intelligenza di questa; se qui si
dettare
Quando
il
Nume
sulla
improvviso
poesia
pariniana un
al suol latino
ec.
NELLA STORLV DEL PENSIERO ITALIANO corso di lezioni o scrivere un libro.
(accenniamo,
ode canta
Musa pure
il
poeta.
il
poeta che nella sua
Il
pri-
Vita rustica^ e nell'ultima, alla
la
nobili piaceri e la dignità degli studi, è
i
da ogni ambizione,
letterato che vive scevro
non immemore «
E vedremmo
così in iscorcio, siffatta ricerca) con-
corde airaomo
ma
9
del
casa popolare »
«
vago Eupili suo
ond'è uscito: e a
^
»
lui
e della
s'addirà
bene nella Recitazione de' versi, nella Laurea^ odi In morte del Sacchini compositore e
nelle
sulla Musica,
sostenere
come
dell'arte;
decoro
il
all'amico e
la
e
compagno
santità
del Becca-
difendere le ragioni
dell'igiene
pubblica nella Salubrità deWaria^ e
n^' Innesto
della pubblica
morale nel
ria e de' Verri,
del vainolo,
Bisogno
e quelle
nell'
,
ode
a
Silvia,
nelP Educazione.
L'uomo che da giovane ha copiato scritture forensi per campar sé e la madre, vecchio non scriverebbe la Caduta^ se la coscienza non gli concedesse
di
raffigurare in sé
e
rini
il
spetto,
^
nel suo
l'
imagine del povero
uomo potranno
onesto: e da tale
il
cardinal Bu-
nobilissimo Gritti esser lodati senza so-
come, senza timore
Poema
di rinfacci, egli
rassito e del verseggiatore salariato.
1
La
^
Nelle odi
•^
Il
vita rustica, v. 34;
La
ha
potute scolpire le figure del pa-
E
Ad Andrea Appiani, La magistratura.
gratitudine e
mezzogiorno, vv. 452-477: Or chi è quoU' eroe che tanta parte Colà ingombra di loco, e mangia e E guata ec. ;
^
fiuta,
nel Poevv. 2-3.
10
IL PARINI
ma, dov'egli canta l'eguaglianza degli e
«ignoti nomi....
plebe
e
uomini,
nobiltade »,
grama parola
anni prima che cotesta
molti
^
« egua-
glianza » assicuri una patente d' invenzione losofi francesi, e rinnovi
a' fi-
cognome a un principe
il
sangue reale, e alquanti più innanzi alla sonora democrazia de'martelli e degli scalpelli guerreggianti contro gli stemmi e le corone sulle facdel
quando
ciate de' palagi e nelle cappelle gentilizie, il
conte Pietro Verri comandato
ma
porrà nel
suit)]
cuccia,
^
nome {stemma
il
Poema, dove
se
pensa
si
eloquente
pili
di
ci
il
ad ogni
Parini, con le sue azioni^ co' suoi pen-
co' suoi sentimenti.
sieri,
Parini, dove le imagini
Ma
qual'è
stiano
poesia
al frasario
(mi perdonino la similitudine,
non Voi,
ombre
degli Arcadi), e
d'
ma
le
interno e
di vivo e di vero, sia idea sia affetto, sia
poeta? Guardate l'ode
e 905-939:
Né del poeta temerai che beffi Con satii'a indiscreta i detti tuoi All' alta
poetico
non invece come rappre-
sentanza e simbolo di qualche cosa sia l'animo del
del
solamente come
come attaccapanni
imagini, o
parrà
sociali del secolo
decimonono; nel poema noi ritroviamo pagina
ar-
vergine
della
da un povero,
romanzi
l'
nomen pò-
ahstuUt,
l'episodio
scritto
certi
di togliere
Voi l' inalzaste mensa, e tra la vostra luce
Beato l'avvolgeste,
ec.
mezzogiorno, vv. 250-252.
^
Il
^
Il mezzogiorno, vv. 517-556.
il
di
secolo
Alcone
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO Teni'pesta:
la
Giuseppe
l'altro
quando
scritta,
segni
primi
i
apparivano da un
delle novità francesi
11
lato, dal-
sbalestrava que' subitanei de-
II
monarcondannata inoculare la rivoluzione; non giustifica ella il dono del vaticinio attribuito ai co' quali fu
creti,
detto che tentasse alla
chia
poeti,
quella
storiografi
ode nata in tempi,
scrivevano
nel 1787) queste
(sono
formali
parole:
la
ritrarre le impressioni che
trasti
per
da
navigazione
la
e la rivoluzione
della
della
Svezia
le
67-72
ee.
:
misera
la
In un momento
sol,
gir mille fatiche
Col tetro fumo a voi.
magistratura,
v.
163-168:
Non
vedi quanti aduna Ferri e fochi su l'onda e su la terra Vasto mostro di guerra, Che tre Imperi commette a la Fortuna.
Li morte di A. Saccìiini,
E
la
e
due d'In-
Sassonica contrada, Che vide arse suo spiche
La
Voi con-
Turchia, e dell'Austria;^
recita dei versi, v. 13-18
E
i
Schelda;^
americana,^ che tra
vita rustica, v.
rivolu-
de' fatti,
accennati
negato Scaldi V'ha chi al ne^ di Cesare veleggia^ Con gli abeti di
La
una
essi riceveva.
guerra de' sette anni;- quelle e della
e
Bertola
stessa fedeltà a
pur nelle Liriche,
della Russia,
La
«
medesima potenza apprensiva
che lo circondavano, e con la
trovereste,
filosofi
teme»?
zione l'Europa, già, più non la
Con
che
Aurelio
d'
v.
81-34
:
spesso a breve oblio La da lui declinante in novo imporo
12
IL PARINI
ghilterra e di Francia sta
come parte media
dramma mondiale;
solenne
ardimento o per beneficio
d'
un
e le invenzioni o per piiì
insigni,
come
l'in-
nesto del vainolo (su questa è una intera ode),^ parafulmini fier;^ e,
del Franklin
tornando alla
povera Polonia che
fati
sino
il
i
giogo moscovita; e «i nuovi
al
regal Parigi a sé prepara»;^
Cotanto
a
i
Montgol-
del
politica, le riluttanze della
pericoli di Venezia,
i
gina.
,
globi
le
« del
superbe
ire
mar
e per-
l'alta
vicina, »
quale più che Tira superba doveva però cere la slealtà impudente.
Il
^
realla
nuo-
poeta che così per
tempo venne in aspettativa di grandi fatti, potè, nel frammento bellissimo a Delia ricusare di descriverli avvenuti; egli che fin da quando sulla ^
toilette
del giovine signore trovava allato al
Fontaine e
a
Ninon de Lenclos
e tema de' discorsi
Il
al
pranzo
lasciò.
.
Al dottore Giammaria Bicetti
~
La
de' Buttinoni.
recita dei versi, v, 19-22.
A Giove altri l' armata Destra di fulmin spoglia; ed Sopra 1' aria domata Osa portar novelle genti
altri
a volo
al polo.
gratitudine, v. 254:
Dove
il chiaro Polono Dell'arbitro vicino al fren s'arretra; Dove il regal' Parigi Novi a sé fati oggi prepara
^
La
s II
magistratura, v. 169-180. mattino, v. 583-619.
^
proponeva
.
^
La
lui
Pulcella^
Britanno severo
America
2
di
la
La
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO TAristippo di Ferney e
Diogene
il
1^ ^
Ginevra,
di
ebbe messo in guardia quel delicato dal
« tos-
mortale » nascoso in cotesti volumi, e con-
sico
da parte
sigliavalo a lasciar
teoriche strane
le
uguaglianza degli uomini, e apprenderne
sulla
solamente
che la dolce voluttà rinfran-
« quel
ca » e che « scioglie
medesimo canto
;
Mezzogiorno
il
,
desiri »
i
^
che nel
egli
avvicinò
^ ,
il
panegirico della cucina francese alla satira del Colbertismo, onde i
discorsi
quali la
si
brillantavano, com'
mondo
del bel
« volatile
« delle elfemeridi »
d' allora
scienza » ^
i
:
e' dice,,
discorsi
forniva oramai
il
cotidiano
strano
Le quali citazioni, o m'inganno, non solamente la poesia e tempi
Parini,
ma anche
ultime,
la
alimento.
che le
i
vita
sue
vita d'
uom
la
vita di lui;
politica,
politico
idee e sentimenti
o,
Lombardia austriaca, verno di Maria Teresa
e
più,
illu-
del
queste
per parlar proprio,,
mal
si
intorno
intendendosi specialmente
ai
oggi perfezionata
direbbe la sua, alla
politica;
come, cittadino della potè
egli
e di
amare
Giuseppe e
il
di
go-
Leo-
poldo, perchè diffidava delle negative e distruggitrici
teorie
francesi, ed
egualmente accoglier
poi con lieto animo, dalla necessità degli eventi, la
improvvisata repubblica milanese, perchè av^
// mezzogiorno, vv. 940-992.
993-1020.
2
Ivi, V7.
3
vv.
203-230
e 660-700.
^
La
notte, v.
511-517.
14
IL PARINI
vezzo
lunga mano
di
a guardare
faccia
in
i
avean potuto
morali che quelle teorie
principii
travisare e adulterare, non però distruggere o mutare sostanzialmente. La quale distinzione dei principii della rivoluzione da' fatti
medesima,
zione scritti,
quando
ma al
e
in
e
d'uno
più
mano
guardi alle tasche; e
quando
si
atti:
come
crede debito
cuopra
si
capo
il
a'furti antichi degli stra-
avea già accennato nel Mattino,
nieri in Italia
intatte
rivolu-
dinanzi a' magistrati,
Parini magistrato ammonisce si
della
pure ne' suoi
de' suoi
dabben brianzuolo che
stare col cappello in il
non
apparisce
ancorale gallerie nostre e
le biblioteche:
levatogli dalle stanze d'ufizio
il
malato, al sentirsi correre per la persona
domanda
striscia di fuoco,
se
o
Crocifisso,
chiede « che cosa han fatto del cittadino Cristo »
una
^
si
:
come
ha a
cre-
dere al diavolo in tempi che più non credono in Dio, e che scherniscono,
aveva cantato, il
come
fren che
i
creduli maggiori
Atto solo stimar l'impeto
A
nel Mezzogiorno
^
folle
vincer de' mortali, a stringer forte
Nodo fra questi, e a sollevar lor speme Con penne oltre natura alto volanti.
^
vv. 615-616, nell'apostrofe al Lafontaine: Poi che rapirle Invidiasti ec.
2 V.
965-969.
i
o tu che a Italia, 1' oro e le gemme.
tuoi
5
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO Che
1
se per ultimo ricercassimo quanto questo
prete integro e sdegnoso conservò di sua dignità nelle
relazioni
che
ebbe
amicizia con donne,
di
sincera e costante
eulte e belle e nobilissime,
Tron, ed
la Castelbarco, la Castiglioni, la
né
la
sua vita
la sua poesia:
altre,
offrirebbe cosa dispiacevole
ci
né
imperocché non è da dispiacere
quella ingenua
caldezza
alla
quale
il
poeta
si
abbandona, parlando a cotesto dame e di loro di ^uel fuoco é, per così dire,
e di sé: molto piiì
nelle tinte del quadro, che
espressione delle l'artefice; e forse gentili
veramente nella
figure e nella intenzione il
del-
Parini voleva presso cotesto
ricomperare con
galante la fiera ironia parte frivola d' una
le squisitezze della di
poesia
che avea flagellato la
società alla quale
esse ap-
partenevano. Que' pochi versi nacquero insomma nella
mente
dell'autore,
pessero da una
più
che non prorom-
passione; o se passione vi
fu,
anzi diciamo pure che vi fu, fu d' artista per bei modelli. Egli stesso ce lo
dice:
«
L'alta stima
«
da me conceputa di Lei,» scrive alla Silvia CurVerza « le impressioni da lei lasciate nel mio animo, fieramente sensibile a quel bello
«
che esce
«
toni
« dell'
dell'
ordinario
educazione,
il
corso
della
natura e
mio zelo proporzionatamente
mi fecero pensare a scriverle in modo piii nobile e solenne che non è la triviale prosa di una lettera». Ecco l'origine di quelle delica-
« esaltato, «
«
tissime miniature, che
si
chiamano
il
Pericolo ,
il
,
16
IL PARINI
Dono,
Messaggio.
il
Di questa ultima scriveva
^
il
« La canzone all'inclita Nice non amo che abbia nota veruna indicante la «persona a cui è supposta diretta».^
Parini medesimo: «
Ma
questo abbozzo che tentammo del carat-
tere di Giuseppe
Parini
nella
non prevenissimo una abbiamo
tempi
fu
sino
che a
ieri
solo
Imperiali
^
da qualche
par
egli,
che
V indipendenza dagli stranieri d' un' anima libera come il Pa-
francesi,
parte?
in
peggio: ed è che salpina,
vi
dominazione tedesca, e che la diffidenza
delle novità fichi
Non
idea suprema della vita nazionale
l'
queir acquietarsi rini alla
taciuta.
dette, e
duro ad intendersi, a noi cresciuti
resti tuttavia
in
un dubbio, che
difficoltà,
rampolla da alcune delle cose altra che
vita e nella sua
alcuna parte nelF ombra, se
lascerebbe
poesia,
E
poi tu
l'antico
ci
lo
al
giusti-
hai taciuto
municipale
repubblicano,
cotesto
il
della Ci-
tornare degli
99, salutava le orde austro-russe
nel
Vedi anche
l'
ultima strofa della Recita de'
contessa Castiglioni Litta
....
E
da me allegata,
il
te,
Paola, che
il
alla,
retto
bello atta a sentir formare
Te, che
versi,
;
i
numi;
piacer concetto Mostri, dolce intendendo i duo bei lumi, Onde spira calore Soavemente periglioso al cuore.
2
voi.
il
In una lettera a Giuseppe Bernardoni, a pag. 195 dei
IV
delle Opere. Dallo
stesso voi., pag. 183, sono tolte le
surriferite parole alla Curtoni Veiza.
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO con
un Sonetto,
con
severo
glie
però che
dove
il
ammonimento
neggi
to-
santo tabernacolo, e che s'in-
a David vincitore in onoranza delle
tòrie del
tolato
pel
non
certa bi-
siano, in
pe' Filistei, e la fortuna
blica allegoria, figurati
dell'Impero
vi
a' vincitori
passato,
il
Francesi
i
ricordarsi
IT
Suwarow;
Vittoria,^
basteranno
gli
anzi
Che
il
s'
sonetto stesso è
ha
egli
a dire
di
vitinti-
ciò?
errori e le colpe della repubblica,
basterà la stanca vecchiaia del Poeta, almeno a
Noi accennammo a ben altra difesa, quando abbiam detto che né maravigliato nò
scusarlo?
dolente vide
il
Parìni ritornare
poco appresso quando dito dell'Austria,
Ne
ma
lui
gli
Austriaci
chiamammo non
cittadino
della
;
e
sud-
Lombardia
permesso non altro che illustrare brevemente coteste parole, prima di passare dallo studio dei fatti a quella parte del noaustriaca.
sia ora
che considera la poesia del
stro ragionamento,
Parini nelle sue relazioni con l'arte e col pensiero italiano.
Nella Lombardia austriaca del secolo passato,
r amore per quello che chiamavano governo centrale era, ne' piiì nobili spiriti, l'amore per la unità opposta alla divisione, per la legge opposta a' provvedimenti giornalieri, pel certo opposto
all'eventuale: era infine, e veggasi
quante
trova non avvertite e quasi non credibili
Prc'laro
1
Dkl Lungo
i
Fili-^tfi
l'
;irca di
Dio
ec.
il
vie
pro-
^ Si
IL PARINI
18
gresso!, era l'idea di nuovi tempi e di più ferma
che preludeva
civiltà,
derno
non si
diritto
all'
inaugurazione del mo-
nazionale. Tutto questo faceva che
abbadasse più che tanto
si
dimenticavano
le
passato infelicissimo, perchè e
nella vita reale
i
seguenze, di esso:
una ottima
alla
italianità:
tradizioni pur gloriose
cattivi
si
sentivano presenti le tristi
effetti,
governo
il
e desiderabile cosa,
governo; e la repugnanza
solamente perchè
alla
e alla coli,
dove da Carlo Vili
pace
di
sua di
qualità
Rastatd, cioè per più che due se-
plebe, corruttele
di
aiutando
artistiche,
come
d'Utrecht
ai trattati
invasioni, guerre, ambizioni
cenze
con-
pareva
austriaco
straniero era difficile a sorgere in un paese l'Italia,
del
ogni giorno più
prepotere
il
forti,
domestiche,
li-
morali letterarie ed degli
stranieri
erano troppo ben riuscite
a spengere quel sentimento di nazionalità che le nostre repubbliche, se duravano, avrebbero tosto tardi fatto germogliare dall'amore pel
Comune
e dalla necessità della reciproca difesa.
Questa aspirazione degli animi verso l'idealità governo produsse un corrispondente movimento negli intelletti, che è rappresentato da del
quella schiera di pubblicisti italiani, la quale se
non* dette
proprio alla luce una scienza
mica, precorse però in molte dottrine Il
Genovesi, l'Ortes,
Verri,
il
Carli,
il
Filangeri,
crediamo
il
traessero
i
econo-
forestieri.
Beccaria,
i
ispirazione,
più che dagli esempi e dagli accenni di dottrine
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO economiche il
eh'
avean dato l'emiliano Scaruffi
calabrese Serra e
meno
tempi
lontani
cessità dei popoli
E
e
fiorentino Davanzali e in
il
senese Bandini, dalle ne-
dalle vicende piii
si
dei governi.
fecero sentire,
vicende politiche portarono
le
mutazioni, o dove e separata
il
governo
profonde
piii
era cosa
cittadinanza
dalla
e
il
perchè queste necessità
dove
10
e
distinta
dalla nazione,
perciò vediamo quelli studi economici farsi con maggiore alacrità e più larghe applicazioni e fruttuose in quelle parti d' Italia, le quali o rice-
vettero di fuori
Napoli
pendenza
come
nuove forme
e
co' proconsoli vicereali, nel
modo che
Spagnuoli un secolo innanzi, non era
cito,
lt>
studio
predominio sicura
pili
men
de' rispettivi
dei
Ma
scienziati: e
diritti
fu
naturale
e la scienza
governativi,
le-
favorì
perchè, di
impedire
Gian Rinaldo
partigiani
cittadinanza,
che
trasmodassero in
non tutti la sentivano come gli uno degli economisti da noi ricor-
dati, l'istriano
siano
diritti
:
piii
determinazione, e nell'esercizio loro
difficile lo
privilegi.
di-
lontana,
Lombardia da Vienna. In tempi che
la
nel governo e ne' cittadini
vi
governo, come
da. un'autorità straniera
governare gli
il
di
Borboni, o rimasero in assoluta
dai
o,
di
Carli,
lamenta che
governo e partigiani
com'egli dice, regii e
civici.
di
La
lombarda era tutta regia; compreso il Parini, il quale in una delle sue prose indica i modi con che il governo viennese potrebbe re-
scuola
20
IL PARINI
staurare la letteratura in Italia.
^
Era
tutta regia
quella scuola: né per questo ninno
oggi
il
nome
liberale, nel più
di
agli scrittori di essa,
che sostennero mercio,
a'
suoi
vinsero
e
Tutto
nobile senso,
filosofi
legislatori,,
libertà
la
guarentigia ne' giudizi,
la
della tortura.
negherebbe
del
T abolizione
sta nelF intendere, che al-
lora era questione di riforme economiche e
non
politiche
di
queste; e
nomi
i
quelle
:
di
presero altro significato,
y>
:
furono
poi
« civico
»
e di
meglio,
o,
in altri più schietti e arditi,
niero
com-
si
civili,,
scala
a
« regio »
mutarono
« italiano » e « stra-
e dalle ruine secolari, con V antica co-
rona dell'arte e la nuova della scienza, pida alle ultime prove degli degli Spilberghi, risorse, per
esilii,
intre-
de' patiboli
e
non iscomparire mai
più dagli occhi né scancellarsi dai cuori,^la santa
imagine della patria. Ingiusto sarebbe dunque far carico al Parini di
certe parti della sua vita e della sua poesia,
che ricevono
ampia spiegazione dalla
storia di
que' tempi e del suo paese; e malavvisata quella critica
che
le dissimulasse,
samente difenderle:
critica,
quando può animointendo, nemica delle
capricciose fantasmagorie, che voglion misurare il
passato alla stregua del presente: secondo le ^
In una Memoria al Conte di Firmian, Delle cagioni del
presente decadimento delle e di certi
belle lettere e delle belle arti in Italia,
mezzi onde restaurarle; nel
pag. 147-158.
voi.
V
delle Opere,
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO
Lega lombarda non
quali la
giornate
delle
un
1815
di
è che
21
preludio
il
Milano, la dieta di Roncaglia
all'aria aperta,
il
conte di Cavour
il
Veltro dantesco. Dante un libero pensatore o un
monarchico costituzionale del secolo xiv; e tutta la storia italiana, un dramma architettato a regola d'arte, in omaggio delle unità aristoteliche.
III.
Ma
tutto
questo non è giudicare
se per giudizio
i
e che, raccolti prima e divenga confrontandoli a certi sommi principii dedotti da un ordine di fatti
concentrico
ma
vasto. Più chiaramente, dirò
pili
ha due modi
ci
Parini,
fatti,
criteri o
che
il
intenda una sentenza sotto ogni
compiuta,
rispetto
scussi
s'
individui e
il
loro
di giudicare:
valore
uno, sopra gli
assoluto,
considerato
cioè in loro medesimi e basta, solo tenendo conto di
che immediatamente
ciò
che risguarda non tanto e gli uomini in mezzo quanto
i
ai
li
circonda;
l'altro,
tempi da loro vissuti quali
si
trovarono,
la serie o circolo di fatti a cui nell'istoria
la vita e l'opera loro appartiene; e questa
lamente è grandi v'
ha
è,
so-
critica storica. Distintivo poi de' veri
che mentre sotto
scrittore o
il
primo aspetto non
pensatore o artista per quanto
mediocre, che un valor non lo abbia, e precisa-
mente quel grado che segna la sua o eccellenza o sufiScienza o mediocrità, sotto il secondo aspetto
22 i
IL PARINI
grandi
soli
un mediocre enumerare i
valgono si
nel
ma
dell'arte, si
chi poi, seguitando, si accin-
rispetto
a'
grandi maestri
troverebbe a disservire o alla fama dì
alla logica e al vero.
lui
Tolgasi, ad esempio,
per non allontanarci dal Parini,
Innocenzo Frugoni, d'
parte
avvenimenti
negli
gusto,
a considerarlo
gesse
cosa. Perchè di
anche qual
cercare
lavori,
ebbe negli studi, del suo tempo:
qualche
potrà, volendo, studiare la vita,
co' suoi
buon Carlo
il
nove volumi
di versi
ogni foggia e misura e colore e sapore: op-
un
portunissimo a rappresentarci di cortigiano, d'arcade, e di
del Settecento;
in
una
erotici di quel secolo,
che
psicologo regali alla nostra
let-
teratura poetica:
nove volumi
si
abate,
d'
ben a suo luogo anche
garbata raccoltina qualche critico
tipo
molte altre belle cose
di
ma
che direste
chi in quei
di
avvisasse rintracciare
le
tradi-
zióni della poesia italiana, desunte da' più grandi
monumenti
e solenni dicolo
di
nonostante che
:
essa? Certo sarebbe il
Frugoni debba della
propria mediocrità accusare anzi
piccinì,
largamente rebbe
«
favorito.
per querimonia
Dante
al :
al Parini » ?
A
la
»,
,
non
si
di-
che per ischerno
può dire « da non teme anzi da nulla me-
e perchè si
Perchè
Parini
il
la prova del secondo giudizio
;
rapidamente che da quella, può rilegrandezza di lui. Così a voi non paia
glio e più
varsi la
quale lo aveva
modo
ogni
Frugoni
ma
secolo che lo im-
il
che la natura,
da Dante
ri-
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO eh' io abusi della vostra pazienza, se ciò
pongo
ora,
23
mi pro-
Signori, di dimostrarvi.
IV.
Se
si
riguarda alla ragion de' tempi vissuti
dal Parini, in relazione con la viltà italiana e dell'arte,
storia
egli sta fra
della
l'età
ci-
mo-
derna e quella che chiamerei la seconda età del pensiero italiano civile,
:
la quale,
rispetto
mi sembra incominci con
Repubblica fiorentina; rispetto gioso, con la chiusura del rispetto all'arte,
con
quella
del
con
Tasso:
comprendono quasi
tutto
e
caduta della
la
al principio
Concilio
morte
la
storia
alla
Trento;
di
Michelangelo e
di
così
reli-
principii
i
intiero
il
mondo;
susseguì alla scoperta del nuovo
suoi
che
secolo e
di
più che due secoli è la sua durata, poiché essa
non
si
chiuse prima" del 1789.
Dissi la seconda; perocché le età del pensiero italiano,
nostra presente. del
Non
due giudico essere anteriori a questa
tengo conto
di
quel periodo
medio evo che suol distinguersi con
l'appel-
lativo di bassi tempi, e che rappresenta le con-
seguenze
immediate e persistenti
del
rovescio
della grande civiltà romana, e, con essa, di tutta
l'antica; periodo storico cui dischiude la spada
d'Odoacre e chiude
Prima
il
pastorale di Gregorio VII.
età del pensiero italiano io
chiamo
riodo di risorgimento da quella caduta:
il
età
pedi
24
IL PARINI
giovinezza, di forza, di splendore, di vita; T età dei
pensatori,
teologi
popolani,
de' santi
delle
ardite divinazioni; nella quale sorgono, dalle reliquie latine,
Comuni
i
e le lingue; dalle tradi-
dizioni scolastiche, le università; dal
cuore del
popolo, le arti e le lettere. Anselmo d'Aosta e
Bonaventura e Tommaso d'Aquino; Francesco d'Assisi; Niccola, Arnolfo e Giotto; Dante e il Petrarca; l'Angelico, il Brunellesco, Lionardo da Vinci; il Savonarola e il Colombo; Raffaello, Michelangelo, il Tasso; sono gli « spiriti magni » di cotesta età, e Voi potete, o Signori, vederla in essi effigiata.
E
vedrete che la tradizione
let-
teraria ed artistica di quella civiltà fu, ed anche ne' suoi
ultimi
rappresentanti
giosa, schiettamente
nascimento
religiosa:
passò
classico
come cosa da
sé,
grandi ingegni,
ma meno
lungo
si
conservò, reli-
tanto che
il
ri-
ad essa
attraverso
una schiera
di
altri
alti e nobili cuori, che,
incominciata dal Boccaccio, nel Quattrocento e nel Cinquecento prende
campo
in Italia, e (giovi
confessarlo)
come ne
lingua,
ne guasta inconsapevole
così
di libertà;
si
travisa splendidamente la gli
personifica nei nostri grandi
spiriti
uma-
dopo avere con questi sognata un'arte pagana, sognerà, nelle sventure d'Italia, anche una politica pagana, imperocché il Machiavelli e il Guic-
nisti;
e
ciardini
appartengono a cotesta scuola, anzi
la conchiudono. Intanto
scherzo o di scherno,
si
essi
una voce, non sai se di è per tempo fatta sentire,
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO la quale
non
bene
esce, se
degli uni né degli altri
:
né dalle
attendi,
25 file
è la voce dell'arte po-
polare, la voce del Sacchetti, del Pulci, del Berni, dell'Ariosto
;
è la novella^ la satira, la
commedia,
il romanzo. Delle quali forme se alcune piacquero anche ai letterati del Rinascimento, e' le accon-
ciarono però e rivestirono a
confrontare
il
modo
:
e basti
novelliere del Sacchetti a quello
del certaldese, o la Teseide e l'
loro
il
Filostrato
al-
Orlando,
Né v'ha
dubbio pertanto che tre scuole
si
dividessero, durante la prima età, la rappresen-
tanza del pensiero italiano:
mento, inspirata
quella del Risorgi-
al principio religioso
trice; la restauratrice,
Rinascimento; e quella cui mal il
nome
si
il
conviene forse
stesso di scuola, la quale, tra le opposte
e meditate influenze delle altre due,
tanea
e innova-
che fu pagana e produsse
si
svolse spon-
diciamo anche un po' spensierata, e perciò
incurante e scettica
:
.
a volte libera e
fiera,
a
volte servile e strisciante; talvolta nobile e ge-
nerosa, tal altra volgare e triviale.
ranza e
lo scetticismo
di
E
la incu-
questa letteratura po-
polare, se non produssero, affrettarono certo la
rovina delle nostre libertà,
alla
conservazione
non pure inefficondizioni della civiltà moderna, ma idealità greche e romane del Rinasci-
delle quali erano, d' altra parte, caci, nelle
dannose
le
mento. Le libertà italiane, inaugurate dalla scuola del Risorgimento, solo da questa potevano degna-
IL PARINI
26
mente esser conservate
e ciò che ad esse abbia
:
nociuto la retorica e lo scherzo, l'arte pagana e l'elegante cinismo,
i
latineggianti e
gnacci, è scritto in una triste
nostra: nella storia del Savonarola. l'alto
concetto di restaurare, nel
comune che
gli
i
Compa-
pagina della storia quale ebbe
Il
piiì
democratico
penisola, .quel principio religioso
della
parve contenere in sé esso solo la tra-
dizione del risorgimento italiano, e però doversi
ritemprandola,
in lui difendere, lante.
Degno
l'Italia
Colombo,
ch'io l'abbia avvicinato al
che nel suo testamento consacrava
perico-
l'
oro delle
Indie al racquisto di Gerusalemme; cioè riferiva la
sua grande opera,
come a supremo
fine,
a
quel medesimo principio pel quale fra Girolamo era salilo sul rogo.
Nonostante gl'impedimenti che trovò continui nelle due forze nemiche, la scuola cui di
non dubito
chiamare, rispetto a quella del Rinascimento,
la piiì originale, rispetto all'altra, la più
degna
del-
l'arte e della patria, resistè, finché potè attingere
vita da'nobili sentimenti che la libertà nutriva in
seno del popolo, od anche dalle nobili memorie che, spenta, vi lasciò, e ch'ella, la scuola di Dante,
seppe
fino
all'
estremo alimentare e raccendere.
Così svolgendosi secondo lo svolgersi de' tempi, ed
accettando quel che e
il
di
sani e vigorosi elementi
Rinascimento e la letteratura
popolare
le
porgevano, ella suscitò perfino dalle miserie delle corti
un poeta,
il
quale
fu
principalmente per
27
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO questo infelicissimo, che
un'idea alta e nobile invecchiata. Dico
rimase,
piiì
in
tempi pe' quali essa era
Tasso; che non senza ragione
il
d'ogni altro, caro alle plebi italiane,
poterono sentire l'ultimo
quali, nel suo canto
le
trovò a rappresentare
si
eco d' una poesia nazionale che con la nazione
moriva;
chiamerò, col Mamiani,
e cui volentieri
gran poeta conservatore, e
davvero
alte cose
di
conservatore.
Ma con
la lingua: e
semi
i
dovevano, tosto o
non
se
quella scuola gloriosa
di
tardi, rigermogliare;
come
la
quest'altra immortale, doveva dalle sue
libertà,
ceneri risorgere un giorno. i
non muore
la poesia nazionale
tempi destinati:
Non
se dopo
e
il
però quelli erano
Tasso, chiuden-
come
dosi la prima età, quella che le successe,
non ebbe
la virtù di
zioni, così
neanche
custodirne intatte
la forza di
le tradi-
ringiovanirle,
fu
perchè a miglioramenti e rivendicazioni radicali e assolute è necessario
lenne
novità
delle idee. ci
perchè ciò
de' fatti
segua
delle
o
era
quale
il
d' altro,
stato
impedito,
per
sarebbe
stato
del
Burlamacchi, soffocato
cor
forte
adunque
perchè
di
,
come
dalla
recente
scien-
tacer
fecondissimo
dallo stesso ricchissimo e
tentativo
non
idee,
svolgimento dell'arte: mentre nell'ordine ogni
quel
in
meno d'un grande avanzamento
vuol
tifico;
E
corrisponda qualche so-
nell'ordine
o
fu
de'fatti,.
quello
tirannide
nata.
an-
Incomincia
col secolo xvii un'età del pensiero ita-
28
IL PARINI
liano, nella quale gli elementi della
non
ma
tolti,
altri aspetti
sformati e guasti;
prima sono
perciò sotto
e
ricompaiono. Che erano
infatti dive-
nute quelle tre scuole? e che vita ebbero ne' due ultimi secoli
i
da ciascuna d'esse rap-
principii
Sulle reliquie della prima
presentati?
dicendo bugiardamente
una
di
d'inquisitori
setta
raccoglierne
ma
stabilì,
l'
eredità,
già
pensiero,
del
sino dai tempi del Savonarola,
si
viva
che solo nel
Cinquecento fondò la sua potenza, mercè special-
mente l'opera d'un lefica
sodalizio, la cui
aduggia tuttora
il
mondo
ombra ma-
civile.
Costoro,
propugnatori e tutori della religione, la
fattisi
infeudarono a se; guastarono Concilio
i
buoni
manomettendo
riformatore,
effetti
le
d'un
libertà
della Chiesa: e trionfarono, perchè le tristi condizioni d'Italia nulla piii facevano possibile, contro
ad d'
essi,
c"he
un altro
frate,
non rimase
un po' partigiana, Sarpi. Alla seconda scuola
la protesta, forse il
degli
splendori
Rinascimento,
del
che irraggiavano oramai tutta Europa, se non
una debole
tradizione, la quale, più che
poeta di esteriori
virtii,
dirsi fosse ne' suoi
qualche imaginoso senza
siccome
spiriti
Chiabrera, può
rinnovata talvolta da
filosofo,
le squisitezze della
il
da qualche
come
il
Bruno^
ma
forma classica; non però
senza le catene e le fiamme, che la Inquisizione, di tutto sospettosa, di tutto
ciò che
non
fosse sé e
i
padrona, serbava a
suoi.
La
terza infine,
che ormai possiamo non chiamare più scuola.
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO da pericoloso principio,
originata
perciò sfornita di quelle
V
vivificano
un allegro e di scherzi,
alte
29
diletto,
il
che
idealità
e
sole
non lasciava dietro a sé che vano rumore di risa, di motteggi e
arte,
quale
il
continua,
si
mezzo
in
miserie d'Italia, dai berneschi al Fagiuoli
alle
sin
e,
ne' di nostri, al Pananti e al Guadagnoli, finché
verrà
Giusti e lo convertirà in voce di scherno
il
doloroso e di animosa rampogna. Dilaga intanto,
durante
Sei e
il
il
mo-
Settecento, la corruzione
rale artistica e letteraria;
gradi di decadenza e
si
scende agli ultimi
sfibramento
di
idropisia
:
d'iperboli, rachitide di concetti, isterismo di sen-
timenti; i
Spagna
e
Arcadia; manieristi e barocchi;
preziosi tesori del
meschino uso
d'
Rinascimento convertiti nel
una mitologia senza senso co-
mune. Così passarono per l'Italia due vita fittizia e, direi quasi, sonnambulare; il
pensiero e
il
sentimento
mulacri di quelle: e
si
si
ma
d'idee vere e consistenti,
secoli
di
ne' quali
pascevano non più di
fantasmi e
si-
accumulò, durante cotesto
sonno de' più generosi e
virili concetti,
quel misto
di errori, d'ingiustizie, di servitù, di superstizioni,
di
cose atroci o ridicole, mole incomposta
sciatemi dire, illegale, la quale urtò e allo
scoglio
francese.
d'un grande
L'89 chiudeva
la
Dissi di
tutte.
che
grandi
i
si
ruppe
Rivoluzione
la fraternità
nuova per
sopra,
la
seconda età del pen-
con
siero italiano, iniziando,
nazioni, un' era
fatto,
e, la-
delle
mutamenti
si
30
IL PARINl *
compiono, o meglio, sono dalla Provvidenza perper vie
messi,
di
fatti
vero?
è egli proprio
o per virtù d'idee.
E
solo
fatto
il
Ma
potrebbe
distruggere un ordine stabilito, una consuetudine sociale, se questa
non covasse preparano
società
delle idee corrompitrici che
lano di
gli
fuori,
sé
in
o
e agevo-
a quella mutazione, se dee venire
effetti
come
fu per
Roma
imperiale, o delle
idee riformatrici che spingono e risolvono
saggio da una condizione se la mutazione
si
di
fa per forze interne?
forze interne fu iniziata, o Signori, l'età in Italia; le quali dal
il
pas-
cose ad un'altra,
E
per
moderna
moto francese ebbero so-
lamente l'occasione e l'impulso, non la
vita,
che
già era stata loro infusa dalla virtù preparatrice delle idee.
Ora questa forza preparatrice qual poteva essere per
l'Italia,
secondo
cose da noi dette?
le
religioso, poiché
vano usurpato
il
sulla fine del secolo passato,
vedemmo governo;
Non
quali
l'arte
il
principio
mani se ne ave-
nemmeno, perchè
infiacchita dalle corruzioni e dall'assenza d'un'alta
idea che la informasse. Restava una segreta forza,
ma
terribile: la scienza.
quasi
ricevere
in
Questa forza divina parve
sacro
deposito
i
destini del
nostro paese, quando vennero a mancargli a un
tempo l'arte e la libertà: simbolo che prende forma sensibile nella nascita di Galileo il giorno che muore Michelangelo. Se poc'anzi io tacqui, ne' secoli xvii e xviii,
il
Galileo e la scuola spe-
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO rimentale; filosofìa;
il
Vico e
sue divinazioni di civile
le
Muratori, che
il
31
derivando
docu-
dai
pure fonti della storia, parve introdurre
menti
le
nelle
storiche
discipline
metodo
il
stesso
gali-
leiano; volli, col silenzio, far sentire che la cor-
ruzione di cotesti secoli era ben grande, ben do-
non
lorosa, e radicata
quando
ne' cuori,
nelle
siffatti
menti soltanto
a rendere impossibili la Spagna e l'Arcadia; quali anzi tennero, vitti
sacerdoti
anche il
terreno
rappresentar esse, non oso dire liano, parola che già
ma
neanche
il
si
:
e credettero
pensiero ita-
sarebbe
piii in-
qualche cosa insomma che significasse
r infelicissima patria nostra.
La
meno immancabile,
della
oggi a ciascuno riconosce
il
a'
giustizia
tarda,
non però rende
storia
suo; e stracciando quelli splen-
il
non troviamo persona, primato della scienza. Essa sola rap-
didi cenci, sotto
presenta
le
in faccia a quelli in-
del vero, tennero sfacciatamente
e co' plausi delle turbe,
tesa,
ma
esempi non bastavano
i
quali
nostri occhi un'Italia del secolo xvii;
essa le dette nel xviii la invidiabile grandezza di
avere non pure presentito, non pure prepa-
rato, ma in certo modo anche iniziato, e con più temperanza e giustizia che altrove, il gran movimento ond'erano per uscire i nuovi tempi.
A il
di
a
questo lavorìo d'iniziamento che nobilita
secolo decimottavo, appartiene anche
Giuseppe Parini: tanto lui si
deve, che
a
piti
un moto
l'
opera
meritoria, quanto tutto
scientifico
32
IL PAHINI
partecipasse anche l'arte, della quale rinnovò e adattò
ai
tempi
Quando
si
le più
dice che
nobili tradizioni.
un grand'uomo, un grande
appartiene a un'epoca, rappresenta un
artista,
non dee fare
concetto, e simili,
tutte le azioni, e sia di scrittura o
concetto
si
di
difficoltà
pure non tutte
che non
opere sue,
le
pennello o di marmo, a quel
accordino.
Un uomo,
ancorché sommo^
riman sempre uomo, e uomo del suo tempo: né ha egli della propria vocazione consapevolezza^ come la critica poi ne acquista e ne determina in sé e negli altri la notizia. atti e fatti particolari, la
toglie
sua.
il
La
Quindi dissonanza di
quale però non altera né
cattere fondamentale di lui e dell'opera
Tasso non
cortigiania del
lo
fa
meno
essere l'ultimo, fra gli antichi nostri, poeta na-
Dante inauguratore del Rinascimento pagano, perché romana e classica era l'utopia imperiale ch'egli formulò in un trattato; e il Petrarca non tanto appartiene a quella seconda scuola per le opere latine, che alla prima non lo rivendichi la sua. poesia. Dei latizionale; né voi porreste
nisti del
Quattrocento e del Cinquecento,
(citerò
Poliziano) prepararono la restaurazione
del
il
volgare
:
la
preparò
e
caldeggiò
de' Medici, che é pure, nel secolo xv,
principe umanista. il
Che
più?
il
il
cardinal
molti
Lorenza tipo
del
Bembo,
restaurator vero (pur troppo!) del volgare nel
XVI secolo, non teniam conto eh' in curia,
ma
e'
latineggiasse
consigliò di scriver latino V Orlando
NELLA STOmA DEL PENSIERO ITALIANO Furioso^ cioè
più grande
il
dopo
della lingua italiana,
33
monumento poetico Divina Commedia,
la
Di queste contradizioni offrirebbe forse anche
dacché
specialmente
Parini,
Reina credè dovuto mentuzzo
di
buon
il
avvocato
all'amicizia di raccattare del
menoma
ogni
povero abate
il
ogni fram-
ciarpa,
materia febea, anche le inezie scritte
per compiacenza (come oggi avrebbe dovuto fare
Album) su pe' ventagli e le ventole e i parafuochi. Che perciò? Il Parini delle Liriche del Giorno^ e di poche robuste e semplici prose, è il Parini che noi dobbiamo giudicando avere
negli
dinanzi.
Vissuto sul finire quale poco
come
ebbe,
tutti
appartennero,
Non
tempi.
i
quella età media
di
delineammo
sopra
i
dico, proprio,
de'
né
Verri, né
il
nuovi
che prevedessero la rivo-
luzione francese; anzi fu da taluno notato, il
egli
pensatori italiani che ad essa
sentimento e la fede
il
della
confini,
Beccaria, né
altri si
come
accorges-
nembo che soprastava: e a dire diversamente del Parini, non basta quel che noi rilevammo in proposito della sua ode la Tempesta.
sero del
Ma
altra cosa
sono
i
fatti,
ed altra
le idee:
ed
uno può credere fermissimamente al trionfo di non sappia, o anche s'inganni, del come e quando s' attueranno. Questa è la queste, sebbene
fede
eh' io attribuisco
secolo XVIII. sto di
E
uomini
ai
pensatori italiani
del
mirabile spettacolo mi pare cotevissuti in
mezzo a tempi avversi
IL PAKINI
34
e maligni; essi deboli, chi,
gli
mondo
il
forte;
po-
essi
avversari innumerevoli; e tuttavia avere
nel cuore, e manifestar con parole, della prossima
sentimento
il
com-
Schiera di eroici
vittoria.
battenti; che direste aver tolto per impresa
motto che la
popolare
coscienza
pur
di
il
que'
tempi attribuiva a Galileo nel cospetto de' suoi inquisitori, e
da
lui ritener del pari la
profondità
del senno e la modestia del costume, la fermezza
Troppo
de' propositi e la dolcezza de' sentimenti.
diversi
ciò
in
dalla
burbanza de' rivoluzionari
francesi, e dico de' filosofi
come
più
alta
e
non
de' ghigliottinatori;
più pura la gloria d'Italia, di
avere non solamente mossa la sua riforma in
modo
più consentaneo a civiltà, cioè dal
delle idee, rità,
ma
campo
averla concepita più secondo ca-
più secondo giustizia, e con
maggior
alle tradizioni, che, vogliasi o no,
sono
rispetto
la logica
della storia d'una nazione. Dalle quali cose ezian-
argomenta, quanto grave sciagura fosse, e per l'Italia medesima e per la civiltà d'Europa e del mondo, che in quel momento in che la dio
si
scienza ebbe
maturati
i
tempi nuovi, la patria
nostra fosse a termine tale, da doversi dire che ella
avesse
non che
perduta,
insieme col libero
l'antica autorità
sugli altri
vivere,
popoli,
ma
quasi, insieme con le arti e le lettere e quasi an-
che la lingua, la coscienza tore
francese avrebbe osato
mente
il
dispregio
di
sé.
Quale
professare
scrit-
aperta-
per l'idioma nativo? qui da
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO noi
i
Verri e
gli scrittori
del giornale
dispregio professavano con vanto. lato,
non era
E
il
35
Caffè tale
da un
altro
Parini che, nell'ode per la laurea
il
della ligure Amoretti, la salutava straniera ospite in
Lombardia?
Che
^
se invece Tltaha fosse stata
nazione, tanto che vicende italiane avessero po-
mondo
tuto aver nel
che toccò
quell'eco e quella influenza
alle francesi,
non
v'
ha dubbio che
la
trasformazione del diritto europeo sarebbe seguita in
Italia
con meno lacrime e meno sangue; e
non avrebbe le
la libertà perduto, negli orrori della
tanti
licenza,
sono
amici che ancora non se
e tanti
e
riconciliati;
lecito
eziandio
del Ganganelli
si
sarebbe
Lambertini e
stato sperare che nella patria del
componessero amicabilmente
la
scienza e la fede, le due forze provvidenziah che, sotto
i
nostri
occhi,
tutte filosofiche
disputano con armi,
si
né
da una parte né tutte dall'altra
pietose, l'imperio delle coscienze, che oggi vuol dire,
mondo.
grazie al cielo, l'imperio del
Ma
le condizioni morali e storiche d'Europa
erano troppo
diverse
e
:
il
fiume Francese, per
non avea bisogno di tragettarsi inondare per le Alpi con V armi di Bonaparte. Esso bal'Italia,
gnava da un pezzo
nostre belle pianure:
le
per lasciare l'incomoda metafora, ^
La
i
laurea^ vv. 165-168: Insubria, onde romore Va per mense ospitali ed
Sa
gli stranieri
Nel calle
dell'
atti
ancor render
onore.
amici, felici
nostri
o,
pen-
36
IL PARESTI
pur troppo
satori,
quelli
che noi oggi am-
stessi
miriamo come più filosofi de' conoscevano da questi tutto losofo voleva dire Francese
filosofi francesi, ri-
loro sapere. Fi-
il
e quali
:
strani ab-
bagli prendessero sopra sé medesimi, in proposito,
ve
stri,
in
questo
più liberi e originali tra' filosofi no-
dica
lo
mentato in
i
Beccaria, che, tradotto e com-
il
tutte le lingue,
Francia e dagli
prima che altrove,
e,
Enciclopedisti,
aver tutto imparato da
essi,
e
nocchia, fino de' mediocrissimi,
si
dichiara
ne baciava
come
le
l'abate
i^i-
Mo-
rellet.
In questa condizione di cose fu grande benefizio,
che
all'
arte della parola,
rata, adulterata
dai più,
da molti non
ogni altra è specchio ed imagine
pensasse alcuno
di
di nazionalità,
sua naturale im-
restituire la
di
cu-
che meglio
all'arte
portanza; e ciò per due modi: riconducendola a più nobile
ufficio,
ritemprandone
le
e sinceri modelli.
che non del vuoto diletto
forme a quelle
Ecco l'opera
nni. Della quale, in ordine
al
;
e
de' più lodati
di
Giuseppe Pa-
disegno del pre-
sente discorso, importa a noi studiare solamente
quel che risguarda menti,
il
Ma altro
lo
l'ufficio
dell'arte,
gl'intendi-
pensiero.
studio è già fatto, ed
da chiedere
io
ho poco più
alla cortesia vostra nell'ascol-
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO
me
tarmi, solo che le cose da vita e gli scritti del Pari
ni, vi
accennate
37 sulla
piaccia avvicinare
a quelle idealità d'arte, che seguendo la storia
abbiamo delineato.
del pensiero italiano
Noi parlammo
forme, sotto le quali
di tre
pensiero dell'età migliore standosi,
e
fra
a'
esse
concedemmo
meglio
che
l'arte a quella
doveri e alle necessità
satisfazione
l'adempimento le tradizioni
di questi
il
vanto del-
parve rispondere
ci
dell'arte
una nazione. Non dubitiamo spetto alla
medesima
in
che,
ri-
d'asserire
queste necessità,
di
doveri,
il
Dante
e
al-
Parini rinnovò
di quella scuola poetica a'
della quale stanno
il
venne manife-
d' Italia
due capi
Torquato. Che se
il
principio religioso, che in quella scuola fu ogni cosa, nella poesia del Parini parrà cedere
il
po-
sto al principio propriamente morale e civile, ram-
mentiamoci che
egli,
non incredulo
di
certo (se-
dopo condo che i fatti ci mostrarono), non anni ma secoli di religione abusata e travisata; e dovè in questa parte predicare più tepidamente. Il che non mancò d'essergli apposto a scrisse
irreligione; e
da' facili
con tanta arroganza
in
accusatori,
nome
di Dio,
che parlano
ad ateismo
:
la bieca parola, che da Socrate in poi ha fatte
tante vittime e coperte tante calunnie! Ne' tempi del Parini sarebbe stato, per lo
meno, imprudente
rinnovare le tradizioni religiose della poesia nazionale,
quando
ci
erano da combattere tante su-
perstizioni spacciate col
nome
di religione.
E com-
IL PARINI
38
battere, toccava al Parini
ad
:
altri
mieter gli
il
allori,
per coronarne e la propria e la fronte di
lui.
Manzoni dovea venir poco dopo;
Il
e agli
Inni del Natale e àeWdi Pentecoste precedere l'ode
Impostura, come, perchè dal nuvolo esca il ci è bisogno della potente benefica opera
alla
sereno,
mentre
de' venti. Così
sofismo e
al
Manzoni, passato
saturnali della rivoluzione e
i
della reazione, concesse, se
disinganno, Parini
di
scrivere la
il
filo-
furori
i
non altro, l'universale Morale Cattolica^ del
dobbiam contentarci,
e
ringraziarlo, che
consacrasse qualche verso del Giorno a rivendicare
i
della divinità dagli attacchi de'
diritti
fi-
losofi.
Non vorremmo
già affermare che
la
poesia
del Parini di nulla andasse debitrice a quell'altra scuola,
cui torti verso la lingua e
i
non possono
degl' Italiani
nemerenze
che pel
farci
in
aver dato il
meno
tempi
all'Italia
carattere
dimenticare le be-
rinascimento
dell'
classica s'acquistò verso la civiltà
che
il
antichità
universale; e
dal Parini lontani,
notammo
qualche gentile poeta come
Chiabrera, essa che tanti gliene aveva
rapiti
allorché al Poliziano, al Pontano, al Sannazaro, a'
Flaminii,
di
Dante
Fiacco.
al
Vida, poneva in
mano
e del Petrarca, sibbene di
Ma
la lira,
non
Marone
e di
quanto nel Chiabrera, ed in
altri
poeti del secol suo e di quello del Parini, le for-
me
classiche paiono nella loro nudità; e
le forme,
ma
anche spesso
il
modo
di
non solo concepire
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO e sentire le cose, e
presi tali quali
a Vittorio
39
colorito del pensiero, son
il
da Pindaro o da Orazio; e quanto il quale di quella medesima
Alfieri,
scuola, più che zioni,
potè
giare
e
restaurare,
essere
apposto
romaneggiare
come romani
e greci
il
i
nobilitava
a colpa
suoi
le
tradi-
grecheg-
il
personaggi
tutti,
Metastasio aveva impar-
ruccati e incipriati; altrettanto è mirabile l'arte del Parini, che sa esser classico, conservandosi,
a un tempo, italiano e moderno. eh' egli
dirsi
studiasse e imitasse
modo che Dante l'alta
le
classici,
ammiratore
Virgilio: Dante,
tragedia che cantava
Cosicché può ì
origini
nel del-
Roma,
di
ne trasse ispirazione non ad un'epopea compassata sulle proporzioni e
na;
ma
il
disegno della
virgilia-
ad una forma liberissima, che àn dal-
Commedia, annunzia mela desima dico risplendere nel Parini, anche dove la sua musa lirica o satirica è più audacemente
l'opposto e nuovo titolo di
nuova
arte del Risorgimento. Quest'arte
latina.
Giovi inoltre
il
ripetere che
un rinnovamento
assoluto e sistematico delle tradizioni
di
quella
prima scuola nazionale, da lungo trascurata e in que' tempi medesimi da un legislatore del gusto, il
gesuita Bettinelli,
Poeta, avrebbe corso e più con
insultata il
nel
suo
pericolo di riuscire a vuoto,
danno che giovamento
dell'arte e perIl
Risor-
libri de'
grandi
vertimento delle idee già tanto confuse.
gimento e
il
massimo
Rinascimento, vivi ne'
40
IL PARINI
maestri, oifrivano al Parini ottimi
ma
elementi
per
non poteva dimenticare di scrivere non per gl'Italiani del Tre e del Cinsua poesia:
la
e'
quecento, sibbene pe'suoi cari settecentisti, e in
mezzo ad una corruzione mostruosa sentimenti e di forme.
di
sapeva ben nulla
e'
E
di
concetti,
letterato settecentista
che cosa significasse; e non per
egli
r introduceva buffoneggiante
alla
mensa
del giovin signore, a spropositare su Petronio e
su Orazio, e giurare « per la sua faretra e per «
li
cento Destrier focosi che in Arcadia pasce »
l'Arcadia, avvertite, celebre presso
bontà
di razze
Del resto rini,
antichi per
asinine.
non
io
fama
servirei alla
del
Pa-
se avessi l'aria di credere e voler far cre-
dere tutto in
un
gli
^ ;
lui perfezione, tutto
rispondente ad
nessuna dissonanza, nessuna contradizione, nessuna debolezza. Anche qui non ho che a riferirmi a cosa già detta: non esserci uomo, fine;
per grande
che
sia,
quale possa
il
tutto le influenze de' propri tempi.
come
prosatore,
temo avesse
fuggire del
Per esempio;
assai scarso
il
sen-
timento della proprietà e della eleganza; e che se n'avvedesse egli stesso, e sentisse il
in questo
suo difetto di non esser nato toscano.
tamente
il
Parini, che
il
lingua sentì e riconobbe con 11
2
Nei Prmcipii III,
cer-
aperte
^
parole,
e
mezzogiorno, vv. 926-939,
1
pitoli
E
carattere toscano della
delle belle lettere:
V, VI, VII della
Parte
II.
vedi specialmente
i
ca-
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO
41
che negli acuti giudizi sul Boccaccio, sul Ma-
Bembo
chiavelli e sul
criterio e guida, e
^
ebbe quel carattere come
che nella poesia rivendicò la
schiettezza della lingua dagli
orpelli
del
senti-
mentalismo arcadico, avrebbe, se fosse stato
to-
scano, trattata la prosa in ben diversa maniera
che
i
toscani del suo tempo,
i
quali giustamente
dovettero parergli degeneri dagli avi. Così
Programmi
di belle arti (tale «allora era
di quelle falsarighe di letterato
ciate a usare nel
il
titolo
a pittori, incomin-
Cinquecento con la corruzione
rammentano disgustosamente
dell'arte) ci
suoi
i
que' nu-
mi rubicondi, quelle dee massicce, que' tempii
al-
l'Immortalità, al Genio, all'Amore, che nelle volte nelle pareti de'palazzi settecentistici, e nelle cantate del Metastasio, e nel
dramma
metastasiano
dello stesso Parini, oggi fanno afa a chi guardi
o legga: e la mitologia de' programmi pariniani è anche
pesante che non quella,
piìi
delle lettere d'Annibal
o delle descrizioni del Vasari; così
ture di
Taddeo
pognamo,
Caro a Taddeo Zuccheri,
come
le
pit-
nel palazzo Caprarola facilmente
preferirebbersi a quelle de' mediocri frescanti pei quali dettò è
secolo
il
il :
nostro abate.
il
Ma
in que'
programmi
Parini è quando dinanzi al Cena-
colo di Lionardo, sclama che chi era capace di
quella composizione, era capace
di
fare un poema.
Così la mitologia, nelle sue odi, è
^
Op.
cit.; IT, IV
e v.
il
secolo
:
ma
42
IL PARINI
.
nel temperato colorito, nella dignità dello nella candidezza delle imagini, concetto,
ivi
è
il
Parini
il
;
stile,
nella unità del
Parini, che nella sin-
penda ode alla Musa riveste l'antica dea « vergin de la Memoria prole » ^ col severo abito della poesia civile moderna. Per non dire che la mitologia stessa, nella poesia del Parini, ha quasi
sempre alcun che simbolo di sotto
così astratto e ideale, e
di
alle
più che
i
forme risplende
materiali
così lucidamente, che de'
il
personaggi rimane poco
nomi, e la favola adombra, non rav-
viluppa, l'idea. Chirone
educatore
belle che fanno dimenticare
il
cose
dice
sì
Centauro;^ e po-
trebbero invidiarlo molti non che degli abati pe-
dagoghi
de'
professori
tempi pariniani,
odierni.
ma
L'imagine
di
dei metodisti e
Venere curva
sopra Adone ucciso dal cinghiale, per rappresentare
donna Paola
Castiglioni che rallegra al poeta
la tetra lettura delle tragedie
alfieriane,
^
piace
medesima discordanza dal sognon offenparagone, ci stava male il conte pie
per quella sua
getto; che se la nobil signora poteva dersi del
montese a riscontro di
faccia
al
di
quel cinghiale, e peggio
formosissimo
garzoncello
l'abate autore acciaccato dai malanni: rini cerca, in quella
fenicio
ma
il
Pa
comparazione, un sentimento
un' idea, senza curarsi
2
Neil' ode L'educazione.
2
Neir ode II dono.
pili
che tanto
dei perso
NELLA STORIA DEL PENSIERO ITALIANO
Una
naggi.
mitologia di
tal fatta
43
era piaciuta an-
che a Dante nel suo cristiano Poema. Il
nome
m'accorgo
di
Dante, che per la seconda volta
m'
di profferire,
augurio perch'
io speri di
dal vero, ravvicinando
Giuseppe Parini.
è,
non essermi allontanato sua grande scuola
Restauratore di nazionali
ad essa
di
precursore del nuovo con
efficacia,
del
presente
l'antico: questi
i
buono
alla
dizioni nell'arte, restitutore
scienza
o Signori, di
giusta
e
perfetta
co-
estimazione del-
questi gli ufficii del
titoli,
tra-
dignità ed
Poeta
milanese, nella storia del pensiero italiano.
VI.
Rimarrebbe, o Signori, a studiare con quali forme
il
Parini rivestì
intendendo misura; e
il
suo
ideale,
per forme
ciò ch'è lingua, stile, colorito,
al
Giorno
Odi assegnare
e alle
che loro spetta come satira e
numero, il
luogo
lirica italiana.
Ma
per tale studio l'uditorio nostro non sarete Voi, sibbene questi giovanetti che a noi fanno
tutti
i
giorni corona. Noi torneremo, nella quiete delle
torneremo col volumetto de' suoi versi dinanzi: e non pochi ne picnostre scuole, al Parini;
coli
ammaestramenti, né
lorito
e misura e
ci
soli di
numero,
io
lingua e vi
stile e co-
prometto, o gio-
vani, da quello studio. Io mi confido mostrarvi che al
Parini l'alta idealità ispirò bellezza di forme,
e dedurre
da
ciò l'armonia
che negli ingegni ed
44
IL PARINI
animi non volgari lega
cosiffatte
di
non
vero
il
buono, Futile
al
L'età nostra ha bisogno principalmente
al bello.
armonie: ne ha bisogno
solo ne' poeti
ma
ne' cittadini
lunghi e lunghi anni ha avuto
la
patria,
essa che per
;
meno
cittadini
che
poeti.
E
anche
a' vostri
Parini insegnerà
insegnanti,
giovani,
o
il
qualche
cosa.
Sapete
ch'egli
fu professore di lettere, e
come
tale
ha
sciato
un
libretto precettivo,
ci
la-
che se nella parte
teorica sente alquanto della debolezza dei tempi,
ha nondimeno molte pagine da dover esser meme, vorrei conoscermi degno di esporvi. Egli medesimo, in un suo discorso a non so quale accademia, sbozzando un vivace
ditate, e che io, per
ritratto
del falso letterato, s'imagina
sur una cattedra, e
lito
sano
essere
gli
effetti
Udite la risposta: « «
segnerà
l'utile e
Un
si
del
domanda
costui saquali
pos-
suo insegnamento.
simile precettore
non
in-
vero: insegnerà se stesso ».
il
^
Questa frase stupenda contiene un solenne ammonimento; così non contenesse anche un fatto doloroso: che le cattedre di sé stesso, cioè dove s'insedia non la scienza o la letteratura ma la passione di chi le tiene,
che non
meno per
vi
pur troppo:
furono
queste nostre scuole
tra gli elementari e
1
ci
siano più, speriamolo! Speriamolo
Opere; IV, 111.
i
superiori,
di
studi
dove
al-
mezzani
la istruzione
NELLA STOEIA DEL PENSIERO ITALIANO
45
vuol essere innanzi tutto educativa; dove l'opera del maestro a
gioverebbe,
nulla
se
non
conti-
Vi ricordate, nel di Chirone
nuasse quella della famiglia.
nostro poeta, quella gentile allegoria
ch'ammaestra Achille che
il
?
Sul finire dell'ode,
dopo
^
Centauro ha raccomandato all'alunno l'ope-
rosità, la virtù, la religione, la giustizia, la
l'amor
rità,
patria,
di
gli affetti gentili; e
il
ve-
gio-
vinetto riconoscente lo abbraccia, offrendogli co-
rone
di
lauro
;
una nuova soavissima figura com-
parisce a un tratto nel fondo del quadro: Tetide, la
madre, la famiglia. Tal cantava Baci
il
Con ghirlande
E A
Centauro.
il
giovin gli offriva. di
lauri;
Tetide, che udiva, la fera divina
Plaudia dalla marina.
Oh che
non cercano il rumore e gli applausi del pubblico, non manchi^ se Dio ci faccia degni di tanto, non manchi quella a queste scuole, le quali
preziosa ricompensa di che
il
Parini privilegiava
Chirone: la vostra gratitudine, o giovani, e l'ap-
provazione delle vostre madri
^
U educazione,
vv.
163-168.
DIPORTO DANTESCO NELLO STIGE
GL' INVIDIOSI
—
(*)
LE REGIONI INFERNALI
GLI SGONOSCITORI DELLA DIVINITÀ
Tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi.
Purgatorio, xvii, 139.
L mi son
Io
diare si
il
chiesto qualche
Poema
di
una schiera
libro
gli
(*)
se,
di
altro
dopo averlo
gli
al
suo
d'interpreti e dissertatori così
del
libro scritto,
Conservo a questo mio Diporto
gimento che
preparare
è toccata e gli seguita, forse più
che a qualunque
meno,
stu-
Dante, se l'Autore scrivendolo
proponesse deliberatamente
lunga come
volta, nello
gli
mondo;
o al-
dovesse, con-
le proporzioni e lo svol-
quando prima lo pubblicai nella Nuova 1873). Non mi astengo, ben s'intende, dal
detti
Antologia (aprile
ritoccarlo in più luoghi, con l'intenzione di migliorarlo, anche rispetto
ad obiezioni che gli furono fatte per non che dei superbi, nello Stige.
gl' invidiosi,
risposta a
la questione de-
Ma
sente volume; e la riserbo,
con
la
sunte dall'etica e dalla letteratura espresso Studio
sullo
Stige
giunta di osservazioni denostra
medievali, ad un
dantesco; contentandomi per ora,
che ulteriori citazioni, delle quali fosse onorato rello,
una formale
quelle obiezioni usurperebbe troppa parte del pre-
il
mio
possano esser fatte su questa seconda edizione.
scritte-
48
DIPORTO DANTESCO
siderando l'opera propria, parer cosa probabile
che tanti cervelli umani indagare,
si
sarebbero affaticati a
sbizzarriti a indovinare, quello ch'e'mo-
quando meditava e formava le tre cantiche sublimi. Imperocché sebbene a lezioni e commenti grammaticali e retorici sia linasse nel
stata la
suo,
Commedia
è certo che
soggetto frequentissimo, pure più intenso e copioso e
lavorìo
il
ostinato degl'interpreti fu sempre intorno
agl'intendimenti,
sieri,
tanto è stato
ai
fervore
il
fini,
del
a'
pen-
Poeta;
né
ammirare
dell'
palese e formale, quanto di sollevare
coprono quel misterioso concepimento
bello
veli
i
che
ond' è che
ammiratori del solo bello esteriore hanno nella
gli
dantesca
letteratura
non il
:
il
si
concede loro
il
posti più
i
nome
di
umili, e
quasi
dantisti; esempio,
Cesari; e nei passi medesimi del Poema, nei
quali
r arte
fa le sue
maggiori prove, spesso un
verso solo misterioso ha usurpate le cure degli studiosi, distogliendoli
che
;
esempio,
il
verso del dolore e del digiuno
neir Ugolino, ancoraché lazione con l'allegoria del
Poema, che
teschi sono
nome
di
i
non cada alcuna
e col
attrae
Né
Ma
si
tant'é,
il
pel mistero le
tenebre
da maravigliare se
é
formula Dante con Dante
sentimento
enimmi dan-
non meno grandezza, non men per ci
re-
concetto generale
pe' decifratori degli
che per lo splendore. la
lì
bocconi più ghiotti.
Dante
che per la
osservazioni esteti-
dalle
^
nella quale questo
volle determinare e affermare, avesse
DIPORTO DANTESCO im po' del taumaturgico, e iscevra dai pericoli che rioso e
si
49
sia
non
chiarita
accompagnano
miste-
il
fantastico.
il
Volle (mi dimandavo dunque) volle egli tuttociò l'Alighieri? o
E mi
almeno presentì che sarebbe?
di sì. Anche prescindendo dalla Can Grande Scaligero (della cui dispu-
rispondevo
lettera a
tata autenticità
io,
dopo averla accettata, ritorno
a dubitare), conia qual lettera egli stesso avrebbe
incominciata la schiera de' propri commentatori,
Dante doveva ben
come
sentire
e
quanto
alle
industrie indefettibili degl'interpreti lo esponesse la
forma allegorica, assunta da
sunta come semplice veste
condo
il
dell'
non
as-
di alcuni concetti, se-
certe imagini, secondo
di
arte antica, il
e
costume dell'arte medievale, o come
abbellimento
tutto
luì;
le
leggi
ma come base e sostegno di E già nel testo del Poema
suo dramma.
aveva con ripetute esortazioni stimolato l'acume guardar oltre al « velame dei versi
dei lettori a
strani » sottile,
,^
anche quando questo diveniva
che
« tanto
penetrar dentro era leggero »;^ e
il
ammoniva che vigate, «il suo
nelle
acque poetiche da
legno» era
difficile
non rintracciasse diligentemente molta dottrina
il
e
lui
li
na-
a seguitare, chi
con l'aiuto
di
breve «solco» che quello lascia-
va, «dinanzi all'acqua che ritorna eguale».^ Dirò 1
Inf. IX, 63.
-
Purg.
3
Farad,
vili, ii,
Del Lungo
20-21. 15.
t
50
DIPORTO DANTESCO che certe controversie
di più,
d' interpretazione
(intendo però delle ragionevoli e giuste, non de' capricci
né delle aberrazioni), è meno ardito che
non parrebbe, lo affermare essere state da Dante almanco non evitate, quasi non aliene volute dalla natura polisensa della sua allegoria.
Ma
non
mio proposito addentrarmi nella
è
dimostrazione
questa e delle precedenti sen-
di
tenze. Delle quali intesi solamente farmi scala e
mezzo a
dire,
che quell'amore del misterioso, che
pagina della
tu senti ad ogni
come
conizzata
gine della il
mirabile »
«
Vita
fin
« visione »
Nuova^ condusse naturalmente
Poeta, non pure ad assumere talvolta
ambiguo
e sacerdotale
predizione,
Veltro,
ma
non ancora
dell'
oracolo,
finita di
tono
il
come
nella
commentare, del
più spesso ad esporre concetti, nella
sua mente chiari
forme che
con
pre-
,
dalle ultime pa-
e
ai
determinati, in maniere
lettori
non riescono
tali
;
o sia
perchè rapide troppo e compendiose, sia perchè
hanno natura
preaccenno a cose che verran
di
ritraggono
dopo,
piuto dallo essere ciò dalle
armonie
il
come
intimo e com-
lor senso
parti
d'
un
e corrispondenze
tutto, e per-
che con questo
hanno, e che l'autore ha voluto ripensi
il
tore da sé, senza rammentargliele
lui. Del anche prescindendo da cotesto ragioni del
resto,
cismo
subiti
1
dantesco,
§ XLIII.
i
sottintesi,
gli
scorci,
i
let-
misti-
DIPORTO DANTESCO
51
trascorrimenti, erano di quelli scrittori, e
non meno
nella prosa che nel verso. Presto, pur troppo, la
poesia e la prosa nostra perdettero la virtù di
quegP impeti sentenque' colpi, quando a' primi
quelle vivacità giovanili, di
aliti
que' lampi, di
di
ziosi,
del rinascimento classico
intristire
fiori
i
incominciarono a
primaverili del verziere toscano,
destinati d'allora in poi a sfolgoreggiare di colori
non
proprii,
sportava con taldo. Sul la
mano
egli
entro
non
quale, però,
dove
stufe
le
mano maestra
il
gli
tra-
novelliere da Cer-
è giusto
aggravare
per questo' latinizzamento della Hngua;
ne
fu
certamente V
gegnoso pur troppo
e
artefice,
e squisito;
ma
artefice
in-
la lingua vi
era di per sé trascinata dalla civiltà precoce del nostro paese, e dai
che sulla
diritti
figlia
pri-
mogenita vantava quella gran madre. Giova ricordarsi che il Boccaccio non era sorto, quando
Dante dettava Convivio; e
che
il
alquanto
altro
laboriosa
il
Petrarca non scrisse prosa
perchè prosa non credè
italiana,
vere
prosa
in
che latina.
Ma
la
si
potesse scri-
Commedia apparcome sotto
tiene interamente, così sotto cotesto
all' arte viva e spontanea del una visione medievale, non un
tanti altri rispetti,
tempo suo;
Poema sia
di
è
classico: con questo bensì, che nella poe-
Dante
tentativi
l'arte
del
già dirozzata, e
Medio Evo, dai primi della risorgente anti-
chità cauta e libera imitatrice, tezza,
si
leva a tale
al-
da rivaleggiare pur con l'antica, conser-
DIPORTO DANTESCO
52
vando tuttavia
fattezze proprie
le
e
proprio
il
costume.
IL
Ho
parlato del misticismo dantesco e de' tra-
scorrimenti ideali e sintattici degli scrittori trecentisti,
perchè queste proprietà della poesia del-
mi dettero
l'Alighieri furono che
primo apuna questioncella, che uno degli per tempo, ma non certamente ^er diliil
piglio a risolvere ultimi
genza ed acutezza, fra
i
commentatori della Com-
media^ propone ne' termini che sono per Questioncella in se in
;
ma
riferire,
che acquista importanza,
modo
quanto tocca, ed in
assai
rilevante,
l'ordinamento materiale e morale immaginato dal
Poeta pel suo Inferno, non che disegno
quel
di tutto
il
metrico
sovranamente.
di
E
altre particolarità
Poema, uno
poi,
e sim-
nella ricerca del
vero, ne conviene né giova misurare, delle questioni,
grandezza o la piccolezza
la
In sulla fine
ferno^ quando sotto le
mura
adunque i
di
del canto ottavo àelVIn-
due Poeti, sbarcati da Flegias Dite,
aspettano
che
il
Messo
venga ad aprir loro le porte della conil commentatore da me accennato, che Raffaele Andreoli, apponeva la nota seguente:
divino
tesa città, è <.
«
Fin qui de' peccati particolarmente detti mortae che Dante comprende sotto il general nome
li,
« d' incontinenza .... « sette, ed
il
Ma
i
peccati
mortali
Poeta non ha parlato che
di
son sei.
53
DIPORTO DANTESCO
pena dell'invidia neppure un cenno ne mai più per tutto V Inferno. Eppur
« Della «
« stra in più luoghi di tutta
superbia e
due
interi
« che
come
«
l'ira,
mo-
appunto
tratta dell'invidia per
canti. Varii cementatori
accidiosi al
gli
ei
la gravità
sentire
« di questo peccato; e nel Purgatorio, « tra la
finora,
di
affermano
sotto degli
ira-
« condi, così gl'invidiosi sono puniti disotto a'su« perbi, nella stessa stigia
« zione è al
ma meno
« mente,
palude:
E
gratuita.
tutto
ma
l'afferma-
gratuita
egual-
assai ragionevole in sé stessa,
« è la sentenza del Balbo, che l'invidia abbia ad
punita generalmente
« intendersi
« ottavo cerchio dell' Inferno
« vede
come
all'
nel
settimo e
quandoché non
;
invidia possa essenzialmente
si ri-
« dursi alcuna delle colpe in detti cerchi punita,
Se v'ha questo Inferno, che ragionevolmente
«simonia, ruffianesimo, divinazione, « luogo di «
si
possa supporre dal Poeta
« cotto
degl' invidi,
« terzo de' giri
«serve
di fossato
« cessa pure « gare
il
egli
alle
cotal
silenzio del
«
uomo da
mura
come
Poeta nel valicar lato
ri-
tra'
il
medesimo che
di Dite:
destinazione,
un
a
a parer nostro,
è,
« punitrici del più detestato « Noi, persuasi da
destinato
Stige, quel
dello
ec.
ma, conpoi spiele
acque
peccati mortali
che Dante non
?
era
una parte tanto imsua materia e dall' altro non
lasciarsi sfuggire
« portante della
;
« trovando sufficientemente dichiarata da alcuno, « nò riuscendo a scoprire noi stessi, la intenzione
54
DIPORTO DANTESCO Poeta;
« del
limitiamo ad indicar la difficoltà,
ci
rimettendone ad
«
la soluzione ».^
altri
quesito è dunque: in quale degli scompar-
Il
timenti
suo
del
Inferno
Non
gl'invidiosi.
abbia Dante
molti commentatori sono trascurati
al
né
sommo
fango
indichi, altre
;
ponendo
anime che degli iracondi
della palude, e degli accidiosi
di quella.
Secondo
essi
Stige non in-
che Dante nella traversata dello contri,
collocati
parlo de' superbi, che pure da
entro
tale interpretazione,
iracondi le « genti fangose
»
vede
eh' egli
il
sono ^
in quel pantano,
Ignude tutte e con sembiante offeso;
e che si
Ma
percotean non pur con mano,
con la testa e col petto e
Troncandosi
^
.
e di queste niuno
co' denti
co' piedi,
a brano a brano
;
può dubitare, perchè Virgilio
stesso gliele indica siccome
L'anime
ma quando i
due
poeti,
di color cui vinse l'ira:
nel canto seguente, «
che
è l'ottavo,,
correndo la morta gora »
^
nella
navicella di Flegias, sono affrontati da un altro
da messer Filippo Argenti, non basta a quei commentatori, fangoso, « un pien di fango», cioè
^
La Divina Commedia
di
Dante
Alighieri, col
Commento
di Raffaele Andreoli; Firenze, Barbèra, 1870; pag. 28. 2
Inf. VII, 110-114, 116.
3
Inf.
vili,
31 e
DIPOETO DANTESCO che Virgilio chiamandolo
55
persona orgogliosa
«
»,
rammentando molti che, come lui, « si tengono » quassù nel mondo « gran regi », sebbene
e
i
non abbiano nessun merito verace, Bontà non è che sua memoria
fregi,
che con queste, dico, evidentissime allusioni, acpiù ad iracondi, ma a Per que' commentatori, anche il canto sull'ira e sempre sull'ira: e tanto sono
cenni direttamente, non superbi.
ottavo è
di ciò persuasi, l'
epifonema
che Brunone Bianchi, giunto
sui superbi
del
mondo, anche
al-
nella
ultima edizione del suo Commento,^ sebbene nelle
note a quei versi rimettesse utilmente si
ostinò
sia fatto
a cercare
come
e
mani,
a proposito degl'iracondi, anziché de-
durne essere quello, poiché tenzia, luogo a' superbi gioni, eh'
le
perchè F epifonema di
superbi vi
destinato.
Ma
si
delle
senca-
han potuto favorire questo non piccolo occasione di accennare più in-
abbaglio, verrà nanzi.
A
modo, mi sembra assai malagevole dubitare che i superbi non siano dal Poeta cologni
locati nello Stige, poiché a tale interpretazione si
presta egregiamente
né alcun altro luogo
il
testo
del
canto
in tutto l'Inferno
ottavo;
dantesco
troverebbe, da potervi credere punito quel pec^
La Commedia
éiveduta nel testo Firenze,
e
di
Dante Alighieri fiorentino, novamente
dichiarata da Brunone Bianchi
Le Monnier, 1868; pag.
58.
;
VII*
ediz.;
DIPORTO DANTESCO
^^>
cato, chi s'incapriccisse in tale ricerca senza te-
ner conto che ciascuna specie
mano
a
mano che
peccato
di
allogata, più o
meno
è,
a
esplicita-
mente (salvo in questo canto ottavo) chiamata dal Poeta per nome o indicata pe' proprii individuali caratteri.
«
non
s'
La «superbia», infatti, ammorza » pur sotto il
di
Capaneo, che « della
flagello
di Dio »,^ non è superbia più che quella Vanni Fucci, «in Dio tanto superbo»,2ma semplicemente una forma esteriore, una dimostrazione,
vendetta di
contro
di quella violenza
per la quale proprio
che
violenti,
dissipatori
i
o
l'umano,
son condannati: nel
e'
medesimo
divino
il
rispetto
ad
un' altra
delle proprie
modo
specie
di
sostanze, la
prodigalità, punita per sé stessa nel quarto cerchio,
non potrebbe considerarsi se non come una
modo
accidental qualità di codesto
ma non
già essa
il
peccato
di
violenza,
principale. Rispetto
poi all'invidia, non resterebbe aperto l'adito neanche ad alcuno di questi magri ammennicoli,
pur se ne contentasse: perchè quello stranissimo proposto dal Balbo, di seminarla, per così chi
dire,
e spicciolarla giù pe' tre ultimi cerchi, chia-
mandone
gli
abitatori
fraudolenti, è proprio
invidi
una
violenti
e
invidi
di quelle supposizioni
del tutto gratuite, le quali
sfuggono ad ogni
di-
scussione e ad ogni esame. Se non che giova al fatto nostro
il
notare come
60, 63-64.
1
XIV,
^
XXV, 14.
il
Balbo evidentemente
5*^
DIPORTO DANTESCO
sentila necessità di allogar pure in qualche luogo
questa malnata bestiaccia
dell' invidia.
invero Dante « teologo » non poteva tra-
Ed
scurare nel suo Inferno alcuno de' sette la
vizi
che
Chiesa denomina capitali o mortali, e perciò la superbia e non l'invidia; e doveva pure
non
assegnare a
cotesti
due la medesima regione
Ora poiché
fernale che agli altri cinque.
in-
de' su-
perbi, per la diligenza de' migliori commentatori,
non si dubita piii eh' e' non sien compresi nella prima regione, cioè quella che termina con la palude Stige appiè delle mura
di
devesi
Dite,
ammettere come logicamente nesiano in quella regione medesima,
per gl'invidiosi cessario, eh' e'
anche prima Poeta ve
li
d'
avere scoperto
in
modo
che
il
abbia collocati.
III.
A
questo punto non tornerà inopportuno
chiamare
alla
mente
dell'Inferno dantesco; secondo la quale distribuisconsi sotto tre
d'essi allogato in
che
ri-
del lettore la nota partizione
una
le dette regioni
grandi
^
generi,
i
peccati
ciascun
distinta regione; per
infernali
sono pur
modo
tre:
dei
peccati d'Incontinenza, dei peccati di Violenza, e dei peccati di Frode.
prende
1
il
Poeta sotto
Inf. XI.
I il
due secondi generi com-
nome
universale di « ma-
58
DIPORTO DANTESCO
lizia »
«
r
della
,
pone termine
azione
cui
altrui ingiuria »
:
^
e
fine
ingiuria, o per forza, e si
hanno peccati di violenza; o mediante fraude, e si hanno peccati di frode. La quale categoria de' peccati di malizia, come pure quella dell'incontinenza, è una delle tre distinte da Aristotile i
i
(àxpacj'ta, >«axta);
che per terza pone la bestialità
procedendo, rispetto alla gravezza dei
(^TQpióTYig),
minore al maggiore offuscamento e degradamento dell' umana ragione, che è massimo nella bestialità: laddove Dante, in ciò discopeccati
dal
,
standosi dal Maestro delle scuole, misura quella
gravezza dalla maggiore o minore moralità l'
azione, giudicando, ne' peccati d' incontinenza,
«ragione sottomessa
al
talento»,^ cioè vinta
dal naturale istinto; e sono di
del-
i
men
anche
malizia, co' quali riunisce
ragione usata a
stialità,
abuso
il
grado più grave
di
fin è,
gravi: in quelli quelli di be-
male
;
e di
tale
naturalmente, fra la
violenza e la frode, ne' peccati di frode. Certo egli
pensava a Cicerone, né solo scrivendo cotesto canto undecimo, ma anche quello proemiale, delle tre fiere,
il
senso simbolico delle quali niuno ha,
secondochè mostrato,
io
come
credo, così bene e lucidamente diil
Giacinto Casella;
mio dotto ^
e
compianto collega
a Cicerone che nel
De
Offi-
22-24.
1
XI,
^
Discorso intorno alla formg. allegorica
allegoria della Divina
Commedia pubblicato
e alla
principale
nel 65, e ristam-
5^
DIPORTO DANTESCO cits
^
scrive
« fraude,
«
:
duobus modis,
iniuria;
fìt
id
est aut vi
aut
fraus quasi vulpeculae, vis
« leonis, videtur:
utrumque homine alienissimum^
« sed fraus odio
digna maiore. »
È
V osservare che la prima regione dell'Inferno dantesco sta, secondo T etica e la ovvio
teologia del Poeta, in questa relazione col suo
Purgatorio: che puniti, cioè
«
il
carattere dei peccati in quella
r incontinenza
dell'istinto fuor dei
»,
o trascorrìmento
razionali,
confini
risponde
perfettamente a quel « disordine d'amore », che
errando o « per malo obietto, o per troppo o per
poco
di
vigore»,^ genera
peccati de' quali ap-
i
l'umano spirito si purga » nel « secondo punto regno ».^ I quali peccati sono i medesimi nel «
Purgatorio, che
il
ha incontrati, se si nella prima regione del-
lettore
registra anche l'invidia,
l'Inferno; con la differenza che fra la pena, le
peccato e
il
anime purganti, frapposero quel
« giu-
pentère », quel « ben dolersi »,^ che è, per dir così, la chiave di tutto il Purgatorio dantesco. sto
•Non già che anche terza regione
i
peccati
non ammettano,
pato nel voi. II delle Opere edite
e
della in vita,
il
benefizio
postume di Giacinto Ca-
sella: Firenze, Barbèra, 1884. ^
I,
2
Pm-ff. XVII, 95-96.
3
Purg.
4
Purg, XVII, 132; xxii, 48; xxvi, 93.
XIII.
I,
seconda e
4-5.
,
60
DIPORTO DANTESCO
della penitenza: che v'ha, fra
i
dannati di quelle,
chi della penitenza sclama dolorosamente:
Ahi! miser lasso! e,
per quanto « la
e giovato sarebbe;
siano
orribili »
bontà infinita ha
Che prende
che
ciò
^
si
« peccati »,
i
gran braccia,
sì
rivolve a lei,^
Certo è però (comunque Dante intendesse la cosa, e
come
piaccia diffinirla
a'
suoi colleghi teologi),
che tra la prima regione infernale e corre una rispondenza, che questo altre
due;
Purgatorio
non ha con
per raffigurare la cosa in
o,
termini, fra
il
il
peccato, la dannazione e
zione queste sono
le
relazioni
nel
e «
poi
Purgatorio;
prima ch'alio stremo
Tali rispondenze
peccato
»,^
espia-
— pec-
Antepurgatorio con
penitenza
Purgatorio immediato.
fanno necessario che la detta
regione dove son oioè fuori della
fin di vita.
—
1'
sistema dan-
tesco: peccato senza penitenza. Inferno;
cato con penitenza in
le
pili esatti
dannati
città di
«quelli di fuori »,"*
Dite,
contenga tutte
e
compiutamente le medesime specie di peccatori non pentiti, che contiene, ravveduti, il Purgatorio per modo che quando il Poeta, ne' suoi quesiti a Virgilio, enumera^ i peccatori di quella prima regione nella terzina ;
^
Inf. XXVII; 84.
2
Purg.
3
Piirg. XXVI, 93,
HI,
* Inf. XI, ^
121-23.
87.
Inf. XI, 67 e segg.
DIPORTO DANTESCO
61
quei della palude pingue,
Che {quei che) mena
il
vento, e {quei) che batte la
[pioggia,
E
come
{quei) che
i
s'
incontran con
si
aspre lingue,
due secondi versi indicano
i
lussuriosi,
i
golosi, e gli avari e prodighi, così la frase quei
della
palude 'pingue
(larga,
noti, e
si
comprensiva
più assai delle altre, precise e determinate), convien riferirla si
non solamente a
« iracondi, accidio-
e superbi, puniti nello Stige », sì
ad « iracondi^
accidiosi, superbi e invidiosi, puniti nello Stige ».
Altrimenti sarebbe incompiuto infernali della
prima regione
Purgatorio, dove sono allogati tali,
coi i
sette balzi
sette peccati
del
mor-
dalla superbia e dalla invidia alla lussuria.
Rispetto di
riscontro de'cerchi
il
al
quale ordine, v'è anzi da osservare
più, incontrarsi primi ne' balzi del sacro
monte
quei peccati che ultimi ne' cerchi dell'abisso infernale,
i
quali, per contrario, dalla lussuria ci
portano alla superbia e (come spero alla invidia;
e neir altro
di
dimostrare)
restando così identica nell'un luogo 1'
estimazione della
gravità di
essi,
che fa trovar dal Poeta più tardi, discendendo, quello che poi più presto trova ascendendo: altra prova evidentissima che, secondo gl'intendimenti di Dante, prima regione infernale e Purgatoria contengono le medesime specie di peccatori, e tutte
r una quelle che
1'
altro.
62
DIPORTO DANTESCO
IV.
E
qui lasciamo, per breve ora, gl'invidiosi
pentiti sul
secondo balzo
A
tuirli.
,
dove
della sede infernale
e
non
i
io
certe altre osservazioni
svolgimento
di
pentiti
mi confido
fuori
di resti-
mi riclìiama
lo
questo mio Diporto dantesco, delle
quali fa cenno
il
titolo
che non è
prepostogli,
soltanto degli invidiosi.
Dimostrate
le
relazioni
della
prima regione
infernale col Purgatorio, la quale chiamerei peccati
di
propriamente graduabili tra Purga-
pili
non dovea
torio ed Inferno, vedesi di leggieri che
bastare al Poeta porre tra essa e la seconda un distacco pur che la terza,
ma
si
fosse,
come
tra la
E
e distinguerla dal resto dell'Inferno.
con
mura
le
imitazione l'
J5^^^2(i^;
gia »
^
di quella « città
opportunissima
i
quali
« peccarono, siccome «
ma
i
dal
sesto
d'immensi sobborghi
«
l'
», nel
2
Inf. vili, 68. Inf. XI, 73.
»,
^
del-
città rog-
dannati dei cerchi
fragilità di fuori,
modo
stesso
Inferno in una specie
e nella città
propriamente
« di Dite, dentro la quale restrinse .1
libro
non per umana
per propria loro malizia
che Virgilio avea diviso «
la separò,
ch'ha nome Dite
rinchiudendo «dentro della
« coloro
seconda e
bisognava separarla veramente
gli
i
veri scel-
,
DIPORTO DANTESCO « lerati ».
La
^
63
distinse, per molti
caratteri: de'
quali principalissimo pare a
me
prima regione non vi sono
diavoli propriamente
quello, che nella
sebbene ^n da essa incominci quella scala
detti; di
i
esseri mostruosi
genii
,
simbolici
varie
delle
sedi infernali, Caronte, Minos, Cerbero, Pluto
Flegias, che, lungo le altre due regioni prose-
guendo con con
le Furie, col
Minotauro,
co' Centauri,
Arpie, con Caco, con Gerione, con Ma-
le
lebranche, con Anteo, fa capo a Lucifero
Dite
,
«imperador del doloroso regno». ^ Ma i diavoli la prima regione non li ha; e Dante infatti li chiama (con frase che non dovrebb'esser cristianeggiato,
dubbia agl'interpreti) e per la
porte
prima volta questa.
di
per così dire, nale,
La
na
«gravi cittadini li
vede
di giurisdizione
contenendo
men
^
il
territorio,
meramente
infer-
peccatori di peccato voluto e
i
piìi
nere »
« dipartiti da questi
giustizia
di Dite, »
gran frotta sulle
in
quale è proprio
meditato, « le anime altri,
i
felli
crucciata
;
^
laddove quelli
», e
« cui la divi-
martella »,
^
si
po-
trebber denominare di peccato non vinto o non impedito.
Queste cose ripensando, mi sembra nobilissimo e
sottile
concetto, e degno,
^
Andreoli, pag. 27.
2
inf. XXXIV, 28.
3
Inf. vili, 69.
* Inf. VI, s
85.
Inf. XI, 88-90.
•
come
di
Dante,
DIPORTO DANTESCO
64
COSÌ d' essere meglio rilevato e chiarito che fatto fin
siasi
quello d'aver lungo le
qui,
non
mura
della triste città, al di dentro, collocati gli epi-
curei, cotesti grandi eresiarchi del paganesimo, e gli eretici
come rona
evo cristiano. Ciascun ricorda
la città del male,
gano né
alla
mura
delle
dell'
loro spaventoso sepolcreto rovente inco-
il
da, che
si
della città
di
senza eh' eglino apparten-
prima regione, che ,
è finita appiè
quella città, né alla regione secon-
parte
dall'abisso
medesima;
scavato nel centro
e così, né alla
categoria
degli incontinenti, terminata, né a quella,
ancor cominciata, de'
violenti. Cosiffatto
non
rimaner
interamente fuori del sistema penale dan-
essi
tesco
non può non avere un perchè;
il
quale è
questo, a mìo avviso: che la natura del loro pec-
cato
li
sottrae alla
comunicazione diretta, non
che con la Grazia, secondo è che più non hanno amico
ma
con
la Giustizia
il
medesima,
tutti
di
re di
dell'
«perdute
dannati, ^
quel Dio ch'e'di-
sconobbero e negarono; e perciò genti »,^
i
universo,
li
pone^ tra
quasi fuori di schiera.
le
Tale con-
cetto potrebbe parere nulla più che ipotetico, se
non di
fosse applicabile altro che a quella famiglia
dannati, la cui esclusione fuor delle tre grandi
categorie infernali da un qualche concetto, nella
mente del Poeta, dev' essere pure stata
1
Inf. V, 91.
2
Inf.
II],
3
;
Purg. xxx, 138.
'
ispirata.
DIPORTO DANTESCO
Ma
65
quando noi vediamo che, mercè
testa famiglia viene a
coordinarsi
armonia, così morale come
di esso, co-
con
perfetta
ad
altre fa-
artistica,
miglie di spiriti «della valle d'abisso dolorosa», e precisamente a quelle che alcuni
hanno chiamate, non
so quanto
^
commentatori
bene né con qual
preciso significato, « classi intermedie »; o io m'in-
ganno,
dal
campo pericoloso
delle ipotesi noi
passiamo sul fermo terreno de' denza.
modo
Or dunque intitolate
io
« classi
formano appunto
quali
della evi-
e
fatti
dico, che queste così a co-
una
intermedie »,
delle
epicurei ed eretici, do-
gli
vrebbero chiamarsi degli « sconoscitori della
divi-
nità», inquantochè appunto tale disconoscimento, attribuito in vario
grado
e
secondo varie ragioni
a ciascuna di esse, ne costituisce
mune
il
carattere co-
e distintivo.
Infatti noi
vediamo nella prima,
incontra sul vestibolo dell'Inferno, poltroni od ignavi,
senza lodo »,
le
«
Dante anime dei
cui
le
che visser senza infamia e
quali
Mischiate sono a quel cattivo coro Degli angeli che non furon ribelli,
Né ed
ivi
fùr fedeli a Dio,
ma
per sé fòro
abbiamo una prima maniera
di
^ ;
sconosci-
mento della divinità: da parte dei poltroni, per non aver riconosciuta con le opere la legge su1
Inf. IV, 8.
2
Inf.
Ili,
36-39.
Del Lungo
5
66
DIPORTO DANTESCO
prema
del lavoro, con la quale
umano; da
corso del genere neutrali, per
Dio governa
parte degli
non avere, pur con
l'opere, ricono-
sciuta la potestà di Dio, ancoraché,
gnandola,
e'
la riconoscessero
noscimento adunque non e
il
angeli
non impu-
con l'animo: sco-
di raziocinio,
ma
di fatto,
che sarebbe punito nell'Inferno, probabihnente
tra gli accidiosi, se
non fosse una ragione
moralità, che « alcuna gloria
i
rei
di
avrebber d'elli »
Seguono, nel primo cerchio, o Limbo,
le
^ .
anime,
come pongono molti commentatori, semplicemente de' Virtuosi non battezzati, ma, P dei morti, non per propria colpa, senza battesimo, siano « parvoli innocenti » o « femmine e viri y>; ^
non,
2" di quelli che, vissuti innanzi la
venuta
di Cristo,
nò per colpe speciali meritevoli, come invece Se-
miramide, Cleopatra, Capaneo, Anfìarao, Sinone, Ulisse e Diomede, ec, delle pene d' Inferno,
non
appartennero però all'antica legge, non furono del popolo eletto,
non «credettero
turo», secondochè mi pare da intendere «
Non adorar debitamente Dio
»
,
ven-
in Cristo
del
il
verso
pari
che
l'altro « Perch'io fui ribellante alla sua legge»;
^
quando l'Uomo Dio scose nel Limbo a trarne 1' ombre » de' patriarchi, furono da esso
e perciò
«
lasciati colaggiù,
dove
soli privilegiati, «
dal cielo e dipartiti dal 1
modo
degli altri »,
Inf. ni, 42.
2
Furg.
i
Paracl, xxxii, 24; Inf. iv, 38;
VII,
31; Inf.
iv,
avanzati
30. Lnf.
i,
125.
sono
DIPORTO DANTESCO
magni
« Spiriti
gli
67
per intelletto o per valore,
»
raccolti in bella brigata nel « nobile castello».
Limbo
dunque sconoscitori
altresì contiene
sconoscenza non colpevole, anzi, a parlar priamente, mera non conoscenza,
sconoscenza. regione
E
ma
piiì
pro-
pure, in fatto,
sta, «orribile
Minosse: e sono, come noteremo, sconoscenza meno colpevole. alla
giudice», classi
le
mio discorso
;
i
^
di
^
seconda regione fanno
curei e gli eretici, da' quali
epi-
gli
è
mossa questa
quali
rappresentano
si
sconoscenza pensata e voluta,
o
soltanto alla seconda regione,
Né
Dio;
che incomincia dal cerchio
secondo, sulla cui entrata
parte del
Il
di
queste due classi cingono la prima
dell' Inferno,
Corona
^
raziocinio.
di
ma, siccome
già avvertimmo, alla città stessa di Dite, lungo
1
la J'
Inf. IV, 55; Inf. iv, 75, 78; Inf. iv, 119, 106.
2
Inf. V, 4.
3
Non mi sembra
inopportuna, a rafforzare questo concetto,
seguente citazione dal Magalotti, Lettere familian' contro
Ateismo,
II,
E
vi: c
di qui è
che io stimi, essere stato
«
supremo intendimento della primigenia idolatria,
^
culto alla vera Divinità:
«
baglio neiristesso oggetto.
•^
il
'
^
ma
fu culto
Onde
mal
il
regolato, e
render si
vero Dio e depuratole quel culto dalla superstizione
contro con essa minori difficoltà
essendo
l'
che con altre Sette,
idolatria rea per ragion di principio,
E ben
ab-
poi la fede, messole in mira
ma
,
in-
non
bensì di
«
avendo ella potuto, e non avendo voluto, ascoltare la quasi sempre a sé coetanea revelazione, rimanendosi sempre attaccata alla creatura, quindi
*
ella è rea, quindi
".
crabile, e fieramente
«
^
mezzi e
di fine.
vero, che
giustamente redarguita, sommamente ese-
abbominata da Dio
»
DIPORTO DANTESCO
68 cui
le
mura, nel cerchio
venientemente
sesto, si giacciono; con-
grado della loro sconoscenza,
al
che, giusta le teorie del Poeta, è massimo, perchè
più collegato con alluso di ragione. Infine
tra
,
l'ottavo cerchio, de'frodolenti, o Malebolge, e
nono, de' frodolenti traditori, « torreggiano
il
»
Gli orribili giganti, cui minaccia
Giove dal
cielo
ancora quando tuona ;i
Giove, cioè Dio, sconosciuto da
essi, cosi
dai Ti-
come da Nembrot, Titano bipensiero, col « mal coto », sì con
tani della favola, blico,
e sì col
la violenza « contro
'1
sommo Giove»:
mento, adunque, pure gravissimo,
disconosci-
quanto
in
« al
mal volere ed alla possa» vi si aggiugne «l'argomento della mente ».^ Essi circondano poi il pozzo di Lucifero,
perchè partecipanti con
lui al carat-
tere di oppugnatori del cielo; e a Lucifero, per
modo, non pure
tal
si
connette quella scala di
genii mostruosi infernali che
ma mo
poc"*
anzi indicammo,
questa stessa serie, nelle cui prime gli
file
trovam-
Angeli neutrali fra Lucifero e Dio, questa
serie, dico, degli sconoscitori di Dio, in Lucifero si i
termina; e già
in
Lucifero
si
accentrano
peccati e tutte le pene dell' Inferno
,
tutti
e « tutto
male dell'universo», nel modo stesso che al «punto», dov'egli, «forando il mondo», sta
il
^
Inf. XXXI, 44-45.
2
Ivi,
77, 92; ivi,
55-56.
DIPORTO DANTESCO « costretto »,
«
69
traggon d'ogni parte
si
i
Noterò eziandio come la distinzione che
pesi ». il
^
Poeta
Nembrot, Fialte, Briareo, Anteo il quale solo « è disciolto»,^ «perchè, nato dopo la sconfìtta de' « fratelli, non pugnò contro Giove », ^ e più che fa,
tra
tutti
giganti
i
ribelli,
incatenati,
e
gigante dannato è, nell'Inferno dantesco, gigante
genio del luogo; tale que' primi,
come
cato, la rivolta
conferma
distinzione
in
carattere proprio del loro pec-
contro Dio,
cioè
questo
eh' io
chiamo sconoscimento, cui dico aver essi comune le altre classi che taluno ha chiamate intermedie. Le quali verrebbero pertanto, secondo le con
cose qui sopra discorse, ad avere (credo, per la prima volta) proprio e significativo nome, e ad ordinarsi metodicamente nel
modo che
Sconoscitori della Divinità
/
o| s-f
)
]
[
.j.|
'^t
(
i
segue.
:
Ignavi e Angeli neutrali (nel vestibolo dell'Inferno)
Non
battezzati e
Pagani
virtuosi (nel
I
Limbo)
chio
Epicurei ed Eresiarchi (nel
Giganti (fra
il
1
Lif. VII, 18; XXXIV,
2
Inf. XXXI,
^
Andreoli, pag. 103.
101.
VI
cerchio VIII e
108,
cerchio) il
IX).
111; Farad, xxix, 57.
cer-
DIPORTO DANTESCO
70
V.
Ora tornando luogo
alla
nostra
ricerca,
in
prima regione, che incomincia
della
secondo cerchio, abbia Dante collocati restano
diosi,
chio,
chè
e il
il
subito
esclusi
e
quarto,
terzo,
il
secondo cer-
esso
non solamente pernon oifri-
testo di quei canti (v-vii, 1-96)
ma anche
proposito, 'priori^
nanza né con
tal
in
tale
giudicandone pure
perchè,
non può l'invidia avere nessuna comudi colpa né di pena con la lussuria, con
la gola,
Per
col
gì' invi-
rebbe argomento ad alcuna supposizione
a
qiial
modo
1'
avarizia o con la prodigalità.
le ricerche
vengono
subito a re-
stringersi intorno allo Stige, che occupa tutto
il
cerchio quinto. « «
novies Styx interfusa coercet.
e a similitudine
chiamarono
«
descrissero
Così Virgilio
»
che
questo
di
i
infernale
novem circumfiua campis»,
e
et ^ :
commentatori
novemplicem Maronis Stygem lago
il
AUigat
inamabilis unda
palus
Tristi...
Stazio
^
»,
« Styx..
Claudiano^
«.
.
.
quos
Styx liventibus ambit Interfusa vadis». Né diverso dal virgiliano figurò zioni,
come
contino,
i
le
Dante
il
suo:
le
cui
circui-
chiamano, o due o tre che ne
topografi antichi dell'Inferno dantesco 438-39.
1
jE7i. vi,
2
Thehaid.
3
Rapi. Proserp.
ii,
5. r,
22.
DIPORTO DANTESCO (de' quali
avremo occasione
più insigne
il
tare in fine
di
ci-
Z)^poWo), rispondono a
nostro
del
71
quei giri eh' eran piaciuti ai poeti latini, e che
anche piacquero « lì
Tasso pel suo Inferno e pel il cerchia ». Di
al
gran fiume che nove volte
prendendo adunque
il
^
Nostro l'idea dello Stige,
come una cosa complessa aggiramenti, dovea parergli non
e perciò figurandolo e di
molteplici
non
pure
poetica tradizione, de' sette vizi
a vedere
ma
isforzato, il
costipare in esso
che
capitali,
prima
di
consono a quella
anzi
ancora
i
E
giungere a Dite.
quattro
restavano
gli
che tale
fosse la sua intenzione, lo dimostrò subito, rac-
cogliendo insieme, accidiosi,
e
gli uni sotto
gli
altri,
iracondi
ed esprimendolo con imagini e pa-
role chiarissime; cosicché nessuno potè mai du-
bitare che nella di
prima
delle
circuizioni o zone
Stige egli avesse messo insieme
non una ma
due famiglie di peccatori. Or nella mente Poeta, che credè, da quanto aveva fatto sin
del qui,
esser già chiaro al lettore, che nel rimanente di
quella
regione
ultimi peccati
peccatori
;
nello
doveano e che
trovarsi
gli
avea già dato
Stige
stesso
altri
due
esempio
di
aggruppati, come
iracondi e accidiosi; entrò facilmente questa per-
suasione, che qualunque anche
lieve
cenno
rebbe bastato per far riconoscere ne' nuovi riti,
de' quali parlasse,
Gerusalemme,
xviii, 48.
i
superbi e
saspi-
gì' invidiosi.
72
DIPORTO DANTESCO
Al che inoltre dissi testi
induceva quella proprietà, che
lo
connaturata alla poesia e alla prosa
scorrimenti e ideali e sintattici.
rono
vivissimo
esclamazione
co-
si
tutti,
fangose
fu-
tutti,
Argenti, e nella
tengono or lassù gran regi,
perchè
dico;
frantendere come d'
nella
addosso
genti »
una scena
superbi
i
:
Quanti
non da
Filippo
di
E
sebbene non da
riconosciuti,
infatti
nel tipo
«
di
tempi, de'rapidi tocchi, de' sottintesi, de' tra-
voluta
iracondi
a
:
baruffa
lui,
delle
alcuno
potè
descrivere
che
(il
ec.
dal
Poeta
rispetto a ciò
fu,
che sono ora per dire, un doppio frantendere);
ad iracondo pur si frantese contrapposta la frase « alma sdegnosa », sebbene « messer Fie
« lippe,
«
uom grande
e
nerboruto e
gnoso, iracundo e bizzarro
sia, in
forte,
che altro
più
sde^
»,
quella stessa apostrofe di Virgilio a Dante,
chiamato non orgogliosa
».
«
A
persona irosa ogni
modo
i
»,
ma
«
persona
superbi, dico, furono
da molti commentatori riconosciuti in costui: ma gl'invidiosi? E mi atfretto, senza più altro, a rispondere; che non mi tocchi, come a quel per-
sonaggio «
di Marziale,
Parla alla
fine, o
di
sentirmi
proverbiare
Postumo, delle tue caprette.
^
Boccaccio, Decani. IX,
2
Epigram. VI,
xix.
^
viii.
:
»
DIPORTO DANTESCO
73
VI.
Gr «
fangose genti »
mio avviso,
a
invidiosi sono,
ultime
le
(appellativo generico
di
tutti
questi dannati stigii, e rispondente all'altro « quei della palude pingue»), ultime che Dante, di
giungere nelle «alte fosse
«che
vallano »
la
entro la palude, e che l'Argenti.
che
E
«
città si
ì^,
prima
terza circuizione,
sconsolata»,^ vede
slanciano addosso al-
questa è la nuova interpretazione
propongo.
io
Voglia
il
lettore
per le cose testé
richiamarsi
notate,
sì
alla
mente,
sì
questa ultima
per
parte della mia dimostrazione, alcune terzine del
canto ottavo.
^
Poeti,
I
dopo osservata da terra
quella prima circuizione dello Stige, dove stanno puniti
iracondi
e
barca
di Flegias,
certo
punto
trovano
i
accidiosi,
e
della
sono
discesi
navigano verso Dite. palude,
Mentre noi corre vam
la morta gora, un pien di fango, E disse: Chi se' tu, che vieni anzi ora? Ed io a lui: S'io vegno, non rimango;
Ma
tu chi
si
fece
se',
che
si
se' fatto
brutto
?
Rispose: Vedi che son un che piango.
1
-'
Inf. vili, 76, 7: vv. 30-64.
un
seconda circuizione,
superbi.
Dinanzi mi
nella
A
"74
DIPORTO DANTESCO Ed
a lui: Con piangere e con lutto,
io
Spirito maledetto,
Ch'io
ti
Allora stese al legno
Per che
ti
rimani;
conosco, ancor sie lordo tutto.
'1
ambe
le
Maestro accorto
Dicendo: Via costà, con
mani: lo sospinse.
gli altri cani!
Lo collo poi con le braccia mi cinse, Baciommi il volto, e disse: Alma sdegnosa, Benedetta colei che in
te s'incinse!
Quei fu al mondo persona orgogliosa;
Bontà non
è che sua
memoria
fregi:
Così è l'ombra sua qui furiosa.
Quanti
si
tengon or lassù gran regi,
Che qui staranno come porci Di sé lasciando
Fin qui si
in brago,
orribili dispregi!
de' superbi, rappresentati in Filippo:
ma
non apparisce
af-
avverta che sino ad ora
e'
da nessuna pena, salvo quella d'abitare noi pantano come dannato: «vedi che son un che flitto
piango
»
com'
;
Dante, che
lo
egli
sgarbatamente
ripaga di buona
risponde a
moneta.
Perciò
Dante paia insufficiente gastigo sua dimora nelle acque dello Stige, e si volga
è naturale che a la
a Virgilio
Ed
io
:
:
Maestro, molto sarei vago
Di vederlo attuffare in questa broda.
Prima che noi uscissimo del lago. Ed egli a me: Avanti che la proda
Cioè degli
:
Ti
si
Di
tal disio
lasci veder, tu sarai sazio;
converrà che tu goda.
« è
ben ragionevole che tu vegga, come
altri
dannati, anche la punizione di costui
DIPORTO DANTESCO e
a
de' simili
comune
lui ».
qiial
Il
interpretazione,
timo verso
della
è^
seguente
'•>
passo,
nella
che,
non meno
dell' ul-
improntato
terzina,
d'inopportuna crudeltà, riceve da questa nostra
un senso più conveniente e piìì nobile. Ed ecco che fatta ancora poca strada, e mentre Dante tien sempre d'occhio l'Argenti, una frotta d'anime improvvisamente
stigie s'avventa
gentiluomo
al
fiorentino.
Dopo ciò poco, vidi quello strazio Far di costui alle fangose genti. Che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.
A
Tutti gridavano:
Lo
medesmo
In sé
Quivi
'1
si
volgea co' denti.
lasciamrao, che più non ne narro.
Notisi bene: l'Argenti di
Filippo Argenti!
fiorentino spirito bizzarro
Dante, molestato
non
è stato, sotto gli occhi
ancora da alcuno, né
intorno a lui; dagl'iracondi
un
eh' è
pezzo:
« lo
ci
siamo allontanati
strazio »
improvviso e
è
nuovo, e diverso da que' primi azzuffamenti.
sono
pili,
infatti,
«si troncano queste
co' denti »
vanno,
un
solo,
di
quello
anime che
« tutte »
le
« si
percuotono
une
con
strazio:
ed
egli
si
non
furore e
il
si
accapiglia con loro,
disprezzo verso
» e
altre;
scagliano,
anche
ma
gli assalitori
laggiii,
non
nella disperazione infernale, superbo,
spinge,
le
Non
addosso ad
d'accordo,
a quello gridano, a quello
fanno
altri
il
le
re-
proprio
sfoga sopra
DIPORTO DANTESCO
76 sè
medesimo. Or non
è questo
precisamente lo
mondo
spettacolo che di sè presentano nel
i
su-
perbi e gl'invidiosi?
Dico adunque che nello Stige Dante incontra,
medesima punizione d'essere imquell'onde, le anime degl'iracondi e
dalla
colpite
merse
in
degli accidiosi, dei superbi e degl'invidiosi. Nella
prima circuizione, gl'iracondi sopra questi
«
pra alle lor superbi
si
combatte
Nella seconda
teste.
gì'
e
di sotto
mole-
amatori del placido vivere, da quella
sfrenata lotta che
orribile e
accidiosi: di
gli
nel limo », e perpetuamente
fitti
stati, essi gli
e
continua guerra tra loro;
quelli, in
invidiosi
di
:
sopra
di so-
circuizione, i
i
superbi, nel
medesimo modo che gì' iracondi, e, quanto a sè, disdegnosi, non che d'offendersi a vicenda, ma pur
guardarsi;
di
presenta tutto assalto durante
rebbe
difficile
un
trario
di
il
l'Argenti
lor breve dialogo,
a immaginarsi essi
Poeta
al
da
né è disturbato
Se non che
gl'iracondi. di sè
perciò
solo,
il
si
alcun
che par-
un iracondo tra pure hanno sotto
d'
altro ordine di dannati; e qui, al conciò
sono quelli
che segue nella prima circuizione,
di sotto
che molestano quelli
di sopra.
com'è conveniente alla lor cupa e simulata natura, entro le acque della palude, ogni tanto ne sbucano fuori per aggreGl'invidiosi, nascosti,
dire
i
superbi; e fanno
strazio,
sione,
quanto
sdegnano
questi, di
di loro
divorati
tanto dalla
piii
fiero
loro pas-
opporre alcuna resistenza:
DIPORTO DANTESCO
modo che
per
potrebbe qui
si
giustamente che
è
non raeno
che non s'ammorza
superbia, se* tu più punito.
Così ai superbi
aperta
essi,
Capaneo,^ sclamare;
di
in ciò
La tua
di
"77
il
vantaggio dello stare all'aria agl'invidiosi, dal-
rispetto
bilanciato,
incomodo degli assalti di costoro e dallo strazio rabbioso che essi medesimi di se fanno: e agl'inl'
vidiosi,
come
che,
nella belletta
lo
^
»,
lo
non
battere forzatamente,
pena che
accidiosi,
gli
negra
« si attristano
uscirne fuori a comè,
se
si
minor
pensi,
starsene. Del resto nello Stige,
piii
forse che in qualunque altro luogo dell'Inferno
dantesco, è ciascun vizio bestiale
pena a
un
se stesso:
interminabile impeto d'ira sconvolge e
fiacca gl'iracondi;
uno
affoga gli accidiosi;
vano furore
(« così è
starsi sozzo
superbi
i
si
e turpissimo
consumano
in
l'ombra sua qui furiosa»),
a vedersi eterno bersaglio d'altrui offese; gl'invidal fango ove
diosi,
si
macerano,
sono
tratti
a
dare addosso senz' alcun prò a chi non ha ormai nulla da essergli invidiato.
pili
Enumero succintamente interpretazione,
alcune
le
ragioni della nuova
delle
quali già
mi ven-
nero, nel proporla, accennate: I.
Corrispondenza d'antitesi, preparata
quarto
cerchio,
1
Inf. XIV, 63-64.
2
Inf. VII, 124.
col
fin
dal
contrasto fra gli avari e
i
DIPORTO DANTESCO
78
E anche
prodighi.
^
nel Purgatorio dantesco, che rimbecca
la colpa,
Per dritta opposizione alcun peccato, Con esso insieme qui suo verde secca.
Nella prima
Accidiosi
tabile),
Superbi
Iracondi (animo
circuizione:
ecci-
(animo pigro). Nella seconda: Invidiosi (non contenti
(pieni di sé),
di
Gli uni agli altri molesti.
sé).
pone
che
Distacco
II.
il
Poeta fra
il
suo
dialogo con l'Argenti e lo strazio di lui; a rap-
presentare che nello Stige, come nel quarto cerchio, ogni tanto segue, lo
sebbene per diverso modo,
scontro dei superbi con gl'invidiosi.
conosce
cosa Virgilio
legge
«
posta loro »
-
La
qual
consueta e siccome
per
da Dio; né altrimenti po-
trebbe, secondoché fa, predire al discepolo quello strazio,
che
accidentale dei tutto
resterebbe
e
imprevedibile. III.
Convenienza che
gl' invidiosi sui
medesimi condi.
La natura
pita in quel
strazio sia fatto da-
che torna bene soltanto per
il
:
lo
superbi, e non dai superbi fra sé
degl'invidiosi è veramente scol-
« dalli, dalli »,
Tutti gridavano:
A
che suonano
ma
In sé
medesmo
^
XXII, 49.
2
Inf. XIV, 21.
si
le
parole
Filippo Argenti!
laddove costui non risponde a nessuno assalitori,
gì' ira-
volgea
co' denti.
de' suoi
DIPORTO DANTESCO
E
"79
a questa parte, meglio che ad altra qualsiasi
Stige, parmi si convenga il non saprei creder fortuito, d' un passo del profeta Habacuc: ^ « L'uomo superbo « resterà senza onore... Fino a quando mette « egli insieme in suo danno il denso fango ? de'
due canti
sullo
riscontro, che
«
Non
«
morderà;
« tu
egli
repentinamente chi
su
non verrà
e
fuori chi
ti
sbranerà, e
-ti
sarai loro preda? »
Lo
IV. i
leverà
si
acquistare così un signiócato morale
versi tu sarai sazio;
Di
tal disio
converrà che tu goda;
e più l'altro
Che Dio ancor ne lodo i
vengono a
quali
e ne ringrazio:
una
significare
piacenza del vedere come
la
mano
giusta di
com-
Dio anche
a quelle due sorte di peccati serba, nell' Inferno,
condegno castigo, ed anzi
Quando
dell'altro.
pretazione,
i
fa
l'
uno gastigatore
comune
invece, nella
commentatori sono
inter-
costretti a spie-
garsi quella atroce sodisfazione con ragioni poco
onorevoli al Poeta: di
tello
messer Filippo godè quale
esule; alla
pecca cacciar
come sarebbe i
cioè
che
che uno
beni di
ne aggiungono
d'anacronismo,
«
Dante
»
un'altra che
«Filippo fu a
Firenze parte Bianca e Dante »,
di
fra-
^
Fi-
5-7.
1
ji.
^
Cìtiose
sopra Dante. Testo inedito, ora per la prima volta di G. G. Wanen lord Vernon); Firenze,
pubblicato (a cura
1846; pag. 67.
DIPORTO DANTESCO
80
Dante
lippo cui
assai innanzi al proprio esilio e
de' Bianchi fa morto.
VII.
Alcuni, fra
pochissimi
i
V importanza
compresero
supposto che
agl'invidiosi
ricetto la terza
fosse che circondano
che
ricerca,
han
Poeta assegni per
il
circuizione
commentatori tale
di
Stige,
dello
Ma
Dite.
oltredichè pare
assai più conveniente, che coteste
ginate da Dante a quel
mondo
a cui nel
nostro
modo
restino,
sgonlbre
quali di
mancanza
fossi
dannati;
di
cingon
lettera
la
meglio,
fosse,
imma-
e per quell'ufficio,
^
mura
per guardia delle
Più e più
cioè le
li
castelli,
del
testo
l'Andreoli
non
mostra,
le
stesso,
che,
come vedemmo,
questa ipotesi, ne confessa,
in
dal seguitar
è alieno
la
poca probabilità, inquantochè non poteva Dante attraversare,
aggirata »,^
che potesse diosi,
e le
in
«
non senza prima
far
grande
dette fosse, senza dir nulla nulla
qualche
modo
riferirsi
quando proprio avesse inteso
Più ingegnosamente,
come
suole,
il
agi' invidi porveli.
Tommaseo
dice cosa da alcuni dei vecchi commentatori in
parte accennata, «l'acqua «
ad accogliere ^
2
Inf. XVIII, 11. Inf. vili, 79.
gì'
di
Stige impaludarsi
iracondi per superbia, per
in-
DIPORTO DANTESCO
81
per malignità accidiosa; che tra loro
« vidia,
si
«
percuotono o marciscon nel fango:
«
sopra; l'invidia cupa sotto »;* con l'accidia stu-
accomunar l'invidia,
diandosi
l'ira furiosa
e tutte due,
in-
sieme con la superbia, derivarle dall'ira; e op-
portunamente, anche che in Stazio
nostro assunto, notando
al
l'ombra
^
Laio, mentre, scor-
di
tata d'a Mercurio, passa lo Stige, incontra d'invidiosi.
Vegga
ragioni da
me
anime
egli l'illustre scrittore, se le
addotte non facciano preferibile,
dimostrino vera di fatto, tra le quattro specie
e
una
dannati
di
distinzione precisa
che però non ne rompe
affinità,
assoluta, alle
minuto; e se la collocazione degl'
e
vidiosi
sotto
in-
superbi possa, per queste mie
ai
osservazioni sul testo
piiì
efficacemente che per
eruditi suoi raffronti co'
gli
e
conforme
Dante, distinguitore scolasticamente ac-
altre di
curato
cessar di essere ciò che
un'affermazione
«
le
l'
Padri e co' Dottori,
Andreoli la chiamava, gratuita». Certamente
al tutto
non potrei alla mia interpretazione augurar fortuna mighore di questa: che l' autorità di un
io
tanto giudice le confermasse, in prò degli studi testo
sul
dell'Alighieri,
sembra avere: ferno, e tutto
Poema;
vino ^
'
morale
e di
mi
eh' ella
e penai sistema del
Di-
rendere più razionale insieme
La Divina Commedia
nti e note dì Niccolò 2
vantaggi
compiere la topografìa dell'In-
di il
i
Thébaid.,
Dei.
Lungo
ii,
di Dante Alighieri^ con ragionaTommaseo; Milano, 1869; I, 69, 77.
14 seg. 6
»2
DIPORTO DANTESCO
e più artistico
lo
svolgimento
E
poiché tutto
quelle
di
mio argomentare
il
sopra un' interpretazione letterale del che
vuol negarsi
Dante
vero, che
nel secolo suo medesimo,
secondo
cose da
le
facilmente
si
me
nel
ciò
quale,
i
suoi
sottin-
non solo
gì' invidiosi
alcuni rimasero anche imbrogliati, il
pensiero tanto
:
gì' interpreti
non ravvisarono dovecchessia pio
non
testo,
alquanto innanzi discorse,
dovevano indovinare
e le sue ambiguità,
tesi
fonda
si
proprio
il
oscuramente significato
qui
venisse
a
tetre
^
scene dello Stige dantesco.
,
ma
come per esem-
Boccaccio, e quel da Buti, e l'autor delle
chiose attribuite a Iacopo Alighieri, fra le somiglianze degl'iracondi coi superbi. Degl' invidiosi
furono
soli
ghieri
e
a parlare espressamente Pietro AliChiosatore
il
anonimo:
tocca appena, senza entrar tro
,
che però
neanch'
ma
costui
ne
particolari; e Pie-
in
egli vi
si
diffonde
e
del
dove preciso si tace affatto, potè, nota il Tommaseo, dedurre la cosa non tanto dai versi quanto dalla viva voce del padre. La quale avvertenza del Tommaseo m'induce a riportare le 1
Così scrivevo nel 1873, vivente
il
Tommaseo.
Ma
dal ve-
nerando uomo non ebbi altre parole, che di quelle, temo, le quali egli serbava per quando voleva non dire niente. « Sullo
un suo biglietto de' 25 aprile di quelma non mancherebbe alle parole mie gratitudine e lode ». Alla mia opinione mostrò
Stige di Dante
r anno) «
«
»
(così in
avrei più cose da dirle
accostarsi l'Andreoli, ristampando
;
il
suo lodato
renze, Barbèra, 1882; vedi a pag. 28.
Commento:
Fi-
DIPORTO DANTESCO
83
proprie parole di Pietro, favorevolissime, se non
m' inganno, alla interpretazione da in qua {nella palude stigia) « .
.
.
.
iracundos
« apparenter
me
proposta
fìngit puniri
superbos, et non ap-
et
« parenter et occulte, idest in limo talis
'
« partibus dictae paludis ».
l'
forse egli stesso,
Poeta, s'accorse
il
oscurità in che rimaneva quel punto:
non mutare
di
paludis,
accidiosos et invidos, in diversis
« fingit puniri
E
:
già fatto, in poesia
il
avesse
ditata e profonda,
le
e,
del-
o che
me-
così
sue buone ragioni,
stimasse, rispetto alla descrizione dello Stige,
che
lasciasse
lo
ir
piìi
tore; all'oscurità
dare
^
essendo
,
poco
fatica
me i
e di
studiò di rimediare,
'
ai
lettori
che
accorto se
a nobile ingegno un
« bello
lasciare
».
"^
Di
siccome ultimo
recherò,
tutto
questo
G.
J.
nttnc
Bar.
primum
Vernon,
rentiae, mdcccxlv; pag. 108. 2
Furg. XXXIII, 139-141.
^
Furg.
'
Convito, III, V.
'^
XVII,
vv. 31-3ri.
139.
IX
argomento,
Fetri Allegherà super Dantis ipsius genitoris
Commentar iuniy tibus
simili
almeno
paiono indizio alcuni versi del canto
quali
noi
«
« del taciuto da lui essi per se cer-
cassero » di
si
divedere
a
acciò
n' era,
fren dell'arte»;
che
e ^
dimostra paziente e rigido osserva-
freni egli si
col
tutte le carte »
piene
« fosser
a ;^
a
Comoediam
in lucem editum, Consilio
siint-
et
curante Virirentio Nanmicci
;
Flo-
DIPORTO DANTESCO
84
conferma e quasi suggello del mio ragionare. Sono, cotesti versi, quelli dove avendo Virgilio, mentre aspettano sulle porte di Dite il messaggero celeste, risposto a Dante, che ne lo inter-
rogava,
se
altro spirito
percorso l'Inferno,
Limbo abbia mai
del
seguita
poi di suo, e quasi
senta necessità di chiarire al discepolo cosa non
potuta ben afferrare da lui: Questa palude, che
gran puzzo spira,
il
Cinge d'intorno la città dolente,
U' non potemo entrare ornai senz'
Cioè, distaccandosi del tutto
dalla
ira.
domanda
di
Dante, alla quale ha già compiutamente risposto, lo
riconduce col pensiero allo Stige.
E
di
quello
continua a discorrergli; se non che, per nostra
mala ventura. Dante,
distratto
apparizione delle Furio sulle fa,
come sempre
Maestro, e
Ed
le
dall'improvvisa
mura
di
Dite,
non
altrove, tesoro delle parole del
dimentica:
altro disse:
ma
non l'ho a mente;
Perocché l'occhio m'avea tutto tratto
Vèr
E
lo
l'alta torre, ec.
stesso, pressappoco,
mentre correva tuttora
la
era a Dante avvenuto
morta palude:
cioè,
che
dal rimirare più attentamente l'assalto delle « fan-
gose genti » addosso a Filippo, e dal « narrar-
cene
di più », lo
avea distolto
il
doloroso rumore,
che s'incominciava a sentire, della città
1
vili,
64-66.
di Dite:
^
DIPORTO DANTESCO Quivi
lasciammo, che più non ne narro
'1
Ma
8'5
negli orecchi
Perch'
io
mi percosse un
avanti intento
l'
:
duolo,
occhio sbarro.
Anzi questi schiarimenti intorno
allo
Stige pote-
vano a Virgilio parer necessari appunto per che egli si ricordasse come Dante in sulla
fine
non avea posto ben mente
alle
della traversata
cose
lungo essa
scorso da
Certo è che
incontrate.
ciò,
il
di-
incominciato tratta della palude: e
lui
dacché nelle poche parole, tenutene a mente da Dante, non
è nulla davvero
e'
che meritasse
conto
il
d'
intorno ad essa,
essere da Virgilio spon-
taneamente detto, conviene ammettere che nelle altre,
quali
le
il
nostro
Poeta ha scordate,
si
utile dichiarazione
di
contenesse invece qualche ciò che lo Stige poteva rioso per sta
Dante;
enumerazione
avere, oscuro e miste-
e allora, che altro, se e
distinzione
delle
non queanime in
esso punite, la quale ha poi dato tanto martello ^
agl'interpreti?
^ Mi perdoni l' amico Adolfo Barbo li se ristampo anche questo tratto del mio Diporto, nonostante l'averci egli ravvi-
sato certa
«
industria sottile
d' essere affatto
innocente.
»,
della quale
mi sembra invero
— Egli mi appone {Storia
ratura italiana; Firenze, 1887; VI,
della lette-
Le parole perchè Virgilio non i,
74): «
di Vir-
non possono dirsi scordate, le pro« nunzio mai ». Come non le pronunziò? o se invece leggiamo « ed altro disse ^? e se il Bartoli stesso poco dipoi riconosce che Dante « non presta più attenzione a ciò che gli « dice Virgilio »? Soggiunge il Bartoli, che Dante « finge di non ricordarsene ». Intendiamoci bene: quanto a finzione, « gilio
—
—
—
DIPORTO DANTESCO
86
Vili.
Ed
prenderò
ora
ricordando
tempo
che
di
da' miei
lettori
due valentuomini del buon
Benedetto Varchi e Antonio Ma-
antico,
netti,
due trovo essersi proposta quedegl'invidiosi nel quinto cerchio, e
tutt' e
sta difficoltà il
nome
il
congedo
Varchi averla anche, a modo suo, risoluta. architetto e matematico
Manetti,
e
Il
scrittore di
amico del Ficino e del Poliziano e degli belli ingegni della brigata medicea a' tempi
codici, altri di
Lorenzo, lasciò in quel Dialogo, che sopra
i
suoi appunti distese Girolamo Benivieni, uno stu« circa al sito,
dio di
Dante Alighieri
e difeso contro è stato
venne
a' dì
forma »
,
e
misura dello Inferno
che, tenuto in gran pregia
Vellutello dal
il
nostri, tre secoli e
alla luce la
prima
volta,
ratissima e compiuta ristampa.
che
gì' invidiosi siano,
Virgilio
Poema
non
presenta e role dal
il
:
ma
Galileo,
onorato di accu-
Sua
è l'opinione
insieme co' superbi, puniti
né questo né
dice
è finzione
sommo
mezzo dopo che
altro,
perché tutta l'azione del il Poeta rap-
rispetto a tale azione, che
lettore accetta per vera, sta in fatto che delle pa-
Poeta quivi poste in bocca a
Virgilio, alcune
sono da
mente e riferite nel Poema, altre dimenticate. Né veggo perché non siano lecite ipotesi sul contenuto di tali parole, da Dante attore del Poema dimenticate, o, che e lo stesso, da Dante autore del Poema fìnte di dimenticare. E tanto mi pare che basti a « solvere il forte legame, In che ci strin« gon li pensici sottili ».
lui ritenute a
DIPORTO DANTESCO circondano
che
fosse
Delle
Dite:
;
dacché
argomenti
gli
sostenerla né sono
intorno
per
eh' e' reca
né da
molto valore,
di
alla
non mi fermerò a
quale, dopo le cose discorse, dir altro
87
lui
medesimo dati più che come congetture; ed ugualmente per congetture, che poi vediamo ripetute dal Varchi, é cercato
il
perchè del silenzio di
Dante su que' peccatori. A me preme piuttosto notare, come anche il Manetti batte sull'essere « non solo verisimile, ma necessario », che dal secondo al quinto cerchio dell' Inferno dantesco, insieme con «
gli
altri
cinque
peccati,
suria, gola, avarizia, ira, e accidia».
anche
allogati
vidia:
due
», la
aggiunge
egli,
« questi
ciò posto,
cioè lus-
Dante abbia
superbia e l'incotesti
peccati,
«
volendo procedere ordinatamente....,
«
vano, quasi senza altro cenno, dovere essere
s'
intende-
quello luogo puniti». Gli pare inoltre
« in
«una non
«
maraviglia, che questi suoi commentatori
«
abbino avvertita questa cosa, e che se la pas-
« sino,
cetto,
come se mai,
si il
dice,
così col piò asciutto »
Landino,
il
alcuna dimostrazion della cosa. Col Varchi poi, architettando, «
^
aito
il
more
;
ec-
quale non dà però
quale su
^
questione va
tal
aristotelico »
,
un problema,
Dialogo di Antonio Manetti, cittadino fiorentino^ circa al
forma
e
misura
dello
Inferno
di
Dante Alighieri poeta Divina Com-
eccellentissimo; a pag. 34-132 degli Stiidii sulla
media di Galileo Galilei, Vincenzo Borghi ni ed altri, puhhlicati per cura di Ottavio Gigli ; Firenze, 1855; pag. 54; 76, 87, 129.
^8
DIPORTO DANTESCO
nono
fra
i
dodici del capitolo ottavo d'
pesante lezione sopra V Invidia; in quelle
è di
Lezioni come nelle Storie, anche quando
conserva un certo
prolisso e sazievole, affabile
bonomia che ne
cevole la conversazione; tori
una sua
col Varchi, che,
^
pur sempre
fa
voglio
che
i
tono pia-
miei
let-
s'abbocchino direttamente, e copio qui,
loro servigio,
il
suo problemino
«questo inferno rea cagione
de' vivi
«
sì
«
onde è che Dante
,
e
in
dantesco: « Se
procede da
[V invidia)
produce tanti gravi danni, ,
che seppe
il
tutto e
con-
« siderò ogni cosa, nella prima parte della sua « opera più tosto
divina
che umana, non fece
menzione alcuna particolarmente degl' invidiosi, « e dove e come siano puniti ne l'Inferno? Forse «perchè, come s'è detto, niuno invidioso con«
« fessa d'essere invidioso; e per questo non po« teva farsi rispondere,
«
cati.
E
come
fa negli altri pec-
se alcuno dimandasse: Perchè ne fece
«menzione nel Purgatorio? risponderemo che non erano piìi invidiosi, ma purgavano
« quegli
« r invidia
passata e però la confessavano.
« è da credere, «
come
Ne
alcuni, che egli lo facesse
pensando che l'invidia non fusse peccato mor-
« tale; dicendolo san
Tommaso
« egli stesso lo dimostra, « superbia nel
^
So2)ra
il
espressamente, ed
quale pone prima la
primo luogo del Purgatorio, come
V Invidia, Bagionamento o Lezione
Varchi, pubblicata da L. M. Rezzi ;
Eoma, 1853;
di
Benedetto
pag. 70.
DIPORTO DANTESCO «
madre
«
ed
E come
effetto. si
ne
l'Inferno
sono
truovano
Purgatorio sono
« nel
T invidia come
e cagione, poi
« cati che
89
primi pec-
i
più leggeri,
i
E
gravi.
piiì
i
figliuola
così
fece
gli
« punir giudiziosamente col far trapassar gli occhi «
da un
«è
perdano quella
ferro, talché
perchè
l'invidia: o forse
detta
onde
vista,
questi vizii
non sono mai infiniti, e con quegli
« capitalissimi, superbia e invidia,
ma
« soli,
puniscono sé
« diesi
« «
cagionano
ne
sono puniti: o forse perchè
«insieme
vulgarmente,
il
stessi, e
gl'invi-
fanno, come
si
dice
peccato e la penitenza, non
si
trovando maggior pena che essere invidioso».
Dopo
lamente
ma,
che
di
al
messer Benedetto passa tranquil-
problema decimo, che pure a sua lode,
sia detto
Io vorrei sperare,
men brevemente chiusioni
un po'
e d' aver detto
d'esser
conchiudenti
cose
gì' interpretatori del
è dantesco,
corto.
dopo aver discorso
di lui, piii
piiì
delle
Divino
quali
venuto di
d'
assai
a
con-
cotesto sue;
ora innanzi
Poema non possano
non altro, di discutere la ragionemia speranza parrà, lo sento, superba: pure non mi vergogno di confessarla;
passarsi, se
volezza. Tale
anzi
intendo che ciò serva a scusarmi
accresciuto
il
numero
d'
avere
dante-
delle dissertazioni
Perchè la interpretazione della Divina Conimedia è uno di quelli argomenti, sopra quali, dopo tanti e tanti che n' hanno scritto, non dosche.
i
vrebbe ormai confidarsi d'essere ascoltato se non
DIPORTO DANTESCO
90 chi d'
veramente
abbia
importante da
qualche cosa
nuovo e
eli
dire.
1892.
A
queste
ultime
parole
dopo
(ristampando
quasi vent' anni) soggiungo, che la mia speranza
d'esser discusso ebbe effetto largamente; ringrazio
non meno
senzienti.
Circa poi l'aver accresciuto
delle
i
contradittori
dantesche,
dissertazioni
di
che il
e i
ne
con-
numero
troppe
altre,
dopo questa che fu la prima, ho io da chiedere oggi, non pure scusa, ma perdono; ed augurarmi mi sia leggiera la mia stessa sentenza, che
dovremmo, quanti su Dante scriviamo, scrivere soltanto quando veramente ne valga il pregio: ha men che mai avuto efe non accenna ad fetto in questi vent' anni averlo neanche di qui ad altri venti.
il
che, pur troppo
,
,
RITRATTI FIORENTINI
UN DON CHISCIOTTE FIORENTINO DEL
SEC. XVI
(*)
Cosimo duca, anteriormente al 1550, appartengono le bizzarre memorie letterarie dello Stradino, ossia di Giovanni Mazzuoli da Strada in Chianti, detto il Padre Str^adino, il Consagrata, il Bacheca, il Crocchia, il Pagamorta, il Pandragone, il Cronaca scorretta, il Balestracio. Colombella, e chi più n'ha più ne metta. Ai primi tempi
eli
(
Lo Stradino era scuglio
di
poeta
il
più
soldato
e
buontempone, accademico giano e popolano, che una
(*)
Questo
e
lo
scritto
Dino ComjJogni,
e
,
uom
di
lettere
e
pancacciere, corti-
città così
abbondante
seguente furono pubblicati nella
Xiiova Antologia (15 ottobre 1880) su
strano e curioso mi-
come saggio
del mio libro
e nel libro ebbero poi (cap. xviii, pag.
729-
749, e pag. 760-777, 806-807) la necessaria fornitura di citazioni (
ai
,
in quella parte
mani dal Trecento
di ai
^ue vicende la Cronica. i!ia
esso concernente le persone per le tempi moderni attraversò le fortunose
Senza nulla
di quell'apparato critico,
solamente come Uitratti lavorati sul vero,
nella
mio
libro.
forma
stessa
in
li
riproduco ora
che vennero per saggio del detto
^2
RITRATTI FIORENTINI originali
di
come
«uomo
avuto:
sempre la nostra abbia mai nuove maniere e fatto, come
fu
di
s'usa dire, all'antica
Nato poco dopo per la mercatura,
il
lo
scrive
»,
di
lui
il
Varchi.
1480, avviato, come i più, troviamo nel 1499 a navi-
gare verso Napoli con
un carico
d'
allume per
conto dei Rucellai; poi nel 1505, perduta presto, a quel che sembra, la bussola, poetare d'amore nelle prigioni delle Stinche. L'amicizia e la servitù
con madonna
co'Salviati, e in particolare
Lucrezia
Lorenzo
moglie del de' Medici,
celebre Iacopo e figlia di
a
petizione
della
quale
il
Mazzuoli copiava poesie volgari e altre scritture letterarie de' be' tempi del suo magnifico padre,
avrebbe potuto aprire
gli
conduceva que'
sommo
la via degli ufiSci,
cancellieri o segretari medicei al
degli onori e degli agi.
Ma
Stradino non
lo
era stofia da cancelliere: e quando
vannino
de'
che
Medici
si
alle
die'
il
signor Gio-
armi,
egli,
che
pare avesse già menate le mani nella guerra Pisa e forse anche altrove,
suo
al a'
non curandosi,
soldo;
di
messe bravamente
si
o fosse affezione
suoi Medici e Salviati o bizzarria o necessità,
che
lo
andare soldato, cioè
che pel
proprio
Comune,
si
il
militare per altri
tenesse
ab antico
per cosa piuttosto avvilitiva, e partito da uomini disperati «
e,
come dicevano
sanza aviamento ».
alle
anche
ne' Catasti,
Col signor Giovannino fu
sue prime prove nell'impresa d'Urbino nel
1517; e poi
in
Lombardia
sotto la
famosa divisa
03
RITRATTI FIORENTINI delle
Bande Nere; con
la protezione
ne partecipò
e
spettabile virtuoso messer
lo
per suo
continovo padrone e padre nella militar
«
cantò
plina »; e lo « vittor
ne' sembianti
ticchio
versi
in
Tu guarda
:
Ma
anche
mercatare) che
scritture
gli
del
guarderò
i'
armi
le
conservò
anche nel suo
copiare
raccogliere
e
paressero meritarlo o
vago
«
vertudiose »; e più,
il
gli
an-
e dilettoso
di
potea vantarsi di
se
averle aute di luoghi strani », cioè superando
quelle difficoltà bliofilo; «
eh'
ciel,
il
fra
dassero a sangue, come ose
sgangherati
assai
mostra aver avuto
(che
giovanil
«
disci-
d'ogni guerra, Ch' a Giove armato dicea
la terra ».
(
poi sempre
Aretino, e lui ebbe
Pietro
la simpatia e
il
cui
appetito è sintomo di
ancora, poi, se
e più
raccorrò e salvare
presso
0,
ei
dice, al
trattasse
sé »
di
potessero importare o aggradire
com'
si
a'
bi-
di
opere che
suoi mecenati
suo « triumvirato
che pare
»,
intendesse Medici, Visconti per la origine mila-
nese della Caterina madre del signor Giovanni, e
Salviati ne' quali Lucrezia de' Medici
e
Giovanni ebbe, valente donna, la moglie. An-
il
marito
che da soldato fu dunque racimolatore di carta: e fra le
«bagaglio»
Bande Nere, col
molti de' quali erano stati a soldo
Valentino,
quando
ne
commilitoni delle
de' suoi
il
Mazzuoli
cercava
rinveniva, misero
cheggi e delle rapine, se
li
facea
metteva da parte. Questi furono
codici;
avanzo
i
e
de' sac-
cedere e
li
primordi della
^4
RITRATTI FIORENTINI
sua
Nel 29
libreria.
dell'Assedio, lo
,
a'
tempi
ritroviamo
della
libertà
Firenze;
in
ma
(?
so-
spetto ai governanti, e per cotesti sospetti fatto pigliare dagli Otto e
messo
Né
alla tortura.
altro
Cosimo: il che sappiamo di lui fino ài tempi m' indurrebbe a credere che in quello spazio di anni se ne stesse fuor della patria, come vediamo di
che fece liere il
in
suo fratello Domenico, detto
il
il
cava-
Stradino perchè dell'Ordine Gerosolimitano,
quale nel 1534 troviamo
ai
servigi degli Este
Ferrara. Così pure mi sembra probabile che
buona
quella sua
col
serviti!
signor
Giovanni
fosse al Mazzuoli scala a ridursi con più prosperi
da vita randagia
auspicii,
sare
gli
ultimi, suoi
signoria
dell' infelice
e venturiera, a pas-
anni in Firenze, quando alla città fu
,
sul
cadavere del
duca Alessandro, assunto il figlio giovinetto del Capitano delle Bande Nere; e la cura materna della
Maria Salviati raccolse intorno a quel giopiù qualunque sorta si fossero,
vinetto tutti, di affezionati
i
memoria
alla
del padre. Certo è che
nel 1540, essendo egli « di circa a anni sessanta »,
nella sua casa di Via San Gallo
cademia che da
lui
degli
Umidi
si
fondava l'Ac-
e dal
Duca,
il
quale ne fece subito cosa sua, fu chiamata l'Ac-
cademia Fiorentina; e che il veterano o, come allora li chiamavano, la paga morta di Giovanni de' Medici fu, pe' pochi anni che ancor visse,
mecenate
e
il
il
fautore dei letterati e dei belli in-
gegni presso quel Duca che Bernardo Segni dice
RITRATTI FIORENTINI de' « virtuosi »,
scarso proteggitore e
« migliori »,
fatti», e
«
^^5
piuttosto
colle
«benevolo soltanto
non
e
dei
che coi
parole
agli adulatori».
Del resto la cultura dello Stradino si riduceva a ben poca cosa; ed era piuttosto un dirizzone di quel balzano cervello, che un vero e proprio esercizio di studi. Qualche verso che
rimane farne
di lui il
ci
è cosa, per dirlo alla berniesca, da
segno
croce;
della
risma è la prosa poste nella guardia
da lui posseduti.
Il
e
medesima
della
certe sue chiacchierate ap-
di
questo o quello de' codici
di
raccogliere codici, e in gene-
rale anticaglie, questa era veramente la sua passione,
la
sua letteratura,
soprattutto
romanzi
,
la
sua
dottrina;
cavallereschi.
La
ma
frenesia
del buon Alonso Chisciada, che il Cervantes fra pochi anni dovea foggiare in un tipo immortale, si
era scaricata per davvero dentro la
questo vecchio spadaccino.
Namo,
Astolfo e Gano,
Polinesso »; dini », anzi
«
i
i
cavalieri
di
erranti »,
i
i
e
Rinal-
«
(perchè
Rinaldino da Montalbano
fosse tra quelle fantasie e «
di
Rinaldo, Orlando,
Brunamonte, Antifore
« ventiquattro Rinaldini »
pare che la Storia fissazione);
«
testa
cavalleresche
una sua
Paladini che fur già in Francia,
buon Carlo Mano, e il Bertuccione, e il gran re Balano », e « giganti orchi e fate »; facevano
e
il
continue giostre dal cervello di
Giovanni Mazzuoli.
all' «
armadiaccio »
L' « armadiaccio »
sancta s^anctorum dello scrittoio, anzi del
era «
il
sacro
96
RITRATTI FIORENTINI del padre Stradino; ed era quasi tutto
scrittoio »,
pieno
di
curato
,
medesima merce,
quella
barbiere
il
grafia descritto. si
serva
la
nel
«
dell'
ingegnoso casa quel
sì
arguta biblio-
Chi vuol compor romanzi, vostro
nel
tuffa
il
cortile di
grande Poeta con
bel falò dal
non
e
mancego fecero
idalgo
della quale
armadiaccio
E
Riuscirà
,
cantando un uccellaccio »; scriveva il Lasca in una delle tante baiate in rima al suo Stradino sullo Stradino, dalle quali prendo io qui le linee e
E
i
colori a sbozzare questa grottesca figura.
altrove,
gioventù
sempre motteggiando, vorrebbe che educasse agli studi, condotta per
si
«visitare T armadiaccio », e a
dallo Stradino a farsi
«
degni
mostrare di
la
mano
i
Rinaldini », e così addivenir
essere ammessi nelle « tornatelle » del-
TAccademia (un di que' giovani, ammesso appena diciottenne, fu Bernardo Davanzati) a imparar sapienza dal Varchi.
fa
un
E
un'altra volta, reo d'avere
« Capitol contro
all'Armadiaccio », ne
palinodia piacevolissima
con una Sonettessa
scritto
dove è a grande onore recitata una litania r uno più eroico-romanzesco
dendo che «
il
delle lodi
di
di
nomi
conchiu-
dello Stradino racchiude
lo scrittoio
tesoro
dell' altro,
Toscana
»,
ed è meritevolissimo
dategli (innocenti vanterie
,
ben
s' in-
tende, di esso Stradino) dalla Vittoria Colonna, dal
Bembo, In
altresì
dall'Ariosto e dal Sannazaro.
questo
pozzo
donchisciottesco
a sprofondare anche
altre
venivano
scritture
che
9'7
RITRATTI FIORENTINI
non
piaceva
si
imperocché
romanzi:
erano
che
raccontare
di
lo
Stradino,
brigate
alle
non
solamente le prodezze di «Rinaldo e Rinaldello »,
ma anche da
E
'1
vere; e riandare le grandi cose
Lombardia sul verde piano, fatto d'arme dir di Marignano s; e « pardel viaggio di San Iacopo, della guerra di vedute
lui
lare
le storie
là d di
Pisa, del fatto d'arme del Garigliano, o del
Duca
non solamente metteva assieme codici romanzeschi, ma aveva altresì « per usanza Cronache e storie antiche gir cercando »: e la sua smania bibliografica non investiva solamente Valentino
le
»;
rispettabili
Buovo
e
persone
d'Orlando
d'Ettor, d'Achille, di
«
ma
»:
gli
era un universale
affastellìo di « libri, libroni, libracci »; strambotti,
stanze e sonettacci, da imbrattarne « più di du-
gentomila scartafacci
continuava
e la incetta
»;
allegramente, con grande disperazione de' pizzicagnoli e di chiunque volgerej), perchè
il
chiedeva
AU'armadiaccio ogni gagliolferia
Lasca
gli
tratto D
si
questo famoso
ce
dando
«
l'amico
un
« ripulisse
armadiaccio o,
con duceva
Onde
».
raccomandava che
piazza pulita indifferentemente, «
carta da rin-
«
padre Stradino
»,
facendo
com'ei
gli dice,
ed
la stretta a Guelfi e a Ghibellini »;
invece proponendogli e raccomandandogli di ab-
bandonarsi
all'altra
e ai pizzicagnoli «
In
cambio all'opre
ticaglie,
sua passione più innocente,
non dannosa, cioè raccogliere, di
carta e d'inchiostro. An-
medaglie e cose strane
Del Lungo
».
Imperocché 7
RITRATTI FIORENTINI
98
anche queste piacevano
Stradino. Al quale
allo
Vincenzio Martelli mandava in dono da Napoli
d'un gigante che potè, delFAncroia parente
« denti gigantei », forse gli
di
« esser nipote
scriveva,
Mambrino, o d'uno
vostro scrittoio »; e scella »
gli
degli altri amici cari del
d'un gigantaccio una ma-
«
prometteva
anticaglie fa,
Lasca che
il
quelle
di
com'è naturale, cataloghi
eruditis-
donava i Sette Savi della Grecia in bronzo, compreso tra essi il bue Api d'Egitto nò più né meno, e con l'appendice in sulle spalle a un altro sempre simi; e lo stesso Martelli, altra volta, gli
di
Savi d'un bel paio d'alucce; auguran-
cotesti
dogli
due donatori,
i
il
Martelli che la Fata Fie-
solana, altro mirabile bronzo custodito dallo Stra-
dino
,
anche
lo convertisse lui,
di
veder
un bronzo
in
che diverrebbe cosi l'ottavo fra quei
Savi
cosiffatti
prima o poi
di
Grecia; e
volare al
Lasca sognandosi
il
al cielo
cielo,
bensì
« del
forno », l'anima di Giovanni Mazzuoli « fra
mum-
mie d'orchi e di giganti », E di cotali meravigliosità il buon padre Stradino abbelliva non solamente «le stanze e le vie
«
persona
anche
è descritta girar per
piena d'arme e
di
masserizie », con un
di
:
morto
paglia infilzata Cristo,
ma
scrittoi»,
'ci
teschietto
cornuto
gli
che
la propria
in
al
un
collo
,
e
una Morte, un pure ciondoloni
una corona
libriccino e
dal
piena la tasca, la scaperuccia,
di
oppure con un
braccio;
un idoletto
collo; e il
«
sempre
seno, e la scar-
RITRATTI FIORENTINI sella alla tedesca, di mille
moderni «
»;
addobbi
tutti
99
scartafacci antichi
che su quella figura
zuccone e raso, fronte larga,
e di
bocca
ciglia irsute,
gonfia, naso a beccastrino, occhi torti, e gote che
parevan «
fatte
caso », dovean
a
stupendo.
effetto
un cavadenti
I
di
ai letterati e agli
come per
d'amare santamente e con o
i
giovani fiorentini
nobili
belli »,
amato, perchè simo,
il
E
«
un
lo
accademici rammentava Socrate
€osì per la bruttezza,
tutti
produrre
prendevano per contado o ciurmadore »: ma volgari
costanza
incredibil
quali fossero o buoni
i
sopra
e
professione
« la
sempre
avere
tutti
benissimo
nobilissimo e
bellis-
signor Cosimino ».
a' nobili e virtuosi
udimmo
giovani, che
il
Lasca raccomandargli per lo studio dei Rinaldini, dava infatti lo Stradino a leggere le storie cavalleresche della sua collezione; e talvolta
avveniva
di
riavere
il
codice con
della fatta lettura, tal altra con
V attestazione un brutto mo-
staccio di vecchio che era proprio lui
padre Stradino. Egli
di
tal
alle
come
persone da
favore; nel qual sonetto
liberalità e cortesia, e chiede in
custodia e restituzione. In codesti uffici di altri
per
lui,
e
fatto,
di
e lo
imprestava, un so-
netto con la coda, da servire
raccomandazione
ritratto
il
aveva poi
scriveva sui manoscritti che
gli
lui
generale
di
accomodate
loda la
propria
ricambio buona
qualche
altro codice
raccomandazione sono pur con versi non
piìi
fatti
felici
da dei
RITRATTI FIORENTINI
100
ancora la musa stradiniana
suoi. In alcun altro si
produce con
,
le
quali
ed
solita leggiadria
qualche sillaba oltre
di
undici, attestano le qua-
le
Medici e dei Salviati,
nato in Fiorenza de' Maz-
«
un
zuoli e soldato » (questo intende essere
«
versi
in
altresì
Stradino padrone del codice, creatura dei
di
lità
ottave
delle
abbondanti della
verso),.
che cercò più mare che Ulisse, Fido agli amici
sua
Acato
che
pili
d'avventure e di
pieno
»,
virtù.
Così « l'armadiaccio, nel cui centro o
capitavano
balzo
di
della giornata,
vano
in
le
suo
il
di cavalleria.
dell'
«
r
onorato
e
diaccio teneva
vano un po' alle
ambo
zuoli,
si
le
figura
la
di
erano
milite »
miscellanei,
tale
si ritro-
è notevole
cadano su
veri
i
padroni
prediletti
che
dell'
del-^
arma-
ci
face-
Qualcuna Mazavesse un titolo un
condizione.
vederselo
in
balìa del
prendere, e appiccata
in fronte a certi suoi zibaldoni
diventar
proverbiale
andandone alla malora, almeno memoria del libro vero a cui il neva.
ma
chiavi; gli altri
trovava perfino, se
da quel bislacco
prose
d'intrusi, e sottostavano
disgraziati, venuto
po' specioso, a
di colta
le
fiumi
imprestiti
figliuoli
i
i
e
schiudevasi a comu-
tali
glorioso
conseguenze
di cotesti
»,
versi
quanti v>,
Questi
armadiaccio
i
tesoro »:
«
testimonianze di
libri
«
tutti
corpo all'oceano
nicare altrui
che
come
tutti
nella
titolo
Tale apparisce essere stato
brigata,
coloro,
fra
il
la
apparte-
caso
del
•
RITRATTI FIORENTINI
Romuleo
di
nuale
Storia
di
101
Benvenuto da Imola, specie
Romana
di
Ma-
dalle origini fino a Dio-
cleziano, scritto dall'Autore in latino e volgariz-
oggi si ha anche a stampa, nello buon secolo. Del qual volgarizzamento ca-
zato, quale stesso
pitato alle ciutogli
mani
del
Mazzuoli un codice, e pia-
quel bello sonoro titolo
miileon, Roìniileonne, se ne
pensare
oltre
Romuleo
,
Ro-
serviva, senza più
codice e al povero messer Ben-
al
venuto, per intitolarne un cotal suo «librone»,
chiama
così lo
il
Doni nei
Marmi
che ne rifeda esso medesimo
risce de' passi foggiati credo
ma
Doni,
certamente
tenore
al
di
ciò
che
librone veramente contenne; che pare fosse po' di
tutto,
epistole,
sentenze, esempi
domanda: ma
soprattutto storia.
storie,
morali; chiedi e
il
un
potremmo dire, in composta o in guazzetto, come dimostra il grazioso elenco che segue: « Gli uomini rari e donne che sono state scritte in questo libro chiamato Romuleon^ son queste: Nembrot, Semiramis, Antenore, Medea, Tarqui-
Storia,
nio,
Bruto, Siila, Catellina, Jugurta, Calligola,
Nerone, Eliogabalo, Ligurgo Cesare,
Giulio
Ulisse,
Aurelio
Ottaviano,
Regulo,
Pirro, ».
,
Numa
Pompilio,
Alessandro, Ettore,
Tito,
Traiano,
Talché non mi par da dubitare che
a questo sprofondato deposito attingesse dino
,
quando
accademica « co'
Marco
»,
«
nella
sua tornata
o
lo Stra-
tornatella
qual volta non preferiva trattenerla
suoi poeti strani e goffi », recitava « qual-
102
RITRATTI FIORENTINI
che istoriaccia scorretta ed antica
soprannomi
de' suoi
con
altri
donde uno
»:
ebbe comune
però
(eh' egli
suoi concittadini del Quattro e del Cin-
quecento), quel di Cronaca scorretta, di Pandragone, da uno de' suoi
Sua Maestà
il
come
re Utterpandragone.
Né
del resto,,
scherzando sul Roìnu leonine, altro faceva che tener bordone a Vincenzio Martelli, in
una
l'altra
cavallereschi
tipi
il il
Doni quale
conforta lo Stradino
delle citate lettere
ad « accrescere il Romideonne in infinito »; e at Lasca che il « gran Romuleone » mescola, con burlevole prosopopea, fra i romanzeschi abitatori dell' Il
armadiaccio. Abitatori, pertanto, e signori.
Lasca, che sui romanzi dell'armadiaccio ricama,.,
com'abbiam visto, tanti arzigogoli; il Lasca, che Canzone in morte dello Stradino fa pianger dalle Muse come scacciati e raminghi « i Rinal-
nella
dini,
cavalieri erranti, fate, orchi, mostri, arpie,,
i
nani e giganti »; che ivi
stesso allo Stradino
reschi;
dei
libri
« poeti ,
parlando
tuoi »,
dice dei
d'altro genere
poeti cavalle*
non
fa
invece se non una volta sola, e per dire,
vedemmo, che l'armadiaccio carta lini;
mare
a'
i
fiumi, ricettandola
modo
come
stesso
che
il
in « ripostiglio »
«centro», non meno, pare, «profondo
tenebroso » di quello dantesco
ne' versi suoi ricantava.
pensare
come
sottrae alla rinfusa
mescolando Guelfi e Ghibel-
e che ingoia roba, nel
nel suo e
pizzicagnoli,
cenno
Né
di sé lo Stradino,
che
diversamente
il
ci
Borni lascia
quando registrando con
RITRATTI FIORENTINI
103
.
solennità quasi notarile, sulle guardie d'un Livio
volgare (Livio,
in
eccellentissimo poeta e sto-
donagione
rico ») la « e
«
» fattagliene dal « discreto
prudentissimo giovane Ugolino dice averlo ricevuto
telli »,
memorassi nel numero
«
Luigi Mar-
di
perchè
io
dell'altre istorie,
lo
com-
cronache,
favole, novelle, composizione e traduzione in versi
antiche e moderne, con opere ispiri-
e 'n prosa, tuali,
nella nostra lingua
Fra pili
comune
».
manoscritti cavallereschi stradiniani,
i
il
singolare è forse quello del Febusso e Breusso
poema oggi simo;
a' critici di
sa da quando, in una
fin allora sepolto, chi
buca d'una
fortezza.
:
quella letteratura notis-
manoscritto è del primo
Il
Trecento, tutto istoriato, e lo pubblicò lord Ver-
non nel 1847.
In fronte ad esso
fiorentino scrisse questo
sproloquio
Giovanni
«
:
Questo
Compagni, mia amicissimi. ranti,
don Chisciotte
donò Iacopo e Domenico di Gante
mi
libro
frategli, e figliuoli di
taglie fatte per
il
veramente caratteristico
Il
quale tratta
di bat-
Breusse e Febusse cavalieri
er-
Tavola Ritonda vecchia e nuova, col al tempo del re Utterpandragone e
della
Sangredario,
del re Artìi di Cammellotto, fuori delle battaglie e
avventure
fatte e trovate
per Lancillotto
del
Lago, Tristano di Leonisse, e Trovato 'n una buca della fortezza di Monte Bicchieri. Composto per il primo trovatore del gli
comporre primo che
'n
ottava
ritìia:
altri
erranti.
la quale, apresso,
lo volse imitare fue
il
messer Giovanni
1
04
.
Boccaccio;
Luca
RITRATTI FIORENTINI sicondo fu Luvigi Pulci,
el
e lor sorelle;
quarto e
il
Matteo Maria Boiardo da Scandiano, Lodovico Ariosti
Ferrara disceso
di
'1
conte
messer
e
di
fratel
il
quinto fu
'1
Bologna
la grassa. Restuorato, rattoppato e ralluminato, o,
per me' dire
vero, fatto rattortificare e rimet-
'1
1000 toppe, che pare Govesse lo Iddio de' cenci. Io Giovanni Giovanni di Mazzetto di Mazzuolo
tere insieme con
che fue di
mondo
al
Domenico
Mazzuoli
di
di
Strata,
detto
senza istato, soldato feta
come Cassandra
maestro rilievo,
di
Ecuba: francesco
bigio;
tutte l'arte, di scultura e pittura, di
di
di
Stradino, cittadino
sanza condizione, e pro-
mezzo
rilievo, di
basso
rilievo e in
piano; col far le forme, formare, e tante altre
vertue manuali quante se ne possa
imparare à
'nparato, di stucchi, di getto, di gesso, paste en varie composizioni di misture, e per
dir
zuppa
unico: apresso, sonatore di stormenti, provisante,
componitore e perfetto dicitore dotato
comedie
,
in
e arti, co' linguaggi a propo-
diversi abiti, etae sito:
alle
dalla
maestri, tanto che
natura e accidentale, sanza gli
Chi
è unico.
dimandi Visino mereiaio
».
lo
vuole ne
Visino mereiaio, ossia
Migliore Visini, uno de' « creati » dello Stradino e che gli successe nell'ufficio di Massaio dell'Ac-
cademia, era
a
lui
e
'1
piacevano suo ridotto
nobili
que' « letterati in volgare »
di :
« inventore di
un raddotto
aveva Firenze,
così
come
di il
nuove quanti
che
fantasie,
giovani
Padre Stradino
RITRATTI FIORENTINI
105
uno armario di tutte le rime che vanno in rima ». Ebbe dal Lasca, oltre altri poetici motteggi, que« Visin qui giace, il qual fu comsto epitaffio pagnone Faceto, allegro, ardito, atto e maniero Malo per burla e morì daddovero E pianto fu da tutte le persone ». Giovanni Mazzuoli moriva il 5 di giugno del 1549, seguitato fin oltre tomba dalla pettegola incorreggibile musa del suo Lasca; il quale con una Canzone a mo' d'epicedio, una Visione in terzine, e piii tardi (morendo Visino) certe traonogiche Stanze alla morte rapitrice d' una sì rata coppia », manteneva la promessa fatta allo :
:
,
a:
Stradino della
«
:
Intendo che tu sia Bersaglio e segno
musa mia
E
»,
nell'Epicedio e nel Capitolo
non è dimenticato l'armadiaccio, mi preme,
È
«
Quel che più
venerando mio sacro armadiacil Mazzuoli moribondo;
il
oio », dice nell'Epicedio
e
nel
Capitolo,
dantescamente favellando dal
regno delle ombre all'amico, dato l'armadiaccio».
Ma
che raccomandandolo
al
«
Sieti
raccoman-
all'armadiaccio, meglio
Lasca,
egli
aveva prov-
veduto nel testamento: dove, nominati esecutori testamentarii Salviati,
significato in
duchessa ed
i
distribuiti.
suoi essi
forma che avrebber visto certo suo libro Non ne sappiamo modi
più di questo
e così
e
disponeva che la libreria fosse da
distribuita ne'
di
suoi duca
i
:
e
che
i
libri dello
Stradino furono
Ciascuno, a cui toccava, ebbe
avvenne che non
tutti cotesti libri
i
suoi;
corsero
RITRATTI FIORENTINI
106
medesime vicende.
le
Il
Salviati,
il
quale, com' è
manonon
noto, tanto frugò e tanto vide di antichi
volgari,
scritti
n'ebbe a
mano
della
stradiniana
libreria
che nove
un Milione di Marco
:
Polo, una Tavola Rilonda, un Plutarco^ un Ovidio Eroidi, una Retorica di Tullio, un Rinaldoda Montalhano, un Difenditor della pace dal
un
francese,
Metamorfosi,
Ovidio
Metamorfosi.
sulle
La
Allegorie
e
più parte di questi codici
appariscono poi nella Tavola dei citati dagli Accademici della Crusca nel loro Vocabolario y siccome smarriti: e al proposito di essi l'Accade,
mia ripete più volte dal
nome
il
lui
Salviati, in detta
Tavola,
Stradino; e alcun altro codice di
dello
come un Ovidio Rimedio romanzo del Povero Avveduto, e
essa stessa conobbe,
d'Amore, e l'altro
il
Storie Nerhonesi , e di
delle
salviateschi rintracciò le vestigia,
tarco Altri
che rinvenne si
ritrovano
bechi, senza li
si
di
libreria
nella
balzo fra
i
sappia per che vie
alcuno dei
come
Riccardiana.
libri del ci
del Plu-
Maglia-
siano venuti;
acquista alla Magliabechiana Anton Francesco-
Marmi per
lo
più da un Borghigiani libraio
un Rinaldino ed
altri
:
come
romanzi. Altri finiscono nella
Laurenziana, e sono pure romanzi; anzi una specie
di collana di
medesimo. Per
romanzi
tal
modo
infilata dallo Stradino-
la
Tavola
dei citati del
Vocabolario della Crusca, e propriamente quella della quarta impressione, particolar fatica dell'erudito
Rosso Antonio Martini, rimase, insieme con
107
RITRATTI FIORENTINI
Avvertimenti del cavaliere Leonardo,
gli
dire
cora' a
piedistallo della gloria bibliografica dello
il
Stradino; senza
che ciò
togliesse alla
tuttavia
fama
libreria di lui la burlesca
UN GENTILUOMO ERUDITO DEL Carlo
Tommaso
di
vita d'oltre
Lasca.
SEC. XVII
Strozzi, nella
sua lunga
(1587-1670), ad altro
anni
ottanta
« ga-
delle sue
gliofferie », cantata su tanti tuoni dal
non attese che a raccogliere memorie di patria istoria; cominciò a sedici anni, e durò infaticabile sino all'ultimo. Ebbe dal Granduca Ferdinando II il privilegio, fin dal 1629 goduto da Antonio da San Gallo, vendere
libri
antichi,
che fossero
senza
non
che
si
potessero
manoscritti, pergamene,
innanzi
per le
passati
sue
per l'acquisto: onde
mani, con prelazione a
lui
non è maraviglia se
sua libreria manoscritta,
di
la
quasi tremila codici, addivenne una vera pre-
ziosità,
ed egli ne acquistò
antiquitatis ».
Se non che
l'
il
nome
Italia de'
di
« pater
tempi vissuti
dal benemerito patrizio, se per istudiare prio
passato,
dal
risorger
della
secolo alla caduta della libertà fra
aveva
civiltà il
xv e
il
pro-
nell'xi il
xvi,
Ka maturità della vecchiezza, è altresì vero,
pur troppo che, invecchiando fra tante calamità e rovesci,
aveva
di
quella
antichità perduto
il
RITRATTI FIORENTINI
108
sentimento. Accade, sotto tale rispetto, nel nostro
paese ciò che
nessun altro paese
in
Europa:
di
che a quel punto della sua istoria la catena delle tradizioni
rampolla sull'antica. di
La
Francia ha da' suoi
manca
libertà,
una gente nuova
rompe, e quasi
si
continuità che V istoria
inglese dalle sue
la
re,
non tanto a
alla storia d'Italia;
causa delle divisioni regionali, quanto perchè da
mezzo
il
secolo xvi in poi, più che storia d'Italia,
può considerarsi come non solamente
la nostra, che fino allora
storia
della
perde,
il
civiltà
universale,
che era inevitabile,
tale carattere,
ma
quello stesso di nazionale, e addiviene la storia
signorie
delle
Toscana, a
i
influenze
delle
ostinarsi a confidar
taglie
Spagna
dalla
o
vincitrice, se
non
la medicea, è vero, signoria
preparata,
il
1530
La
lo attestano.
i
loro eredi: fu
paesana
e di
lunga
per questo sorta
straniera; e
Fondata
ebbe
gli odiosi viceré,
ma non meno
all'ombra della prepotenza e
Francia,
nella
duchi; dall'Austria, più tardi,
mano
straniere.
cui fu infausto nelle ultime sue bat-
il
1512
sulla distruzione
dell'antico, la signoria dei Medici, quanti animi
attirava a se, tanti dall'amore di quell'antico ne
distoglieva
anche, e
in
;
e
cessando
breve tempo, cessare,
che era nel secolo xvii) età,
zione:
il
(il
sentimento
del fatale Cinquecento i
doveva
che dicemmo di
quella
La seconda
quelle forme, di quella vita.
di
metà
ben
Y amore,
segna cotesta muta-
mercatanti diventan nobili,
i
cittadini
si
109
RITRATTI FIORENTINI
muta
vestono da cortigiani; la famiglia
manze e abitudini; la patria era Comune, ora è Sua Eccellenza. tamento non prova
il
pe' vecchi
si
molti che
i
co' fuorusciti,
ma
Cosimo; e
modo
come
spiriti,
lui
che poi finirono fors'
anche
in
e rimpiangitore
di
il
Tacito con
della
medesimo panegirista
blica; ed egli
stettero
corte di
notabile
piìi
Davanzati: traduttore e postillatore liberissimi
questo mu-
opera senza contrasti: ne fanno
Varchi, e
in
il
alcuni dei
In
quello scorcio di secolo,
letterati di
costu-
Repube
ufficiale
meschino del primo Granduca nessun altri però, a mio avviso, quanto Vincenzio Borghini, cui la :
mitezza
costume
del
governanti,
ma
la
ispirava
mente
volgevano spontanei
ai
cuore elettissimi
il
volenterosi verso
e
vecchia
e
sottomissione
Firenze,
i
si
liberi
verso que' tempi
tempi
della
che
gusto de' cortigiani e de' retori riuscivano
al
oggimai
rozzi e feroci,
e sopra
quali la erudi-
i
zione e la critica del Priore degli Innocenti
sono
di
soli
nomi
e date,
ma
questo che dicevo sentimento
vi
spira dentro
dell' antico,
secentisti perdettero così risguardo a' fatti alle parole,
vile e
seguitando, secondo
il
non
solito,
che
i
come al
ci-
morale mutamento quel della lingua. Ri-
spetto alla quale, fu grande fortuna, non che di
Firenze, d' Italia, che nel tramonto dell' italianità,
prima l'Accademia Fiorentina e poi quella della
Crusca fermassero, per così
dire,
sulle sue basi
storiche e originali l'idioma italico: quella, con
RITRATTI FIORENTINI
110
studi del Varchi, del Gelli, del Giambullari,
gli
e di altri
;
questa, col primo Vocabolario che di
lingue viventi abbia avuto l'Europa. lario della
Il
1738) durante un secolo e mezzo di
le
decadenza
mentre sola gloria
letteraria ed artistica, e
erano
Vocabo-
Crusca, stampato quattro volte (1612-
scienze esatte e naturali,
d'Italia
Vocabolario
il
della Crusca conservò intatte e immutate le forme
genuine e native del pensiero italiano; le conservò nel solo modo che può un^ Vocabolario, cioè in
come
deposito e disposte
comune, pronte a ricevere ravvivatrice.
Ora
nuovi
i
può sconoscere solo una
critica
pregiudicata,
tra
ebbe
il
nulla
forse,
dell'arte
cruscanti
ai
meriti lessicografici
cui
i
aliti
che
notevole
è
Sei e Settecento,
del
mostra a servigio
in
superficiale difetti
i
o
che pur
gravemente rim-
loro lavoro, possa piiì
proverarsi che la imperfetta e non sincera notizia
lingua
della
Tanto remoti
storica
del
per cotesti uomini,
fatti,
medioevo
di
quelli
è
stico
Accademici
un senso :
e
il
ornamenti
le
dice chiaro abbastanza!
come
v' è il
Commedia^ chiese e
Comune, non sentiva
erano
lo scrivere di molti
secolo xvii, che fu
edizioni alla Divina aulici
lo
storico,
si
quei tempi! e prescin-
dendo anche dal Vocabolario,
V
fiorentino.
comune
sentimento
dal
i
un senso
meno
arti-
largo di
e che deturpò di
palagi dell'austero
l'antica
storia meglio di
quello che l'antica arte. Noi non vogliamo dimi-
nuire d'un apice
le
benemerenze che
i
suoi eru-
IH
RITRATTI FIORENTINI del xviii (non parlo qui del
diti e quelli
hanno verso
Muratori)
massimo
che è quanto
la storia,
dire verso la patria e la civiltà; e la nostra Fi-
renze deve certamente gratitudine a'
Del Migliore,
ma
d'una squadernando nell^ biblioteche e negli ar-
Dei, a'
volta,
ai
Gherardini, agli Ancisa:
piiì
chivi que'loro zibaldoni, spogli, cataloghi, repertorii,
transunti; selvacce di date e di nomi, fredde
squallide ed irte, nelle quali
si
z'altro produrre, tutta la vita di
squadernando
cotesti zibaldoni
consumava, senque'brav'uomini
dopo
lo studio
;
d'un
documento originale del Dugento o del Trecento, o dopo la lettura d' una pagina di Dino o di Dante, m' è parso che que' pruneti
nomi propri scritture,
si
mormorando
ciosamente
«
di
cifre e di
agitassero in quelle loro rabescate
Uomini
tra pagina e pagina cruc-
fummo ed
or
sèm
fatti
sterpi ».
Carlo
Strozzi
fu
uno
di
cosiffatti
gran
diciamo più giusto, è fra essi di
eruditi; o
lunga
maggiore. Accademico Fiorentino e degli rati,
e della Crusca
carissimo di
ai
Alte-
dove anche sedè Arciconsolo
;
Granduchi, da' quali ebbe la dignità
Senatore; carissimo a papa Urbano Vili e
suoi Barberini,, de' quali scrisse di proprio
il
desse
alle
(sola
stampe) la
a'
cosa che
genealogia, e
da essi fatto conte palatino e patrizio romano; buon padre di famiglia, compiuto gentiluomo ci è mirabilmente ritratto in due colpi di penna, de' suoi felici, da Anton Maria Salvini: « Carlino fa
;
KITRATTI FIORENTINI
112
Strozzi Senatore, pater aniiquitatis. Hollo conoscinto:
andava a mazza, aveva
il
parletico,
sem-
pre ilare e lieto, e infaticabile negli studi d'an-
libricciuolo
uno
sempre memorie »,
Portava
tichità ».
di
«suo
un
tasca
in
quale
del
rimane
ci
lunghissimo e curiosissimo, che
« spoglio »
da riscuo-
comincia con l'appunto d'un credito tere e finisce col
nome
testà nel secolo xiv, e
d'un suo Strozzi
ito
po-
poderi di casa co' loro
i
prezzi fanno serie coi desiderata bibliografici
numismatici, e
le indicazioni
armi
di
e
gentilizio
come tracce molteplici un assiduo immenso instanca-
testamenti sepolture sono svariatissime d'
e
bile lavorìo tutti
lo
antichi
di
ricerche. Tutti ricorrevano a luì,
citavano,: raccolti
i
suoi
manoscritti,
sua Villa
nella
davano occasione continua inesauribile
materia
di
di
due femmine, sul cadere
che ebbe egregi custodi figlio e in
Senatore, fu acquistata
nell' arcidia-
Tommaso
da Pietro
nipote del
Leopoldo, e
pubbliche biblioteche e quella
che allora chiamavasi Archivio segreto e
dotti,
Uscita della
passato secolo,
cono Luigi
distribuita fra le
i
gli
ramo strozziano
del
la libreria,
Carlo
marmi
i
Montui,
favorire
carteggio.
famiglia all'estinguersi di quel in
di
che è ora nell'Archivio fiorentino
di
di
Palazzo,
Stato
:
dove,
ha ricevuta sede condegna
in
questi ultimi anni,
lo
stesso domestico Archivio del benemerito con-
servatore di tanta ricchezza storica.
Chi del carteggio
di
Carlo Strozzi desse sulle
RITRATTI FIORENTINI molte zia,
filze
quegli
113
che ne rimangono ima ordinata noti-
ad aver tessuto
troverebbe
si
una
storia forse compiutissima della erudizione toscana
nella
prima metà del secolo
più illustri fra
spondenza,
il
i
xvri.
Quando uno
dei
co' quali egli era in corri-
tanti
fiorentino autore deìVItalia Sacra^
Ferdinando Ughelli,
chiamava
lo
« l'archivio di
tutte le cognizioni, l'archivio di Firenze, l'archivio (lo
l'erudizieni di
Toscana,
il
vero archivio della
patria», ripeteva, con figura un po' secentistica,
una verità
di
fatto.
tere a lui dirette
E
come rimangono
se
ed
consultori
da' suoi
le let-
amici,
così potessimo schierarci dinanzi le risposte le quali, nello
con
spazio d'un mezzo secolo e più, egli
dilfuse per ogni parte notizie infinite di avveni-
menti, d'uomini,
d' istituzioni,
la maraviglia del
suo aver tanto veduto e conosciuto credo
compagnerebbe ed
eletto
in
qualche
al
abbiam
si
si
ac-
grande
sapere non prendesse forma durevole
opera
possiamo
quale,
rincrescimento che un
d'ingegno sua propria; affermare
per
quel
visto di scritto distesamente
alla
poco che
da
lui,
non
sarebbe mancata la schiettezza della forma e una certa fiorentina elegaaza.
L'amore con
dopo che
cui egli,
la
sua voca-
zione agli studi storici ed eruditi fu determinata, si
die a raccogliere documenti,
sorta di antiche scritture, occhi
quel
sentimento
sua generazione molti e Del Lungo
di i
memorie, ed ogni
rappresenta
a'
nostri
trepidanza, cui
nella
migliori dovetter pro8
RITRATTI FIORENTINI
114
vare,
che
i
ricordi
un glorioso
cF
quale le nuove condizioni
rotto ogni vincolo reale, fossero
storicamente dispersi.
Gli
passato,
civili e politiche
col
avean
per andare anche
ultimi anni del corti-
giano Cinquecento avean prodotto una quantità pseudostorie, nelle quali la retorica
di
alleava
si
con la malafede a fare strazio del vero, ad
esal-
tazione di meschine ambizioncelle genealogiche e
Paradosso
d'
« che non importa che come scherzo è insipido
la
personali.
Il
que' tempi ne' quali
di
e pubblicato,
pio
non
la storia
il
vera
sia
»,
se
sua parte, come segno
composto Per esem-
Salviati l'avea
è senza importanza.
un orafo Ubaldini
:
Ormannozzo Rigogoli
s'
era incapriccito di di-
scendere da' vecchi Ubaldini signori e terrore del
Mugello e
di
Romagna:
e su questo suo capriccio
avea schiccherata e stampata una Storia degli Ubaldini; d'
il
conte Federico
Ubaldini
Urbania, un Ubaldini legittimo e de' eruditi del secolo
tili
al
la quale
nostro Strozzi, la
gognava parlarne
xvi,
piii
« storiaccia »,
»; e già s'era
« si ver-
e
con
lui
sfogato,
su questo proposito dell'istoria antica, «
poco
non
ci
potiamo fidare degli
della loro età,
scrivono l'istorie
con avidità tentico:
ai
di
gen-
chiamava, scrivendo
scrittori
come sono
tutti
quanto
delle cose quelli
che
que'tempi». Si ricorreva
documenti, agli originali,
non sempre per cavarne
anzi talvolta, chi lo crederebbe
?,
all'
au-
della storia;
delle goffaggini
poetiche; quali, col dovuto rispetto al suo estro
U5
RITRATTI FIORENTINI pindarico, sono
certamente
Cinquanta Sonetti
i
Alessandro Adimari in lode
di
da
Adimari, pubblicati
1638, e corredati ciascuno
di altrettanti suoi
bravo vecchio nel
quel
testimonianze
di
Villani ed anche di documenti.
C'era
dei documenti intendeva assai il
legittimo uso ed
più
del
però chi
dirittamente
vero valore. Di poco ante-
il
un monsignore Girolamo 1573 al 1635), grande patrie memorie: e s'egli credè
riore a Carlo Strozzi è
da Sommaia
dal
(visse
raccoglitore delle
buona cosa curare
la trascrizione degli
Vincenzio Borghini, questa è già a
lui
studi di
non
pic-
cola lode. Intorno ai documenti e alle fonti ge-
nuine e legittime della storia un monsignor Piero
Paolo V, a Carlo sembra aver presentita la
Strozzi, segretario dei brevi di
ancor giovine,
di
cui
vocazione e l'operosità,
queste parole
scriveva
davvero bellissime: « Queste sono che
vi
ma
sincera e
è la verità e la
ricercava».
animo ne
Uomo
« cose
il
a
il
e
affettata,
negozio stesso
il
non volgare
di
questo monsignor Piero era
corrispondere
con
Carlo
su
vecchie », e apparisce dal carteggio aver
avuta qualche parte nel farlo rivolgere agli
studi dell'antichità patria. in
vere istorie,
prudenza non
tempo
certamente
di cultura,
de' primi
stato
egli
come
le
Fu
lui
che
lo
messe
guardia (giovinetto ancora, e combattuto fra darsi o alla mercatura, alle armi,
scarso
il
per
vigore)
le
come voleva il padre, Tanìmo ma
quali avea pronto
contro
1'
oziosaggine
patrizia
116
RITRATTI FIORENTINI
allora invadente;
della
quale è viva pittura in
sua lettera (Roma, 3 ottobre 1609): «Una cosa non approverei mai mettersi la croce in
altra
:
e poi stare
petto,
come ho
tutto
visto fare
de' cavalieri di
secentista,
a'
Malta; intorno
Magliabechi,
il
su per
dì
il
i
cantoni,
più». La croce, intendi, ci
ai quali un altro ha conservato un
motto: «I signori cavalieri di Malta hanno due gran nemici, cioè Turchi e Latini. Volendo inferire che sono ignoranti». L' Ubalgrazioso
i
che
dini, altri
del
suo
i
Ottaviano e degli
cardinale
suoi antichi preparava e procurava le
me-
morie, non fermava intorno ad esse peso di dram-
ma, che non ne avesse avuto sincere informazioni
comunicazioni dal suo signor Carlo;
e
così raccogliendo notizie per la Vita di
e
Franco
Sacchetti (lavoro ispirato dal cardinale fiorentino, Giulio Cesare Sacchetti), e così per un Elogio del
cinquecentista Iacopo Corbimetteva a largo contributo la benevolenza di lui grandissime,
fiorentino filologo nelli.
L' Ughelli
dottrina e delle
quali
Sacra
la
per
la
grande
opera
seguitava a far conto
era riuscito ad ottenere licenza
Registri
vaticani,
gran timore non gonio e eruditi
il
la
quale
gli fosse
della
consultare
di
sempre
« stava
sospesa ». Fra
Muratori, cosiifatta è la
che alimenta
e
Italia
anche dopo che
trasmette
il
i
in Si-
famiglia di
la
tradizione
degli studi sull'antichità medievale.
Allo Strozzi, per comunicazioni
da
« cotesti
IH
RITRATTI FIORENTINI antichi
libri
rivolgevano del continuo
si
>>,
corrispondenti.
eruditi
grazia di avisarrai se del
Diario
La
«
supplico....
potesse avere una copia
si
Cronaca
Monaldi e della
del
suoi
i
a farmi
delli
Morelli e delli Velluti, e quanto cesteria a farla fare:
che se fusse possibile ne
ho alcuno rUbaldini Nel 49
libretto
in lettera de'
lo stesso
vorrei,
questa sorte
di
già che
14 settembre 1656 da Roma.
Ubaldini teneva pratica con
la trascrizione, che
cosi
scritti »:
un monsignor
lui
per
Albizzi deside-
rava, delle Commissioni di Rinaldo degli Albizzi.
Nel 41 e nel 46
gli
chiede comunicazione
cuni passi della Cronica della quale nel offiziosa
plare
42
lo
di
ringrazia per la « cura cosi
che s'è pigliata cotesta
in
d' al-
Marchionne Stefani;
libreria
per di
ritrovare l'esemS.
Lorenzo
».
E
l'Ughelli, venuto nel pensiero che ciascuno dei
tomi, ne' quali provincia per provincia è distribuita la sua Italia Sacra, dovesse avere « qual-
che cronica
di
quella provincia che
mai più stampata», avere « qualche cosa
Toscana
»
;
si
di
non
sia stata
rivolgeva allo Strozzi per Toscana.... della nostra
rispetto alla quale le sue ricerche in
Roma
erano state infruttuose, onde gii scriveva non viene dalla sua diligenza, credo che pescherò in vano in questa parte ». A cui lo Strozzi prontamente rispondeva offerendogli una Cronaca di Pisa e una Storietta pure pisana, e « se
questa poi
infatti
TUghelli stampò; e
«
un quin-
ternetto in cartapecora, Delie vittorie de'Fioren-
118
RITRATTI FIORENTINI
tini »; e
ma
un' « istoria della città di S. Miniato »,
questa
essendo volgare, non faceva a pro-
«
posito » a don Ferdinando, che voleva solamente
cose latino. Pregiudizio erudito, al quale presto
avrebbe dato bando fosse forte, se
rUghelli,
il
il
Muratori;
s'impigliava
vi
ma
vedasi quanto
un uomo come
cui copioso carteggio con lo Strozzi,
dettato assai garbatamente, ha
piìi
nianza del suo
buon gusto, come
retto senso e
quando d Vespasiano da
d'una testimo-
Bisticci loda
«
il
dire
popolana e le belle e curiose notizie », e quando d'una propria traduzione « dal latino in toscana favella » teme che « non sarà buona, per esser oggi io più romano che fiorentino ». Se non che può quasi dirsi che più fiorentina che alla
romana
fosse
Roma
stessa in quello
spazio
di
intero un secolo, da papa Aldobranpapa Rospigliosi (1592-1670); la Roma che vide in questi due toscani rinnovarsi il nome di Clemente, come quel di Leone in un altro Medici; e due altri papi di toscana origine ebbe da' Borghesi e da' Chigi; e pontefice per ben ventun anno, dal 1623 al 44, e principe de' più splendidi che mai le abbia dati il Papato, e
pressoché dini a
de' più fieramente teneri della
provincia nativa,
il
fiorentino
famiglia
e
della
Maffeo Barberini
papa Urbano Vili. Sono note le debolezze poetiche e letterarie di questo pontefice: le quali non solamente occupavano suoi ozi di mecenate e di scrittore. i
119
RITRATTI FIORENTINI
ma
si
mescolarono sovente
e all'esercizio del
come quando
pontificai ministero,
suo
volle rifare
il
latino a' vecchi Inni della Chiesa, e alla tratta-
zione delle faccende dello stato
quell'uomo pieno di se e di non buona
in
fetti,
talvolta con ef-
;
coscienza, pubblicamente funesti.
La guerra Far-
nese, che sconvolse mezz' Italia,
ha
sodi
anche conversazioni
mentare e
chi
il
Petrarca) fra
non porrà
zione
del
fra
fra' suoi
letterarie (volevan il
duca
e
pontefice
il
divino Galileo,
quale
nella
certo aver avuto la principal parte
Le
quanto
mal
tanto
state
curato
il
bene
da
ormai
è
privati
i
ri-
« api barbe-
rine », che poi Pasquino nella morte di
essere
:
pubblici mali la persecu-
i
sentimenti di Maffeo Barberini?
disse
epi-
com-
Urbano pasciute
lui
gregge cattolico {quam oves), erano di-
bene pavit apes, tam male pavit
ventate quasi universale insegna de' poeti, degli artisti,
de' dotti
nemerenze
:
verso
i
dei Barberini
quali, del resto, le be-
non furono
poche né Barbe-
ricordare la Biblioteca
piccole; e basta
riniana, fondata dal cardinale Francesco, e che il
Mabillon e
Montfaucon dissero
il
dopo
e importante
della sua casa fu al
qual fine
gli
il
la Vaticana.
la piiì ricca
La
esaltazione
pensiero dominante di Urbano;
parve necessario che
dori della tiara e di tre
porpore
della
flesso (sfoggerò
anch'io un po'
di
splen-
cardinalizie e
Chiesa avessero
del generalato
gli
il
loro
ri-
Secento) nella
luce d'una vetusta e illustre prosapia.
Ma
il
nomo
120
RITRATTI FIORENTINI
Da
dei
Barberino,
nell'antica storia
della
loro
Firenze, è ben lontano dalF avere quella impor-
tanza che la grandezza delle opere buone o i
magistrati
tenuti,
hanno associata
potenza e la
la
ree,
ricchezza,
nomi, per esempio, dei Biion-
ai
delmonti, degli Uberti, dei Donati, dei Cerchi, dei
Tosinghi,
Pazzi,
dei
simili:
anzi,
Frescobaldi, ed
dei
dovendosi
mente che
por
altresì
altri
l'aggiunto cognominale « da Barberino » in molti de' cosi ricordati
non
è indicazione gentilizia
semplicemente del luogo d'origine, può nel Trecento l'unico
a cui
nome
dirsi
ma che
degli avi d'Urbano Vili
rimanesse celebrità
quello di messer
sia
Francesco da Barberino legista e poeta, l'autor
Documenti d'Amore
de'
stumi di donna. genealogico famiglia:
di
I
e del
magistrati
entrano
nobiltà,
di
tinta
romane sare sdegnosamente « gli alla cerca » si
sue
anche dopo
villereccia,
« di
origini, facea ripen-
avoli
che
andavano
a quel Semifonte appunto, alla cui
appiccano
le
prime memorie de' Barbe-
quando non erano Val d'Elsa.
rini
di
titolo
Certaldo e di Fighine », che a Dante,
superbo delle
storia
e Co-
tardi in quella
e in essa per assai tempo,
inurbatasi, rimane quella
Campi,
Reggimento Comune,
del
altro
che
« contadini »
Carlo Strozzi, che fino dal 27 avea ricevuto in
Roma
ospitalità
magnifica dall'onnipotente
famiglia, e n'avea riportato l'onore del loro
com-
paratico per l'imminente parto della sua moglie.
121
RITRATTI FIORENTINI e pensioni
sé
e'
suoi, fu deside-
papa Urbano genealogista della sua casa.
rato da
A
per
e benefizi
primo adempimento
36
derii curò nel
questi pontificali desi-
di
Verino De
la ristampa del
il-
lustratione urbis Florentiae, con delle carezze al
nome
barberino; l'istoria delle quali, che
ho
io
sarà promesso di cavar fuori dai documenti di papa letteraria vita un curioso episodio della ,
Urbano. Questi,
mezzo
col
e
suoi
de' cardinali
consanguinei e dell' Ubaldini e del canonico poeta Niccolò «
Strozzi, fratello
apes urbanae
y>
con Carlo
rino, era
di
ed
Carlo
una
delle
mellificanti nell'alveare barbe-
continua corrispondenza
in
;
degnava tenere alh suoi sanrammentava « con molta stima
e agli eruditi che « tissimi piedi », lo
della persona sua ». Si voleva anzi ch'egli
Roma
quella
bilisse in
che a buon dritto
si sta-
ho
io
chiamata fiorentina; tanto fiorentina, da ingelosirne perfino e insospettirne
duca;
ma
Strozzi
lo
fece
il
serenissimo Gran-
bene
i
suoi
conti,
e
credè meglio non accettare. Bene acconsentì in-
vece a recarvisi per un lungo soggiorno:
ii
cui
scopo era tutto letterario, cioè aiutare e abbellire
di
toscana
erudizione
le
pubblicazioni
che
papa Urbano preparava, per mano del suo conte Ubaldini, e in parte secondo indicazioni già fornite dallo Strozzi
medesimo,
dei
Documenti del
Barberino e
di
lustrare «
pedale », come dicevano, del gran-
d'albero
il
altri
antichi testi; ed inoltre
barberiniano
trapiantato
con
sì
il-
buoni
RITRATTI FIORENTINI
122
rive
sulle
aiispicii
cioè con un bel
armato
verso l'eterna
20 dicembre si
tutto punto,
bauletto di antichi
manoscritti
storiche, documenti,
Carlo Strozzi
simili,
città.
si
spogli, e
avviò, aspettato a gloria,
Ho
il
saputo che V. S. non
queste feste
però
:
signor Cardinale (Francesco)....
gran gola aspettando V.
T Ubaldini
scriveva
Gli
del 36: «
per
partirà
modo,
tal
di
memorie
toscani,
Per
Tevere.
del
ne' primi mesi del 1637,
1'
ho detto
Del resto
al
con
sto
Assicuro V. S. che
S....
ninna cosa mi potrà accadere più grata che
il
ve-
derla tosto con quelli arredi ch'Ella dice d'avere
che volendo Sua Eminenza fare
di libri vulgari:
stampare questo Barberino, mi bisogna leggere molti
di
quelli
di
parole simili a
grato al
per trovare cose e
scrittori,
del
ma
40;
fruttoso a lui
che
il
altresì
della gloria barberiniana.
ser contento.
travagliato
Il
di
Roma
nella prima-
soggiorno romano, se
suo
de' soliti
fu
disutile
curiali
a
favori, tutt' altro
questo
gran negozio
Papa Urbano poteva
suo genealogista aveva da continue
lettere
e
modesto vecchio Orazio Tempi,
celliere delle
Teglia, rato
il
il
es-
Roma
richieste
amici e corrispondenti fiorentini: quali, e
e più
».
L'erudito fiorentino lasciò
vera
meno aspro
lui, e così farlo
mondo
gli
il
dotto
culto
can-
Riformagioni messer Vincenzio del
un Vincenzio Barducci, Scipione Ammigiovane, un Francesco Fazzi archivista
dei Salviati; e
a
Siena,
il
letterato gentiluomo
123
RITRATTI FIORENTINI quale
lagnava con
Giulio Piccolomini,
il
che « uno studioso
dell' antichità
posta sua saziare
suoi desiderii negli Archivi,
i
si
che a punti di luna e con cento assistenti
romano
carteggio
di
Carlo
coi
lui
non potesse a ».
Il
sunnominati, e
specialmente col dottissimo Tempi, è tutto
una
serie di quesiti su punti che gli occorreva aver
massime per distendere il discorso sul Godi Firenze da premettersi alla Genealogia
chiari
verno
Barberina; discorso che
fu presentato dall'Autore
un « dopo pranzo », al Pontefice. Nel medesimo tempo, altre comunicazioni chiedeva
stesso,
lo
Strozzi di antiche cronache
come quelle Cambi, Nerli.
La
di
Bonaccorso
Iacopo
di
Salviati,
non portate
Pitti,
e
i
di
seco,
Giovanni
Comentari
del
1640
conclusione fu: che sul cadere del
uscirono in luce ad un tempo la Storia o Discen*
denza della famiglia Barberini diretta a don Taddeo Barberini^ Prefetto di Roma e Generale di Santa Chiesa^ da Carlo di Tommaso Strozzi, stampata in un bell'in-folio; e i Documenti d' Amore di messer Francesco da Barberino, con Prefazione, Vita
cura
dell'
dell'
autore, Tavola
Ubaldini,
in
delle
voci,
un nitido volume
giato di bellissimi rami;
poi nel
1642,
per
e fre-
pure in
uno splendido in-quarto a cura dell' Ubaldini, le Rime del Petrarca esiralie da un suo originoÀe con le Virtù morali attribuite a re Roberto, e il
Tesoreito^ e Quattro canzoni di
Quanto
a'
due
bei lavori dell'
Bindo Bonichi.
Ubaldini cooperasse
124
RITRATTI FIORENTINI
e quanto utilmente lo Strozzi, lo attestano
do-
i
cumenti del suo carteggio, e la narrazione
che
sopr'essi io son qui venuto tessendo.
Fra
corrispondenti fiorentini
i
dello
brava e cara persona doveva sopra quel pili
buon
vecchio
Crusca la
fino
mondo
questo
stato in
Strozzi, e torna
dal
Orazio Tempi
di
col
Lei »
di
1611), del quale è
V.
S.,
die' egli allo
il
della
somma «
lode
suo signor
con
di
queste sue
che mi dà
le lodi
di
let-
solenne »,
scriveva egli piacevolmente, con allusione, che
sembra fosse
comune linguaggio,
allora del
« nostro Uccellatolo »
E
molto
mi manda un poco verso Bologna
eruditario, gli
(
pienamente giustificata dalla dottrina
»,
dall'eleganza e dalla modestia tere. «
essere «
accademico
vederlo
grande stima che mostra farne
Carlo
Strozzi,
tutti
volta lo pregava
altra
al
figurato anche da Dante,
che volesse porgli
in
carta certe notiziette dategli a voce d'un suo an-
Benedetto Tempi:
tico ser
cosa nella mente che
si
e
« se le
pare d'aver
potesse dire in onorevo-
non fu una lettera quasi rispondendo a questa domanda; perchè vorrei tal lettera inserirla fra alcune mie poche e povere coserelle, lezza di tal
Ercole),
uomo, qual
me ne
egli si fusse (che so
scrivesse
che penso mettere insieme: con tutto che forse,
come
disse Dante,
il
tacer sarebbe meglio
:
concedasi qualcosa alla tenerezza ». Parole granti di pio affetto alle patrie,
e
che
fanno
ma fra-
memorie domestiche
e
deplorare la incuria e la
125
RITRATTI FIORENTINI
maggior parte de' presenti Ma il mal esempio è antico pur nostri patrizi roppo che in quel medesimo carteggio impaiiamo dal Barducci, come un discendente del^gratitudine
della
!
'
:
isterico Filippo Nerli,
l'
quale lo Strozzi
al
Comentari^
rivolto per trar copia dei
si
era
gli rispon-
non sa poi quello sia stato del suo originale; sa bene che lo riebbe, almeno li pare e... ». Risposta che rassomiglia a certe, quando vengono, del milleottocentotanti.
deva
averli
Dissi che
meggia loro
1-1
« e
prestati,
eruditi
gli
nella
Carlo Strozzi, ebbero dottrina
schiera pri-
cui
il
torto di affogare
zibaldoni
ne' loro
manoscritti,
onza nulla produrre alla luce del mondo.
un tempo che si era proposto una serie d'antiche opere
lo
Strozzi
di
dare alle stampe
fu
ci
'Storiche: proposito
lodatori
i/suoi id
ra ;
essere i
nobilissimo, biografi,
e
e
anche per questo
rimasto
che
titolo
a
cui
egli
mente
pose
fu
il
ignoto
dà
gli
diritto
annoverato
predecessori dei grande Modenese.
orice
iuale
Ma
Il
primo
Buoninsegni,
il
voleva « fare stampare secondo un
iianuscritto eh' era appresso di lui »; e rimane,
uitografo, l'abbozzo d'una prefazioncella, imper-
ante qui a legli
anche come testimonianza
riferirsi
ottimi principii
di
fica eh' egli seguiva.
-econda parte li
dell'
«
critica
La
storica e filolo-
presente opera è la
Historia che già più anni sono
erroneamente stampata sotto nome
Piero Buoninsegni:
il
vero autore
fu
di
messer
Domenico
RITRATTI FIORENTINI
12G
SUO padre, come dal manuscritto antico che è stato
mia mano, dove è Tiina e l'altra parte, chiaramente si vede. E ben vero che Piero suo figliuolo la fece copiare l'anno.... Credo che piuttosto se li convenisse nome di Memorie che d' Historie ma perchè all'autore piacque così, non m'è parso in
;
alterarle, anzi lasciarle in tutto
e per tutto nella
sua pristina e pura lettura, arricchitole nondi-
meno
postille in que' luoghi
di
potere essere studiosi.
più diletto
di
che ho
creduto
curiosità degli
alla
Se questa mia fatica cognoscerò che sia
mi darà animo di mettere in luce opere non meno cwnose che dilettevoli, E
grata,
felice ». Il
medesimo stante il
a
vivi
veder cancellate cautamente da Carlo le
parole che ho contrassegnate
promettitrici
sivo,
altre
farci
di
altre
di cor-
pubblicazioni, è ba-
comprendere
fra quali
secche
il
La
suo già ben fornito vascelletto arrenasse.
pubblicazione di que' vecchi storici, che raccon-
tavano troppo alla libera, non era nel Seicento
La
un'agevole impresa.
non
fu fatta
dilettevoli »
mai
e le altre
« onere
curiose e
1.
rimasero
sterile desiderio
valentuomo.
:
ristampa del Buoninsegni
La
le carte fra le
il
al buio
ancor
esse, e
bel disegno concepito
uno
da quel
non ha data; ma veggo riposta mi fanno
prefazioncella quali la
argomentare che que' pensieri
gli
per la mente dopo
tornato da
nell'aprile del 39, lo
vediamo
si
aggirassero
Roma;
di
dove,
sollecitare la copia
d^^W Hìsioria sicula (che poi pubblicò
il
Lami)
di
127
RITRATTI FIORENTINI
Lorenzo Bonincontri, dicendo di
pe'Barberini, quella
Ma gli
che, a differenza
altre di quelle copie procurate
fa
ai
Barberini
e'
come vedemmo
«la vuole per
egli
rimase
se ».
affezionato (e
grande onore) anche dopo che nel 44, con papa Urbano, la loro oltrapotenza ebbe
la vita di fine; e
ricchire
durò sino agli di
codici e
Barberiniana.
di
ultimi suoi anni preziosità
la
ad
ar-
biblioteca
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI IN
DEGLI
«
PROPOSITO
mREVOCATI DÌ»
Ì^ELlu'
ADELCHI
Al marchese Matteo Ricci Pì^esidente del
Non potendo manzoniana a (*)
Circolo filologico di Firenze X*)
intervenire
alla
conversazione
cui Ella cortesemente m'invitava
Quando pubblicai nella Rassegna Nazionale di Firenze mio scritterello, dichiarai che gli con-
(15 gennaio 1887) questo
servavo la forma amichevole e senz' alcuna pretensione, con la
quale pochi giorni innanzi era nato; che aggiungevo cazioni esatte dei passi degli scrittori che e poiché la lettera sto si spingesse
un
aveva un
mi
le indi-
era occorso citare
;
poscritto, lasciavo altresì che que-
po' più in là della lettera, bastandomi che
l'uno e l'altra tendessero alla medesima conchiusione. Indicavo
me noti, partoriti sin allora da quella poquanto a questi, le sparse indicazioni si assommano oggi, compiutamente o quasi, nel citare il volumetto delle Rassegne letterarie di Guido Mazzoni, con ^ gì' ir rei- acati dì» Appendice di scritti editi ed inediti ^ul coro II dell' Kàoìchì (Roma, libreria A. Manzoni, 1887: vedi a pag. 215-216, e poi a pag. 283-375) aggiungendovi poi i due scritti di L. Gelinoltre gli scritti a
lemica:
ma
;
METTi (Milano, Saldini, 1887)
U Manzoni
spiegato col
Manzoni
famosa questione sopra gV « irrevocati dì » e Risposta alle idtime obiezioni di R. Fornaciari e I. Del Lungo ; irrevocati dì» del Manzoni e l'opuscolo In proposito degV risolve
la
;
«^
Del Lungo
9
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
130
per questa sera, voglio almeno ringraziarla del piacere procuratomi col farmi leggere
che non conoscevo
gli
scritti,
intorno alla interpreta-
tutti,
zione degli « irrevocati dì ».
Pare a me, «che
grammatica
la
dia,
a prima
giunta, ragione alla interpretazione nuova; l'o-
recchio, all'antica;
contesto, sia della strofa
il
anche
sia dell'intero Coro, ed
Coro è l'espressione,
il
del
II coro delVkàé\ch\, Studio
{Città
di
Castello,
pag.
215-265
lotti,
1889).
'
Lapi,
in
cui
dubbio.^
I
Camillo Antona-Teaversi
di
da vedersi più compiuto a
1888),
Nuovi studj
de' suoi
delle scene di
lirica, lasci
(Milano,
letterarj
Borto-
Adelchi, Coro dell'atto IV. Ahi! nelle insonni tenebre, Pei claustri solitari, Tra il cauto delle vergini, Ai supplicati altari. Sempre al pensier tornavano GÌ' irrevocati dì
Quando ancor
La nuova
;
cara, ecc.
proposta e
interpretazione,
sostenuta dal Maz-
zoni e dal D'Ancona, era che irrevocato significhi in quei versi, «
non richiamato
come portava
l'
»,
invece che
antica e
«
non richiamabile, irrevocabile
comune
fecero a difendere, fra gli altri, di questi,
nomi mi occorse
cui
i
il
interpretazione,
Rizzi e
il
citare nel
la
quale
»,
si
Borgognoni. Così
mio
scritto,
come
degli altri molti che presero parte alla questione, contiene gli
volumetto delle Rassegne letterarie
scritti respettivi l'indicato
D'Ancona ha recentemente confermata la sua interpretazione, annotando il Coro manzoniano fra le Poesie di A. M. scelte e annotate ad uso delle scuole (Firenze, Barbèra, del Mazzoni.
1892)
:
«
« sizione «
ma che
vamente
».
Il
»
conchiude ci fu fatta,
«
davanti a tanta e
sì
valida oppo-
confessiamo di confermarla remìssi-
Vedasi anche a pag. 125 delle Poesie Uriche di
A, M. con note storiche renze, Sansoni, 1892).
e
dichiarative di Alfonso Bertoldi (Fi-
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
grammatica sono
giudizi della stretti
e angolosi, e
massime
un po' perciò talvolta conducono, di necessità
in fatto di poesia, all'inconveniente del
summum
summa
ius
chio, che allettano
tuttavia
131
i
iniuria. piiì,
giudizi dell'orec-
I
riescono spesso fallaci;
un poco meno, quando
tratti di au-
si
tore vissuto nei nostri medesimi tempi, e a cui
una parola o una frase potè sonare, mentre
l'a-
doperava, quel medesimo che, rettamente o no,
suona a
Cosicché mancando qui, come a
noi.
me
sembra, sicura autorità a quel terzo giudice, è
malagevole decidere la questione.
Prescindiamo per un poco dalla controversia grammaticale, e mettiamo a fronte pretazioni
le
due
inter-
il
conte-
:
Tornavano ro
i
sempre
pensie-
al
giorni non richiamati,
i
gior-
ancorché non richiamati, sebbene non voluti richiamare, nei ni
quali ell'era sposa felice.
Questa è
interpretazione
1'
dirsi
il
e
senza difficoltà; che difficoltà non
sto la riceve
può
recente:
lieve e poetico iperbato, «
tornavano
non richiamati giorni », invece di « tornavano, non richiamati, i giorni », come sarebbe la gia-
i
citura più strettamente logica.
Tornavano sempre ro
i
sibili
tro,
al
pensie-
giorni irrevocabili, non pos-
ad essere richiamati indie-
che non potevano più tor-
nare in fatto, ne' quali ell'era sposa
felice.
32
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
Quest'altra è l'interpretazione comune; e nean-
che ad essa
Potrà si
contesto ripugna.
il
agli uni o
presti meglio
all'
agli
una o
altri
parere che
all'altra:
esso
ma ripugnanza
assoluta all'una o all'altra, nessuno ce la potrà trovare.
E
poiché, oltre a questa arrendevolezza
del contesto
,
anche la parola
« irrevocati »
r una o V
assoluto
altra di quelle
che
da
modo
per sé sola non ha virtù di respingere in
due interpre-
e sia pure peccato Manzoni, ha d'ambiguità, o Alessandro almeno dato appiglio a tale accusa, mi parrebbe,
tazioni, confessare
a dir vero,
E
il
partito, in simili casi, più* giusto.
innanzi
questo,
lo scrittore,
e già
farei:
tutto,
si
fa
col
disputare.
Se poi
la critica, incalzando,
tavia, quale
dello
si
ha da
scrittore? - allora io
che egli intendesse bili »; e
inclinerei
a credere
« irrevocati » per « irrevoca-
« irrevocato », negli « irrevocati dì »
che
della repudiata
che pel
dimandi - Tut-
dire che fosse l'intenzione
Ermengarda, fosse per
lui
Leopardi quel dolce
E
irrevocabil tempo, allor che s'apre
Al guardo giovanil questa Scena del mondo,
infelice
e pel Petrarca Il
tempo che tornar non puote
ornai
in Lucrezio, Irrevocabilis
praeterita 'aetas
;
:
quel
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI fi
133
-
un bel distico del Poliziano
ili
Heu, heu praeteritura non est revocabile tempns!
Heu
propius tacito raors venit ipsa pede!
i
Ma, con la dovuta reverenza, non saprei lodare nò il Manzoni né il Monti ^ di tale uso, che anche
al
tivi
verbali,
professor Rizzi pare arrischiato. Gli adietai
assomiglia,
« irrevocato »
quali
non
derivati dal participio passato,
si
prestano,
per loro propria natura, a sinonimizzare con
pur
altri
evole: perchè questi
non potersi
tersi
li
verbali adiettivi, terminati in abile, ibile,
un valore positivo
si
riferiscono ad atto da po-
fare,
e quelli
e di cosa fatta
hanno invece e stata, come
donde scaturiscono. Assumono questa capacità quando mediante F anrichiede
tefisso
I,
>ì>>i!re),
Petrarca, Son.
Caditi, xvi.
».
Politiani,
Bardo st.
significato
«
Che
della
Epigrammata
Selva Nera,
negativo
fai? che pensi?
469; nella traduzione del Marchetti,
irrevocabile II
acquistano
« in »
Leopardi,
^
LucRET.,
2
participio passato
il
«
».
l'età trascorsa
latina, cu.
Canto VI [Il
XIX
Bru-
37 (è Napoleone che, nell'assemblea di Saint-Cloud,
yirelude alle baionette de' suoi granatieri)
:
Ma
d'infamia coperto e irrevocato Passò, lo giuro, de' ribaldi il regno
E 11
il
giura do' prodi
Gherardini, che adduce
il
il
santo sdegno.
passo nel suo
rahoìarj italiani (III, 613), pone prima/v
Non richiamato. piìi
^iede
»,
essere
«
SwppUmento
a'
Vo-
Irrevocato. Aggett.
», senza esempi. Poi: « § Per Che non può tornare più indietro Che non richiamato. Che più non può esser rimesso in
Lat. Irrevocatus
Irrevocabile, cioè
\mb
;
della patria qui sul lacerato
Corpo
con l'esempio del Monti.
,
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
134
da
(« irrevocato »
dere l'altra
ha
li
revocato
senza bensì per-
»),
come quando erano
Tatto positivo e consumato
positivi,
che
«
significare,
di
La
generati.
chi voglia vedere
del
verbo
quale seconda accezione
manzoniani
nei
« sole
amore indomato » non è però interpretarli, come Y egregio Rizzi
cato,
infati-
costretto a
persona
in
non ancora stanco, non ancora domato», ma «non mai stanco, non mai domato » e così, « scevre di colpa, che mai non ebbero colpa », le « incolpate ceneri » da
dissenzienti
dei
suppone,
lui
«
:
di quello stesso mirabile rei
qualunque poi
(e
l'autore), ben
un tempo
asseverativi, che
pili
se intendiamo «infaticabile, indomabile».
a
« hicolpato »,
crede-
significati,
:
profondi e gagliardi, perchè
pili
semplici, e ad
pili
Coro
sia stata l'intenzione del-
piaciuto
Manzoni, e ad
altri
« incolpevole »
non
anche
il
Quanto
volte
al
sua rispondenza a
poeti, la
toglie
altre
senso positivo
;
per-
chè « incolpevole » è un adiettivo nominale, non già verbale, ossia attiene a « colpa »,
non
al di-
susato e oggi quasi ignorato « colpare »: e quan-
do di
il
Manzoni, com'Ella ben
sa,
ebbe occasione
determinare, richiesto, tale rispondenza, fu per-
chè
si
insons
dubitava tra »),
il
senso latino (« inculpatus,
e l'ordinario nostro
e usuale da « in-
colpare». Alla questione degli «irrevocati » non
erano maturi
Né
«
rata»,
e
i
tempi.
animo immutato, moltitudine innumei'
tanti
altri
cosiffatti
ai
quali pure
il
135
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
Rizzi accenna, equivalgono propriamente a « im-
mutabile, innumerevole », in stretta grammatica;
ma
appartengono tico),
che
piìi
mediante
mutato,
una figura poetica
per
soltanto
altro
la quale
il
non essere
del
contato, oltre
per sé non
il
linguaggio poe-
al
non aver mai mai numerato o
stato
qual limite logico la parola di serve indirettamente a
va,
invero
fatto del
tendere che quell'animo non
nessuno verrà mai a capo
Fra
(e
far in-
muterà mai, che
si
contar quella mol-
di
due passi poi del Monti e del Manzoni porrei questa ditferenza: che V «irretitudine.
i
vocato » del Bardo non può interpretarsi altra-
mente che per rardini;
e
« irrevocabile »,
quindi,
quella chiarezza, di
due sensi,
all'
potrà
come
non
che manca,
fece
piacere,
il
Ghe-
ma ha
perchè suscettiva
manzoniano,
« irrevocati »
il
quale non potrebbe con eguale sicurezza addursi nella esemplificazione d' un vocabolario.
Parola, del resto, un « irrevocato »
;
po' pericolosa, questo
e pericolose, in generale, le pa-
role potenti, che servono,
come bene ha
detto
il
Borgognoni, a racchiudere liricamente in sé un ampio concetto. L'ampiezza porta facilmente la indeterminatezza; interpreti e grammatici facciamo poi
come
il
mestier nostro
:
e
il
povero autore,
forse in questo caso, é servito.
sto diciamo, che pericolose
piutto-
sono per chi poi le
raccatta; e oggi é un gran raccattare,
occupa-
zione da poveri; l'artista tira innanzi per la sua
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
136 via,
uè forse
pentirebbe tanto
si
averle adoperate. gli artisti?
al Littré,
e
« le passe,
Non
Ma
facilmente di
quanti sono, e quali, oggi
sa Ella, che data
on ne peut
un' occhiata
On ne
peut révoquer
faire qu'
une chose qui
leggendovi
«
« a été faite ne Tait point été. - Je lui dis qu'on «
ne pouvait révoquer
passe, qu'
le
il
y avait
« aussi des choses que je voudrais n'avoir jaraais
«révoquer» è adoperato per Annullare, Distruggere, Far come se non sia stato ciò che è stato (e il «revocare» nostro ha pur questo senso); non sa Ella, caro Marchese, che mi sarebbe balenata alla mente una terza interpretazione, se non mi avesse fatto paura l'apporre una giunta a una derrata già incomoda? Non è però men vero, che non sa«été
faites
- »;
dove
verbo
il
rebbe irragionevole neanche Tornavano sempre ro
che
giorni
i
interpretare:
lo al
pensie-
essa
ora a-
vrebbe voluto non fossero mai stati;
i
tevano,
be
giorni
come
voluto,
cellare
dal
che non
distruggere, passato
suo
somma, con amarezza tro
voglia
tempo la
si
felice,
miseria
si
po-
essa ora avrebcan;
e
ricordava che le
ora
in-
condel
nel-
accresceva
dolore.
E
forse in
pennello
il
questo senso, nel quale tornerebbe a raffronto della sentenza che Alfredo
137
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
De Musset^ rimproverava per
a Dante, « irrevocato »
pure bisogna far capo)
« irrevocabile » (a cui
offenderebbe
chè
tratterebbe
si
«
e
»
bili
meno
interpreto
non a
rigore
il
grammaticale, per-
giorni e
di
distrutti »
;
che
non
«
Varano, se
il
»,
lo
senso ap-
dovere, disse in questo
punto « irrevocabili
distriiggi-
quando lamentò
la
morte
d'uno dei personaggi delle sue Visioni:^ irrevocabil ora, in cui lasciasti I
resi al tuo sparir foschi
Tuoi patrj In
una scena
merati
i
lidi,
del
e selvaggi
che già tanto amasti!
gran Corneille,^ Tolomeo, enu-
propri errori, conchìude
Mais, puisque
_
le
passe ne peut se révoquer
come
cioè Annullare,
:
il
Littré spiega. Distrug-
Far che stato non sia. L' manzoniano assumerebbe analogia gere,
« irrevocato » col francese,
pili stretta forse di quella col latino, sulla
quale
nuova interpretazione si fonda: perchè è verissimo che il Manzoni era un romantico molto
la
classico, e si deliziava del
^
latino;
ma
« irrevo-
Souvenir, nelle Poésies nouvelles (Paris, 1881), pag. 213-14 Danto, pourquoi dis-tu qu' il n' est pii'e misèie Qu' un souvenir heureux dans les jours de douleur?
Non, Ce blasphème vanté ne vient pas de ton coeur. Un souvenir heureux est peut-étre sur terre Plus vrai qne le bonheur. ,
2
^
Visione prima. Ponìpée, IV,
II.
:
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
138
catus » non ha poi, almeno stando ai vocabolari]',
quasi altra testimonianza che
il
verso d'Orazio
allegato dal D'Ancona, dove è in significato tutto particolare ed è detto di persona;
una specie
di
quel che in gergo teatrale direbbero (curiosamente osserva il Rizzi) « non bissato ». Un altro
esempio che
in
darebbe
lo
secondo
Ovidio,
quei
testi
un passo delle Metamorfosi leggono, irrevocatus ab acri
Caede,
un lupo;
detto
di
tiche
stampe,
a
ed era la lezione delle nelle posteriori
cui
si
an-
è sosti-
tuito, sed enim revocatus, in acri
Caede lupus perstat
Dove
è singolare, per la questione
taluno fra
i
lo accetti, in
difensori
quanto
1
Metamorph.,
XI, ;
nostra,
« irrevocatus »
equivalga ad
401.
Vedi
1'
e la torinese del
edizione
Pomba
del
Burmanno
(1883), che
sed enim revocatus ab acri Caede lupus perstat, dulcedine sanguinis asper
e la recensione di
che
« irrevocatus »,
^
« irrevocabilis ».
(Amsterdam, 1727)
lupo
del
ha
;
R. Merkel (Lipsia, 1883), con sed enim revocatus in acri
Caede lupus perstat Il
senso dell'antica lezione è così esposto dal Vannucci che
preferisce (Prato, 1882, pag. 897) «
«
Irrevocatus, perchè ne
la. il
armi degli uomini, avean potuto cessare dalla strage ». Dei traduttori, il Bondi: « ricusa
comando degli
« farlo
:
Dei,
ne
le
i'iVAG AZIONI
Ed
Marchese gentilissimo,
ora,
mie parole non son
se le
or,
139
GRAMMATICALI
fioche,
se la tua audì'enza è stata attenta, se ciò
e'
parte
in
ho detto
fia la
grande cortesia: tanto
Dante
mente rivoche,
temo pur troppo, e nonostante
In parte,
di
alla
tua voglia contenta. la
sua
che questi stessi versi
piìi,
possono, con quell'esempio di « revo-
^
care alla mente », aggiungere peso all'interpretazione che ho detto parermi meno probabile fosse nell'intendimento del Manzoni. Il quale, infine, per rendergli omaggio con parole degne davvero di lui, « è beato e ciò non ode ».
Mi creda casa,
di
20 dicembre 1886 suo
28 dicembre.
PS.
Un
terzo « irrevocatus », e questo equivalente
a
senz' altro
non a
« «
«
«
Ma
gue
breve
« irrevocabilis »,
recitanti
Richiamata chiami non
rucci,
atf."^"
cessa
ma
nò a lupi
ubbidir
(la fiera), si
il
»
;
e
il
con relazione a tempo (come
Brambilla,
«
lupo Dall' infierir nel sangue
l'implacabil
lupo,
a cui
sì
Ma »
;
per il
ri-
Dor-
dolce Era quel san-
una versione in ottava rima, nella quale fra studiosi ammireranno la vena poetica dell' Anguillara »; e
gli
congiunta con la fedeltà al testo e la castigatezza della forma, «
Ma
«
dolcezza preso 1
sordo
il
Farad.,
lupo, nella strage infesta
xi,
».
133-36.
Riman, del sangue alla
DIVAG AZIONI GRAMMATICALI
140
quello del Manzoni), mi viene cortesemente indi-
comune amico prof. Rajna; e lo adduce Georges nel suo Dizionario, dalla Tebaide di
cato dal il
Stazio, là
dove Apollo, prima
di
abbandonare
al
proprio destino Anflarao, Utere luce tua, gli
dice longamque.... indue famam,
Dum che
il
tibi
me iunctum mors
irrevocata veretur;
Bentivoglio traduce, o
]:)iuttosto
riveste e
parafrasa,
Or
eh' io son teco, e l'implacabil
morte
Sospende ancor l'irrevocabil punto.
La
frase
volta trascorso tro,
punto
« irrevocabil
^
cioè
»,
non può essere richiamato farsi che non sia stato,
indie-
che non può
buisce air » irrevocata » del testo
una volta venuta nulla può disfare
il
revocabile »
traduttore
quel
del
la
morte
fatto
da
il
una
che
attri-
senso, che suo,
e fatto l'ufficio lei;
insomma, V
vale
press' a
«ir-
poco
medesimo che nella terzina del Varano: ed
è traduzione, quanto larga nella frase, altrettanto
Anche questo sostenitori della nuova
coerente allo spirito dell'originale. raffronto,
adunque, se
ai
interpretazione offre un altro esempio latino dell'adiettivo
« irrevocatus »,
ci
riconduce poi, se
1 Thebaid., vm, 773. A pag. 72-73, voi. II dell' edizione milanese del 1782, con la versione di Cornelio Bentivoglio a
fronte.
1,
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
ne cerchiamo
significato
il
e a
;
un
valore,
il
manzoniana
tica versione della frase
revocabili »
e
1
« irrevocabile »
ali'
an-
« dì ir-
in
ci
4
riconduce
mal non mi appongo), che tale è detto, in quanto non si può fare che non sia stato, non si può distruggere, cancellare; che sarebbe la (se
terza interpretazione, la quale vuol pure tornarmi sulla penna.
Rimane sempre
la questione intorno alla le-
gittimità di siffatto atteggiamento,
« irrevocato »
per « irrevocabile »: donde la maggiore o minor probabilità, che lo scrittore,
forma, quella
abbia
pensato
proprio
questa.
di
Tesempio
alla
V
significato e
il
Il
usando quella prima seconda,
dato
e
nota giustamente come
di Stazio,
a
grammaticalmente Rajna, nell' accennarmi ufficio
il
la-
tino (che aleggia per tutte quelle strofe) abbondi di
forme per sé stesse positive,
siffatte
significato
perchè
negazione o
prendo tro
i
possibilità,
di
tratta
si
privazione.
nemmeno
io,
limiti
voci,
di
ossia
per lo più
d'impossibilità,
voci inchiudenti
di
E non
n' è
scarso,
ri-
sempre bensì en-
l'italiano;
mediante
ma con
l'antefisso
« in »
negative: «inopinato, impensato, insperato, inesorato, inesplorato, invitto, insuperato, inconsimili; la più parte,
sunto», e sul
latino.
È
poi
quale l'italiano adiettivi,
formati
avvertasi, calcate
verissimo che nel latino, dal
ne
modello,
questi
apposizione della
« in »
ha preso
con
1'
il
negativa al participio d'un verbo
(e
perciò solo in-
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
142
direttamente verbali), equivalgono andantemente respettivi adiettivi significanti possibilità:
ai
non
nell'italiano
tutti
tale equivalenza; e sia
almeno
prestano con garbo
si
ma a
conviene che questa
perciò
portata espressamente,
aiutata, anzi
come nel passo addotto del Bardo, questo che ci offre pure V Adelchi, nelle
dal contesto, e
in
^
dure parole
Carlo a Desiderio
di
Inesausta
Ma
ciancie è la sventura.
di
del par sofferente e infaticato
Non
è d'offeso vincitor l'orecchio.
De' quali due cato »,
« inesausto »
adiettivi,
che alquanto
credo
vendicare specialmente
che per
questo
del Monti:
irrevocati »
« dì
;
« inesorato »,
« infati-
sarebbe
difficile
secondo
il
e
ri-
senso posi-
al
grammaticale, che oggi
tivo e di rigor
trovarsi nei
:
si
non meno pure
dal
assicura difficile
Bardo
2
Vanno Popol
polve
in
i
diademi, e dell'offeso
sfrena la fatai vendetta;
si
Che su
gli
scossi
Troni s'asside Inesopata, e sul gastigo e l'onte
De' re percossi
Fiera sorride. 11
Gherardini,
^
questo,
dello stesso poeta, ^
Atto V, scena
^
Canto
3
III,
I,
500.
I
con
adduce
v.
Vaticina.
altri
« inesorati »
e spiega per
« ineso-
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI rabile »
e così, nella stessa pagina,
;
nardino Baldi. Altrove, invece,^ dall'arme invitti», è da
non vinto scritto da tanti, «
e
lui
prestano bene;
spiegato, naturalmente,
Il
non
ciò
è
si
è
tutti,
quale è di quelli,
che a cotesta
ma
in
benché
legge ed intende da
si
adiettivi,
tali
« invitto d,
eppure quanto bene e
:
per « invincibile »!
« invitto »
di tutti.
»
Ber-
di
«...eroi Vinti dal mal,
un verso del Tasso,
fra
per « inesau-
un' « isola inesausta di metalli »
ribile »
per
143
equivalenza
si
(come avvertivo)
Potendosi in conchiusione dire che questi
adiettivi
seguono,
negativi
come
latinismi,
la
sorte de' loro latini progenitori, di significar volentieri
possibilità,
sebbene
grammaticalmente
ripugnante alla loro formale rassomiglianza con gli
adiettivi
tal
sorte
si
derivati dal participio:
ma
adattano di buona voglia,
e di questa
seconda
specie, e perciò
alcuni a altri
no;
d'uso fa-
cilmente ambiguo, credo sia «irrevocato».
Giova per ultimo ricordare, come di tali voci si compiacessero i Manzoniani di
grandemente mezzo secolo di A,
per esempio. Inni sacri
(veda,
fa
Manzoni
di G.
Borghi
e di
altri autori
moderni; Firenze, 1845), che anche
nel latineg-
giare seguivano volentieri l'insuperato e davvero insuperabil maestro. Parlo dei tempi, ne' quali Giusti scriveva:^ ^
III,
«Fra
gli Alcei, fra
il
gl'innaioli
605.
Cenni semisèri intorno al nostro bastardume poetico: nei Giornale del Cotnmercio del 1838: ripubblicati nel volume 2
144
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI
« dell'epoca,
«
pare
«
come non
che
« scoli e «
possano reggersi reggerebbero
si
senza
per così
versi,
i
danno
il
Manzoni
Né mi
e altri le usarono:
le idee alle parole,
fanno servire
E
idee».
alle
mu-
agli scritti,
fisonomia di famiglia.
dire, la
perocché questi non
« parole
in piedi
corpi senza
i
voci che
fibre;
opponga che
« si
«
sono in commercio e passate ormai certe voci, senza le quali non
reiudicata
« in
ma
le
citava, in-
sieme con altre d'altra lega, « mistero, reddire, «reietto, ansia, la vela che
Riapro
il
volumetto
imitatori del Manzoni, che
vanzava
per
tutti
abbondevolezza
mi
corrono
inturgida, ecc. ».
certamente
dietro
fra gii
li
Giuseppe Borghi l'altro sotto gli
« incorrotto, inaccesso, indomito, nito,
inaspettato », che
usati,
contengono in potenza
quasi i
invitto,
tutti,
queste altre desinenze ;
il
meno
si
^
;
e
occhi
impu-
come sono
respettivi
« incor-
ruttibile, inaccessibile, indomabile, ecc. ».
grafo
sopra-
d'ingegno poetico e
felicità
di lingua,
l'un
s'
degl'Inni di quello
Né
di
compiace l'inno-
quale ha « inaccessibile,
infallibile,
ir-
revocabile (detto della vita umana), ineluttabile, interminabile, indefinibile, inesorabile, indomabile,
infrenabile ».
Anzi
« inaccesso »
(Firenze, 1874), Insegnamenti
tratti
e
dalle opere
« inaccessi-
di G. Giusti,
Guido Biagi, a pag. 363-67. ^ Poesie di G. Borghi, in due volumi; Firenze, 1841. GV Inni occupano le pag. 1-111 del voi. I. da Emilio Tanfani
e
DIVAGAZIONI GRAMMATICALI bile »
tanto nell'orecchio suo
si
145
equivalgono, che
a distanza appena di dieci pagine^ leggiamo, Nell'infinito ergesti
L' inaccessibil trono,
e (con reminiscenza
del Natale^
«Santo
€
manzoniana, dalla terza strofa era mai persona. Che al
Qual
Perdona?»),
inaccessibile Potesse dir \)d\V inaccesso trono
Le
fonti del perdono,
D'ogni tesoro I
Avrebb'egli,
il
ai
Borghi, avuto
desima distanza
miseri
santuarj aprì.
di
dieci
difficoltà,
me-
alla
pagine da queir «
irre-
vocabile vita », a scrivere, nel senso medesimo, « irrevocata
»? Mi
si
permetta
di
che
credere
non ne avrebbe avuta nessuna, e di trarne qualche conseguenza non aliena dal proposito nostro.
E buona
con questo, chiudo fine
d'anno e
di
il
poscritto, e
questione.
anni e le questioni letterarie, differenza che
sciare
1
A
il
agli
e'
Le auguro
Ma
fra
gli
è pur troppo la
anni non avvien mai di
tempo che trovano.
pa;?.
Del Lukgo
1
e 11.
10
la-
SAPAVAMGELO DIVAGAZIONI STORICHE
(*)
....
fiorentino
Mi sembri veramente, quand'
i' t'
odo.
Un
ingegnoso ricercatore e studiatore di proverbi italiani, Ludovico Passarini, ^ voleva sapere se nulla potessi
indicare circa V origine
io
motto che la Crusca registrò nella quarta « Sapavamcelo, disson quei da Capraia » o più liscio, « Sapavamcelo » ;
di quel
impressione (1729-1738): ;
e con
(*)
meno
antica forma,
«
Sapevamcelo
Dalla Nuova Antologia dell'aprile 1875
:
».
ritoccato ora e
accresciuto. 1
Modi
di dire proverbiali
e
Motti popolari italiani, spie-
da Pico Luri di Vassano; Roma, 1875. E Motti ecc. in continuazione a quelli pubblicati nel Passarini nel periodico B Fro pugnatore, voi. XII
gati e commentati
Modi
e
1875 dette
il
altri
MoXVIII e seg. E del mio Sapavamcelo parlò cortesemente in una Lettera al cav. Achille Monti nel periodico romano e seg.; altri negli Opuscoli religiosi letterari e morali di
dena,
Il
t.
Buonarroti,
ser. II,
voi.
X, 1875.
148
SAPAVAMCELO
Sapavamcelo, Disson quei da Capraia », ha Lionardo Salviati (e fu l'unico esempio che la Crusca citasse) nella prima scena del suo Gran«
chio: parole di Granchio, al sentirsi raccontare
dal vecchio Duti quel ch'egli ben s'aspetta do-
ver udire, cioè
amori del giovine Fortunio da esso Granchio favoriti, senza che il babbo, eh' è Duti medesimo, lo sappia.^ Bernardo Davanzati, in
alcuna
gli
delle
argute postille al
accennando a un
de' soliti
suo
Tacito,
appunti del Muzio
lustinopolitano a quelle che egli poveretto chia-
mava
« fìorentinarie »
celo »,
e
canto
uno, assai cellai,
il
^
«
piìi
29 maginterpretazione data da Pier
somma
si è,
il
che Fortunio S'innamorò
Granchio. Sapavamcelo, Disson quei da Capraia. Duti.
Annali^
e
diceano
«
motteggia su »,
xxxv; dove un
I,
con
garizzato
renze
«
:
« feriret
Ficca, Ficca
che invece di quella
pavamcelo.
».
hortabantur
E
»
ec. ».
è vol-
poi in postilla
si
quel Muzio che venne di Capo d'Istria in Fi-
chiamava, avrebbe tradotto
Ma
«
<
fiorentinan'a
confortavanlo che
»,
com' egli
si ferisse.
quel porre innanzi agli occhi è gran
« parlare ec. » 3
di
Ma
ne abbiamo da Cosimo Ru-
antico,
quale scrivendo al Varchi,
Duti. Tant'è; la
ac-
altri.
cominciovvi In un subito a gittar via tanto tempo, 2
«
Manuzzi
Vocabolari ce ne porgono
i
gio del 1540,^ della
« di lei.
Davanzati
ristampa del Vocabola-
che resta però anteriore
al salviatesco,
tempo. Né
Sapavam-
«
l'esempio del
degli Accademici da Giuseppe
rio
E
risponde un
sua
è registrato, nella
«
,
E
tira via.-
Prose Fiorentine, IV,
i,
37.
le
Sa-
virtii di
i49
DIVAGAZIONI STORICHE Vettori
al
virgiliano
neve oleae silvestres ind'altra comu-
«
sere truncos», dice, in proposito
nemente ricevuta, che «
be dire a Virgilio,
« praia, «
che
ciò fosse, si potreb-
dissono Sapavamcelo, che in
l'ulivo dimestico
Col
« vatico ».
« se
come dissono quei da Ca-
non
sul-
ha a innestare il salmedesimo atteggiamento vi s'
qual
Sapavamcelo » in lettere cruschevoli a ^ quando que' bravi uomini preparavano la terza impressione (1691) del Vocabolario: « Né meno ho io discorso con quei si« gnori, deir impresa che Ella mi dice richie« dorsi nel frontespizio, vagamente intagliata in « rame, assicurandomi che essi mi averebbero « risposto, con breve ed espressiva forma Sa« pevamcelo » « Che V alfabeto toe altrove « scano sia manchevole, esprimendo con venti è
«
il
Francesco Redi,
:
:
;
sopra a quaranta diversi suoni
« soli caratteri «'
di lettere,
« e del z
sapevamcelo. Che varii sieno
aspro e del z
sottile,
del doppio, lo conosce
« e
e
del
i
suoni,
semplice
ogni lavandaia... ».
In tuono di più acre motteggio, e in toga quasi d'
do
avvocato,
«
Sapevamcelo, dirà chi sputa ton-
esclama, nel 1706, un bravo canonico di
»,
San Lorenzo.^
E
sulla
fede
del
Davanzati, in •
.
^
Inedite,
nella
Selva
seconda di Notizie
dell'Accademia
Crusca (Archivio dell'Accademia; ms. IX, 184); sono
della
Giuseppe Segni, l'ima (n" 151) 2
(n*'
— di
142) de' 17 dicembre 1682, l'altra
senza data.
Parere intorno
al valore
della voce
occorrenza, detto
m
,
150
SAPAVAMCELO
una
Manzoni al Giusti a Sono anzi siamo, ancora a denti asciutti del tuo Di-
«
del
lettera
Ho
« scorso sul Parini.
r ha trovato
« letto €
^
:
sentito dire che chi
Ma
bellissimo.
pevamcelo, come dice
il
questo
finalmente lo dà pel capo ^
berti:
« Gesuiti
?
suoi Gesuiti
a'
il
E
Gio-
non saper amar altro che i Divino il non amare per conseguente
Divino
e
vedremo
che maniera sia bellissimo».
in
è
sa-
Davanzati: quello che
« desideriamo di vedere, e che, spero,
«presto,
V ha
il
«
i
parenti,
«
il
genere umano,
benefattori,
i
la
cittadini,
i
la patria,
Chiesa e Iddio medesimo?...
secondo i Gesuiti: sapevamcelo; ho piacere d'intenderlo dalla vostra bocca». Francesco Serdonati, che nella seconda metà «
Divino, certo,
«
ma
secolo xvi compilava
del
pertorio di Proverbi, registrò
da
Capraia,
lecito
il
Sapevamocelo
dubitare che
il
suo ricchissimo re-
il :
«
»
;
«
Sapevamocelo
»
disson que'
rimanendo
però
manoscritto originale di
quella raccolta, del quale oggi
non
Come
s'
ignora la sorte,
avesse, bensì « Sapava-
ec. davanti agi' Illustrissimi signori Audida PiERFRANCESco Tocci canonico delV insigne Collegiata
Firenze nella causa tori ec.
di S. Lorenzo; Firenze, 1707. «
ha
legge.
« chi
sputa tondo.
« legge; ^
La
Leggasi: questo
Ma
A
pag. 55: *
La
necessità
non
bisogno non ha legge. Sapevamcelo! dirà se
leggeremo:
arriva nuovo
!
U occorrenza
diranno tutti
da Milano, 14 dicembre 1846. Gesuita moderno; IV, 504, cap. XX.
non ha
».
Epistolario di G. Giusti ordinato da G. Frassi;
lettera è 2
ci
//
II,
204.
151
DIVAGAZIONI STORICHE
varietà, che vedremo poter avere qualmocelo che importanza per la ricerca della origine del ì>
:
motto. Quanto alla dichiarazione di esso, quella
che dava la Crusca, « si dice quando alcuno ci narra cosa nota», forse sarebbe da modificare ag-
giungendovi
:
che
«
aspettavamo
ci
che aspettavamo accadesse
Ecco
».
di
in
udire, o
breve un
ne conosco) filologica e Sapavamcelo ». Il quale appena occorre notare che a prima giunta ci si manifesta come florentinissimo, vuoi per la conformazione sua, vuoi per l'atteggiamento e la mossa:
po' d' istorietta (quanta lessigrafica del «
cosicché lo riconosceresti « nato e cresciuto In sul bel s' e'
fiume d'Arno
alla
non portasse seco
il
gran villa», anche
nome
un
castello del
ironico
motto, che
d'
fiorentino Valdarno.
Ma
la origine di questo
anc' oggi ogni tanto
è pure di alcuno de'
rifiorisce;
citati
e spesso,
esempi, fra
come
gli spineti
velenosi delle polemiche letterarie; ninno, ch'io sappia, l'ha ricercata: almeno a
me non venne
da poter indicare all' eruproverbista che me ne richiedeva; e sola-
fatto di trovarne cenno,
dito
mente qualche tempo dopo, attendendo a tro,
io
stesso
credetti
d'
averla
perchè sarebbe origine storica,
e,
tutt' al-
rintracciata.
se
si
E
accettasse
per vera, congiungerebbe a quel motto gravi e dolorosi ricordi
una lito
curiosità
dell' antica Firenze,
meno
mi sembrò
oziosa di quello che per so-
siano le così dette curiosità letterarie o sto-
152
SAPAVAMCELO da non dover dispiacere a
riche, e tale perciò
non
gentili e
E ai
oziosi lettori.
questi prego che vogliano risalir
lino
tempi della prima cacciata de' Guelfi, la prima
delle
due
che Farinata
di
tombe
Alighieri, là tra le
r
meco
parte
della
esilio
vanta
si
guelfo
al
di Dite roventi.
Quel-
maggiore,
inco-
fiorentina
minciato col febbraio del 1249, e che nel gennaio del 51, dopo morto Federigo
ebbe suo
II,
termine, dette alla storia della nostra
sanguinoso episodio. « parole
dell'
« scacciati vi
duti d'
Ammirato J
«
animo
ma
;
come che
luoghi
« intelligenza in fra di loro, tutti
i
casi,
€ Guelfi spesso
€
loro
e
accordo
Mondi
buona
della
Lega
di fare scorrerie e
e
di-
stavano provveduti
alla città di Firenze ».
^
provvedimenti
aver potuto rompere presso
masnada
di
con
vicini,
nome
sotto
ardivano
predando infino
di questo
fussero
ridottisi al castello
altri
un
erano però per-
si
Valdarno, e parte nel castello
Capraia e in
« in
città
(mi varrò delle
Guelfi, »
Firenze, non
di
« tevarchi in «
I
dei
venir
Frutto fu
lo
Montevarchi una venuti a
tedesca, di que' millesecento
Firenze con Federigo d'Antiochia figliuolo dell'
Imperatore, eh' era
uscita ad assalirli dal
cino castello di Ganghereto. Allora
1
Ammirato, Istor.
fior.;
Firenze, 1846;
1,
i
vi-
Ghibellini,
162.
1^3
DIVAGAZIONI STORICHE
vedendo pericolare il loro stato nella città, si disposero ad opprimere con un gagliardo sforzo i loro avversari: «e per questo, sapendo che
i
« più principali « rità
erano
si
modo, o
maggior consiglio
e di
vincere, o di aver
«
ogni
«
per assedio, stimando
«
somma
« più
di
€
mese
«
uscendo
di
« inferiori
la
terra
consistere la
cose; e perciò, senza perder
di tutte le
tempo,
quella
in
e auto-
proposero a
a Capraia,
ridotti
un grandissimo sforzo
fatto
,
del
marzo (1249) ivi si condussono, e non Guelfi in campagna, essendo molto
i
numero, presono
di
partito,
come già non meno
«
aveano disegnato, di strigner la terra con r arme che con la fame. Attendevano va-
«
lorosamente
«
«
« era stato
Guelfi a difendersi;
ma
essendo
rotto da' Parmigiani, le cose loro
« ridussero in *
i
campo l'imperador Federigo con nuove genti, il quale tornava da Parma, ove venuto nel
maggior
erano per far
« quel
difficoltà.
molto
più
E nondimeno
lungo contrasto
che feciono, se non fosse loro venuta
« lita la
E
vettovaglia.
si
di fal-
contuttociò, sapendo oc-
€ cultare le lor necessità,
essendo incominciato
« a trattare di arrendersi,
avrebbono avuto ogni
« largo patto
che
avessero
essi
« calzolaio fiorentino,
non essere
€
Anziano, sdegnato
«
a quel consiglio, non
€ e
gridato
a'
di
cercato, se
un
quale era stato un grande
il
si
stato chiamato
fusse fatto alla porta,
nimici che guardasser bene a quel
« che facevano, perchè la terra
non era per pò-
154
SAPAVAMCELO un giorno; come fusse cosa onovendicare T ingiuria privata con la pub-
« tersi tener piti « rata
Questa cosa rimosse
« blica. «
da sorte alcuna
« tro, essendo già
quelli dell' esercito
accordo: onde quei di den-
di il
mese
maggio, dopo es-
di
men
« sersi valorosamente difesi poco «
furono costretti rendersi
« l'Imperatore.
Era
di tre mesi,
discrezione del-
alla
allora Federigo a Fucecchio,
«perciocché trovato per giudizio d'astrologi di dover morire nel fiorentino, non avea mai vo-
«
Ove
« luto entrare in Firenze. « furono
«
Buondelmonti, cognominato
« lieri
presentati che gli
Capraia e Rinieri
conte Ridolfo di
il
il
Zingano, cava-
gran conto, capitani de' Guelfi,
di
« altri cittadini de' pili stimati, col « prigioni, «
essendo
Reame, quasi
« in Puglia:
prima trar
quali
«
riputazione,
gli occhi, fece poi
crudelmente
cavalieri e cittadini
gran pregio, solo a Rinieri
magnanimo
e
il
Zingano, tro-
cavaliere, diede in
E
nondimeno, perchè non ricevesse questa lode d'un intero e non corrotto dono
la vita.
« effetto d' umanità, «
di
mare. Di tanti
« vatolo savio «
seco in prigione
maggiore
erano
« fatto
« di
menò
li
ove, a istanza de' Ghibellini, a co-
i
in
procinto di partirsi per lo
in
tutti se
« loro
« gittare
e molti
rimanente de'
conceduto
« dolo
di
non
volle a colui a cui
avea
vivere far mercè di vedere; aven-
prima, insieme
« abbacinare.
Ma
« seria largo
e
con
Rinieri,
copioso
tutti
gli
altri,
fatto
cavando della sua mi-
compenso, chiarito ab-
155
DIVAGAZIONI STORICHE «
bastanza delle leggerezze del mondo,
« in sull'isola di Montecristo, ivi « ligioso,
con grandissimi segni
«fortezza d'animo, nica
malispiniana;
tolleranza e
di
sua vita».
finì
mirato, che attingeva
ritiratosi
a guisa di re-
^
Così l'Am-
dal Villani e dalla
Cro-
dove quella crudele parti-
^
colarità, che lo strazio dei Guelfi fiorentini fosse
dall'Imperatore decretato a «istanza» de' fiorenGhibellini, è significata
tini
mente, poiché
piìi
espressa-
croniche parlano di « lettere e
le
ambasciadori »
anche
ambasceria!) a tale
(orribile
ef-
fetto inviati.
Ora,
forse
e
i
lettori già
lo
indovinano,
io
credo che, mancando ogni altro lume sull'origine del noto dettato, la
possa parere non improbabile
congettura, che
Sapavamcelo
«
il
»
di « quei
da Capraia » venisse attribuito al conte Rodolfo da Capraia e consorti suoi e agli altri Guelfi con esso e con Rinieri lo Zingano in Capraia assediati, e fosse
un motto nel quale
il
popolo
amò perpetuare, non tanto memoria dell'atroce avvenimento, quanto una dura ammonizione che i padri a' figliuoli tra-
della guelfa Firenze la
mandassero, a
Ghibellini,
di
quello
dovessero
animo crediam
i
Guelfi,
aspettarsene.
i
valorosi
162-163.
1
Op.
G. Villani, VI, xxxv; Malispini, cxxxtv.
I,
Con che
difensori di Ca-
2
cit.,
rendendosi
se ripensiamo a que' tristi
noi,
dovuto
tempi, aver
che
SAPAVAMCELO
156
praia porsi nelle mani de' loro eiferati nemici
E
?
quando, laggiù nel reame dell'odiato Svevo,
lontani dalla
patria
diletta,
la
ambasciatori a chiedere la lor morte, intimato
si
crudelissimo supplizio,
quel
poteva pur troppo uscire
mandava
quale
sentirono
quanti
a
bocca, con pianto di
di
Sapavamdiventar motto da comme-
disperato dolore, cotesto fiorentinesco celo,
che dovea poi
da scaramucce
die e
di letterati
e avvisaglie di
polemisti! « Sapavamcelo a discrezione di chi
rendevamo! stre di
avremmo dovuto
e che
fiamme
pellirci tra le
piuttosto sep-
e sotto le rovine delle no-
che porre la vita nostra
castella,
E
Ghibellini! »
dovinate dalla
ci
mano
in
le loro parole, raccolte o in-
pietà
dei
desolati parenti,
con-
servate, a tesoreggiare vendetta, in quella famiglia dell'abbacinato Rinieri,
il
nome
ricordava a Guelfi e a Ghibellini origini altro
del 1215, furono
sangue
»
;
della quale
le loro luttuose
trasmesse
« d'
uno
in
tanto che poi, sopravvivendo a
quelle ire di parte,
rimanessero
semplicemente
com' una fiorentineria, da sollazzarsene
il
Da-
vanzati ne' suoi postumi risentimenti col Muzio, e farne
esercizio
d'
induzioni noi tardi ricerca-
tori delle antiche istorie.
Un vent'anni dopo quella tragedia, il nome dell'uomo che abbiamo lasciato romito a Montecristo, ricomparisce nella storia. Verso il 12T0, caduti gli gioini,
il
Svevi, e
Reame
fatto
e guelfa
guelfo,
gli
An-
messer
Ri-
sotto
Firenze,
DIVAGAZIONI STORICHE nieri de'
a
cioè
Buondelmonti
dire
di
157
Firenze era Giustiziere,
Magistrato giudiziario
Era
7'erra di Bari.
Zingano?
costui lo
Re,
pel
E
in
questa
sua magistratura infirma la testimonianza della cronica,
che
lo fa
come
«
vita »
in quello scoglio
d'un
altro
Rinieri
religioso
sua
finire
deserto? Oppure
si
tratta
Buondelmonti? Il dubbio è una difficoltà per la iden-
stato proposto:^ e se
romito
del
tificazione
col
magistrato angioino
fosse l'abbacinamento inflitto dagli Svevi al pri-
gione
di
Capraia, giova sapere che quell' atroce
supplizio poteva, secondo
aver per effetto
intera
secondochè più
meno
od
o
il
modo
dell'operarlo,
accecazione
o
parziale,
arroventato fosse
il
ferro
bacino, e maggiori o minori la distanza a
il
cui questo
fosse tenuto dagli occhi o la durata
Che
dell'applicazione.
probabile
che
l'
se la scienza giudica poco
offuscamento della vista in tal
guisa prodotto potesse anche guarire del tutto,
non lo esclude in modo assoluto, quando la bruciatura fosse stata lieve e di poco momento. ^ essa tuttavia
^
Da Salvatore
dei Notamenti di strati
da
Bongi, in una dotta e arguta recensione Matteo Spinelli da Giovenazzo difesi e illu-
C. MiNiERi Riccio.
È
nei Notamenti la menzione del
giustizierato di Rinieri Buondelmonti.
del sig. Minieri Riccio
(Napoli,
La recensione
del libro
1870) è uéìV Archivio storico
italiano del 1871, to. XIII; ved. a pag. 457-458. *
Trascrivo parole di amichevole lettera (Pavia,
92) dell'illustre prof. Alfonso
Corradi, da
me
1
agosto
interrogato.
158
SAPAVAMCELO Del
è
una
Zingano Sacra
resto, tutta la vita di Rinieri lo
storia d' animosità guelfa contro la
Romana Maestà giovane
Impero. Doveva egli essere
dell'
allorché nel 1231
assai,
bardo d'Arnestein, legato in
il
Italia di
conte GheFederigo II,
intimava per suoi ambasciatori (toscani ghibelal
San Miniato
di
lini,
Comune
ma
la fedeltà:
rentino »,
di sopra!)
la sottomissione e
«Rinieri Zinghini cittadino
fio-
che non si farebbero comandamenta senza licenza e pa-
altri terrazzani,
le richieste
Comune
rola del
Valdarno
quale vi era Potestà, rispondeva, in-
il
sieme con
e del
Montepulciano
di
di
Firenze, e senza che
il
pre-
Ghebardo assicurasse che Montepulciano non
fato
sarebbe dato
ai
Senesi.
E
il
giorno dipoi, 19 giu-
gno 1231, lo stesso Ghebardo legato imperiale condannava e poneva al bando dell'Impero Rinieri lo Zingano insieme col popolo di Montepulciano.^
Quando adunque,
nel 49,
Buondel-
il
monti, con gli altri assediati in Capraia, cadeva fra le unghie dell' aquila
da
diciotto
gli
qual motto
Il
queste
^
era riserbata.
non
pretendo
Sapavamcelo!
io
già che per
mie industrie antiquarie cessi
misterioso motto:
cmidi;
era già
egli
anni un ribelle; e ben poteva aspet-
che sorte
tarsi
cesarea,
né maggior valore
di
essere
di quello
Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici III,
287-88.
se-
DIVAGAZIONI STORICHE che
a un'argomentazione meramente
spetti
si
159
induttiva, intendo dare alla interpretazione
da
me
proposta. Privo di buon fondamento non mi sem-
bra però, secondo ragione, questo mio indurre, se
penso come tutta la storia della vecchia Firenze, salvo due brevi intervalli del secolo e
che perciò un motto fiorentino,
comecchessia
fatto dov' entri
quale ad un
il
nome
il
fu guelfa;
xiii,
Capraia
di
allude di certo, ben può avere un' origine
guelfa
come questa sarebbe;
se
penso
così
inoltre,
quanto grave ricoi-danza dovesse la Parte Guelfa custodire di que' tempi, ne' quali, mentre di essa era
Federigo
abbacinato e mazzerato per
II,
una
esse,
di
fiore
mano
di
Ghibellini in Firenze disfacevano
i
e gittavano a terra e con
il
i
il
suoi palagi e le sue torri,
Guardamorto,
tentassero schiacciare,
fu detto che
quasi guelfo
anch' esso,
San Giovanni, nel quale aveano pure comunemente tutti preso il sacro battesimo ». ^
quel bel « Il
«
tradimento
Capraia » rimase
di
memorabile, e fu da
essi
cittadinanza la lo
Zingano;
discendenti
contro al
i
^
Né meno
memoria
e sacro, il
suoi carnefici.
troppo,
Quando
supplizio di lui e de' suoi Dino Compagni,
2
Ammirato,
I,
Buondelmonti
di Rinieri
pur
restò a' suoi e
di
trent'
infelici
II, viii.
171; G. Villani, Ice.
ri-
durò nella
viva
giuramento d'odio
*
Guelfi
appena ebbero nel 51
del calzolaio traditore,
cuperata la patria.
ai
vendicato nella persona
cit.
vendetta
anni dopo
compagni,
SAPAVAMCELO
160 il
Latino
Cardinal
che
pacificazione, storici,
tanto
segna una
e che
a conchiudere quella
riuscì
celebrata dai nostri
è
delle riforme della co-
stituzione fiorentina; tra le paci di
sebbene
fatte,
corta durata, quella degli liberti co' Buondel-
monti fu la prima, e terza che tra loro,
dopo,
e
nel
bile »
^
eh'
promettesser
essi
perocché pochi anni 1304, pareva ormai « cosa impossiforse
riconciliassero più.
e' si
pratiche, alle
ultima,
Or bene:
alle
istanze, ai comandi, di quell'ope-
rosissimo e leale, forse, sopra tutti
i
dalla Corte pontificia ricevè tra
secolo xiii e
il
paciari che
XIV r infelice Firenze, una famiglia sola non
piegò; e furono «
figliuoli di
i
gano de'Buondelmonti « sentirò,
1239,
la
delmonti
Comune
prima volta e
liberti
si
pace erano state
della
d'una
Essi soli
di
».
di
E
quelle
«non
1'
as-
notisi tre
come nel che Buon-
rappattumarono, suggello le
nozze, però
figliuola di Rinieri lo
Neri fratello felici:
».^
si
messer Rinieri Zin-
e furono scomunicati per lo Legato, e
€ isbanditi per lo
s'
il
non
felici,
Zingano con messer
Farinata degli
liberti.
Nozze non
perchè pochi anni dipoi le spade novamente
insanguinavano, e messer Neri rimandava alla
casa paterna la moglie, dicendo « non voler ge-
nerare
figliuoli
di
gente
di
traditori »
;
Buondelmonti, costretta dal padre a nuovi
^
Dino Compagni,
«
G. Villani, VII, lvi.
III,
iv.
ma e
la
non
DIVAGAZIONI STORICHE
meno al
sapeva tuttavia serbarsi
sponsali,
illustri
primo marito, che per
pur sempre «
povera donna, era
lei,
savio
piiì
il
1()1
e
miglior
cavaliere
della provincia d'Italia».^
Del resto, quand' anche fosse
riuscito
liberti,
non
pesava
sui
Cardinale Latino
al
Buondelmonti ed ne sarebbe mutato il destino che riconciliare
di
se
e cittadini
della città partita ».
Né
i
Guelfi erano migliori de' Ghibellini, né questi di quelli;
e gli uni e gli altri sentivano
lasciata loro dai padri
era
che l'eredità
odio e di morte.
di
Dato che il motto da me illustrato debba veramente riferirsi a' prigionieri di Capraia del 1249, esso
non isparge
rentine
parole di
piti
sulla storia delle discordie fio-
tetra luce di quella che balena dalle
che
terribili,
i
cronisti ci
hanno conservate
Neracozzo e Azzolino liberti in sul punto d'es-
sere decapitati per
mano
de'
Guelfi.
«
La mat-
a
quando s'andavano a giudicare, Neracozzo domandò messere Azzolino: Ove andiamo noi?
«
Rispuose
« tina,
il
cavaliere:
A
pagare un debito che
Ed anche quella dava braccio e vigore il patronato straniero: nel 1249, Federigo di Svevia « ci
lasciarono
i
nostri padri ».
^
volta all'odio cittadino
si
traeva nelle Puglie
Firenze ghibellina lo
strazio; nel
i
Guelfi prigioni, e laggiù
mandava
oratori a chiederne
1270, Azzolino, Neracozzo e Con-
^
Cronichetta attribuita a Brunetto Latini.
*
G. Villani, VII, xxxv; Malispini, ce vi. ])EL
Lungo
U
SAPAVAMCELO
162
con un altro ghibel-
ticino liberti, presi insieme
messer Bindo Grifoni, mentre
lino
cavansi in Casentino, erano « e c(
scritto in
Puglia
solo Conticino,
il
miato;
ma
stesse
prigioni
avevan
menati
Siena re-
in Firenze,
Carlo d'Angiò quello
al re
ne facesse».
eh' a lui piacesse se
tro,
a
di
E
veniva rinchiuso a morire
dove
napolitano,
abbacinare Rinieri
fatto
dei quat-
come giovane, era i
lo
rispar-
quelle
in
padri di
lui
Zingano e
i
suoi compagni.
Il
motto dunque, come dicevo, incominciato
dallo stesso secolo xiii con allusione al fatto
fin
del 1249, sarebbe poi stato continuato, in
cesso
pro-
tempo, semplicemente a denotare, per
di
altrui riprensione o scherno,
zevolmente,
trattarsi
di
od anche solo scher-
cosa
eh' era
facile
a
prevedere, o da indovinarla senza bisogno ch'altri la dica, e simili.
tanto
viva
tempo,
e,
e
Oggi non
usuale
è certamente
maniera
quanto dovett' essere
un
secondo ch'io credo, massime nel Cin-
quecento, quando forse l'origine era già caduta nel dimenticatoio, e la giunta
Capraia
»
si
metteva e non
dochè mostrano
li
come
Busini al Varchi,
a
^
in
quei
una
da
metteva, secon-
esempi dal Rucellai
vanzati; od anche, ^
« disson quei si
al
Da-
delle Lettere del
da Capraia
si
sosti-
Lettere di G. B. Busini a B. Varchi sopra l'assedio di
Firenze)
lett.
XIII, pag.
135:
«Della lettera
così sciocca di
163
DIVAGAZIONI STORICHE
un
tuiva interlocutore
vamcelo, disse chi
Mirrancia: »
Mirra,
il
«
egli
Sape-
non so un suo
quale
il
:
pur fu nessuno,
omonimo
apocopato tresì in
Mirrancia
il
se
fosse,
si
tale
e
interloquente al-
proverbio nella Clizia del Machiavelli
^ :
«Adagio un poco. A cosa a cosa, disse il Mirra ». ogni modo il Mirrancia non attecchì; e giunta ufficiale al « Sapavamcelo » è sopravvissuta « dis-
A
sero
quei
da Capraia
credo farebbe oggi a
non accadere,
sebbene
:
«
giunta
della
chi lo dicesse;
ripeto, tanto di frequente,
che un
escludendo
»
meno
sapevamcelo
»
,
che
pur non
ed anche,
tempo e luogo, un bel «sapavamcelo», possa oggi pure, in più d'un caso, riuscire non senza grazia e, che pivi importa, efficace; nò forse il Manzoni e il Gioberti sono i soli, fra i
se volete, a
moderni, che «
modo
«cose
il
di
È
rimasto
quasi proverbiale, a chi ridice
note,
già
«con aria Tommaseo dica
abbiano rinverdito. «
lo
di celia,
segnatamente
burbanza
se
lo
provocante».
faccia
Così
il
nel Dizionario di Torino, e mi pare
vero.
Oggi però
gli
onori di Capraia
proverbio, osservatore
od accozzi o vicinanze:
maligno
«Da
di
li
fa
un altro
certe
Montelupo
unioni si
vede
«
queU' amico, che non vuol bene se non a chi ha danari in buona somma, Sapevamcelo, disse il Mirrancia; perchè ne ho
<
vedute
«
*
At.
assai, II,
più goffe l'una che
se.
II.
l'altra... >.
SAPAVAMCELO
164
Capraia; Iddio fa
che
gli antichi
le
*
persone e poi Tappaia »
:
pare, se stiamo alla Crusca, dices-
sero solamente « Dio
paia»; ovvero «e
e'
uomini, e poi
fa gli
gli ap-
s'appaiano». Che se al primo
verso del distico avessimo qualche testimonianza di scrittore
non moderno, potremmo
riferire al
Capraia un' altra allusione proverbiale,
di
nome di ca-
rattere storico; perchè quella Capraia, «dov'erano « conti della famiglia degli Alberti, ai Fiorentini «
pareva essere un pruno negli occhi; e poiché
non potevano,
« prenderlo
« contro «
nome
un altro di
gli
castello,
edificarono all'in-
che
a scherno
Capraia appellarono Montelupo un'allusione guelfa; poiché
gnori della Capraia che Firenze volle da telupo vegliare,
non furono
antico legati col
Comune
presenterebbe quel geloso
contado »
« incastellato
fossero
poi
o
o
Guelfi
uomini conti e cattani re,
castella
volta,
^
e
^
ghibellini,
fiorentino;
si-
Monrap-
che del suo
sospetto
ebbe sempre Firenze, que'
Ghibellini
« nobili
», che stavano nelle
ville circonvicine,
l'amavano
i
anzi ab
ma
^
^
come
L'allusione questa volta non sarebbe stata, nell'altro motto,
del ».
ter-
e che, alla lor
« più in discordia
che in pace
»
Giusti e Caffoui, BaccoUa di proverbi toscani^ ed. 1811^
pag. 353. In questa Raccolta non è registrato
il
motto Sapa-
ramcélo. 2
Gino Capponi, Storia
'^
Op.
*
cit.
1,
15;
II,
G. Villani, III,
della
575.
iii.
Bepubhlica di Firenze,
I,
18.
165
DIVAGAZIONI STORICHE e ubbidivanla
paura che per amore
« più per
feudali che la Firenze del popolo più d'
avere
Capraia manca affatto ogni
e
monianza presso gistra
semplice
no
«
Dio
che
appaiano
alcun volgare dettato
»
Non
vuole
ci
ma
feroci appartiene
maniera proverbiale, che puta da
dice esser ella
tutti
da Capraia, vamcelo
».
E
scritta di
motto:
^
Dino Compagni,
-
€ I vostri antichi
I,
le
dini
*
Tarlati, e
«
testimonianza
ne rendono manifesta fede, Pazzi di Valdarno
di quelle
;
:
che ancora gli Ubal-
conti da
Monte
Carelli,
i
e Capraia
curiose
Giovanni
suoi personaggi.
XII, 9.
i
ne fa assai chiara Così è fatto parlare Rinaldo degli Albizzi,
Storia fioì-entina di
^
Sapa-
superbe e tirannesche po-
«
».
«
i.
domarono
tenze che circondavano questo popolo
una
ne' boccali
standoci alla quale, la
'^
nel 1426, in
poi la
anche questa sarebbe una spiega-
zione del nostro
i
A
cosa saputa quei
sentenzierebbero
vicini,
lì
».
cosa notissima e sa-
di
Montelupo; appunto come
i
questo che,
un lupo
che
altro
meno
tempi certamente
muove
ad
dettero ori-
vulgata », si legge nelle Malmantile:^ «Per distrugger questa
note al
di
al
tradizione
« di
capra
tiene
s'accompagna-
castelli
gine in antico, non fu l'odierno,
come
si
e finalmente se
:
due
i
testi-
recenti; né lo re-
anch' esso
fa gli uomini, e e'
« e e' s'
»,
non
scrittori
Serdonati,
il
vantava
si
Se non che del proverbio su
~
disfatti.
^ :
appunto uno de' covi
e Capraia, in particolare, era
Montelupo
»
dicerie,
Cavalcanti
al
(III,
cui tenore la i)
atteggia e
SAPAVAMCELO
166
mia divagazione storica su pe' secoli, fino al xiir, diventerebbe una passeggiata da potercela risparmiare
Ma
io
e
lettori.
parrà egli
motto da
me
probabile
che V origine
illustrato risalga tant' alto,
fra gli esempi
1540? Che
del
i
non ve
n'
ha
di
del
quando
data più antica
se fosse solamente
del
Cinque-
cento od anche del Quattrocento, chi vorrebbe che
credere volto
il
i
Fiorentini nel foggiarlo
avesser
pensiero a quelle cose del 1249, allon-
tempo e da' loro affetti e passioni? Ben più difficile ammetter postuma, anche di poco, un' origine storica nel motto « Sapavamcelo », che nel proverbio, sia pure recentissimo, su Montelupo e Capraia: pel .quale può dirsi, le memorie ispiratrici aver sopravvissuto, raccomandate al fatto della singoiar positura dei due castelli, che al modo come tanto e dal
tanatesi
loro
stanno, l'uno dirimpetto all'altro sull'uscita dello stretto
damo di
di
sotto, paiono,
don Rodrigo^ due
cagnesco, sebbene, e zoni,
^
all'imboccatura
della Golfollna,
bisognerebbe
del Val-
pressappoco come quello
feroci che si
guardano
in
anche questa è del Man-
dirli di
que' feroci che ridotti
ormai senza zanne non possono digrignar altro che le gengive. L'origine storica, adunque, da
^
Promessi Sposi, cap.
vm
e v.
DIVAGAZIONI STORICHE
167
me, per incidenza, proposta rispetto
al
proverbio
Montelupo a Capraia, s' intende, anche se questo non è antico: ma non Rispondo, che il così pel « Sapavamcelo ». non conoscerne esempi anteriori a quello di sull'appaiamento
di
—
Cosimo Rucellai non può
far molta forza a chi
sa quanto imperfetta testimonianza rendano, generale, casi,
i
storia
alla
Vocabolari. Che
esistesse, lo
vediamo
lingua,
della il
di
in
nel più dei
motto nel Cinquecento
sicuro: eppure noi rac-
colse la Crusca in nessuna delle tre impressioni
ch'essa fece del suo Vocabolario nel secolo xvii; e registrandolo nella quarta,
del Rucellai e
veramente ne'
assicura lo stesso
di
non
tutti
si
abbiano, chi
documenti
i
epistolari il
Quattrocento
Cinquecento, insieme con esso, come fu molti, ci sarebbe
ci
codici delle nostre
i
Si pensi inoltre, che se
veramente nato nel
fosse
dato pure che
a stampa altre testimonianze
tutti
nostri archivi?
E
davanzatesco.
il
libri
pel motto in questione le
biblioteche, di
trascurò l'esempio
dei
motto o
nel
di altri
facilmente pervenuto memoria
del fatto che lo avesse originato
non ne sappiamo proprio
nulla.
;
quando invece Chi poi
lo
con-
sideri nella sua stessa dicitura, credo si sentirà
piuttosto
marne
invogliato ad
l'antichità, sia rispetto
bligatoria» (direbbe ^
11
memoria
N. Caix
alla
e
U.
«enclisi ob-
dottissimo Mussafia
Miscellanea dì filologia
quale, nella di
il
che a sce-
accrescerne
e
^)
che
linguistica
in
A. Canello (Firenze, 1886), così con-
SAPAVAMCELO
1<'>8
Sapavamcelo contiene, sia rispetto alla rozza forma sapavamo, del qual « sapavamo », adoperato da per sé, gli esempi di scrittori, secondo quel solenne maestro di lingua arcaica
la parola
^
che fu Vincenzio Nannucci, al
Boccaccio. Per poco poi che
Sapavamcelo
«
il
cento fa
non vengon
^
conceda,
si
nel Quattro-
nel Cinquecento, l'antichità della
buona spia d'una data, come
antica
che
tanto,
tragica,
il
commedie
E
ci
non esser nato
»
forma
1249 sarebbe,
il
dimenticatasi
oltre
quella
origine
guelfo motto divenne uno scherzo da
da polemiche.
e
si dilettarono anche que' nostri quando ancora non e' erano né h. commedie, né (beati loro!) le polemiche, da se* minarvi, tra gli altri fiori, anche i proverbi.
di
proverbi
antichissimi,
Lasciando stare
le
tracce che di
gran Poema
locuzioni pro-
sorco tra le male
verbiali offre
il
gatte,
fra le sorbe, e simili),
i
fichi
(il
suo contributo (pag. 255-261)
chiude
il
tattica
della
Una
con un pro-
lyarticolarità sin-
lingua italiana dei primi secoli
:
In tal
«
«
mi devo rassegnare a sentirmi dire: Sapevamcelo (che, per finire come s'è cominciato, ci rappresenta l'antica enclisi
«
obbligatoria in luogo del Ce
«
caso
^
«
Sapavamcelo
»
lo
ha anche
sapevamo moderno) il
Davanzati,
del 1637, che l'egregio editore del 1853 (Firenze,
muta, credo 2
io
per
isvista, in «
Sapevamcelo
».
stampa Le Mounier)
nella
».
Analisi critica dei verbi italiani, pag. 671 e 142-43.
169
DIVAGAZIONI STORICHE
uno
rinestati in
due
con
anzi
verbio,
antichi proverbi
« grossi
inconìinciava Farinata degli
»,
fuor di tutte le leggi oratorie, quella sua
liberti,
« diceria »
che doveva salvare Firenze: cosa alla
quale pur troppo non bastarono, contro altri pe-
ed
ricoli
nemici, né
altri
Luigi Alamanni,
valore nò la retorica di
il
Bartolommeo Cavalcanti, e me-
di
degli altri oratori alle milizie fiorentine nel
morabile assedio.
E
di quei
due proverbi dugen-
che furono « Com' asino sape, così mi-
tistici,
nuzza rape » e « Vassi capra zoppa, se lupo non la intoppa», come questo secondo ci ricorda Montelupo e Capraia, così nel primo un' altra forma
antiquata del verbo
sapavamcelo »
«
mammo
« sapere »
di quei
ci
riconduce
da Capraia, che
pure essere dugentistico.
Nò
al
affer-
questi,
che
servirono alle amplificazioni di messer Farinata (il
quale da Giovanni Villani è ricordato anche
un' altra volta i
soli
e
della
mancano anche stare
di
malispiniana;
i
motti di dispregio
XII, XIV
lanciavano
:
«
E
e
ragione storica, e
a cose contemporanee.
all'altro si
1
savio proverbiante), sono
proverbi a noi conservati dalle Cronache
del Villani
sioni
come
^
i
Infatti,
non ce ne con
allu-
lasciando
o di scherno che l'uno
popoli dei nostri
bene disse vero
il
Comuni
proverbio di messer Fa-
domandato che cosa
«
rinata l'antico, della casa degli liberti;
«
era parte, cavallerescamente e in brievi parole rispuose:
«
Volere e disvolere per oltraggi e per grazie ricevute.
«
fu vera sentenzia
».
—
—
E
l^O
SAPAVAMCELO un proverbio che
di Firenze, di Pisa, di Siena, è
rende testimonianza di
ci
fiorentini, magnifici pel
che
ciò
Comune
i
mercatanti
e per sé scarsi,
sentivano de' ghibellini conti Guidi, quando «per « proverbio si dicea in Firenze Tu sia' ti più :
ad agio che'l conte
«
fa
in
Poppi
e il proverbio pensare che a somiglianza di cotesto palazzo
de' conti
per
casentinesi,
potenti
» :^
anche in Firenze
nozze famose con « la buona Gualdrada », disegnò Arnolfo il Palagio de' Priori. le
La
poesia familiare o borghese, la quale più
meno tendeva tieri
allo
quei proverbi
gnomico, raccoglieva volen-
o,
come
li
chiamavano, buon-
motti, che spesso poi si difìlavano in stranmotti
strambotti
e
frottole.
trecentista della
magna
Pieraccio
prima metà,
^
Tedaldi,
scriveva
di
un Ro-
agli amici:
Bartolo e Berto, come Carlo in Francia
come
il
conte in Poppi
i'
sto in Faenza.
E
un buonmotto in voga fra il xiii e il xiv fu il citare, nel medesimo atteggiamento di quei da Capraia, citar quei da Barga, per sentenziare che il mal voluto, com' oggi diciamo noi, non è mai troppo; ma allora dicevano Chi della sua malura face inchiesta, Convien che la ragione gli sia larga:
1
G. Villani, VII, cxl.
2
Le Rime
di Piekaccio Tedaldi, ediz. Morpurgo; Firenze,
1885; son. X, pag, 42.
DIVAGAZIONI STORICHE
l'71
oppure Convien che la pagata altro simile
da Barga
»
chiamavano
e lo
«
il
che
quello
faccia rima con
«
nome
il
del loro paese
larga ». Buonmotto che
gliava assai bene agi' innamorati
per
si at-
accusare
dabbenaggine anzi buaggine.
la propria Di
buonmotto
senza forse altro merito de'Barghi-
;
fuor
giani
:
gli sia larga;
tal signore
Che vuol
eh'
aggio preso vesta, rechi
i'
Ch'è, quanto mal
si
il
proverbio da Barga,
divisò l'inchiesta;
diceva l'uno; e un altro ribadiva:
E
A A
s'
alcun matto la sua frange vesta,
chi di sua
Ragion
E
buonmotto da Barga: malura face chiesta,
lui dir puossi il
è che pesata
li
:
Io son colui che spesso
Pregando E'
1
2
Amor
m' inginocchio.
che d'ogni mal mi tragga.
mi risponde come quel da Barga. ^
Poeti del
1816;
primo
secolo
della
lingua italiana; Firenze,
68.
II, 62,
L'ultimo annotatore toccato alle
(Pistoia; 1878)
Come
« ficato «
^
messer Gino gentile, rispondendo a Onesto da
Bologna
«
sia larga.
Dove
quel
postilla,
pag.
349-50,
da Barga, cioè fuor
stesso
dicevano
vai le son cipolle
nella sua conclusione.
di proposito
gli antichi, ».
Rime
di
messee Gino
in cosiffatta maniera ;
come nel
:
signi-
Albanese messere-, e ora,
Spettabile interpretamento, massime
172
SAPAVAMCELO
E un
notaro
motto
di
Barga
quei da
meno che
ser
fiorentino,
fra
il
contese niente-
le
Lamagna
Francia e
di
Clone/ gettava
nelle guerre
imperiali italiche: e diceva che, de' due contendenti
,
alla fine
V un
fia
quello da
Barga
;
uno de' due avrà il male che sarà ito cerSe non che in quelle contese la parte del Barghigiano la facevamo noi; meritevoli, pur
cioè,
cando.
E come
troppo, di cotesto e peggio. è frequente tale allusione a
accollavano
spesso
nisti
de' loro
a
questo
«Ben
personaggi un crudo
« Bellistà »
o ad
;
essi
vato
nome
line
sovrastanti
aìitiche
e
luogo in una a Firenze,
Mime
volgari del
Comparetti; voi.
altri passi di quelle
Rime,
menzione del da Barga »; cfr. in
«
corre
di T. Casini,
ma
V
di
i
lavoratori
1888),
p.
166. In
chiaro significato, ri-
proverbio da Barga
o
»
fine della raccolta (V, il
ritro-
vaticano 3793, ediz.
cod.
men
ho
io
queste care col-
dove
(Bologna,
con
quale suppone che
il
quello
sta», anzi
medesimi, pentiti e con-
facevan dire «Bencistà», che
^ Le D'Ancona
cro-
i
a
o li
fessi,
di
nei rimatori
Barga, così
« eh'
usan quei
446-47) una nota
proverbio originasse
qualche fatto ignorato successo nel secolo
xiii »,
«
da
attinente a re-
castello di Barga e il Comune di Lucca. Lo adduce da un altro antico
lazioni fra quel stesso Casini
Se dai presenti, fa' che vagliau poco Che se ti dona Lucca, dagli Barga: e qui
r intendimento sarebbe del rimanere
in condizione e simili.
;
noi, o
mettere
altri,
svantaggiosa; andarne, o far andare, di sotto
1^3
DIVAGAZIONI STORICHE de'
campi conservano così schietto e gagliardo
r antico idioma.
Ma divagammo altri
interpreti
buonmotti, tu,
amico
piiì
abbastanza. congetturi
o
meno
o
a
storici,
lasciando che
suo
modo
sui
de' nostri vecchi,
lettore,
quid novisti rectius
si
Candidus impertì;
De' quali
E
citatissimi
zione, assai libera
caso nostro,
sta,
del Malmantile, e
è
si
istis,
non^ his utere mecum.
versi
d'Orazio
vero,
ma
una tradu-
che fa molto
al
se tu noi sapessi, nella chiusa
novelline della
delle
Stretta la foglia sia, larga la via;
Dite la vostra, eh'
i'
ho detto
la mia.
nonna
:
EICOEDI
CESARE GUASTK*)
Signori,
Le st'
parole di Cesare
ultime
aula, che par quasi
Guasti in gue-
serbarne tuttavia
l'^eco,
furono queste: « Vi ha una poesia eh' esce dalla e va fino alle orecchie; ed
« testa
havvene una ferma finché un altro cuore ». E poco innanzi « Ebbe animo maggiore delle sette.
«
che sgorgando dal cuore, non
«
non
trovi
avea detto <(
E
:
se questa sia la tessera
« nella storia civile
«lo Zanella
vi
per
riconosciuti
apparirà
si
i
quello
ricordate che egli in quel giorno
(*)
2>^^^blica del
1890), con questo
degli
che fu ».
Vi
^
commemorava
22 di dicembre 1889 (Firenze,
titolo:
Cellini,
Elogio del segretario Cesare Guasti
dair Accademico residente Isidoro 1
verranno
Pubblicato negli Atti della R. Accademia della Crusca,
Adunanza letto
cui
galantuomini,
Del Lungo.
Rapporto dell'anno accademico 1887-88 e Commemorazioni Accademici Corrispondenti Antonio Ranieri e Giacomo
Zanella del Segretario Cesare Guasti: negli Atti della R. Ac-
cademia della 1888,
A
Crusca;
Adunanza pubblica
del
2 di dicembre
pag. 47.
Del Luhgo
12
CESARE GUASTI
1/s
degnamente l'insigne Poeta vicentino, un anno avanti oratore insieme con lui nella medesima solenne adunanza, che oggi nel
ma
nome
del Guasti
ahimè sopra una tomba. E quelle parole sue mi ritornano nella memoria, e mi vengono sulle labbra, perchè mi
nostro
rinnova,
si
paiono contenere
scritto
la lode
che
all'anima retta, dell'uomo
al gentile spirito,
onorando, debba, là
nei regni della luce e del vero, sonare più cara altra. Che molte altre ben egli si da altre voci che la mia, al quale l'autorità maggiore viene certamente dal parlarvi io per l'Accademia che me volle suo interprete. Voi pensaste, o colleghi, alla intima consuetudine che per più di trent' anni, cioè dalla mia pri-
qualsiasi
di
merita,
e
missima giovinezza, mi ebbe congiunto con lui. Ne d'avere accettato mi consentirebbe il cuore di scusarmi, e sento anzi mio debito qui rinnovarvi pubbliche grazie; sebbene alla prova io abbia,
ve
lo confesso, trovate difficoltà
savo neir adempimento
Perchè è vero che
dell' ufficio
che non pen-
commessomi.
la familiare consuetudine age-
vola la cognizione de'
fatti,
può
e
il
sentimento,
se non dare eloquenza, compensarne, almeno in parte,
Ma
difetto.
il
quando
chi detta dentro è
un' amicizia, che la disparità degli anni fece co-
minciare quasi studi
e
quando
filiale,
e nella
comunanza
degli
addivenne fraterna; compendiano troppe e troppo
degli intendimenti i
fatti
vi
care memorie, e le circonfonde quella malinconia
CESARE GUASTI che
del passato
versi
potenti,
f ui »
^ ;
e
«
Dante
179
accolse in uno de' suoi
Quando
gioverà
ti
dicere:
Io
nell'uomo del quale parlate come pen-
come erudito, come filologo, come scritnon potete dimenticar mai quanto, lui
satore,
tore, voi
morto, è mancato Signori,
si
e la parola,
vita
alla
vostra
oh allora.
;
vorrebbe piuttosto ascoltare che dire; che viene dal cuore, passa attraverso
alle lacrime.
Ma bare
a parlare di Cesare Guasti possono tur-
non
cuore,
il
giudizio,
il
gli
affetti
:'
perchè
semplice e senza macchia, è presto
la vita sua,
raccontata, dicendo eh'
lavorò sempre, e sem-
e'
pre nobilmente; e dell'ingegno, dell'animo, degli studi suoi, attestano «
i
bisogno
« tu
mava
d' altro
egli al
suoi scritti la verità.
me
che volesti tu da
«
E
altro che la verità? hai
che della verità
suo Silvestri,
^
?
»
escla-
proemiando a quel
caro libro, dove maestro e discepolo paiono anc'
oggi
vero
si
facesse
vive persone.
adatta di
Né
meno bene
quello,
tale
•
invocazione
alle lodi di
disagguagliandosi
questo che poi
per altezza di mente e per maggiore importanza che ha l'opera dall' altro
del
la
1'
uno
molto
letteraria
del Guasti. Della quale fanno inadeguato giudizio
coloro che credono mancato in 1
2
lui
all' Italia
un
Inf, XVI, 34.
Giuseppe
Silvestri,
V Amico della studiosa gioventù. Me-
morie compilate da Cesare Guasti. In Prato, per Ranieri Guasti editore-libraio, 1874-75: in due tomi. A pag. 7-8 del t. I.
CESARE GUASTI
180
maestro storica,
di
scienza archivistica e di erudizione
un valente pubblicatore
di
ziente ed acuto osservator di vocaboli,
tore castigato ed elegante: e
ma non
non sarebbe poco:
non
un pa-
testi,
uno scritChe pur
altro.
è tutto quello che al
Guasti nella storia della nostra cultura
spetta.
si
Perchè questo scrittore, questo squisito artefice della parola, ha voluto altresì e saputo scolpire in
essa le
piìì
alte e
pure e gentili
idealità, evo-
cate con potenza di vero pensatore dalla storia
monumenti, dai documenti; quel filolessicografo, perchè sentì nelle parole aleg-
dei fatti, dai
logo e
giare ridea, palpitare
sentimento, non fu mai
il
un pedante; a quell'archivista, a r archivio era custodia
quell'erudito,
grandi memorie, san-
di
tuario della patria; e l'erudizione, di ozi letterati,
né spolverio
vento che
del
ma
tira,
istrumento
sussidio fedele, ai grandi
non pascolo
di scaffali in
servigio
appropriato,
ammaestramenti
della
mi propongo
rap-
storia.
Sotto
questi
aspetti io
presentarvi Cesare Guasti:
ma
di
piuttosto per linee
generali, che per continuato discorso, lungo vita così
piena
di
lavoro,
per modo, che la compiuta recensione (
la cui bibliografia,
una
molteplice e svariato
su' propri
di
questo
suoi appunti, gli
hanno già egregiamente compilata due
affezionati
discepoli e cooperatori^) eccede addirittura 1
Elenco
delle
pubblicazioni
Alessandro Gherardi
e
eli
i
li-
Cesare Guasti per cura di
Dante Catellacci,
ufficiali nel
R. Ar-
CESARE GUASTI
d'una delle nostre
miti e la possibilità
tredichè,
181 letture. 01-
Guasti ebbe, nelF occultarsi,
il
simo zelo che
i
mede-
il
più meritevoli di rimanere
spendono, felicemente, nel porsi
buio
e,
ma-
bandiera.
Le
mostra
in
cenci
gari anche, fare de' propri
al
sole cose che, invitato da
editori ristampasse in
un
Opuscoli di belle
sol corpo,
furono
Squisito lavoro,
gli
senza
dubbio;
ma
arti.
che del suo
valore letterario e morale offre un solo e speciale
Se
aspetto.
in altri
da pubblicazioni di
commercio,
da
occasione,
il
fiore
libercoli fuori
campi diversi eh'
fosse, di sui
raccolto
coltivò,
d'
volumi, da periodici,
simili
e
il
frutto
ei
questo
di
nobilissimo ingegno, non solamente sarebbe oggi
più agevole, e forse a Voi
ma
mio,
l'Italia
meno gravoso,
saprebbe meglio
rimprovero, acquisti forza d'augurio)
uno
scrittor vero
da registrare fra
di
l'
in
(se
ufficio
ciò
è
possedere pochi.
i
I.
Da
umili principii,
ma
fin
da
quelli
conscienza di propositi e coerenza
mosse
fine,
durlo
sì
il
alto.
con grande
di
mezzi
al
dovevano conGente del contado pratese, venuta Guasti
i
passi che
a industriarsi in quella città operosa e geniale,
furono nel
i
suoi; la cui industria
padre
di lui,
elùvio di Stato di Firenze. Estratto
Serio V,
Tomo
III,
si
nobilitò presto
Ranieri, che l'arte tipografica iÌ2^.V Archivio
anno 1S89, Firenze,
Stor. Italiano^
Cellini, 1889.
Di pag. 59.
182
CESARE GUASTI
ha esercitata fino a' dì nostri con lode gusto e non senza onore e utilità degli tipografo cominciò anche officina paterna,
il
giovine
di
buon
E
studi.
Cesare nella
con attribuzioni fra letterarie
editore e tecniche di correttore delle stampe
di :
e
tipografo piuttosto che letterato lo desiderava
il
sebbene
padre,
scuole di quel
avesse fatto
gli
Collegio
frequentare le
Cicognini,
sotto la di-
sciplina di Giuseppe Silvestri, e con maestri quali
Atto Vannucci città e famiglia
la
e
Giuseppe Arcangeli.
alimentarono
di
Scuola,
buon nutrimento
ben disposta sua giovinezza. Nella scuola, una
pognamo non fosse aveva pure il pregio grande di educare non aggravare gì' ingegni, e contentandosi
istituzione di studi, la quale, perfetta,
di
ma
bene avviarli
cose essenziali,
namento
saldamente
agli studi più
quali intanto
naturali
e
poche, fra le
maturi e più
liberi,
avea coltivate svolte eccitate
attitudini.
come materna, que' tempi
in
ne lasciava l'addottri-
fondarli,
là,
pe' le
Nella famiglia, così paterna
stampo da potersi, anche a chiamare all' antica, aveva podi
tuto apprendere semplicità
di
probità
schiettamente sentita
;
inoltre,
religione
costumi e severa
senza riguardi umani praticata; dal quale elemento, non meno che dagli altri due, molti valentuomini han derivato al carattere quella vigoe
ria,
all'animo quella
diritta e leale franchezza,
che impongono rispetto anche a chi sia cresciuto nel culto di altre idealità.
Né
gli
mancò, presso
183
CESARE GUASTI
domestiche, qualche esempio di cultura
le pareti
per
scientifica e letteraria,
l'uno
terni;
e
Luigi
ma-
Sacchi,
Cicognini di filosofia e matematica,
nel
lettore
parte de' prozìi
canonico
de' quali,
Roncioniana,
della
bibliotecario
pote diciottenne, nel 1840,
ebbe dal
affettuose
ni-
lodi reci-
Accademia degP Infecondi. Perocché anche Prato fioriva d' un' Accademia: la quale che non sempre fosse ciò che lealmente tate alla pratese
il
titolo
portava, conferitole, pel solito vezzo, dagli
eruditi suoi
incominciatori
nel
dal Guasti essere aifermato,
che
essa
studi
di
produsse
verso
20,
il
economia pubblica,
Settecento, potè
ricordando quello
^
attinente agli
e agli studi storici
il 40 con lo attuare un concetto Tommaseo. Aveva il Tommaseo fatta una
e morali verso
del
gita a Pralo, e narratala
che
il
:
^
e
da quella
scrittura,
Guasti nelle sue ha ricordata tante volte,
e tante
senza
citatala,
accorgersene,
io
non
quasi
dall'una all'altra
esito a riconoscere
avviamento della vocazione
di lui.
«
il
primo
Accorsero
i
giovani » egli dice, a proposito di quel risveglio de' suoi Infecondi, « Fille « di
« tuti «
e di Nice,
utili
arti
benefici
« accorsero
ma
perchè
ricordo lasciatoci dal ^
2
Memorie sul Silvestri: La pubblicò, con quel
di
di patrie glorie e. sventure,
e di belle, :
non a cantare
di-
s'
educazione e
ebbe a mente
Tommaseo I,
81 e segg;
titolo,
nel 33 li,
d'isti-
questo :
—
La
127 e segg.
per la prima volta nel pe-
riodico napoletano 11 Progresso, an. Ili
(1834), quad.
XYI.
1S4
CESARE GUASTI
(j
pratese Accademia
«
air illustrazione delle cose patrie, e al miglio-
«
ramento
ci
lissimi
E
».
sul
nicipio nelle di
.
.
potrebbe rivolgersi tutta
de' patrii istituti
—
Tommaseo, lando
.
che ve n' ha
;
dopo addotte
civile e
umane
bei-
di
altre parole del
morale
ufficio
del
mu-
e,
par-
società (vano allora
cose nostre, doloroso e quasi scherne-
vole sarebbe stato dire nazione), soggiunge che « in
quelle parole era tutt' un
svolta appena
quale
« fu
effetti
notabili,
dopo
e
il
programma
»
:
del
una porzione », né con 40 l'Accademia fu chiu-
ma
quel rinnovamento di studi e di pennon fu senza frutto; e il ripensarlo m'è « caro ». Caro a lui certamente quel ripensare, com'è ogni ricordanza di giovinezza; ma più, credo
sa:
«
« sieri
io,
perchè
que' modesti accademici
di
ivi
stesso
scrivendo che alcuni «dalle aride pergamene ten«
tavano destare un
« antichi
soffio di vita, nelle vite degli
cercavano esempi,
cr
insegnamenti sempre,
a
il
ca
tarlo,
di
imitabili
o no,
ma
bene fecondi: poiché
male
« rico
fu sempre commisto al bene; e l' addiquando pur non giovasse, sarebbe da sto-
onesto
»
;
queste cose scrivendo quasi qua-
rant' anni dopo; se gentilezza
d'animo trattenevalo
dal nominarsi fra quelli che giustamente lodava,
neanco poteva la coscienza negargli il testimonio, che i severi propositi di «storico onesto», sperimentati in que' giovanili ritrovi, erano
da
lui
fedelmente proseguiti nel
delle lettere.
stati poi
civile esercizio
Al quale anche prima che
piìi
largo
CESARE GUASTI e fruttuoso
sua
campo
Prato trarre
altre ispirazioni.
185
seppe egli dalla
gli si aprisse, altri
aiuti,
altri
erudiraenti,
Esempio opportuno e meditabile
oggi, che per la espansione del libero tutte
membra
le
della
unificata
vivere a
nazione, par-
rebbero doversi accrescere ed agevolare e la
studi
cultura anche nelle piccole città e terre e
(come dicevano
castella
ma
gli
nostri
i
vediamo, pur troppo,
buoni vecchi);
contrario;
il
e affluire,
invece, alle città grandi, ai grandi centri (frase
ignota a quei vecchi
non
attività,
e ai giovani, che
fiumana delle
ambizioni,
dire
imprendono
giovanili;
la professione delle
parere angusto cerchio e non degno
lettere,
mura
valenti), la
vorrei
tante fra le care nostre
di
città,
le
che nei
secoli gloriosi all'ingegno italiano contribuirono
ciascuna una parte dizioni
di
quella
gloria; e di
tra-
piamente conservate facendo nervo
alle
manifestazioni libere e ardite del genio paesano, anticiparono, negli
che oggi giustizia martiri
han
Come
ordini di
dell' intelletto,
Dio e
il
sangue
quella
de' nostri
fatto essere l'Italia.
dalle
scuole del Cicognini,
che
avea
lasciate fiorenti, così dalle stanze rimaste senza
Infecondi, continuò
gnie
nomi
di di
il
Guasti amicizie e compa-
studi operose: e
ad esse
biografo del Silvestri menzione,
1
appartengono
condiscepoli e di amici, dei
Memorie
^
e di
quali fa
il
alcuni sia
sul Silvestri ; lib. Ili, cap. ni e cap. vii.
CESARE GUASTI
186
me
anche a
Ubaldino Peruzzi, Giovacchino Limberti, Zanobi Bicchierai, Carlo Livi, e, lecito:
mancato giovine a grandi speranze, Germano Fossi. Ma più feconda accademia furono a Cesare quella casa
avvocato Giovacchino Be-
dell'
che « accademia domestica » appunto chia-
nini,
mava
primeggiavano
Bindi, e vi
il
avevano
per
francescano, verso schiva
una
istanza le
quali
Baldanzi
al
«
Baldanzi e
«
erano
il
l'indole
si
avevano
raccoglievano
e di beneficenza,
ma
altri:
il
fra giovani che tante
d'imprese tipografiche
occupava alacremente
si
nini;^ e ai forestieri faceva
il
il
Be-
onori della città
gli
che
a' forestieri
indirizzava; e
gì'
in-
quei tempi di consentire »,
in
lettere e di statistica,
cordialmente;
mentre
alcuni;
Benini, legati d'antica amicizia,
come un legame
« ragioni
seux
convento
tirava
lo
ed austera. « In casa del Benini » egli
« torno
Di
che spesso
celletta di
racconta^ «convenivano
ci
Vannucci
il
e l'Arcangeli; ed altre conversazioni,
spesso
Tommaseo
il
lo
Vieus-
trovava
a studiare della sua Prato le storiche memorie e la popolar sapienza de' proverbi: studiare
intendimento quali era
meno,
il
a'
nuovi tempi,
con animo,
e
1
Op.
2
Vedi
cit.; II,
la
i
i
liberali,
non
volgari,
tutti
de'
piiì
o
ben disposto,
127.
Necrologia,
vacchino Benini; a pag. za,
che
preparavano, e
Benini,
con
dettata
dal Guasti,
236-245 del
voi.
1867, àeìV Archivio Storico Italiano.
V, p.
dell' avv. I,
Gio-
,Serie ter-
187
CESARE GUASTI presentivano; anche fra
Nel quale pri-
clero.
il
meggiava, canonico eultissimo e più altri
di
come
tardi,
vescovo,
que' Pratesi d' allora,
Ferdi-
nando Baldanzi, illustratore del Duomo e di altri monumenti pratesi, e dal Vieusseux ascritto fra i
suoi cooperatori rìV Archivio Storico Italiano;
d\V Archivio, scriveva
«stanze dove
si
Del Baldanzi «
ha
egli
come
dibile giudice,
Guasti,
il
^
detto,
in quelle
ed è parola
numenti sapesse congiungere di lui
nato
;
^
50
al
che «
^
Dove
altro
gentile
il
Frediani,
autore
che rialFermavano ciosamente, se
ab-
Atti della B.
«
il
i
nostri pensatori
amico
Gioberti, passando
Accademia
della
Crusca.
d'italia-
e a quella
di
fidu-
Prato
Adunanza
blica del 6 di settembre 1874. Firenze, Cellini, 1874.
dell'
che
prose e
di
soavemente eleganti;^ innamorato
A
^J>w6-
pag. 61.
Necrologia del Benini, a pag. 244.
2
Nella
2
Nella Prefazione
cit.
piiì
rumorose brigate, era di un Francesco Frediani, Mi-
le
nità del Trecento e del Cinquecento,
^
-i
spirito,
nore Osservante: versi
il
af-
innanzi
la celletta francescana
Guasti piaceva quanto a quell' età
biamo cercato
l'
alludendo
avviò la sua giovinezza, »
in Prato.
mo-
erudizione
all'
e altrove,
a questo decennio de' primi suoi lavori il
cre-
di
nella illustrazione de'
«
« vivo senso del bello » fetto
«
credeva morta V Antologia».
agli
Opuscoli di
belle arti;
a pag. iv
edizione Sansoni. *
Le Prose
e
Versi
del p.
Osservante, raccolse, lui vivente,
Francesco il
metto nel 1853; Prato, Alberghetti.
Frediani,
Minore
Guasti stesso, in un volu-
CESARE GUASTI
188 «
cercava ed abbracciava
Francescani
artefici
come
memorie, Vincenzio
de'
Frediani »;
che de'
^
pensava di raccogliere le suoi Domenicani avea fatto
Marchese:
Guasti « conferì
il
il
«e
quel
col
Marchese»
pensiero nella
scrive celletta
un giorno del 46: e' io vidi il Francescano col Domenicano stretti fraternamente a ragionare di quelle glorie, che Bonaventura e Tommaso cantano nel verso di Dante ».
« di Prato, « « «
La
libertà con la quale
parlare a un
si
posso, anzi
eletto uditorio,
qui in pubblico ad
mi
debbo,
fa rispondere
una dimanda, che innanzi a
quella bella testa monastica, a quella faccia rasa di
quattrocentista, più volte possiam
di
esserci fatta o di avere, fors'
che motteggio,
costumato lazzi
fin
e dalle
sentita fare.
confessare
anche con qual-
Come un
sì
pio e
da giovane, così alieno dai solmondo, tutto casa,
distrazioni del
silenzi operosi non aver cercati dove le benemerenze sue verso gli studi, verso V Italia, lo fossero altresì della Chiesa che egli amava e come divina venerava?
tutto studio, d'
Né
i
un chiostro,
le
fetto
sue carte di
lui
piii
intime, che
e quello de' figliuoli
gellate; né alcuna confidenza
il
superstite af-
mi ha dissug-
da vivo, nelle
quali,
anche volendo assai bene, fu parco e ritroso mi forniscono risposta che possa dirsi diretta e ;
^ Parole del Guasti, queste e quelle che appresso susseguono, nella Necrologia del Frediani; a pag. 244 e 242 àolV Archivio Storico Italiano, Nuova Serie, voi. Ili, disp. 2.% 1856.
189
CESAKE GUASTI
come
nemmeno
dalla sua bocca:
terno con Giovacchino è
il
Limberti,
carteggio fradove, se mai,
futuro arcivescovo di Firenze che
il
s'
apre
al
coetaneo, e alcuna cosa accenna degl'intimi com-
battimenti che ancora lo tengono sospeso « tra «
cielo e la terra, più però presso
il
Ma
e
quello
in
carteggio,
stesso
cielo».
il
e
^
ne' primi
d'
dopo alcuni d'esercizio scolastico o occasione, sgorgavano al Nostro dall' anima,
si
disegnano figure
che,
versi
di
di
amici benaugura,
domestiche o
donne
gentili; e alle
sventure e
le
nozze
prime loro allegrezze
e le
le
pagna, con sentimento come
accom-
difficoltà
persona che
di
ri-
manga
in solitudine dolorosa; e versi d'amore, un suo quidernetto,^ alterna a tocchi in penna, di paesaggio e di opere d'arte, ad appunti di lettura dell' Iliade, alla ricordanza d' un privato in
educatorio femminile eh' Valdinievole,
dal
«
a popolar monasteri,
«
reconde e amorose pure in
«lurido
^
ti
ma
»,
escono femmine
madri di
di
d'un
famiglia ve-
egli
con sen-
quello
che altra
esclama
cotesti anni, visitando
chiostro»,
Vedi Della vita
Umberti
visita su' bei colli della
non meno sìncero
timento volta,
e'
quale « non
il
chiostro,
ex-convento,
e degli scritti di
fra
le
monsignore Giovacchino
dal 1821 al 1857, a pag. xvi-xvii; premesso dal Gua-
alla Parte
Prima
degli Scritti letterari
e jjastorcdi
di
mon-
signore Giovacchino Limberti Arcivescovo di Firenze. Firenze,
Carnesecchi, 1876. In due parti. 2
È
intestato
«
Borgo a Buggiano; aprile 1843
».
190
CESARE GUASTI
tombe
de' sepolti quivi
pace,
in
fo rimpian-
lo
anime oneste respinte a forza nella « solitudine amara» del mondo. ^ Quand'egli adungere
le
donna che
que, alcuni anni più tardi incontrò la
doveva dargli
i
figliuoli; la incontrò in casa d'un
amico, a vezzeggiare una culla; e Fanciulla, che co' neri occhi favelli, al ciel gì' innalzi o
a terra
gli
dechini,
Che vuo' tu dirmi con quegli occhi
belli?
dimandò con presentimento d'amore;^ egli non ebbe se non trovato finalmente quello a cui sempre aveva aspirato il cuor suo, e la cui imale
gine avea confortato le veglie operose, le conversazioni erudite, le austere abitudini, della sua giovinezza.
Ma
queste abitudini conservò anche
da marito e da padre; piiì tenacemente poi vi ancor quaransi strinse quando in età di non t'
anni rimase vedovo, e che
perduta non gliuoli
della
potè che cantare,
sua
diletta
guardando
i
fi-
^ :
Raggio dell'occhio tuo nero lucente
È
ciò che ride nella lor pupilla;
Sospiro del tuo cuor, della tua mente
Aura
1
Da
2
Quei versi hanno
3
Versi dell'aprile 1868:
lettera al Limberti, de' la
« l'orìuolo che fu di sua « gnolfi
quando
fu sposa
3 luglio 1842.
data de' «
tranquilla.
«
4 agosto 1850
Alla mia figliuola,
madre, donato a ».
lei
».
nel
darle
da Gaetano Ma-
191
CESARE GUASTI
È
voce che, sovra T infantile
la
Labbro errando, mi scuote e mi ravviva; mia cara, o mia gentile. Perch' io dico :
Dunque
se'
viva?
II.
Ma
tropp' oltre
trascorro
io
ne' tempi
:
e
il
mio Guasti, invece, andava « piano ma sano », come sta scritto in un suo sigillo, che sotto a quel cauto motto sfoggia una bella tartarughina.
La
Bibliografìa pinate se;
la pubblicazione
dell'
zato dal pratese blicazioni
di
i
Calendario pratese;
Ovidio maggiore
volgariz-
Sim intendi; e pubantichi testi, non senza un quel contado, Arrigo da Set-
trecentista
altri
altro trecentista di
timello;
il
suoi primi lavori d'agiografìa cristiana,
una gentildonna fiorentina, fatta pratese dal chiostro. Santa Caterina de' Ricci, che seguitò ad essergli uno de' cari pensieri di tutta la vita; appartengono a quel decennio suo giovanile innanzi al 50. ^ Durante il quale, però, certi quaderni nitidamente manoscritti, dov' egli raccoglieva (e ha seguitato fin air ultimo) con gran diligenza e altrettanto buon gusto il frutto delle proprie letture, mostrano e
anche
^
in
questi
Per queste ed
gamente comprensive, verebbe di soverchio VElenco
delle
altre,
più indicazioni che
la cui specificata le presenti
note,
citazioni, lar-
determinazione aggraintendo rimettermi
al-
pubblicazioni del Guasti, citato a pag. 180-81.
102
CESARE GUASTI
com'
e' le
ben
distendesse
Né
chia del suo municipio.
con
avrebbe potuto
oltre
angusta cer-
le erudizieni di
criterio
vagliare; né di lettere, di
1'
sin
questo
d'allora virile
arti, dì scienze,
a pro-
posito di esso, acconciamente discorrere; se lar-
ghezza
non guardare
lo
di studi
dizione di
avesse
dall' alto,
posto nella cone
con vasto
oriz-
zonte dinanzi, quel piccoletto suo nido che con-
tinuava a prediligere. «
11
pensiero della Bibliografia m' era venuto scrive
egli
ne' suoi
« nel
40, »
«non
così per l'appunto.
trovandomi nella
« 44,
13
Il
cella del
Ricordi
«
^
di febbraio
ma del
padre Frediani
San Domenico, collo stampatore Pontecchi che domandava consiglio per qualcosa da stampare, mi risolvetti a porvi mano e la stessa
« in
« «
:
« sera «
come
scrissi il
il
che
Manifesto,
libro ».
A
questo
bliografia pratese compilata
uscì
pose per
anonimo, Bi-
titolo
per Un da Prato.
^
Nel Manifesto sono caratteristiche del suo ingegno e del suo fare, e graziose per umorismo fine e di buona lega, le parole fatte dire al tipografo
:
«Quando l'Accademia
degl'Infecondi, fe-
memoria, venne nel proponimento, ed era buono, di occupare i soci nella illustrazione
« lice «
^
Intitolati
Le mie Memorie
letterarie^ in sette libretti già
indicati dai compilatori del citato Elenco. 2
Prato, per Giuseppe Pontecchi, 1844. Il Manifesto è
foglietto il
volante, con quel
febbraio del 1844
»,
e la
medesimo firma
«
titolo, la
data
«
un
Prato,
G. Pontecchi editore
».
193
CESARE GUASTI « della storia « gliere fogli e « per
un tale si diede a raccomemorie, non so perchè, ma forse
patria,
mera vaghezza
« glorie municipali,
di
mostrarsi tenero
«
«
mano
«
« «
« « «
« «
«
persona
qualche
di
« forse la
poeticamente
eh' egli allora
immaginava senza numero Se le non poche notizie e venne fatto di raccogliere,
«
e. di
gran
conto.
che
carte,
le
delle
gli
venute
fossero
in
molta levatura,
di
nostra città avrebbe avuto o un'istoria
un poema, o qualche cos' altro da farne il rumore grande: la fortuna, che le ha voluto sempre poco bene, le fece, cascare in man di costui, che è anima piuttosto librala che poeisterica; e non n' è potuto uscir altro, tica come sentite, che un indice alfabetico, poco pili poco meno foggiato alla maniera dei consueti cataloghi. » Ma questo non era vero,
come
tutt' altro
zioije
dell'
che giusta era quella
anima sua
fronto, per esempio,
del
classifica-
e chi faccia qualche con-
:
con
la Bibliografia toscana
buon Moreni, sulla quale Colui da Prato
co-
minciò a lavorar per la propria, troverà che alla
generazione
di
quelli
un tempo essere acciarpatori, titolo
e
e
e,
i
quali sapevano a
fronzuti,
e
nelle
minuziosi
e
di
proprio fra
amplissime
dedicatorie
nell' inchiostrar
titolo
prefazioni
eruditi,
aridi
pedantescamente
ineleganti e tal-
volta anche sgrammaticati; a quella generazione (che,
del
resto,
ha
avuto
rampolli
sino
d'oggi), della quale le benemerenze non Del Lungo
al ci
dì
pos13
104
CESARE GUASTI
sono
dissimulare
far
andava suben-
difetti;
i
piiì a modo, meno pettoruta e più meno caudata e piiì garbata piii sinpropria, non meno dotta ma più acuta
trando gente accurata,
cera
piiì
e discreta, e studiosa di quelle armonie, che la
natura ha poste e l'uomo non deve dissociare, tra i
fatti
e le idee, la storia e Parte,
La
portanti e le cose belle. «
discorre qualcosa
si
« teraria di
Prato
«
cose im-
le
Prefazione in cui
della Storia civile e let-
che per «molti pregi d'eru-
», e
dizione e di stile» fu lodata all'Arcangeli Niccolini,^
come poi
fa
tutto intero
il
bliografico
è l'ordito,
mente da
dirsi
quelle pagine risaltano
nerosi che ispiravano fra
i
difetti,
lavoro
:
del quale se bi-
storico e
critico è
tessuto; e da
il
dal
ch'io diceva testimonianza,
di ciò
d'una
più
di
sentimenti nobili e ge-
i
il
vera-
novello bibliografo. Egli,
che modestamente osserva,
un suo
d'
predecessore settecentista, nello studio delle cose pratesi,
pone questo,
zioni tra quelle e
«
eh' l'
scana e d'Italia».^
e'
non vedesse
le rela-
istoria generale della
E
le libertà
e
To-
franchigie
della sua Prato, rispetto a quella che pur troppo
da Comuni minori a maggiori, più che
era,
di-
pendenza, sudditanza dura e gravosa, non tanto gli
sono care
1
(e al traffico di
In lettera da
«
quelle ripensa
Firenze, 6 settembre 1844
serva nella Biblioteca Eoncioniana di Prato. 2
A
pag. XXII (nella Prefazione).
»,
che
ama-
si
con-
195
CESARE GUASTI ramente nella Certosa
tomba
di
comune
rosa la
Firenze dinanzi alla
di
Niccola Acciaiuoli),
quanto
^
servitù che poi
dusse e su Firenze e sull'Italia. il
è dolo-
Principato ad-
il
^
gli
E
a Dio lascia
giudizio sopra Giovanni de' Medici, cardinale,
che nel 1512 « dava
Prato a saccheggiare
« l'esercito spagnuolo»; e « fatto papa, alla « ria»
scrive
memo-
Guasti «che delle loro sventure
il
rispondeva
« gli fecero gli ambasciatori pratesi, « dei brevi
al-
scritti
buon
in
latino, e queste pa-
«role: - Dio ne paghi chi
n' è
cagione; - pa-
« role
che valgon la zuppa mangiata da Carlo
« sul
cadavere
« roni »
:
^
e
di
Corradìno e degli
altri
mori del Sacco iniquo,
da un
« rato
ba-
ogni servilità medicea che trovi
d'
que' suoi concittadini del Cinquecento,
di
I
nostro
si
sdegna:
^
imme-
« strazio ope-
Proposto e Cardinale
di
Santa Chiesa,
e sostenuto dai nostri padri senza
« quella dignità
che consacra la sventura, ed è
«
« la vendetta
nome del
di
delle
anime
forti
e libere ». Del
Iacopo Polverini, pratese, odioso
primo granduca mediceo, teme
« queste
carte e la patria »
:
^
«
caro,
fiscale
contaminare invece,
gli
è « rammentare Giovanni Bonamici, mantenutosi «
fermo
alle
dottrine
di
^
A
pag. iv-viii.
2
A
pag. viii-xiii.
'^
A
pag. x-xi.
A A
pag. xi-xii, 88-89, 24.
4 ^
pag. xvii.
Galileo », in mezzo a
196
CESARE GUASTI
quella « babele »
romana.
^
Dei Lorenesi,
tro Leopoldo, che solo rammenta, loda
il
ratore dei danni di ben tre secoli», loda cipe filosofo, e
rispetto che verso lui
il
in Pie« ripail
prin-
Pratesi
i
conservarono anche nel loro tumultuare contro novità » del vescovo Ricci
le «
:
le quali al
non piacciono, ma cotesti tumulti e « non gli dispiacciono meno:^
spregi »
Guasti
brutti di-
e a pro-
posito di essi e di quel rispetto al Lorenese, avea
notato come «agl'insultatori d'un vescovo inerme
percosso da
« e
« periglioso «
il
Roma,
dovette parer troppo più
rovesciarsi contro
bene ogni onta Pietro Leopoldo
il
fatta al Ricci
Sovrano; sebripercoteva in
non che questo periodo censore glielo soppresse; e fu la prima il regio ma non la sola volta, che la sua libera penna dovette sottostare al taglio della censura, e non sempre censura regia. A cosiffatto libro, che non si direbbe d' un «
giovane
»
se
:
ventidue anni, bastarono, per esser
di
compilato e stampato, in quello dismesse
il
m^egli dice aver avuto
Ma al
sette
mesi non
« fantasioso
interi
:
e
pensiero » co-
« di scrivere
non dismesse que' sentimenti ed
una storia». affetti,
che,
saggio, pure assai scarso, postovene innanzi.
non
Voi
municipali
anni
soli ^
2
A A
mi consentireste, :
e
pag. XVIII.
pag.
con
dopo,
XIII.
quelli
nel
credo, di chiamare
stessi nel cuore,
1846, cioè in
due
stagione a
CESARE GUASTI
197
incominciava
ben altramente propizia,
quelli
il
Calendayno 'pratese, che d'anno in anno condusse fino al
«
r
«
E
1851. se
i
calendarii anch' essi dimostrano che
avanza
Italia
sua
in
dovrem noi
via,
tacer-
« lo? » aveva scritto, dieci anni innanzi, il Tommaseo annunziando il Calendario Lunese di Girolamo Gargiolli: e gli pareva destino, « che ,
esempi e
nobili
«
i
«
vente a venire da
«
auguste
mente.
città ».
Memorie
Guasti;^ e dopo
i
^
rari uomini ci abbiano so-
picciole
Due
apponeva
Studi,
e
non
terre,
dalle
parole auguste vera-
presentatolo
al
suo
due
primi
i
il
anni
con modestia che quasi sonava sfiducia, e senza
augurare che
« sapergli
piacere a Pratesi »,
di
Tenca
dalle lodi del Repetti e di Carlo
animo proemiando « morie è parola d' « Studio dice e «
Oggi
1
III,
li,
(Fivizzano,
del
edizione; Firenze,
scriveva:^
e
non basta:
erudizione
italicmo e straniero (Milano, Stella),
anni
Il
Le Monnier, 1867; Pratese
del
col.
1846,
Prato, per Ranieri Guasti, 1846-1851.
Anno Ivi,
5
Anno
:
II (1847), pag. 13.
pag. 11-12. III (1848), pag. 11.
la
anno
1834, 35 e 36. L' articoletto
legge nel Dizionario estetico
Pel Calendario
4
Me-
Calendario Lunese
:
vedi la quarta
1060-61.
Memorie
cose patrie; e così successivamente, per tutti e sei
3
^
indagine e sollecita meditazione.
Bartoli) è degli si
pigliava
e di pensieri feconda
settembre 1886, pag. 399.
Tommaseo 2
affetti
semplice
la
Nel Ricoglitore
parte
al terzo,
^
^
e i
Studi di
volumetti:
CESARE GUASTI
198
« storia debb' essere scienza, e scienza
«
Rompere
«
lontane
per poi non trarre di
età,
« parola
insegnamento
d'
« rebbe sterile
fatica
scuota
« secoli
il
«
che
gli
«
non
istà nelle
Ma
menti.
« sia nella
sa-
bisogna che la voce
de'
sonno delle nostre menti, e riprendano quella vita che
polpe e nel sangue.... ». Si era s'
addiceva parlare altresì
proemietto,
città »;
dalla
« forza,
di
parlava
risorgi-
con-
ai
« a volere
la quale,
e dalla concordia, dalla inte-
fiducia,
prometteva la forza,
« bole ».
quale
E
^
pur
il
parer de-
valido elemento di forza nazionale
essere
ne' tempi
anche
rimpiangendo alla
linguaggio
il
« la
ormai supremo bisogno a questo popolo,
a cui troppo è nociuto V essere e
affermava
«
qualche
che sia nella nazione, è necessario che prima
grità,
«
:
air età
lì
presente,
concordia
di
quel
cittadini «
scheletri
1848, e ben
al
che educa.
colla nostra voce gli alti silenzi delle
parola »
« la
purità,
la
nazione infausti, delle
si
perdutasi
consola che
toscane
scritture
della
:
diventi
« più franco e virile in alcuni giornali», citando
la
Patria del
nelli nella
Salvagnoli e V Italia
medesima pagina
^
che
del l'
Monta-
Ovidio del
suo Trecentista, del quale avea pubblicato allora
primo volume; come nella pagina appresso, un'altra
pubblicazione
1
Ivi,
pag. 12 13.
2
Ivi,
pag. 13.
2
Ivi,
pag. 14.
pratese,
di
certe
^
il
da
Rime
CESAEE GUASTI inacevoli
(ossia
delle
troppe
« generazioni
fa a rinfacciare
si
corrotte o
leggerezza
cui
la
pesa sulla nostra letteratura), alle
199
stupide l'arguzia
«
che sforza
«
popolo che sente e pensa e spera, non è senza
sterile riso »
lo
« malinconia;....
«
me
)>
« star
il
dice
Giusti
E
più
delle
un
lacri-
averlo saputo de-
« di
conchiudeva:
con cui salutiamo
riso d'
il
senza insultare
labbra
nelle
cuori ».
« dei v<
e loda
:
che
riso
che «
:
«
all'affanno lieti
I
sensi
tramonto dell'anno 1847, nuovo anno e voglia il cielo che il
«
aprano
«
queste pagine possano per molti e molti anni
il
:
« raccogliere « di
non tanto un ricordo
generazioni,
altre
quanto
delle opere frutto
il
degli
«
ingegni e delle mani nostre:
possano
«
nostra annodare con altre
che non diremo
« spente,
« loro. « «
« « ^-<
La
storia
ci
rimane
dei
tempi
la
miglior
passati
la vita
parte di
dev' essere
sempre più coltivata, via via che i tempi nostri si porgono degni di storia. Sacro e forte è il legame delle operose speranze, delle ben patite sventure, che, con la lingua e la religione, ha
preparata a esser una
« sorti «
finché
vite,
d'
l'Italia,
e
ha
strette le
ogni più angusto municipio colle sorti
comuni. »
Ma
il
Calendario
successivo,
che
venne
a
luce nel gennaio dell'infausto 49, aveva troppo
diverse parole.
Anno IV
Non osava
l'onesto compilatore
(1849), pag. 11-12.
^
200
CESARE GUASTI
« rivolger
occhi
gli
« zione del passato
« sente, « nire »
e
dalla tranquilla
spingerli
nel
cupo seno
pur dispregiando
;
gli
le
malvage passioni:
« sarà parlare
di
voi,
«
d'independenza
« arti,
e,
o generosi,
(lasciati
del pre-
dell'
scherni
non temendo
e
considera-
alla odiosa ricerca
«
che
avve-
volgari
E
meglio
al
grido
cari studi e le utili
i
quello che di tutto è più caro, la casa)
un grido di guerra: a voi una lode e una memoria « d'onore; tanto più che non v'ha lode che così « facilmente si defraudi, come quella che ad « altri suona rimprovero; e non avvi opera ono« revole, a cui non sieno meno i compagni che «
rispondeste
«
diamo
«
i
con
volentieri
detrattori. »
Luti, caduto
glione libretto
E
scriveva
il
a Curtatone fra
universitario;
^
e
le
nome i
prodi del batta-
ultime
pagine
del
consacrava alla commemorazione che
~
condiscepolo e commilitone fa
del
di Raffaello
apponendo
bellissima,
egli
Carlo
un' umile
Livi,
cosa,
la
il 13 e il 29 maggio avean combattuto, ne trascurando i volontari del
nota de' Volontari pratesi che contado,
e
chiedendo
D'Ayala ministro della guerra nomi anche dei soldati coscritti
al i
:
de' soldati (son parole « usciti
^
Ivi,
dalle povere
sue dal cuore), «
loro case,
i
quali
muoiono ignoti
pag. 13.
Appendice 1 (pag. 141-152), Onoranza cittadina ai volontari pratesi che conibatterono il 13 e il 29 di maggio nella guerra 2
dell'
independenza.
201
CESARE GUASTI « fino
anni:
Calendario Pratese durò ancora due
ma
quello del
gli
«
contenente l'Indice
e
altri,
quinquennio:
e col
compimento
a «
scorsi,
e
aggiunte »
promessa,
;
un buon numero sciolse, secondo
mentre
lui
« chiuse la
ma
che
ci
«i lontani
lo
serie ».
un
oggi
noi raggiungon
vicini
i
com'egli
E
« por-
una pietra a ha insegnato
« per vari anni
che la coscienza
mi tenterebbe a credere
« orgoglio «
e
di
collaboratori parlando,
chiamare umile,
a
fi
«
morti cari sapeva;
nome anche dei tammo » diceva
« quest'edifìcio «
tutto
di
compilatore dette «il
«onorata memoria», scrivendo di
che
un debito che gli amici Germano Fossi tenevano alla sua cara ed
fatta
« di
il
piìì
alcuni articoli cominciati e pro-
di
« di correzioni e di
la
51
negli anni
« seguiti
altri
50 aveva Introduzione breve
sebbene ricco e svariato
e sconfortata, tutti
questa
democrazia degna del nome.
Signori, è Il
E
campanile dell'antica cura ».
al
alto,
con
l'
debito
poiché occhio,
guardano». Né s'ingannava a
credere che « sarebbe ripensato con tenerezza a « quella «
che
famiglia,
generoso
« Patria ».
si ^
in
un concetto
gentile
e
era raccolta intorno all'altare della
Fra
le scritture,
che que' sei volu-
metti contengono, di Cesare Guasti, non grande
importanza
hanno
artistiche, rispetto
1
Anno
le
storiche
alle tanto
VI, pag. 11-12.
e
letterarie
ed
maggiori cose che
202
CESARE GUASTI né per quelle,
fece
dipoi:
paia
men che degna
dover
trattenermi
di
sebbene nessuna mi lui,
intorno
io
creduto
avrei
Calendario
al
cosi
Ma nell'opera sua di compilatore, capo a quella che giustamente chia-
lungamente. e quasi
mava il
di
famiglia, di bennati ingegni;
Benini,
Livi,
Limberti,
il
Giovanni Costantini, Filippo Morghen,
il
Bicchierai, e
morie
Baldanzi,
il
Fossi,
il
piìi
^
il
che egli stesso nelle Me-
altri,
silvestriane
Pierallini,
il
enumera affettuosamente;
in quella scelta così giudiziosa,
così amorevole,
così squisita, di scritti attinenti a storia,
a
a
scienza,
a
inse-
con lo sguardo verso
l'attenzione sul presente,
passato, e
arte,
beneficenza,
a
statistica,
gnamento, a industria;
ad
e
il
cuore
il
all'avvenire; col pensiero alle persone eulte, e l'affetto
a illuminare e confortare,
«la
vita del
«
com' egli dice,
popolano, oppressa più
ranza che dalla fatica »
in
;
dall'
^
igno-
quei libretti
mo-
desti e sapienti, fautori di bene, liberi, schietti;
egli ci
nella
è tutto,
vita
e
conosciuto,
quale poi
negli
studi
si :
e
conservò ed operò quanti, lo
abbiam
sappiamo che a nessuno dei
menti de' quali
egli fece in quella
senti-
primavera del
suo ingegno così nobile professione, a nessuno
ruppe mai fede.
egli
stesso
ha giudicato
«
Ricollegavano » così
e confessato del suo
1
Tomo
2
Calendario del 1849, pag.
II,
pag. 197-200. 11.
egli
Calen-
S03
CESARE GUASTI darlo «
^
quelle pagine al passato
« ricollegavano
presente,
il
glorie
le
e
dolori
i
della
terra
«natale a questi e a quelle d'Italia patria: « negli
« dizione e
« «
anche
di
di con-
pensieri, era
un per-
queste due
cose,
indipendenza del proprio paese e la
civile
consentire
in
Non
ha quindi una volumi che linea in sei devii da questi sentimenti; e il 50 ci trovò quelli che eravamo nel 47 ». Mi fermerò sopra alcune delle sue
«riforma «
fors'
e
d' età,
capitali
« fette « la
benché diversi
scrittori,
del. principato.
vi
parole dedicate al Fossi, e son queste:*^ « Sien
dunque libera elezione
« rie pratiche di religione; «
imponga, ne
sono
« misteriosi « rioso «
il
i
conforti delle
l'inno
e
lo zelo
improvido
che
anime, miste-
stringono al loro
si
gì'
le
spregi:
le
innalza
filosofo
il
cospetto della creazione, sotto l'ampia volta
« de' cieli, «
ne
mondana leggerezza
connubio per cui
Creatore;
« al
la
non necessa-
de' cuori le
e
l'
umile preghiera della femminella
prostrata davanti agli altari, sono ugualmente
« cari
scritto
a lui grande e pietoso »
Comune
e V istruzione
« fiore
due suoi amatissimi, degli
e sopra
anni e delle
^
A
2
Calendario del 1851, pag. 57.
3
A
^
dove, dietro la trac-
« spenti nel più
speranze
»,
pag. 199-200 del Silvestri, tomo citato. pag. 85-97.
un suo
Scuole del
le
popolare in Praio^ dettato
pel lieto Calendario del 48; cia di
:
mi fermerò, concernente
il
caro Fossi
204
CESARE GUASTI
medesimo
e
Orazio
professore
il
Catellacci,
disegnata una scuola popolare, che e
Benini aveano, già da tempo
il
ma
è
Baldanzi
il
senza prò,
caldeggiata.
Quello scritto potrebbe ristamparsi
a' dì
come pratica proposta
nostri,
farsi, e
da
nermi
dal
dopo
farsi
«
a quella parte che
rispetto
mento
di
s'
raccomandato aggiunga qualche
lingua
« di
cultura generale
qui
« simo,
1'
,
istruzione
<.<
« storia,
perchè
maestro.
« matica,
quella
«
usa bene
favella :
« maticali in
« le piccole
«
compiuta. Poche
beli' e
grammatica
e di
poche cose deve
E' basta,
in
quanto
che,
parlando,
non
libri
gram-
a
ai ragazzi
chi
d'
toscano
è
elementi gram-
popolani
contento
:
qualche regola via via che rilegge
composizioni, il
fallo,
dando
Donne toscane
scrivono lettere
così
l'
e colla teorica così
educate
carissime,
più ammirare la nativa il
artigiano
dell'
di
mano
dopo
« la pratica.
« se
e
appunto
e però
« di suggerire
« che
civile
utilis-
di storia
che insegni a adoprar bene, scrivendo,
«
« subito
insegna-
all'
dimostrato
notizia
futuro maestro di
parole al
« farsi
sarà
parrochi)
dai
e
sogliam
oggi
« vSe
:
deve riceverla dai genitori
« (poiché la cristiana « e
quant'egli,
che que' due avean divisato circa
propriamente tecnologica, soggiun-
l'istruzione
geva
frammenti,
leggervi,, a
riferito ciò
chiamare
cose da
di
con frutto. Della quale non so aste-
emenda
aiutando vi
sono,
dove non
sai
eleganza de' modi
sereno procedere dell'idee: e queste donne
,
205
CESARE GUASTI «
sarebbero
caso per
proprio al
iscrivere
libri
«
L'insegnamento della storia dovrebbe andare insieme con quello della geografìa ma la storia d' Italia, o almeno della disegni, mi piaToscana, potendone avere cerebbe insegnata sopra i monumenti più ragguardevoli; perchè con le memorie storiche
«
commentando
« elementari.... «
« « «
:
i
« farebbe
le
bellezze delle nostre città, si
meglio
sentir
che
« ministero verace dell'arti.... « arti «
r umanità, e la vita dei
«
i
i
ma
E
colpe gravi,
le
appunto
« pio alla storia
d'Italia.,..
il
danaro
e
le
« cidia
«
« «
«
Comune
Il
colpe e
pensi ai
nel!'
dell'
insegnare
umana
di frutto certo
a
famiglia e abbon-
Dico abbondante; sebbene, o per acper
qualche altro
vizio più reo,
non
ne saprebbero o vorrebbero giovare: ma se del seme gittate ne nasce solo una parte, non se ne duole il villano, e si riconsola colla bastante ricolta. Dico certo ; sebbene i pochi giorni non bastino a mostrarcelo; perchè l'educazione non è cosa né sùbita né strepitosa,
«tutti se «
da Dio
le
ciascun munici-
tenga per fermo, che
spese
migliore
parte
« son benedette « dante.
cure
e
meritate
le
sventure e
le
« figliuoli dell'artigiano: «
delle e al-
cittadini pii, virtuosi,
desidèri legano la storia di
« questa
a Dio
di
desidèri infelici,
« sventure.
«
monumenti
I
il
memorie lieta; son parte pure d'ammaestramento feconda,
son parte
«trista,
parole
sole
beneficenza inalzati
e della
« dotti,
a
200
CESARE GUASTI
«^
operandosi
«
generazione inosservata
« adulta: «
quella
ma
« placida su tutto «
«
dir
così,
valle.
son chiuse,
il
una
d'
che non è
tanto
non
è
uguale
e
creato; e mentre investe
il
si
il
monte, non lascia
«nell'umile
fin
se la luce del sole oriente
lampo,
del
per
cuore,
nel
però
diffonde
mandare un raggio anche
di
Solamente
dove
non entra!
raggio
le
»
A
finestre siffatto
linguaggio può, dopo quasi mezzo secolo, essere
sicuramente confermata la lode quale non so se rimarrà, fra
altri
di
liberale:
la
cinquant'anni,
a molti che se ne spediscono oggi da sé stessi, e
con
privativa
fabbrica,
di
rumoreggianti
di-
plomi.
III.
Nò
gli
mai
uscì
bene scarsi,
la
sua Prato dal cuore; seb-
al desiderio e al
non contentevoli,
gli
generoso proposito, e
sembrassero
quel risvegliamento di
« carità
gli effetti
che
del natio loco d,
^
tentato specialmente col Calendario, aveva prodotti: e
credo ne serbasse un po' di cruccio
cittadini.
Ma
fu
sdegno amorevole;
presente alienandolo, ^
I versi
gli
a'
suoi
che,
dal
faceva rivolgere anche
danteschi (Inf. xiv, 1-2) sono stampati in fronte
alla Bibliografia ^jra^ese.
E
a penna, nel suo esemplare, sog-
giunse gli altri {Inf. xvi, 58-60)
:
Di vostra terra sono; L' ovra di voi e
Con
gli
e
sempre mai nomi
onorati
aifezion ritrassi....
CESARE GUASTI
207
"
più intensamente le sue belle facoltà sul passato, e
pur
sen:ipre al
medesimo scopo
con
e
gli
medesimi. Di che fanno testimonianza
fetti
^
af-
e la
Miscellanea Pratese, che egli venne pubblicando
60
dal
68
al
numerata, contenenti
antichi testi
aneddota erudizione: Manoscritti Ronciomani, fra di
storici
dei e
fascicoletti
nitidi
in
editi
tempo
medesimo
quel
di
documenti
e
e la descrizione
70
il
e
73;
il
pratesi
Sigilli
i
,
edizione
di
ed inediti: e del 73 e dell' 85, illustrazione con Pratesi; e del 76
delle relazioni di Galileo di
quelle pur fra
Pratesi e
i
Savonarola: e
il
il
Sacco di Prato nelle narrazioni sincrone e nei documenti, lavoro del 1880: e
Memorie di
morie
84
di prelati pratesi ai Concilii di
Ferrara,
antiche
dell'
di
Firenze
oltre
scritture,
d'artisti
quella sul
:
e di
Pergamo
e dell'SS,
Costanza,
e altre pubblicazioni di la
Miscellanea:
monumenti, una
me-
e
delle quali,
di Donatello, fece
come
gli
Dosue cose mag-
onori di casa ai visitanti Prato per le feste natelliane: giori,
e due,
che
menzione, Caterina,
Ser
il
quelle del
su
ha questa anche
^
Anche per
delle
riserbare
Lapo
ultime
sulle
Martini, lo
infine,
debbo
qui
Mazzei
lettere
ad e
della
ulteriore
Santa
la
quale,
e
concittadino arcivescovo Antonio colto, di
infaticato, la
pochi
le indicazioni
anni
morte.
se
avesse indugiato,
che qui susseguono,
dichiarazione fatta a pag. 191 in nota.
E
ripeto la
208
CESARE GUASTI
tutto ci fa credere ch'egli
avrebbe attuata
« la
intenzione di rifare quando che sia», sono sue parole,
^
testimoniate da una suppellettile di giunte
e di appunti infinita, « Bibliografia
« quel lavoro giovanile, la
che bene
pratese,
« trodusse nel numero
«
libri »
i
ozi,
in-
che moltiplicano
quel lavoro che avea presi a sé gli
;
sollazzi,
i
quelli
di
male m'
o
ambizioni,
le
della
sua prima
gioventii; ed egli lo ricordava volentieri con le
parole àoiVArchia tulliano, le
altre:
«
cato in
Ad
soggiungendo anche « e confesso di non essermene distacalcun tempo della mia vita ».
alienarlo
~
presente,
dal
che quel paesano
più gravi
ben altramente dolorose, ebbero
vedemmo
che lo
rovina,
delle italiane speranze:
ragioni
troppo
giovanil cruccio, e
testé
forza, in quella
aver deplorata,
e col fervore di cotesti
anni può dirsi che al presente egli non sia più
ri-
tornato, e che suo quasi testamento verso di esso
^
le
Nel dedicare
Rime
«
all'avvocato Gioacchino Benini pratese
di Stefano Vai
rimatore pratese del secolo
Bologna, Romagnoli, 1863; a pag. 2
«
Quare quis tandem
«
succenseat,
«
ad
et
ad ipsam requiem animi
«
temporis; quantum
alii
«
tum denique
quantum
«
haec studia recolenda sumpsero?
sopra indico abhorruisse
vii.
reprehendat, aut quis mihi iure
quantum ceteris ad suas res obeundas, quantum ludornm celebrandos, quantum ad alias volii-
si,
festos dies
« ptates,
me
(« »),
»
XVJI;
aleae,
et corporis,
conceditur
tribuunt tempestivis conviviis; quanpilae; »
tantum mihi egomet ad Queste,
con
le
altre che
a qua ego nullum confiteor aetatis meae tempus sono scritte di sua
esemplare della Bibliografìa.
mano
in
fronte al proprio
CESARE GUASTI
209
siano que'due aurei volumetti
su Giuseppe Sil-
V Amico della studiosa gioveniii ; de' quali, licenziandoli, fra il 72 e il 75, alle stampe, e dicendosi di molte cose scontento ma non sgovestri,
mento, perchè fiducioso nel progresso « della civiltà cristiana », e perchè quelle cose le vedeva pur
contenere
«
germi
bene »
di
son buone
«
anche
«
un giorno qualcosa verrà che
le
rovine
esclamava
« potessero » «
pagine affrettare
di
oh
«
perchè
e
,
a qualcosa » restauri »,
potessero
un'ora quel giorno!
e
,
oh
«
queste ».
^
Né
un fuggire, non fu un disertare. Egli ebbe, io credo, a mente quello che un « onesto patriotta », il Giusti, a nome anche di Gino Capponi, gli avea scritto,^ lodandolo di certa animosa protesta, da lui dettata, contro non so quale demagogica illiberalità « Séguiti
il
suo
ritrarsi fu
:
«
a fare
il
« tuomini,
studi,
la
galantuomo, e
a
e
coltivare
a
onorare
i
gli
studi ».
E
galannegli
prima vocazione, l'animo, l'ingegno,
buon servitore del suo paese. Del resto, come fu bene (lo ha detto autorevolmente Marco Min ghetti ^) che al movi-
gli
dissero che sarebbe stato
^
Nel Proemio
del 1872
al Silvestri,
pag. 4-7:
».
Vedi nel Silvestri; II, 220. Miei ricordi; Torino, 1889; II, 155. Su queste correlazioni fra i due movimenti italiani del 48 e del 59, è anche qualche bella pagina nel libro di Ernesto Masi, Fra libri e 2
3
ricordi di storia
della
rivoluzione italiana;
Bologna,
1887;
pag. 19-20, 423-24.
Del Lungo
14
210
CESARE GUASTI
mento
del
unitario
uomini,
dessero
59
fatti
e successivi esperti
anni prese-
avveduti
e
dagli
errori e dai disinganni del 49; così fu naturale
che, de'
non chiamati
valentuomini
tamente efficace
alla milizia politica, molti
conservassero
rispettabili
alcune idealità, al-
anche
avviamento dei
nel
diverso
più
e
destini d'Italia, le quali
avevano dominato e informato quelli anteriori movimenti iniziali. Ma di tali idealità sovrana era, e sovrana rimase pur sempre, l'Italia: rimase anche nell'animo a
lui.
E quando
il
del Guasti e de' simili
massimo
lutto della rivendi-
cata nazione, la morte del Re, fece sentire agli
avevano comuni
che ormai
Italiani,
le sventure,
e le lacrime, anche nel tante
in
nome
altre
del
Duomo
Padre
« e di buoni, « - col
di
cattedrali della
tenne fede
al
:
Italia,
e
il
con
« Stirpe di forti
^
giuramento paterno;
senno e colla spada, - cacciò le sette,
come
Prato,
libera
della Patria fu scritto;
queste parole di Cesare Guasti
«sgominò
le glorie e
pericoli e le fortune, le allegrezze
i
lo straniero,
- pacificatore d'Italia. -
La
« corona de' Sabaudi, - ricevuta dal genitore ma« gnanimo, - rese italica al figlio; - e a lui fidato «il
segreto
del cuor suo, - s'addormentò
nel
« Signore ». -
1
Nei solenni funerali per
la
nuele II re d' Italia, celebrati nel il
dì
Vili
di febbraio
Prato, Giachetti, 1878.
Maestà di
duomo
Vittorio
Ema-
dì Prato in Toscana
MDCCCLXXVIU.
(Cinque
iscrizioni).
CESARE GUASTI
211
IV.
Corrispondente fino dal 44 deìrA7'chwio Storico
Italiano,
che
da
anche
Guasti
il
uno
è
de' molti
Vieusseux riconosciamo
Giampietro
la
prima occasione e l'impulso ad avere pubblica-
mente
esercitato nella critica storica ciascuno le
proprie forze, con quella libertà di opinioni che
un comune intendimento nobilissimo conciliava
E
e rendeva più efficaci e feconde. filologici,
che a Pistoia, fra
fani e
Bindi
il
letteraria,
il
47
e
nei Ricordi
48,
il
compilavano, scrisse
e pubblicò
dall' antico
il
Fan-
critica
di
partecipe
:
d'allora a quella impressione che
1
sin
letterati to-
scani venivano dando agli studi della lingua, e
che lode
titori
e
Gioberti nel Rinnovamento,
il
Guasti nostro, rilevò tra
con espressa
^
prometd'un migliore avvenire; cioè che l'antico
al
legittimo,
governato
scevero
i
fatti
dall'antiquato, e
il
secondo tradizione e natura,
vivo, quello
sottratto alla muffa de' pedanti, questo preservato
dalla scabbia forestiera e premunito dalle tirannidi grammaticali, vitali
stituiti
letterari
articoli
gnoli, e ^
fossero, contemperandoli, re-
elementi dell'idioma nazionale. dette
ad alcun altro
Del rinnovamento
alla di
Torino, 1851;
scrittori,
che ò l'VIII del libro
IT,
del
Salva-
quei giornali politici,
civile d'Italia
tomo
Parigi e
Patria
E
per Vincenzo Gioberti;
pag. 600, nel capitolo Degli li.
212 i
CESARE GUASTI
come T ultimo guizzo
quali furono
libertà costituzionali, che
il
delle elimere
governo granducale
non tardò a smorzare con provvida, che già
camento,
gurata insipienza.
si
maturava,
Anche
e all'unifi-
d'Italia,
benau-
fu de' primi a cooperare
Nazionale di Felice Le Mounier, cominciando col correggergli stampe, come già
alla Biblioteca
per la tipografìa paterna: aiuto prezioso, correggitori siffatti,
non pure
all'autore o al recensore critico;
presto egli e presso il
il
ma
all'editore tipografo, le quali
Le Monnier,
parti
e poi presso
Barbèra, assunse con lavori propri, che ricor-
deremo
in appresso, invitato a fregiarne le colle-
de'
zioni
due
editori benemeriti.
avea dischiuse
le
Il
passato
gli
sue regioni, e lo attraeva
giorno in giorno più gagliardamente
di
per entro
a quelle sacre penembre, delle quali non conosce il
misterioso irresistibile allettamento se
non
chi
una ricerca faticosa, al possesso o alla una verità contrastata, proseguito, con r ansietà della mente conquistatrice, il lento colorirsi d'un crepuscolo, o il trascorrente lampeggiare d' una meteora. E negli studi storici, anzi ha, dietro difesa d'
pur nelle indagini erudite,
non
l'intelletto
veva
al
denze
^
« le
1
suo
solo
Livi in
ma
il
egli
intendeva portare
cuore.
«Cerco»
scri-
una lettera d'intime confiun compenso; e vivo con
« cerco nei libri
generazioni passate, e
De' 21
maggio
le
evoco dai sepolcri.
1850, da Firenze.
213
CESARE GUASTI parlare: e
« e le interrogo, e le fo
«tocca più del presente:
il
passato mi
mentre non ebbi
e
il
« coraggio di vincere certe tenerezze, e pigliare «
un
due anni
fucile, e imitarti
mi pare che
fa,
Sanminiato accanto a Michelangelo sarei per una credenza sarei morto
« sul
« stato valoroso, e
« sul
rogo con fra Girolamo.
« lasciatemele stare. « sgrazia di
Oh
le
mie credenze
giorno che avessi la
Il
!
di-
perdere anche questa ultima conso-
« lazione, andrei al becchino, e lo pregherei
per
«Dio che mi scavasse due braccia di fossa». quando
Era,
e confidava,
Santa Maria del Fiore;
secolare di
bontà
« per
cose sentiva
tali
da pochi giorni, archivista dell'Opera
entrato,
di
uomini
», scrisse
chiamatovi
trentasett'anni
dopo, e nominò quelli che nel 50 formavano la
Deputazione dell'Opera,
i
due marchesi Del Monte
e Ubaldino Peruzzi, « ai quali io
nessun diploma
« strare «
demico
dato
»
:
ufficio
e preparato libri
ma
vero
il
non poteva mo-
di abilità o titolo
è
acca-
che poche volte
ad onorarsene ed onorarlo.
che Santa Maria
del
Fiore ha
I
e
neirST
^
^ ,
la
di Santa
dell' Archivio
jnuta illustrazione
Maria
del
57
Cosbmzione della Chiesa e del Cam-
mostrano
La Cupola
documenti
due
avuto dal
Guasti, cioè la illustrazione della Cupola nel
panile
fu
ad altrettanto degno o a meglio atto
quale Maria
archivista
del
perdesse
Fiore illustrata con
dell'Opera secolare. Saggio di
dell'
Opera secolare
Fiore. Per cura di Cesare
e del
i
una com-
Tempio di Santa
Guasti già Archivista
CESARE GUASTI
214
r Opera, quando
«
da quella quiete
com'
»
egli
seguita a dire nella prefazione al secondo di quei libri
«
dopo
« lo levò,
^
soli
Lo
« di Stato ».
attestano quei
Bonaini,
il
dei
Questa
il
documenti addiviene parlante Guasti
stesso voluta,
si
di
con-
il
istoria.
scusò, a chi l'avrebbe da lui
non avere
di
allegando
scritto,
aveva voluto fare quell'altra cosa:
ch'egli
rispettare cotesto sue ragioni, e
^
a noi,
riconoscere
il
egli se lo propose,
l'eccellenza del lavoro qual
non
modello
libri,
per la quale
compilazione archivistica; testo
il
due anni,
portandolo nella nuova Direzione degli Archivi
toglie di partecipare a quel desiderio, anzi
oggi
rammarico,
doloroso
r archivista e diplomatico
rimpiangere
e
che
Santa Maria del
di
Fiore non se ne facesse altresì lo storico. Se non che anche questa astensione è per
lui
un elogio: ha fatto
archivista, volle principalmente (e così
sempre)
servir
egli
r archivio servisse a'
suoi studi ;^
a'
al
suo
e lasciando
ad
dell'Opera. Firenze, Barbèra, Bianchi
Maria
del Fiore.
secondo
i
La
anziché
e
altri
l'ambizione
Comp., 1857. - Santa
costruzione della Chiesa e del Campanile
tratti dalV Archivio dell'Opera secolare e
da
per cura di Cesare Guasti. In Firenze, dalla
ti-
documenti
quello di Stato
archivio,
suoi comodi o, dicasi pure,
M. Ricci, 1887. Santa Maria del Fiore. La costruzione ec; a pag.
pografia di ^
2
Op.
^
In altra occasione scriveva:
< peccato, •e
cit.,
che
xiii-xiv.
XIV-XVI.
l'
«
Nell'archivista
(ed
e
un
elegantissimo Luigi Carrer non vi pensasse
quando scriveva la Mitologia
de' nostri tempi)
s'
avvera
1
a
CESARE GUASTI d'un al
racconto storico
«
riordinamento
mandò
preziose,
e
all'
del pari
»,
egli, nel
assetto il
215
di
metter
mano
quelle
carte
proposito (voglio che
nuovo e' vi parli da sé) « di dare all'Opera, e «ai Monumenti insigni ch'essa è chiamata a « custodire, una storia per documenti » ^ che era un portare, quanto sia possibile, a pubblica di
;
notizia e servigio l'archivio medesimo.
Il secondo uno de' suoi ultimi fra i maggiori lavori, e anche questa volta lo dedicò ai Deputati dell'Opera: e alla Prefazione consegnò in poche
saggio
linee
fu
con
tracciate
,
ch'ei soleva,
disegno
il
di
mano
libro,
quale
sicurezza
quella
tutto
di
il
sempre per via dei documenti » avrebb' egli voluto aver fatto, « sogno pur troppo » dice mestamente « sogno degli anni miei giovanili ». ^ Quel volume fu da lui pubblicato nello scoprimento della facciata; e ben a ragione un dotto «
artista tedesco « prezioso
«
^
che
disse
«
feste
fiorentine
abbiano recato
bedue glia,
i
al
mondo
il
letterario più
del
fosse
si
«
favola di Tantalo,
«
fugacia captai
».
il
fin
a
maggio
scientifico »,
traendo giusta cagione
libri
che
dono
lo le
di
oggi trascurato
quale Quaerit aqiias in aquìs,
A pag.
da ammeravi-
xi della Prefazione alle
et
quel
poma
Commissioni
di Rinaldo degli Attizzi. 1
Op.
cit.
2
Op.
cit.,
La
costruzione ec, pag. xiv e
xiii.
pag. xx-xxi.
3 Hans Semper, recensione crìtica pubblicata a pag. 235-250 deWArchivio Storico Italiano, tomo XX clella Serie IV^ (1887).
CESARE GUASTI
216
documenti»,
« tesoro di
e contentatisi di « favole
« inveterate e di congetture
costruzione
« alla
mal fondate intorno
Duomo,
del
non rese
« solide per alcuni brani staccati senz'ordine
«connessione dai
dell'
libri
Fin dal suo primo
e
può invero
mai;
egli
« di
questo
^
Firenze,
in
caro suo
il
e del lasciarlo
che del tutto non
dirsi
né
Opera».
stabilirsi in
che ripetutamente chiama «
quello
Archivio dell'Opera »,
piiì
si
duole,
lo lasciasse
anche parole sue, all'ombra
visse, son
gran Duomo
»
avendo avuto
;
le
case dell'Opera, prima come sede d'ufficio, poi,
messa su
famiglia, per
suo studiolo, cordi gli
della
propria
gremito solitaria
di
Nel
e d'affettuosi ri-
libri
sua
abitazione.
vita,
alzando
poteva,
occhi dal lavoro assiduo, guardare la Cupola
E
Santa Maria del Fiore l'ultima e maravigliosa opera di quell' archi-
e ispirarsi. « è
« tettura che nella
« e
scriveva:
i
^
«
Fiorentini ebbero, loro
..storia
artistica
occupa
il
propria
luogo
;
che
«nella letteraria la Commedia «
numento
«una
e
stessa
di Dante: mopoema che dovevano nascere in
età,
da
ingegni
nostri,
in
una
« Repubblica, fra un popolo che aveva nel cuore
« la
fede
di
Cristo
e
sulle
labbra
«d'Italia.» Quello studiolo vide
€he mandati dalle Accademie
^
In lettere di quelli anni.
^
Op.
cit.,
pag. XXVIII.
la
lingua
gli
architetti,
italiane,
dovevano
217
CESARE GUASTI giudicare
per
disegni venuti al primo de' Concorsi
i
facciata
la
nel
intorno a
63, raccogliersi
e lui fare dei lor concetti interprete degno,
lui,
^
che « la questione suprema non si scioglieva senza l'aiuto dei «documenti »,^e riconoscere coscienziosamente che « il non averli studiati prima rendeva dif-
e
da
ascoltare
lui
« dell'arte
«
ficili
responsi;
i
urgeva, non
« concorso
bene
studiarli
era
possibile »
Boito da quei colloqui dedurre « di studi »
sul
allora,
«
altro
il
ma
il
un ordine nuovo
monumento immortale,
segreto anche un
;
che
valentuomo,
il
chiedeva a quei documenti
^
il
cui
Nardini de' quali
Despotti,
^
primo
Guasti, col suo libro del 57, aveva di-
il
mostrata in
effetto
tutta la preziosità.
nuovo ordine
quel
storia del
monumento
della
riana », sui miracoli che pel de' Priori,
rezza attribuiti
si
1
il
i nomi di FranLapo Ghini, senza
«
leggenda vasa-
Duomo, come
erano con
1'
Duomo»
Del concorso per
la
gloria
scrive
il
pel
usata legge-
ad Arnolfo, detraesse a
Giotto alcun che della « sere
alla
e dell'arte
che tuttavia l'abolizione Palagio
Secondo
restituivansi
studi
di
cesco Talenti e di Giovanni di
«
,
lui
e a
intangibile, « es-
Guasti^ «concetto
Facciata di Santa Maria del Fiore,
liapporto fatto dalla Commissione giudicante alla Dex)utazìone
promotrice. Firenze, Cellini, 1863; di pag. 34. 2
Op.
cit.
La
3
Op.
cit.
pag. XXII.
'*
Op.
cit.,
pag. XXIV.
^
Op.
cit.,
pag. XXIII, XXVI.
costruzione ec, pag. xxi-xxri.
218
CESARE GUASTI
«d'Arnolfo,
campanile invenzione
il
quanto da' documenti
« e nel resto è tanto vero, « si fa palese. L' «
campo
il
Giotto;
di
ignoranza
di
avere aperto
essi
cognizione spicciolata
alle favole; la
«
medesimi e la malfida lettura aver dato luogo ad equivoci ». E « se questi si chiari-
«
ranno, » soggiungeva « se quelle non
«
teranno più,
« dei
« tica;
la
avrò colto
io
sembrare
quale può
si
ripe-
merito della
il
umile,
fa-
ma non
« inutile. »
Ai concorsi che dopo quello dal 63, con si rinnovarono, e con predominio di
altri
giudici,
ricusò,
criteri,
parte,
«
ancoraché invitato,
per non
fare
a
nome
nero »
:
de' colleghi,
nato quel primo
i
non
dove prima avessi
sostenne bensì,
^
prendere
che in vita mia
ciò
« feci mai, di scrivere bianco « scritto
di
altri
criterj
di
concerto e
che avean gover-
giudicamento.
^
Ma
quando la
facciata che infine fu prescelta ebbe splendida-
mente coronata l'opera pubblicani, egli che in
grafia
^
si
de' nostri
» avesse valicato intatta,
a quella parte essenziale,
^
i
quanto
secoli del principato
Op. cit., pag. xxi-xxii. Della Facciata per S. M. del Fiore. Alla Deputazione
promotrice della Facciata
Sono firmati
« I
Segretario eletto 3
della BibliO'
era compiaciuto che « la bella Santa
Maria del Fiore
2
grandi avi re-
una pagina
A
pag. 89.
ecc.; Firenze, Cellini,
membri
1865; di pag. 8.
prima Commissione dalla Commissione ». della
»
e
« li
S^'
219
CESARE GUASTI mediceo; fatta dalle intemperie giustizia simulacri darle
il
di
Sei e
posticce
facciate il
Settecento
;
potevano
quali
perchè, scriveva, «
«
monumento cominciato da un
«
potea compirsi con
l'
certi
di
forte volere
oro soltanto »
il
non
potè ral-
;
legrarsi di veder rinnovata, e partecipata
dalla
intera nazione, quella gagliardia di voleri.
E
inaugurazione, fatta de' Reali
commemo-
e la consociatavi
d' Italia,
razione di Donatello, onorò ciascuna con blicazioni insigni
bedue
i
E
che ho ricordato.^
concorsi per
le
tre porte di
lieto fors'
chiamati
le
pub-
ad am-
bronzo
riate fu lieto di partecipare, interprete
sta volta degli artisti
la
solenne dalla presenza
piiì
isto-
pur que-
giudicarne:^
a
anche, se avesse potuto pensarlo, che
Santa Maria
del
Fiore avesse per
tal
modo
le
ultime linee della sua penna; poiché il secondo dei Rapporti per la Commissione giudicatrice egli lo scriveva nel dicembre deli' 88, già colpito da quella malattia che nel giro appena di due
mesi doveva rapircelo.
1
è
Vedi a pag. 213-14 titolo:
il
Il
e 207.
Pergamo
Di quella per Donatello questo Duomo dì Prato;
di Donatello i)el
Firenze, Ricci, 1887, in 4.°; di pag. 30, con
una
fototipia.
Deputazione promotrice dalla Commissione eletta a giudicare nel concorso per le tre porte di bronzo istoriate della facciata di S. M. del Fiore. In Firenze, il 16 giugno 1887. - Rapporto ec. nel concorso per le due porte 2
Rapporto
fatto alla
minori di bronzo della facciata di
S.
M.
del Fiore. Li 13 dicem-
bre 1888. - Ciascuno de' due stampati ha in fototipia
approvati dalla Commissione.
i
Disegni
220
CESARE GUASTI
V.
Ho nominato soli
anni da che
dell'
Opera
istituire
gli
Bonaini,
il
seco
volle
lo
i
all'
ardua impresa
collaboratori »
Bongi,
Salvatore
lui
quale dopo due
di
Archivi di Stato. « Aveva buon oc-
chio nello scegliere di
il
Guasti era entrato archivista
il
^
uno
ha
scritto
de' valentissimi
nella bella famiglia di archivisti toscani che quel
benemerito suscitò intorno a se; e primo cercato, di tali
collaboratori,
vano avute discorso chivi. (di
«
può
il
il
si
diplomi
di
Ano dal 46,
e
imperiali, di arufficio
scriveva^ « ne godo quanto
gli
per l'amore che porto agli studi sto-
« rici e delle arti »),
revole
nostro Cesare. Ave-
Guasti in quel primo suo
Bonaini
dirsi,
il
relazioni per lettera
di statuti,
Venuto
che
fu
rivolse
ai
consigli dell'uomo auto-
subito l'opera
sagace e volen-
terosa del giovane, e s'impararono a conoscere,
52 troviamo
a stimare, ad amare. Nel
Primo Aiuto per
le
il
Guasti
Riformagioni e Diplomatico,
e Assistente del Soprintendente agli Archivi Toscani.
Rare
credo, due nature,
volte, io
fra sé diverse,
hanno
l'altra e
con tanta copia
profìcui.
Il
^
2
di
rapido intuito,
effetti l'
II
sì
ilqìV Archivio Storico
tomo XXI, 1875; a pag.
29 aprile del 1850.
largamente
animo ardente ap-
Necrologia di Francesco Bonaini,
Italiano; Serie Terza,
molto
bene completato l'una
così
163.
CESARE GUASTI passionato
eccitabile,
221
volontà
la
apprensione, la cauta fermezza;
oculata
cedere senza
il
né sgomento nò baldanza,
non curando, disdegnando spesso ne' concetti, e nelle
(che tante sono)
peso
indomita,
la
ambizione, del Bonaini; e del Nostro la
onesta
;
pro-
tacito,
la misuratezza
gravi e nelle piccole
cose
senso difficilissimo del giusto
il
queste qualità furono in quo' due collegate
:
dalla reciproca stima e dall'affetto, al consegui-
mento d'un benefìzi
i
l'onore
fine nobile, alto, oggettivo, del
ormai
s-ono
all' Italia.
quale
assicurati alla scienza, e
Chi ha conosciuto
il
Bonaini,
e in lettere, che nel fervore di quella instaura-
zione scriveva al suo cooperatore, legge parole
come
queste, « Quello che m'interessa
è che
si
« abbiate in mente un solo pensiero: ristabilirvi
Non
«
vi date adunque nessuna briga un poco più presto o un poco più tardi all' Archivio. Voi siete utilissimo, anzi necessario, a questa istituzione; ma non dovete per essa compromettere la salute vo-
stra »;
« in salute.
« per «
«
restituirvi
e
« in questo «
ancora,
«
Lasciate
^
Da
il
vi
dica
che
momento amo meglio vedervi a Prato
che a Firenze. Questo
« sincero
che
mio
affetto »
vi ^
;
lettere del gennaio 1854.
dimostri quanto sia
non può, E
il
chi le legge,
30 ottobre:
«
Intanto
€
procurate di viver quieto. Desidero molto
«
perchè sapete bene di quanto conforto ed aiuto mi siate.
«
non vi date nessun pensiero di venire prima del 3, giacche il tempo di riposo che ancora vi resta è ancora qualche cosa
«
il
ritorno vostro,
Ma
S22
CESARE GUASTI
senza tenerezza pensare che sincero veramente e ben meritato doveva essere quest' affetto, perchè, in quella
imminenza dell'apertura del grande
Francesco Bonaini
Archivio,
aver lontano chi tante volte
rassegnasse ad
si
gli
abbiam
sentito
chiamare, e più volentieri quand'era corrucciato
con
lui,
il
suo braccio
diritto.
Né meno degne
dell'uno e dell'altro sono, da lettera del Guasti
^
non ancora suo dipendente, queste altre parole « Fuor che con voi, non so quello che potessi « prometter di me: porterei al nuovo ufficio una «mente dimezzata, come l'anima dello schiavo « omerico. Del resto, sapete bene che non è la « sete mia ne d' oro né di borie; e che quello :
« che mi sta a cuore unicamente è la immediata «
dipendenza da voi ».
Nel giugno Stato
con
del
grande
scarsamente,
1855
solennità,
com'era
si
alla
e
solito,
Guasti partecipava. Egli vori.
apriva l'Archivio
si
riserbava tutto
una minima parte
quanto
è
«
quest'Archivio di Stato, che
sempre
la
sua
di
a' la-
»
egli
fece per
altro
per chi debba riprendere, come a Voi è per accadere, 1
ha
ora sente e sen-
mancanza».^ E un
Vi abbraccio di cuore De' 5 giugno 1852.
« coso lavoro.
2
il
Alessandro Gherardi suo alunno carissimo
« tira
assai
modestamente
Dei quali « ciò che abbiamo a stampa
scritto
quale
di
Nell'Avvertimento premesso
hlicazioni ec; a pag. 4-5.
fati-
».
al citato
Elenco
delle
pub-
CESARE GUASTI
223
alunni suoi degni,
il
professore Cesare
Paoli, espresse di essi tutti
il
filiale
di
quelli
ricordando, tre cattedra
compianto,
giorni dopo la morte, dalla
soli
Paleografia e Diplomatica nell'Isti-
di
tuto di Studi Superiori, con le altre sue pubbli-
cazioni anche
quelle
V Inventario
archivistiche,
e Regesto dei Capitoli del
Comune
di Firenze^ la
Descrizione dei Manoscritti Torrigiani, Y Indice
proponendolo
delle Carte Strozziane, e « « vani
come maestro
».
^
ai
gio-
Questa parte delle be-
nemerenze di Cesare Guasti io compendierei così: mole grande, squisito lavoro. Perocché egli, anche ne' lavori
pili
aridi,
inappuntabile quanto
al
oltre
alla
contenuto e
esecuzione alle
altre
appartenenze dei documenti, portava certa vivacità di sentimento, e
decenza e quasi sorriso
di
arte; cosicché, a cominciare dalla proporzione e disposizione delle parti fino alla dicitura schietta,
appropriata, efficace, anche un regesto, alle sue
mani, acquistava eleganza. Possedeva poi meravigliosamente, non so se dire
^
senso o la scienza dell'al-
sapere, insomma, far bene e compiu-
tro; quel
tamente
il
che mi pare c'entri dell'una e
de' limiti,
la parte
propria, senza
sconciarla con
in commemorazione di Cesare Guasti. Parole
dette dal
prof. Cesare Paoli ai propri alunni nel R. Istituto di Studi
Superiori la mattina del di 15 febbraio 1889. Firenze, Cellini,
- Furono riprodotte nell'Archivio Storico ItaIII, 1889, soggiunte ad un Cenno necrologico dettato da Marco Tabarrini. 1889. Di pag.
liano, Serie
V,
7.
Tomo
224
CESARE GUASTI
ambiziose e inopportune usurpazioni. « Ogni
voro » cosi egli in quella Prefazione
ha
suoi limiti
i
e
;
l'
«
molte cose fa o che non
«
che non se ne adempia una bene
« vista è
s'
Capitoli
ai
che mi sembra valga per trattati molti archivistica «
^
scienza
di
obbligarsi
attengano
un erudito d'una specie
la-
tutte,
a o
L'archi-
particolare, che
«
dal bibliografo allo storico vuol giovare a tutti
«
con
«
le
sue fatiche, senza invadere la provincia
nessuno
« di
comò
rassegnato
;
ad
inclusive
essere
colui che va di notte,
Che porta
Ma
il
dopo sé
lume
dietro, e sé
fa le persone
non giova
;
dotte.
A
un uomo così discreto non può essere che « benigno il giudizio dei contemporanei e degli «
« avvenire ».
Ma volte,
la
ad
citazione
non faceva del Comune^
tutta
e la Descrizione e
^
e
delle Strozziane
»
A
che
anche altre
piacque appropriarsi,
~
suo caso; e quei Capitoli
al
noscritti Torrigiani
mo
dantesca,
altri propositi, gli
l'
^
Saggio dei
Ma-
Inventario « minutissieh' egli
ha portato
sin
pag. XXXI.
Per esempio, nella Prefazione al secondo libro su Santa Maria del Fiore, pag. xxvii. Ma anche altrove, 2
3
Tomo Anche
1 Capitoli del
primo, il
Comune
di Firenze. Inventario
e
Begesto.
Firenze^ Cellini, 1866, in 4°: di pag. xxxi-732.
Tomo
secondo,
che
è
da pubblicarsi; è opera del
Guasti fino alla pag. 500. Appartengono alla Serie dei Docu-
menti degli Archivi Toscani imhhlicati per cura della R. So-
225
CESARE GUASTI oltre le trecento
tinuato secondo
e che
filze,
dovrà essere con-
suo disegno, compresavi una
il
storia della libreria di Carlo Strozzi e
suo
chivio
e
de' suoi,
dell'Ar-
non sono solamente 'un
prezioso contributo dell'archivista agli studi al-
tanto di storia e di pensiero
trui:
come
potuto né dovuto svolgere
ma
narrazione,
r intimo che
in
è,
un
non
se
libro
di
felicemente secondo
atteggiato
significato e valore, e disposto alle
narratore* dovrebbe
il
ci
dargli. Virtù
solo archivista, per valente che questi
forme
non sia
;
di
ma
naturale nel Guasti, « per quella sua felice di
cito novamente la teha lavorato anni e anni con a veder bene e prontamente ogni sog-
d'ingegno »
sposizione
stimonianza lui
«
^
« getto eh' « sto
e' si
« squisito
ponesse a trattare;
criterio
giu-
minima cosa^ sentimento amoroso e profondo del vero
benché
ogni
d'
chi
di
e culto
« e del bello in ogni loro manifestazione piiì in« tima,
armonia vera tra
pr intendenza generale Torrigiani donati al
77
il
1878
:
:
di
agli
Manoscritti
e
ma
Serie prima, voi. il
I
animo
Archivio Centrale di Stato di Firenze,
Strozziane del B. Archivio
anche
Archìvi medesimi. -
dell'
Saggio. ^q\V Archivio Storico Italiano, fra il 1874 ne fu fatta una tiratura a parte (Firenze, Cellini, pag. xvi-484) con giunte e correzioni. - Le Carte
Descrizione e
lì.
le facoltà
1.
di
Stato
in
Firenze, Cellini, 1884
secondo volume,
i
Firenze. Inventario, :
pag. xxxix-643.
cui fogli continuano a venire,
E
come
già del primo, in fine delle dispense deWArchivio Storico Italiano, è opera del Guasti fino alla pag. 672. ^
Alessandro Glierardi;
messo 'àXVElenco
Del Lungo
a
pag. 5 dell'Avvertimento
pre-
delle pubblicazioni. 15
-26
CESARE GUASTI
mente». Con questa medesima
« e quelle della
Guasti, in
il
tutto ciò,
Bonaini l'estremo tributo
lega nostro
quando
aula, rese al cold'affetto,
conchiudeva, con parole che non avrebbe dette
non
se
venivan dal cuore, bastare, a lode
gli
«guardarsi attorno,
lui,
altro
e
dov'è un
ripetere:
1
»
?
di
Nella
Memoria con
la quale furono
presen-
gli Archivi di Stato toscani all' Esposizione
tati
Vienna del 73
universale di
al
detto
s'impugna,
quella
Quel primo
fattane.
ai
della
buona espe-
della
ordinamento (avea
Bonaini nel Rapporto
il
Guasti
suo Archivio e agli studi, dare la lode
che non rienza
il
mancato anche prima
concetti del Bonaini,
morte
potè
^
ufficiale
innanzi al volume dei Capitoli)
^
che sta
« dura in^lte-
anche dopo che l'Archivio fiorentino, nel
« rato
grandemente s'accrebbe ». sette anni, » soggiungeva il
« corso di tredici anni, «
E
oggi, dopo altri
Guasti
^
«
dopo che
«venuti all'Archivio
E
«lo stesso». altri
^
A
piig.
documenti sono
centrale,
possiamo ripeter
potrebbe oggi ancora, dopo
quasi vent'anni.
Ma
ciò
che né
69 degli Atti della R. Accademia
Adunanza 2)ul)hUca
Firenze, Cellini, 1872: di pag. 67.
^
Da
pag.
I
A
Vienna.
Bonaini
della Crusca.
a xxii. Rapporto sugli Archivi Toscani fatto il
barone Giuseppe Natoli Senatore del Regno
Ministro della pubblica Istruzione. *
al
del 6 di settembre 1874. Firenze, Cellini, 1874.
2
a Sua Eccellenza e
si
altri
tanti
pag. 25 della
citata
A
pag. vi.
Memoria per
l'
Esposizione di
CESARE GUASTI né
Guasti sarebbe
al
come
227
convenuto, possiamo
dire
Todue nomi rimarranno per sempre congiunti, anticipasse a' tempi nuovi, preoggi noi
:
la istituzione degli Arcliivi
scani, alla quale que'
parasse patria, lettile
alle
i
felici
mutazioni
dei
destini
della
buoni ordinamenti della preziosa suppel-
di tutta la storia italiana.
La
loro
espe-
rienza e dottrina fu dal Governo del Re, ministro
Terenzio
condizioni e
emiliane,
e dell'Umbria.
e,
E quando
più
tore
il
Guasti,^
il
mano
posero
Com-
Cibrario, volle
rela-
non poteva, meglio che con
elezione, render
giustizia
Mi-
i
di Stato, la
riordinamento degli Archivi
missione che, presidente
tardi, delle
nel 1870
nistri dell' Interno e della Istruzione al
le
miglior possibile assetto degli Ar-
regioni
chivi delle
Marche
Mamiani, invocata a studiare
il
all'
tale
opera del vecchio
Soprintendente, che infermo e quasi inconsapevole
consumava
i
suoi ultimi giorni, e di chi già
nel fatto ne teneva
degnamente
le veci.
Quella
Relazione ha qualche pagina delle più belle che il
Nostro abbia
scritto
quel eh' egli dice,^ con
sulla
storia
d'Italia.
non minore acutezza
E di
osservazione che nobiltà d'intendimento, « avere « la
^
rivoluzione
di
Francia aperti
gli
hlica Istruzione con decreto de' 15
1871. *
;
Sul riordinamento degli Archivi di Stato. Relazione della
Commissione instituita dai Ministri dell'Interno ni er,
archivi
A
pag.
4.
marzo 1870.
PuhLe Men-
e della
Firenze,
CESARE GUASTI
228
disperderne
per
« apertili
« esservi stato di
documenti:
i
buono, che
gli
archivi
questo
non
si
non avendo ormai bisogno di richiuderli la politica, mentre alla scienza premeva di entrarvi; e cos\ la nuova ragione di Stato aver fatte le vendette del gran Mura-
« chiusero più; «
« «
« tori, a cui erano chiuse in faccia le porte degli « archivi,
compenso
in
aver rivelato
di
all' Italia
«l'epoca più storica de' suoi annali, e d'averle « dato negli « storia »
;
Annali
mi
pare
perenne della sua
la traccia il
miglior suggello
che
io
possa porre a quanto son venuto dicendovi, raccogliendo in brevi e anguste linee grande spazio e sovrabbondante materia, de' lavori che occupa-
rono
lungamente
sì
sì
intensamente tanta parte
di pensieri e d' affetti della
sua vita operosa.
VI.
Quando più
care
il
Guasti nel 61, tornando a una delle
ricerche
della sua
gioventù, raccolse
per la seconda volta, ma da sole cinquanta portandole a più che trecentocinquanta, tutte quante allora se ne conoscevano, le Lettere spirituali e
familiari di Santa Caterina de' Ricci fiorentina,
domenicana in San Vincenzio di Prato] ^ dedicava alla memoria della moglie, mor-
religiosa
e le ^
Le
lettere ec. raccolte e illustrate
Prato, per Ranieri Guasti, 1861.
da Cesare Guasti. In
La pubblicazione deUe prime
Cinquanta Lettere inedite ec, è del 1846; Prato, Pontecchi.
229
CESAEE GUASTI tagli
l'anno innanzi; fra
prezioso quel libro,
maseo, seo
il
molti che alla storia
i
pubblicamente dissero
e alla lingua avvisarono e
Capponi,
il
il
Conti,
Carducci,^ ed altri ancora,
«Non
scrisse:
« editore più
qual
so
il
potesse
il
Tom-
Tomma-
trovarle»!
degno e piii appropriato ella fioche a un chiostro di Prato chiede :
« rentina,
e
« l'ospizio
dell'anima; egli pratese, e che nell'Ar-
« chivio
Firenze ha
di
«lui solitudine pia; «
memorie
« di «
« religione,
suo nido
civili,
:
l'Archivio a archivio di
lei
rifugio a desideri!
sbandeggiati e profanati
libertà, Il
dal
signor Guasti ritrova la storia nella nella
religione
la
« l'eleganza
«
il
chiostro a
e religiose e
pura
mondo.
il
nell' erudizione,
V
infonde
storia;
nella
affetto
ele-
ganza; sa essere cristiano senza rabbie né cu-
« pidigie,
senza
cattolico
«viltà d'umani
mendo che
zelo
E
riguardi».
inverecondo né il
Carducci,
te-
« in tanto fastidio di cose ascetiche,
1 II Capponi jieW Archivio Storico Italiano, Nuova Serie, tomo XIV, parte I, pag. 146-48 il Conti nel periodico fiorentino La Famiglia e la Scuola, volume IV, pag. 81-83 il Tommaseo nelVIstitutore di Torino, anno IX, pag. 601-606. E di questi il Guasti medesimo raccolse i Tre autorevoli giudizi intorno alle Lettere ec. in un opuscoletto di pag. 12 Prato, dalla tipografia Guasti, 1861. Ma nel dicembre di quel mede:
:
;
simo anno, quarto
si
Girolamo Savonarola
Contemporanea IX, voi. nel suoi
tomo
di
aggiunse e
S.
li
Carducci con de' Riccia
lo
che
Torino pubblicò nel fascicolo
XXVI), pag. 435-454, delle Opere
Primi Saggi.
il
Caterina
ed.
egli
stesso
scritto
Fra
la Rivislcv
XCVII (Anno ha ristampata
(Bologna, 1889), pag. 65-107, fra
i
CESARE GUASTI
230 «
« «
volume non fosse veramente letto che dai devoti e da qualche cercatore di toscane eleganze », stimò opportuno rilevare quanto que-
il
Nostro
sta e un'altra recente pubblicazione del
conferissero alla « storia delle tradizioni Savona-
Toscana e in Italia, storia d'iraporgrande » quanto conferissero allo studio
« roliane in « tanza
dei
«
;
fenomeni svariati dello
Era
« storia di un secolo ».
V e
spirito
l'altra
umano
nella
pubblicazione
proprio per fra Girolamo Savonarola suoi compagni scritto nel secolo XVI, ^ e che
Officio i
per ben tutto nel compirsi
secolo,
cotesto
anni
gli
dal
il
23
supplizio,
di
maggio,
come
dice-
vano, dei tre santi martiri, fu celebrato in quel
convento
San Vincenzio, dove il gran frate anime di donna come la
di
repubblicano ebbe da
Ricci quel culto che fu per
come bertà
nel petto di uomini
lui
Filippo Neri, e dal popolo, per la cui accettò
morire,
di
sulla piazza che
non
si
l'
anniversaria
li-
fiorita
chiamava più della
Si-
gnoria.
Per
la via
di
passato nel cuore far
cuori
del
sì
cenno delle maggiori
:
e
venendo
era io
a
tante pubmemorabile e caratnegli studi a cui l'adempimento scrupo-
blicazioni, teristico
quel culto
eletti
Guasti
di
ciò
che
loso de' suoi doveri pur
piii
fra le sue
è
gli lasciò forze e volere,
^ L'Officio proprio ec. ora per la prima volta pubblicato con un Proemio. Prato, Guasti, 1860 e seconda edizione, ac:
cresciuta di documenti, Prato, Guasti, 1863.
231
CESARE GUASTI
l'austera figura del riformatore di Firenze, la pia della
ama
monacella che
ne' suoi martiri quella
nobile patria, né la mitezza dell'
a
disce
principi,
quanto quelle
di
a prelati,
anima
impeparole
affacciano per le prime
si
Savonarola pubblicò
Del
le
cittadini,
Caterina da Siena libere e forti;
quelle due figure, mi dinanzi.
a
Guasti
il
le
Poesie, illustrò alcuni punti della vita, difese la
L'amicizia,
cattolicità.^
in
grado
diverso
con due patrizi fiorentini,
mini,
e ter-
medesimo
dal
sangue, e del più veramente nobile, discesi, conte Carlo Capponi e marchese Gino, porse, nell'aiutare
li
studi
del primo, raccoglitore di
una
bi-
blioteca savonaroliana preziosa, e morto giovane
desideratissimo; e nella reverente familiarità che
ebbe con l'istorico
popolano
e nostro onorando collega;
di
Firenze nostra
occasioni e impulso
a queir antica disposizione del pensiero del Gua-
memorie del
sti.
Antica,
^n da quando
suo
Comune
pratese egli ne incontrò
liane, e
che quelle
gli
tra le
venne
savonaro-
di
fatto
di
congiun-
gere allo strazio che dalla restaurazione medicea patì la città.
e
Le
plebi
rammentano tenacemente,
anche nelle loro devozioni sanno
Sino sto
ai
giorni
ha invitato • ^
Le
nostri la i
campana
cittadini pratesi a
vendicarsi.
del
pregare per
Poesie di fra Girolamo Savonarola tratte
grafo; Firenze, Cellini, 1862. savonaroliane, biblio^rrafico.
E per
29 agole
dall' auto-
le altre sue pubblicazioni
mi rimetto anche questa
volta al citato Elenco
CESARE GUASTI
232
vittime 'del Sacco del 1512:^ e una cui patrocinio fu attribuita
Madonna, al incolumità del Mo-
l'
nastero di San Vincenzio da quella sanguinosa ferocia,
« trovando » dice «
la
Madonna
Madonna dei Guasti ^ « il nome
Papalini,
popolo non
il
Spagnuoli,
degli
ma il
camente vero; perchè
« Spagnuoli,
chiamò
la
la
i
cacciando
non avesse vo-
Soderini dal gonfalonieràto,
il
Firenze a ogni costo
« rimettere in « se
stori-
marrani, non sarebbero venuti a
i
« saccheggiare Prato, se Giulio II « luto,
pili
soldati della Lega, gli
i
Medici....;
Cardinale Legato Giovanni de' Medici non
il
«
avesse procurato
«
mura
E
verso
cannoni,... per aprire nelle
Prato la breccia alle orde affamate
di i
i
».
Medici e l'uomo che inutilmente aveva
contrastata
loro
la
grandezza e la corruzione
degli ordini repubblicani,
il
Guasti conservò sem-
medesimo animo; dirò meglio, il cuore sempre a un modo. Né io affermerò che questo non gP impedisse e sul Frate e sui
pre
il
gli
battè
Medici qualche larghezza
Ma
quando
colloquio fra sé e « ^
Parole del Guasti
Pergamo 2
maggiore.
e par di vedere,
signor Gino
»,^
che
i
il
suoi
medesimo, a pag. 21 del libretto ho citato a pag. 44 e 59.
sul
di Donatello, che
II Sacco di
MDXIL
il
giudizi
di
egli ci racconta,
Prato
e il ritorìio
de'
Medici in Firenze nel
Bologna, Romagnoli, 1880; in due parti.
XXXVI della Parte
A
pag. xxxv-
I.
2 // Savonarola giudicato da Gino Capponi. Nella Rassegna Nazionale; Firenze, febbraio 1880; anno II, fase, li, pa-
gina 161-170.
233
CESARE riUASTI
sieri
dopo
i
nuovi pen-
e sentimenti su frate Girolamo,
ben diversi
antichi
e,
prediche,
le
lette
rimugina e svolge; pesando
li
uni
il
bene, contrappesando quel che di altro ebbero
dalli
altri,
natura d'uomo
quella
que' fatti; e infine
e
in
questa sentenza, che era stata anche del Machiae
velli
Guicciardini,
del
fermandosi,
«
grande
anima con forte ingegno » massimo de' biografi savonaroliani il Villari,^ che grande veramente doveva esser quell' anima, la «
;
quale
noi ripensiamo, col
aver trovato la via per ride-
« credette
« stare la fede e ricostituire l'unità religiosa del «
genere umano
»
anche pensiamo, che
e questo
;
fumo fu creduto sofibcare quella che Tacito ormai da secoli avea chiamata «la coscienza dell'umanità»,^ dei roghi esecrabili, per entro al cui
questo,
che
illuminò sinistramente le
Palazzo Vecchio, mandava
anche
quello di Arnaldo,
al
le
cielo,
mura di come già
fiamme sacre
del-
E
lode
l'amor della patria e delle libertà
civili.
all'anima e alla mente del Guasti, aver venerato
uomo;
tale
è lode alla sua pietà, averlo deside-
rato e augurato fra
Lavorando rava
^
le
Rime
alle di
La
P. ViLLAui,
i
Santi.
Lettere
della
Michelangelo.^
Ricci
E
i
prepa-
nomi
Storia di Girolamo Savonarola
e de'
tempi: nuova edizione; Firenze, Le Monnier, 1887-88; 2
«
Agric.
n
:
«
scilicet ilio
igne
...
II,
del
suoi 260.
conscientiam generis hu-
mani aboleri arbitrabantur ». 3 Le Rime di Michelangelo Buonarroti
pittore scultore e
234
CESARE GUASTI
Buonarroti
del Savonarola
e
entusiasmo, e quel rogo e niato
invidiare,
uno
in
avete
gli
una espressione
congiungere in
di
malinconico
bastioni di
i
di
sentito
San Mi-
que' movimenti
di
scontento che dello scrivere assalgono chi è nato
ma
a scrivere non parole
Di Michelangelo
cose.
appunto ripeteva nella Prefazione la sentenza del Derni, « ei dice cose » e pregava gì* Italiani ^
:
Rime
a non voler risguardare quelle trastullo
da
filologi »
;
«
come un
sebbene molto filologico
avesse dovuto essere, nel prepararle alla stampa, il
lavoro suo,
tografi, e
sì
sì
nel
nella
malagevoli
au-
interpretazione
del
decifrare
letterale
i
soggiunta a pie delle pagine
testo,
splendido in-quarto.
Il
sta ne' suoi versi rinchiuso
come
egli dice essere circoscritto
ne'
tare
« la
man
di
quello
pensiero di Michelangelo
che ubbidisce
il
concetto che
marmi, e aspet-
all' intelletto »,
la
quale arrivi sin là a sprigionarlo.^ Questo ufficio
adempì per la poesia bonarrotiana la mano del Guasti e ci voleva mano non tanto di gram:
matico, quanto di artista della parola, e che di
questa sentisse anche que' segreti che sfuggono ai precetti
e vogliono, a penetrarli,
acutezza
di
mente e conoscenza storica dell' idioma. Tanto più, quando lo scrittore non è uno dei grandi architetto^ cavate dagli autografi
e,
jmbhlicate da Cesare Guasti
Accademico della Crusca. Firenze, Le Monnier, 1863. 1
2
A A
pag. XLviii.
pag. 173.
235
CESARE GUASTI signoreggiatori della lingua e dello
per esempio,
menti
lo
garli.
A
Dante,
stile;
Petrarca, l'Ariosto; ne' cui ardi-
il
splendore della forma dia luce a spietutt' altro
siamo col Buonarroti:
quale
il
non avrebbe certo chiamata arte sua la poesia, se « questa non è mia arte » disse della pittura, e
stava
dipignendo la Sistina
e la frase
poetica, poiché
schiavo non
si
e
que' versi,
in
non ne
e
è,
tormenta piuttosto e
le
trascina per dove va
suoi, pili
i
Egli la parola
sarebbe acconciato né a persona
né a cosa veruna, sforza e le
!
signore
che tocchi colpi
non ha soltanto
il
di
;
penna, paion, anche
scalpello.
di
le
pensier suo
il
merito
d'
Ma
avere
Guasti
il
felicemente
diremmo indovinato,
interpretato, e talvolta quasi
difficilissimo testo, sì anco di esser egli stato primo a stampare quel che in fatto Michelangelo scrisse; e con ciò, avere ad una poesia
il
il
COSI caratteristica dell'uomo, così completiva dell'artefice
immortale,
rese
le
sue qualità e con-
dizioni vere, liberandola dal rifacimento col quale il
nipote secentista avea creduto servire alla fama
coni'
come poeta: fama che per ciò ognun vede, risultata posticcia
che
usurpata, falsificata.
di
lui
mento, nel quale fino di
leggere
il
al
I
«
vero,
Guasti,
una
delle
e
una poesia
metafore e floscia nei sentimenti » del
e,
peggio
di quel rifaci-
Guasti abbiam creduto
Michelangelo
quelFaltro, volevano
tempi
stesso era,
più
leggevamo ardita
:
che
è,
nelle
pur
compiute definizioni
CESAEE GUASTI
236
ch'abbia avute
Seicento. Egli
il
rese al testo,
anche tutta
con tutta la sua forza,
sua du-
la
rezza, tutta la sua violenza: reintegrò, fece
E
sere.
Michelangelo da
noi, del
possiamo dire con verità L'ombra sua
Ma
ries-
restituitoci,
lui
:
torna, ch'era dipartita.
queste « grandi ombre », rispetto alle
di
quali egli stesso, in que' suoi lavori di tanto in-
tima
penetrazione
verso la
di
Dante,^ eh'
prima
quasi convivenza
e
ne' pas-
avrebbe potuto appropriarsi pure
sati tempi,
di
e'
il
«le vedeva a sé venire»,
queste grandi ombre, era stata Tor-
quato Tasso. Quella tempera, che bene
il
Paoli
^
ha caratterizzata nel Nostro, di « umanista cristiano », doveva alienarlo da molte manifestaRinascimento: e in
zioni del
resto, che
non. sia
come
sto
alcun
nel
poco
mite natura
di
certi eccessi,
contrario
e
senso,
partigiano:
del
ciò è
anche
lecito
men gravemente,
affermare che eccedesse;
il
serena anche
i
del
così in que-
quali
hanno
che nel Guasti, di
letterato,
non
sarebbe stato possibile. Del Boccaccio, dell'Ariosto,
i
due solenni inoculatori dell'umanismo
sico nella
nostra
certo la grandezza:
non
tro si
ma
indotto
a
al
credo che molto adden-
credo
la sentisse;
sarebbe
clas-
letteratura, non isconobbe
che non
consacrare ad
1
Inf. IV, 80-83.
2
Nella Commemorazione citata a pag. 223.
facilmente
alcuno di
237
CESARE GUASTI temi
tali
dette
fetto
curarne dani,
quale
le Lettere
si
anni che con tanto
af-
50
per
Tasso:
suo
al
dopo
^
e più
dieci
i
(le
dal
il
Gior-
forma nella anche quando
quella
tulliane) in
le
55,
al
più belle, ha detto
seguiteranno a leggere
la edizione del Guasti sarà accresciuta o rinno-
vata; fra il
le
75, le
Rime:
58 Prose il
e
59,
il
di
e in
queste
cadenza italiana improntò
difetti,
i
numero
che la detroppo
in quel Divino,
ri-
Tuttavia sarebbe stato a de-
spetti meraviglioso.
da
e
bellissime
che nel Poema, per tanti
sensibili
siderare, e fu
74
il
dovetter piacergli
veramente
le
fra
altezza proporzionata al
delle rnen belle;
più sono
Dialoghi]
Meno
diverse.
fra le quali
sovrastanno
i
che tutte
molti,
le
Opere
del
Tasso avessero dal Guasti le medesime squisite cure che dette solo alle prose. Cure più strettamente filologiche
ai
Dialoghi^ con molti avve-
dimenti bibliografici e storici, necessari ad avere
genuina, fra varietà dimolte, quella tanto nota-
forma del pensiero, delle dottrine, dèlia meNé minore la importanza,
bile
ditazione, di Torquato.
né meno gravi diverse,
^
in
esigenze
critiche,
egli
non
delle
Prose
volle intitolare
^
Citato dal Guasti, a pag. vii del voi.
2
In cinque volumi della Biblioteca Nazionale del Le Mon-
nier, le Lettere;
E
le
che giustamente
in
tre,
i
Dialoghi; in due,
due della Collezione Barbèra (Firenze,
nuove cure
la terza
P. A. Serassi.
edizione
I.
le
Prose Diverse.
1858),
della Vita del Tasso
dette con scritta
da
238
CESARE GUASTI
minori,
Ma
^
immensa, addirittura,
mole
la
di
lavoro eh' egli ebbe a sostenere per le Lettere:
coordinamento
cronologia, testo, questioni
fico,
anche
sostenne, forze
E
speciali.
con
al filo biogra-
animo
lieto
vigoreggiare
pel
allora
la
delle
perchè la eloquenza, che tale
giovanili, e
può chiamarsi, di quelle pagine dolorose, dove l'anima dell'infelice Poeta tutta si versa e trabocca, lo empiva,
reverenza
fettuosa
dice
ci
e
egli
stesso,
compassione
^
« di af-
profonda
»
:
ora, al suo ingegno, per muoversi e indirizzarsi
verso un obietto, abbisognavano, innanzi
tutto,
gl'impulsi del cuore. All'epistolario tassesco con-
giunse
Guasti, e in forma epistolare, quattro
il
cinque volumi
illustrazioni, pe'
pubblicazione
di
quella insigne
Delle lettere
distribuite:
di
Tor-
quato; Della ^prigionia; Il Tasso e la Crusca;
La
vita intima.
Né
biografia del Poeta.
che
di
dal
nostro
contro o
cotesto
il
Bene
rias-
è debito qui ricordare,
illustrazioni,
quella
sodalizio e faceva
Salviati e
loro
delle
non che a
accennare del contenuto,
molto che ravviarono e fermarono nella
e del
nardo
qui è luogo,
ma nemmeno
sumere,
Bastiano
scoteva
ricadere su Lio-
de' Rossi la
stacciate e infarinature,
polvere
ingenerose,
prigioniero di Sant'Anna, fu indirizzata,
Accademici, a noi: del nome
^
A
2
Lettere; voi.
p.
che
I
àoiV Avvertimento. I,
pag. x.
vostro, o Arci-
239
CESARE GUASTI consolo, nizie,
onorata ca-
dolce ricordo alla vostra
^
fregiò
si
che tratta
quella
nia: ad altri nostri colleghi,
sono
rico Bindi,
che solo per lettera
si
suo
prigio-
Angelo Pezzana, Endue:
intitolate le altre
tanto da chiamarlo
della
il
Pezzana,
era affezionato al Guasti, figliuolo
d'
amore
;
^
e
suo come fratello, per lunga e provata amicizia, il
A
Bindi.
volumi,
lui
parlando
nelF ultimo
de' cinque
Guasti disegna una compiuta Vita del
il
Tasso, quale egli la vagheggiava; pur contento
come per
^^nche questa volta,
la Storia di
Maria del Fiore, a contesserne « chi
« del
vorrebbe » scriveva
Santa
documenti. «
i
« ascoltar
E
me, più tosto
Tasso, che in queste pagine parla? »
^
I
quali diffidamenti di sé medesimo, che pur sen-
dopo
tiva potere,
^
propriarsi
versi
i
Torquato, apMonti dinanzi al ritratto
tanti studi su
del
della figlia.
Ma E
un'
la
immago
veggo
di te vegg'io
non loderemo. baldanze, da tali
Ma
noi
odierne giovanili
certe
diffidamenti, d'
a trent' anni sonati,
non avranno
parare? Egli, del resto, al
la
^
Gaetano Milanesi.
2
Guasti,
Necrologìa
Nuova
3
Lettere, voi. V, pag.
^ Ivi,
pag.
I.
di
Angelo
Serie, voi. iir.
un
tale
uomo
nulla da im-
parola ultima intorno
suo caro Poeta, l'ha detta,
Storico Italiano,
più viva,
sol io,
nell'SS, proprio
Pezzana;
neW
Archivio
XY, 1862; pag. 173-74.
240
CESARE GUASTI
ad un giovine; ed è stata parola
d'augurio agli studi « «
di
conforto e
Angelo Solerti:^ «Per
di
quanto V occuparmi del Tasso sia per me non altro che una dolce memoria, e abbia conopoi
« sciuto
quanto
« io so che aspetto
me ne
potuto
avessi
con
vivo
meglio
far
;
desiderio, e ben
Rime, e la Vita, « che l'egregio giovane ha promesso all'Italia ». Ma alla gioventù italiana è mancata troppo presto r amorevolezza e l'autorità di un tal giudice. Del Medio Evo italiano, al quale per molti «
rispetti
il
auguro,
le Lettere, le
Tasso, anche prescindendo da divisioni
cronologiche, appartiene,
dire vivesse, molto
Guasti nella
il
e specialmente di Firenze,
fra' cui
cercò
il
storia,
antichi
si
Quattrocento.
può
Gliel
primamente le arti del disegno, delle quali avea gran sentimento, educato nella prima giovinezza da alcun po' d' esercizio, e che in cotesto secolo conseguirono quella pura eccellenza di forme, dove le idealità del decimoquarto così spiritualmente traspaiono e con tanta facevano
caro
efficacia di realtà s'incarnano. Nella storia, poi, egli era attratto a considerare quell' età. Il
cento lo innamorava; cento lo abbagliavano
gli :
Tre-
splendori del Cinque-
ma
quell' involuto secolo,
che sta medio fra tanta schiettezza e tanta squisitezza, lo ^
faceva pensare. Nel giro di quei cen-
In una recensione del libro Luigi,
chivio Storico Italiano, Serie
Lucrezia
e
Leonora
Angelo Solerti; neìV ArV, tomo II (1888); a pag. 104,
(VEste. Studi di Giuseppe Campori e
CESARE GUASTI
dalla morte del Boccaccio,
toventicinqu' anni
Rinascimento,
con la
intellettuali
con
uni
gli
gli
che
e sociali,
unificati e concordati
suscita
elementi
gli
Medio Evo aveva
il
sentimento religioso.
nel
Tale concordia e unità,
altri
in termini,
quali
gredimento umano portava, più razionali, satori
italiani
fra
1830 e
il
avea suggellato
disposizione
cercare
a
pensiero buono e
nelle
pro-
i
pen-
quella civil
e afforzato
geniale
la
forme eleganti
sentimento gentile, e
il
il
50 avevano va-
il
gheggiata: e nell'animo del Guasti filosofia
mo-
civiltà
per ciò stesso e sin d'allora,
e,
a contrasto
il
rivelazione dell' antichità
completa l'organismo della
classica,
derna,
241
di
il
tali
armonie confortare non meno gli studi che l'anima. Le quali armonie è tra i singolari fenomeni di quel decimoquinto secolo, che i soli artefici del disegno
cessero
prevaler di
pari
come
il
tiranni,
attingessero, e così felicemente
ma
proprie; dell'
nelle
antico e
passo
libertà popolari;
le
anche
la lingua,
letterati cortigiani, fu
si
dovrebbe,
come porta natura,
Del Luuoo
né
sì
dai
i
i
pensanti
ne' palagi e sì
dovrebbe, e allora
quando non ancora erano ditario corrotti,
soggiacendo
che, sdegnata
però custodita dal popolo.
popolo intendo, secondo
si
o,
aveva grecamente chiamati,
sopra
nelle piazze: che
il
preponderare dei principi
col li
e parlanti
parola
della
e sensuale procede
Trecento
con queste
E
arti
pagano
fa-
si
poteva,
palagi nell'ozio ere-
dai ciurmatori
addottrinata 16
242
CESARE GUASTI
Tre insigni pubblicahanno dato alla storia di questo
a spropositare la piazza. zioni del Guasti
periodo documenti preziosi della più bella lingua
che mai sonasse su labbra toscane, e di vita civile e domestica testimonianze altrettanto schiette
ed
efficaci
:
e sono
le
Commissioni
d'
un uomo
d' una madre, Carteggio un notaio con un mercante. Delle Commissioni di Rinaldo degli Alhizzi pel Comune di Firenze aveva parlato fin dal 55, in Accademia, quand'erano tuttavia inedite: e ne aveva collegata la proposta della citazione
politico, le Lettere
il
d'
come
testo di lingua
certi
argomenti non piccola,
viati,
quanto
all'
non tanto
assoluta
all'
di
autorità, in
Lionardo Sal-
necessità di far larga
parte nel Vocabolario ai « vocaboli che
Noi viviamo
impor-
tano storia
».
« secolo,
quale ha cominciato col vagheggiare
diceva
»
medioevo, di là cavando
-« il
«
il
«
un
^
« in
un
nuovo genere
di letteratura e d'arte: poi, lasciando
« sioni proprie della giovinezza, dai
facili
le
illu-
amori
« è passato agli studi severi; cercando la storia
« nei documenti,
i
documenti
negli
« nelle biblioteche; trascrivendo
« con quella smania, che
1
Vedi
di quella
legiale de' 14 agosto
archivi
e
pubblicando
non bada troppo nella
sua Lezione, che
Archivio, ciò che egli ne riferisce nella
missioni dell' Albizzi; pag. v-vii.
e
si
conserva nel nostro
Prefazione alle Com-
Fu tenuta nell'adunanza
col-
1855; non 56, come per errore è stam-
pato in detta Prefazione.
243
CESARE GUASTI « scelta,
ma
sempre giova
pur
agli
studiosi...
mentre alcuni co' monumenti della storia appurano i fatti, altri correggono giudizi avventati o maligni, e con fare comecchessia
« Ora, « «
da una parte assolvendo condannando, intendono a restau-
« giustizia al passato, « e dair altra
« rare «
il
senso morale
rivendicazione del
nella
vero; anche noi possiamo e dobbiamo
avvan-
« taggiarne gli studi della parola, in
quanto che
attengono non meno
alle lettere
documenti
«
i
«
che alla storia, e
« siero conserva la
poi
si
segno che suggella
il
memoria
il
pen-
Quando
dei fatti. »
trattò di pubblicare quel fonte doviziosissimo
e di lingua e di storia, egli
mente,
al
suo
solito)
che
^
desiderò (modesta-
« delle azioni
civili
e
deir animo di messer Rinaldo » ragionasse, nel terzo ed ultimo
r onorando
73),
putazione
di
volume (vennero
fra
Presidente
regionale de-
della
67
il
Storia Patria, la quale con
apriva nobilissimamente la serie
menti di storia italiana. a
credè bastanti
ciò
le
^
Ma
e
il
quelli
DocuCapponi o
de' suoi
Gino
compiutissime
illustra-
Commissione per Commissione, a ciascuna delle cinquantasei appose
zioni
1
documentate che.
A
pag. IX della
cit.
Prefazioìie.
Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per Firenze dal MCCCXCIX al MCCCCXXXIII; 2
lini,
1867-73.
E
sono
tre
i
il
Co mime di
Firenze, Cel-
primi volumi dei Documenti di Storia
italiana pubblicati a cura della B. Deputazione sugli Studi di
Storia Patria per
Marche.
le
2)rovincie di Toscana, delV
Umbria
e delle
CESARE GUASTI
244 il
come per
Guasti, ritessendo
si
sgomentò a cavare
da
tanti particolari così
forse tetica,
altrettanti episodi
dell'emulo di Cosimo de' Medici;
la vita politica
in
forma
sin-
piìì
largamente esposti cedendo alla
e lumeggiati, la figura di colui che
fortuna medicea e al destino della patria, « avea reputato cosa più gloriosa » il
Machiavelli
uno
^
ribello
primo trentennio del secolo, il
signor
che
figura nei tre
abbiano recato alla storia fiorentina
essi
e
fa parlare
rimane: e quale contributo
Guasti
del
lo
uno onorevole
« essere
cittadino ». Quella
schiavo
volumi
come
Perrens,
i
Capponi
stesso
lo
due ultimi
di quel
storici della
nostra Repubblica, lo hanno mostrato col fatto.
che
Al contributo
mercè il
può lucrarne
nostro Vocabolario:
non pure
lia,
lingua è,
la
la faticosa pubblicazione del Guasti, aperto il
quale dell'idioma d'Ita-
da' prosatori e da' poeti, e antichi
e moderni, raccoglie studiosamente la tradizione, sì
anco da quello che o è vivo parlare, e
labbra de' parlanti (ne gli scrittori
l'
si
coglie; o vivo
sulle
parlare fu
ebber degnato), e disuggelliamo,
a ricuperarlo, labbra chiuse da secoli, la cui non artificiata
quanto
ma
parola
affatto
tanto è più vera
spontanea
ci
rivive
genuina,
e
non
in libri
nei documenti.
Ma
una vera
guaggio
^
di
rifioritura del vivo
quattro
o
cinque
Istorie -fiorentine, lib. IV; in fine.
toscano
secoli
fa,
lin-
né di
245
CESARE GUASTI solamente, sibbene
linguaggio
ristrumento naturale del pensiero adduce,
seco
uscite fra
sono
77
il
le
le
do7ina fiorentina del secolo le
Lettere di
XIV,
secolo
e dell'affetto
due pubblicazioni,
V 80, che con questa dell'Al-
e
ho testé indicate:
bizzi
altre
quanto
tutto
di
d'una
Lettere
XV
gentil-
ai figliuoli esuli
un Notaro a un Mercante del
dal
1390
al
1410.
^
A
questo notaro,
Lapo Mazzei, e a questo ricco mercante, Francesco di Marco Datini; pratesi ambedue, e alla sua città in una il Datini quasi perpetuatosi ser
fondazione appartiene ser Lapo,
molto
quale
della
benefica,
merito
consigli e all'opera dell'amico;
a'
fatto
ma
fiorentino, e notaro dello Spe-
dale, e in molte
cose,
se
non
vita
di
politica
almeno cittadina, qui mescolato; e a quella madre, Alessandra Macinghi Strozzi, madre il
di Filippo
vecchio, fondatore del mirabil palagio; e con
a gruppi interi di figure
essi,
prendono
principali
parlanti
affreschi
di
Di ciò
meglio
io
ha
«
come quella
«
denza epistolare 1
quella
scritto
saprei:
di
intorno alle
come
età;
Guasti non
il
ma
nei
addirittura la
un collega nostro: né
«Poche
fatta dal
che
movenza,
solamente la parola,
restituì vita.
atto e
altre
pubblicazioni
Guasti della corrispon-
Alessandra Strozzi, hanno
Alessandra Macinghi negli Strozzi. Lettere di tuia gen-
tildonna fiorentina ec. Firenze, Sansoni, 1877. Ser
un Notaro
Lettere
di
Firenze,
Le Monnier, 1880.
ec.
con altre Lettere
e
Lapo Mazzei. Documenti
ec.
CESARE GUASTI
246 « virtù
di
« un' età
richiamare e far rivivere
lontana
assai
« diversa dalla presente «
né a queste lettere
;
una madre, che scriveva
pe' figliuoli e
potrebbero
agguagliarsi
« la posterità,
« stolarii in gala dei letterati del «
lettore in
il
quel eh' è più, tanto
e,
gli
Quattro e del
all'
« molte
cose
della
vita
strettamente congiunta.
anche
pubblica,
alla
È una madre
privata
che scrive
« ai figliuoli
lontani, con tutto l'affetto che
«la natura:
ma
«
rono per
le
il
i
ricor-
piccoli intrighi
abbiamo qui un
ritorno,
ri-
Firenze del Quattrocento, così nelle
« tratto della
«
continuamente
speranze, le premure,
favorirne
« pareti
dà
poiché essi sono lungi dal suo
« seno per cause politiche, e
«
si
occhio curioso del lettore odier-
« no, e fa per altri spiragli intravvedere
«
Epi-
Cinquecento. Qui è la vita di famiglia che
« apre intera
di
non per
domestiche,
gnoria e in
come nel palagio
piazza; e
« rassomigliante
,
il
quanto
ritratto
meno
della Si-
tanto più
è
l'ha fatto
chi
Per quello poi
«
credeva
«
che spetta alla lingua, queste lettere familiari
dipingerlo per
« chiariranno
sempre
altri.
più,
« di forzato e sformato, che, «
il
latino
così
nelle
come quel
certo che
per smania di imitare
parole
come
nel periodo,
« trovasi nelle scritture più note di quel secolo, « fu
contaminazione tutta letteraria
« ordini del «
a parlare
popolo e nelle famiglie in
quella forma,
ma
;
si
continuò
che insieme
« giunge le più care scritture del
negli
con-
Trecento colla
247
CESARE GUASTI «
autobiografia del Cellini cinquecentista ». Così
D'Ancona:
^
«
parla nell' intima
« e
un uomo
« epistolare, «
Se però
« soro
E
Lapo, pure il Risorge adesso quasi dalla tomba,
Alessandro D'Ancona.
^
di ser
confidenza
vedendosi innanzi un
altri
del
epistolare
« trovarvi notizie
« e pettegolezzi
secolo xiv,
importanti dei di
carteggio
del
della fine del secolo xiv...
camera,
di
ricco te-
sì
aspettasse di
fatti di quell'età,
piazza o di pa-
insomma grande e nuovo lume per la storia dei fatti, chiuda, anzi, non apra, questi due volumi. Ma se gli parrà
« lazzo, e passioni politiche, « «
« curioso ed istruttivo vedersi «
quasi ombra
comparire davanti,
un Fiorennon come lo
evocata dal sepolcro,
del Trecento, così come fu, immagineremmo o vorremmo, e conoscere ben addentro un uomo, anzi diremmo un' anima,
« tino
« « <5c
che
si
svela nella fiducia del segreto
deposta
anima, quegli apra e legga
due vo-
« in altra
che pur
« lumi,
di storia
« intimi particolari,
«
senta
non
è...
politicante,
« di
si
di
pre-
politico
cittadino dabbene, austero
specialmente ricco, cioè
di
amore
Varietà storiche
Ivi,
alla famiglia,
e letterarie;
pag. 223-24. 2
libri
costume, arguto di mente, efficace di parola,
« religiosa, ^
che molti
un uomo pubblico, un
ma un
di tre cose
« e
piìi
i
diranno, in certi
argomento.... Questo che a noi
« storico
«
molto
gli
pag. 191, 193-94.
di
di
fede
amicizia
Serie seconda (Milano, 1885),
CESARE GUASTI
"248
Lo
« sincera verso alcuni pochi eletti spiriti. « dio
che in questo epistolario può
stu-
farsi è quello
adunque dell'uomo morale». Da molti altri pur autorevoli critici, così nostrali come stranieri, fu «
rilevato
il
valor morale e storico delle due care
pubblicazioni; le quali forse furono, fra le tante
numero
del Guasti, quelle che a un più largo
di
osservatori fecero palese la potenza sua di scrittore.
«Alle donne italiane,
« questo
volume
col
le quali
cuore» dedica
leva chiamarla, la sua
Sandra;
prego leggano egli,
come
so-
e per esse special-
mente io chieggo licenza di staccare dal Proemio un breve tratto sopra argomento che chiedeva la massima delicatezza di linee, la piii squisita
Madonna Alessandra,
gentilezza di colorito.
finalmente
che
stituiti in
patria,
i
suoi
cari
esuli le
cerca moglie per
gliandosene co' parenti. Sentite
prima una Bardi
« posero « e
il
certa
saranno
re-
consi-
essi,
Guasti:
'
« Si
occhi sopra una de' Soldani,
gli
de' signori di Vernio;
ma
questa
«parve rozza fanciulla: poi si fermarono molto « a una figliuola di Francesco Tanagli, che an«
dava tanto
all'Alessandra (la vide in Santa
dentro un raggio
« Maria del Fiore,
« che passando dalle « di Brunellesco,
dell' alba,
nuove vetrate della Cupola
ricigneva
come
iride
la
gra-
una Adimari « sempre pensando per Filippo. Per Lorenzo, « ziosa persona)
^
A
;
e
insieme
pag. xxxvii-xxxviii.
sur
:
249
CESARE GUASTI c<
ora una or un'altra: parlavano d'una de' Bor-
pensavano anche alla Manetta, figliuola Lorenzo Strozzi e dell'Alessandra de' Bardi,
« ghini « di
« alla
Marietta corteggiata da un Benci, che per
una solenne Armeggeria,
fece nel 64
« lei
« è la
«
;
di cui
non ma-
descrizione alle stampe. L'Alessandra
ne parla mai con calore: solo mortale la Gianfrancesco,
« dre, fallito lo zio
le
parve forse
rivolgere all'orfana un pensiero amoroso.
« pietà
dall'Alessandra
«
Tutte queste ragazze, dipinte
«
con que' colori che dà la bella lingua del po-
« polo, «
ci
di
hanno
Botticelli
il
« vele al
paiono
pennello
col
Ser Lapo,
l'intero archivio
elegante. »
commerciale
un buono e
tese Martino Benelli:
mi porta
ritratte in pareti ed in ta-
E
dal
Proemio
il
carteggio
Mercante tornasse, insieme con
del Notare e del
«
Ghirlandaio e
il
dove racconta come
^
per opera di
quelle che
in villa
«Un
di questo, alla luce,
culto
sacerdote pra-
giorno l'amico Benelli
alcune lettere
di
un ser Lapo,
«trovate allora allora nell'archivio «
Datini, che
erano una bellezza. Lasciamo stare la lingua puro
« del
ma
fermavano elevatezza insolita, quanto
Trecento;
i
pensieri
«
non tanto con
«
con
«
Lapo? dicevamo ammirando. E nuove
« ce lo
lo
A
la
originalissimo. Chi è questo
facevano
« rante e
^
stile
meglio
contemplante,
pag. iv-v.
conoscere:
che
aveva
ser
lettere
uomo in se
ope-
come
250 «
CESARE GUASTI
due anime, o
verso la fine
« glie;
«
due mondi,
gli echi di
per lo più, all'aperto; e s'era
d' autunno. Cascavano le focampagna, triste l'animo: ma intanto vedevamo gittare il seme della ventura ricolta nel nuovo solco, ed era un ragionare
« là
«
anima
nell'
«Le leggevamo mesta
la
La Chiesa celebrava
« di speranze.
ma
« dei morti;
cantava, che
fra' riti
«
credente è ancor vivo. Voce
«
lungo silenzio parea
d'
ma
fioco,
morto
il
uomo che per vivente e cre-
veniva a noi da quelle carte. Uscivano
« dente,
« fuori
l'anniversario
seguito
in
« fatti e nomi.
e con essi,
;
Marco spiccava sopra Margherita sua donna; e
conobbe la
«tutti. Si
documenti
altri
Francesco
di
« la Ginevra, che nel testamento del Datini sta
ombra
« così in « di
«
Prato, di
Avignone,
«iorca; poi
di gli
poi
:
«papi
donne,
Barcellona,
sua pietà;
«
con
renze; gli amici
«dell'anima sua. «
Mentre
io
Genova,
di
Valenza,
di
che avevano
artefici
sovrani;
e
fondachi
fattori de' suoi
Firenze, di Pisa,
« suo fasto e alla « sante
i
cui
prelati
santi
i
ebbe
di
servito al
uomini e le
corrispondenza
d'Avignone e
della
sua
Primo
di
fortuna, questi,
trascriveva le lettere e
« che l'amico disseppelliva, egli
di
Ma-
i
;
di Fi-
e
quelli
ser
Lapo.
documenti
ammalò. Parlare
Lapo pochi umani
« di que' nostri antichi, del carteggio di ser « e della
sua pubblicazione, fu de'
« conforti al « e finì
a'
suo molto patire, che durò più mesi,
6 d'ottobre
del
1873; nel mese ap-
251
CESARE GUASTI «
punto de' nostri annuali colloqui.
gina, dove
sentimento
il
»
Questa pa-
umana
della
realtà, e
consolate malinconie della morte, hanno così
le
mi rammenta alcune linee Udite la morte del pio filo-
efficace significazione,
dal suo
Silvestri,
^
che delicatezza saputo
logo, e con
un
inserire
aneddoto, che se ci muove al sorriso mentre il momento non è da ciò, è sùbito, com' a dire, ammendato dalla solennità d' un pensiero religioso,
che su quella vita pur allora spentasi
sentire quasi l'
sovrapporsi e
il
distendersi del-
il
Così nell' ottava dell'Ariosto,
eternità.
fa
ci
^
mu-
le
siche celestiali cuoprono e quasi assorbiscono la
parola ultima e cara che la morte tronca sulle labbra del marito di Fiordiligi. « Riebbe «
scimento e la parola;
come
« restò
assopito.
ma
ricevuti
Solamente
i
il
cono-
Sacramenti,
la sera del 26,
che lo confortava di prendere ancora un briciolino da bere, - Che si dice bri-
« air infermiere «
- rispose; e aprì gli occhi.
« ciolino?
27
La mattina
«
gennaio 1865, giorno di venerdì, chiuse per sempre. Si avvicinava l'ora che
«
Sposa
«
Fami
«
davano
« de'
di
—
—
Dio surge
di ;
e
i
A
la
mattinar lo Sposo perchè
sacerdoti, salendo all'altare ricor-
coli'
« giustizia, «
gli
che
apostolo il
Paolo
la
corona della
giusto giudice tiene preparata
per chi ha combattuto nel buono arringo, ha
1
Tomo
2
Orlando Furioso, XLII,
II,
pag. 318-319. xiv.
-o2
CESARE GUASTI
«
terminato la corsa,
«
Era
la
e
ha conservato
la
fede.
San Giovanni Grisostomo
festa di
».
VIL Questo libri il
che
Silvestri,
suoi predilesse,
egli forse
dicemmo essere
testamento del Guasti verso
ma
le
fra
tutti
stato
i
come
cose presenti;
forma biografica appartengono insieme con esso, e comune con esso hanno l'attinenza alla
a persone e a scritture di
fatti
commemorative
nostri,
le
molte
eh' egli dettò di amici,
persone comecchessia ragguarde-
colleghi, di
voli
de' giorni
per le quali pietà
penna valente;
di
congiunti cercò la sua
come SegreAccademia e nella Società Colombaria; le iscrizioni. Era nel Guasti, quando si accingeva a ritrarre una persona dal vivo, era, innanzi tutto, una profonda apprensione della verità, e uno studio del morale, condotto con diligenza e acutezza impareggiabili; era una cogli
elogi che lesse
tario nella nostra
^
noscenza che
si
procurava,
particolareggiata,
de' fatti,
quanto
piìi
potesse
senza nessuno tra-
scurarne, perchè da tutti pensava potesse a quello studio derivarsi
profittevole luce: nel giudicare
massima,
e, senza nessuna transigenza co' propri principii, ne' quali era quanto un galantuomo deve saldissimo, quel compati-
poi, severità
^
Per
le
citato Elenco.
indicazioni bibliografiche,
rimando novamente
al
253
CESARE GUASTI
mento
e quella
benevolenza che non può scom-
pagnarsi mai da un' anima gentile, non dovrebbe
da una cristiana. Ciò che nel suo soggetto paresse a lui, o fosse veramente, di men lodevole;
non n' avessimo non si chiamerebbero umane; non dissimulava, non copriva; ma piuttosto vedebolezze,
quelle
che, se tutti
la nostra porzione,
lava garbatamente, o con qualche tratto di cortese ironia attenuava, lasciando intatta la verità
ma
conciliando a quella
Mirabile poi l'arte, che nella
storia,
vissuti
e le
di
dell'
due
:
n' era accresciuta di
ma sempre
ferenzia da quella di
piii
il
e
con
che
di biografìe
anche
quando
effetti,
arte
sua
si
dif-
altro scrittore del secol
ma
laudative e di panegirici, vivace-
mente lumeggiati pre,
un
l'
Giordani, pur finissimo lavoratore,
d' orazioni
è
Panegirista non fu
questo, e in altro,
e in
gli
senz' offesa del vero, dal-
arte squisita del biografo.
nostro,
tempi
incisivi, ca-
per non dire che qualche volta
tanti,
:
i
da gran maestro per modo che spesso
data tutta,
mai
uomo
arte che quegli profes-
importanza del soggetto
la
all'
condizioni di quelli, o le vi-
sociali
che faceva a tocchi rapidi,
il
ratteristici,
l'
veniva dal suo valore
gli
congiungere
cende degli studi o sasse:
temperati giudizi.
più
iscoperto
studio degli
vere e proprie, quali sem-
in
breve
spazio comprese,
sono queste del Guasti.
Non
piccola parte di tanta squisitezza morale
credo attingesse egli dallo studio posto, e dalle
CESARE GUASTI
254
prove
felicemente
fatte,
iiell'
agiografia e
nel-
r ascetica; essendo la Vita d' un Santo tutta uno studio dell'uomo interiore, e un' analisi penetrativa nei più riposti fenomeni dello spirito; e lo
abbandono dell'anima verso l'infinito esercitando, pili che volgarmente non si creda, le facoltà riflessive e acuendole.
La
Vita di
San Francesco^
volgarizzata in sua gioventù dal francese, e nel
79 ripubblicata con nuove diligenze di lingua e di stile; e una Vita di San Leonardo da Porto ^
Maurizio^
lavoro nella
^
semplicità sua elegan-
tissimo; e poi, di ascetica, quel mirabile volga-
rizzamento della Imitazione di Cristo, nel quale, e nelle Confessioni di Sant' Agostino del Bindi,
abbiamo avuto a' dì nostri uno de' più singolari documenti della lingua toscana e della potenza sua, appartengono a questo aspetto non de' meno osservabili
nell'ingegno
tazione, più volte ristampata,
pensiero gli
dilettissima, in gli
affacciasse
si
Guasti.
del
Della Imi-
non so se il primo quando una sorella ^
un solenne momento della vita, libro, ma non nella versione
chiedeva quel Storia di
^
Malan
San Francesco
di Assisi di Emilio Chavin
de
tradotta da Cesare Guasti. In Prato, per Ranieri Guasti
editore-libraio, 1879.
È
la terza edizione: la
prima fu del 1846.
San Leonardo da Porto Maurizio Minore francescano riformato ec. compe^idiata da Un suo devoto. In Prato, 2
Vita di
dalla tipografia Guasti, 1867. In due edizioni: l'una in 16°, e l'altra in 32.» 3
Nella Collezione diamante di G. Barbera. La sesta edi-
zione è del 1889; la prima del 1866,
CESAEE GUASTI
255
del Cesari; ed egli rispondendole, dice di capire
come alla giovine toscana la versione non vada a genio. ^ Certo è che il mento
pubblicato
suo,
moria
di
mia madre
anni
molti
dedicato alla figliuola,
lui
come
» inscrisse
mile da San Bonaventura;
^
dopo, fu da
« alla santa
me-
sopra un altro
e che
una gentildonna,
del Guasti, fu
del Cesari
volgarizza-
si-
nella morte
ornatìssima
di
lettere e nota all'Italia, la signora Pigorini Beri,
che dandone da un periodico delle Marche con pietose parole l'annunzio,^ e volgendosi alle donne italiane, fra le cose di lui ripensò per
Imitazione; « quel
quanto
nanzi «
il
campo
« sul
^
«
«...
Voltaire
scetticismo, fu
di
la
Guasti stesso ne scrisse, «che
fermò sulle labbra del
« ironico dello
prima
dice ella, avendo di-
libro, »
battaglia
non gradisci
il
sogghigno
compagno
indiviso
a Eugenio di Savoia,
la versione del Cesari; e hai
sono in cerca di un'altra
>.
ragione:
Lettera degli 8 di ottobre 1851
alla sorella Enrichetta, oggi Suor Griuseppina nelle Figlie della
Carità. 2
San Bonaventura. Lo stimolo
zato da Cesare «
Napoli,
del divino amore, volgariz-
1872. Questa è la iscrizione
:
memoria - di mia madre - che con la parola r esempio - m' insegnò amare Dio - iv d' aprile mdccclxxii -
Alla santa
« e «
Guasti.
primo anniversario
>.
E
l'altra,
dedicatoria dell' Jm^Ya^io^e,
- ad amare e soffrire - crìstianamente - ti raccomando questo libro - o mia Angiolina Tu - leggendo e meditando - ripensa a tuo padre ».
alla figliuola: « Perchè tu impari « «
3
braio
Scritto in data di « Camerino,
Cesare
Guasti.
1889
pubblicato nell' Ordine,
»,
Corriere
delle
anno XXX, num. 48; Ancona, 18-19 febbraio 1889.
17 feb-
Marche,
256
CESARE GUASTI
« consolò al Pellico le agonie del carcere
duro
Ora
due
credo che se a giudicare
io
delle
». di-
verse toscanità, che sono in ambedue quei volgarizzamenti, del Cesari e del Guasti, si costi-
un tribunal femminile; alcun che
tuisse
a quell'areopago
di
simile
gentildonne, al quale l'ono-
di
revole nostro collega Ruggiero Bonghi viene,
volume
di
volume, presentando così garbatamente
in
suo Platone ; né competenza
di giudizio credo che mancherebbe a quel tribunale, né dirittura di sentenze; e che la decisione potrebbe far testo
il
dobbiam seguitare ad averne,
parecchie, se
in
questioni di lingua.
La forma
di
scrivere
del
Guasti,
che nelle
Biografie, nella Imitazione e negli Scritti d'arte
ebbe forse la
le
sue più compiute manifestazioni, è
vera e naturale prosa toscana: senza
le
sman-
cerie di coloro che in questi ultimi anni parvero
voler ridurre la buona
derrata toscana a mer-
canziuola da rivenduglioli, vesse a Teofrasto e parimente, senza
grinità,
che
il
e
che la trecca do-
insegnare anche la filosofìa;
ombra
di
quelle altre
fiumana
dello
scrivere
inforesticrato,
e
Guasti con molto maggior sentimento
di
nità,
pere-
con r uso e V abuso delle quali fu bene Cesari fermasse violentemente la torbida che
tosca-
anche antica, avrebbe potuto rimettere
corso, diritto
ma
in
che tanto hanno per sé un eccellente
storico,
vucchiare
il
nel
quanta nessuna ragione vivente organismo
di rivi-
della lingua;
257
CESARE GUASTI perchè la lingua può
di
quando per una od
sol
vecchie frondi rivestirsi
essere benissimo, queste da per se in verde.
E
come può
altra ragione, si
ricoloriscano
nella stessa giusta mezzanità mi sem-
bra da porre la prosa del Guasti, se dalla lingua, materia dell' arte, si passi a considerare quello
il
ha
quale appunto l'ufficio suo di strumento
al
appropriato
il
nome
di stile.
retorico e divagante
Mezzanità, dico, fra
fraseggiare, in che
han
diguazzato e diguazzano specie varie di uomini, puristi
ed eslegi,
letterati
e scienziati,
predica-
tori e politici, e quello scrivere secco allampa-
un pezzo, che piace ai naturalisti della prosa toscana, ma che ancor esso si discosta e dal parlare toscano, chi bene lo sappia interrogare, e dalla natura, la quale ha vestito le ossa di polpe, e a queste ha dato curve e nato e tutto
colore.
e
La buona
sollecito,
il
d'
classica giovanile,
istituzione
anzi piuttosto
precoce, disciplina-
mento dell'ingegno alla storia paesana, contemperassero felicemente nel Nostro
io
credo
le ottime
qualità naturah, e lo atteggiassero a quella or-
nata compostezza e giusta intonazione, che, dalle cose giovanili alle sue maggiori, vedesi, pur facendosi
pili
sicura,
rimanere costante. Aggiungerò
francamente una cosa. Credo anche lo
e
giovasse
avere, altresì per tempo, tradotto molto dal
francese; traduzioni, badiamo te
gli
e
mercantili,
anzi
zelantissime
proprietà di nostra lingua: Del Lungo
non
isciat-
della
purità
bene,
citerò
quelle del 17
CESARE GUASTI
258
San Francesco
dello
dal Lacordaire.
^
sforzarsi
non pur
Chavin; e
Nel quale
di
anni maturi,
studio
egli
ridurre al genuino stampo
di
le locuzioni francesi,
sì
dovette italiano
anco molte che
r italiano odierno ha in parte derivate e
in parte
sformate, da quella lingua, la quale, per essere
ormai universale, s'insinua irresistibile. Il che se, com' io credo, fu vero, mostrerebbe che anche dalle pericolose
affinità de'
possa un ingegno
valente,
due idiomi neolatini purché ben fondato
nella cognizione storica del nostro, derivare anzi
poiché, grazie al cielo,
medicina che contagio: influssi
di pensiero,
pe' quali la nazione nostra
soggiaccia volenterosa ad altra nazione, sia quella sia un' altra,
non sembrano, salvo
siano più da temere; e una prosa
nostra,
che
italiana
moderna
noi abbiamo pure è
stoltezza
esiste
oramai.
o Signori;
Sì,
una prosa nostra moderna ed le cose buone le quali il :
da credere, che fra
secolo che
s'
avvicina dovrà riconoscere dal se-
colo che tramonta, farsi onore.
Ma
l'
Italia
anche
di
bisogna intendersi:
questa potrà la
prosa
ita-
non debitamente pura atteggiata, dà sentore di sé
liana moderna, la quale,
ma
vigorosamente
nella Vita dell'Alfieri;
si
afferma
col
Foscolo;
nel Leopardi riattinge dal greco la efficace plicità, 1
sem-
senza la povertà rozza, delle proprie ori-
Lettere del P. Lacordaire ad alcuni giovani tradotte da
Cesare Guasti, con ima Prefazione del Prato, Guasti, 1865.
^jro/".
Augusto Conti,
259
CESAEE GUASTI gini;
Gioberti
col
adegua
si
piezza del pensiero
ed am-
all'altezza
scientifico;
Manzoni
nel
to-
scano divien popolare; questa prosa non è tutta
nessuno
in
piccinisce
grandi
questi
di
chi
scrittori: e gì' im-
questo o di quello voglia far
di
nuove generazioni. Ella
falsariga alle
la pro-
è,
sa nostra, nella perenne tradizione del pensiero d'Italia e della parola toscana; tradizione,
Trecento pose, questo
suo
procedere, né Galileo ne fosse
divenissero essi
termini
i
imparata sull'Ariosto, corruzioni
impedito a
disciplinarla
addosso
dalla
che
ed eccessiva reazione
dei
le
servitù
non
ma
arti-
bastarono a spengere; che la salutare ficiata
concetti
ai
sperimentale: tradizione,
portateci
del
fatali
diceva avere
disciplinare cotesta prosa, eh' egli
filosofìa
il
Cinquecento svolse, senza che
il
per
della
che
puristi
isterilì
solo per breve tempo; e che oggi la unità e la libertà
da Dìo
restituite alla nostra nazione deb-
bono avvivare e
afforzare.
metto, con molta colo che
Come
per
fiducia,
1
Vedi e
'i
io
ne
il
ri-
Silvestri)^
cap.
V VIII
così per quelli
e per le iscrizioni volgari (intorno
alla epigrafìa e latina e
VII
questa prosa
giudizio a quel se-
il
gli scritti biografici,
di belle arti,
il
di
avvicina.
si
pagine nel
Se
esempi notevoli,
Guasti abbia lasciato
V
e
^
ha
VII del
del libro
II.
volgare sono belhssime il
lib.
Nostro col Giordani
I
;
il
VI
(tutto sul Muzzi),
CESARE GUASTI
2G0 affinità
che fanno risaltare
bensì per
dissomiglianze.
le
piuttostochè
nelle quali,
le iscrizioni:
Meno
maniera magnificente e levigata del suo con-
alla
cittadino Muzzi,
si
attenne allo
ma
e schietto del Piacentino,
sentenzioso
stile
con qualche mag-
gior apertura alla vena dell' affettuosa semplicità,
o della ispirazione (diciam pure) poetica o temperato lirismo, perchè anche di questo entra nel com-
ponimento epigrafico, come ha
con l'entrarvi oggigiorno sale.
Ne
finito
pur troppo
la saccenteria univer-
scrisse di delicatissime, sulla
amici, di giovani,
di
fanciulle,
di
tomba
di
spose e ma-
drifamiglia; ne scrisse di ispirate a sensi di ci-
ordinato
vile
progresso;
ardente per la
E
di
religione,
animate da carità
per la patria, per la
avvenga in questa che chiostri di scolpita ne' Santa Croce, voglio sta « A Stasi rammenti eh' eli' è del mio Guasti
umanità.
chi di
Voi
s'
:
« nislao
Bechi fiorentino - colonnello fra
i
sol-
« dati della Polonia - e però fucilato dai Russi
«-
l'anno mdccclxiii -
i
Polacchi rendono
« crime per sangue - e qui « della loro patria «
more
all'
la-
eroico difensore
pongono un segno
di
me-
affetto ».
Non usciamo
di
Santa Croce:
e
col libro
Belle Arti - Opuscoli descrittivi e biografici di
Cesare Guasti,
^
^
visitate la
Firenze, Sansoni,
Le Monnier.
1874.
Cappella de' Peruzzi,
La prima edizione
è del 1859,
261
CESARE GUASTI la
Cappella
de' Bardi,
che
negli anni stessi
scritto,
ha de-
quali egli
delle
furono scoperti,
i
preziosi affreschi di Giotto. Vi par di rivivere e in
mezzo
le
effigiò.
con l'artista che
e
alle storie effigiate,
Leggete a tavolino
o quelle
o
altre
delle sue descrizioni: per esempio, la Pietà del
Duprè,
i
Parentali platonici a Careggi del Mus-
gli scoperti
sini,
sua
chiesetta di quella
stica riposi
autunnali
cordanze care, e sì
e restaurati Affreschi della ru-
caramente
nanzi a
in
quel
e
a
gruppo,
e
i
ri-
stesso gli convertiva
riposo
lavoro;
che
^
d'imagini
abbelliva
gli il
Galciana^
vi
par d'essere a
quella tela,
di-
quella
Donde, o Signori, tanta potenza? Svolgete ancora quel volumetto che io m'imagino e le due volte eh' egli d' avervi posto fra mano
parete.
:
parlò pubblicamente, nella solennità d'una pre-
miazione, agli artisti;^ a quelli dell'Accademia di
Siena ragionando sulla virtù ispiratrice del hello; a
questi
dell'Accademia fiorentina, in Giorgio
Vasari rappresentando
largamente
Per
lui
vazione dal vero, bello,
1
e
l'
;
natura
ormai
servili
avrete da lui medesimo la
arte era, innanzi
tendenza
ad ogni obietto
Gli affreschi del secolo
novamente scoperti
« dalla
artista
dai tempi
favorito »,
solo in parte aiutato risposta.
l'
Franchi ec. Prato, Guasti, 1869. 2 Nel 1851 e nel 1855.
tutto,
deri-
bene per via del
alto
XIV
e restaurati,
al
nella
libero
spirituale
chiesa di Galciana
Lettera al pittore
Alessandro
262
CESARE GUASTI
sommovitrice potente: e con che e per
arti del
le
ne giu-
criteri
tali
dicava egli la storia. Lascio
stare le questioni,
disegno, e per questa della
Ma
parola, ribollono, a tale proposito, oggi.
Guasti quella potenza
al il
concetto e
e ne' colori, venisse
o largo eh'
e'
disegno e
ai
per fermo.
E
della parola,
sì
stretto
verso le
me
il
s\
ne rallegro;
Opuscoli congiunge
amici, Vincenzio Marchese,
Antonio Marini,
arti,
principii di tale estetica,
i
quali egli ne' suoi di
nelle linee
da cotesto modo, o
quanto mi dolgo che
nomi
suo nella parola
paia, di vedere, di sentire, di giu-
dicare, lo tengo del
di far
sentimento espresso
il
che
Mussini,
Conti,
il
cari
Baldanzi,
il
Duprè,
il
non abbia avuto tempo a ragionare ampiamente in un libro, che rimane fra quelli ch'egli avrebbe voluto scrivere: un libro su Lorenzo Bartolini; •con quali
intendimenti, lo dice
il
nome
di
quel
possente congiungitore della greca bellezza con la verità naturale.
ha
scritto,
belle,
è
La
e
Ma
dicerto
degli ultimi che
una fra
Basilica di Santa
le
il
Guasti
sue cose
Maria
degli
piiì
An-
geli, che partecipa della descrizione e della storia:
pubblicato
San Francesco;
neir82 ^
pel centenario
e gliene
dre Marcellino da Civezza,
venne
del
suo
l'invito dal pa-
l'illustre storico delle
Missioni francescane, ben degno che fra
lui
^ La Basilica di Santa Maria degli Angeli presso la di Assisi. Firenze, Ricci, 1882.
e
il
città
263
CESARE GUASTI Guasti
consenso
il
gesse e saldasse
che fu delle
di
tanti
nobili
legami sacri
i
strin-
affetti
d' un' amicizia,
care e confortataci alle ama-
più.
non mancarono
rezze le quali pur troppo
agli
estremi anni della sua vita.
Vili.
Di
accademico ho riserbato a questa parte, doverosa la bre-
lui
dove mi è ormai strettamente vità:
mi par
e
bello,
che
di
un accademico della ben trentacinque
Crusca, stato de' Residenti per
anni e quindici Segretario, la lode delle altre be-
nemerenze non lasci quasi luogo a quella che l'Accademia può considerare anche come sua propria verso gli studi. De'piìi operosi nostri fu
Guasti,
il
benemerente dell'Accademia anche prima partenervi; centistico,^
miro Basi, nostro
non da al
lui
consesso;
trebbero chiamare
Parlo
di
con
pubblicato insieme
quelli
e di
partecipe,
appena v'entrò,
quei nostri che
legislatori, là fra
il
ben
50
Accademici della Crusca,
passate ormai, né tuttavia senza frutto,
machie della Proposta; tenuta ferma dizione del nostro istituto
^
I
libri
Casi-
quale appunto doveva succedere nel
benemerenze
alle
di ap-
che per V Ovidio tre-
foss' altro
delle
Metamorfosi
;
la
si
po-
e
il
60.
i
quali,
le
logo-
sana
tra-
ridestati al lavoro gli
d'
Ovidio
volgarizzate da ser
Arrigo Simintendi da Prato. Prato, Guasti, dal 1846
al
1850.
CESARE GUASTI
264
operai sonnolenti
;
posero, non sui rottami delle
giuste demolizioni, che sarebbe
ma
fabbricare,
nel
solido
e
stato
ben approfondato
terreno di razionali e comprensivi
damenta
del
nuovo
fuor che a noi
dere esente da certi rispetti
edificio:
un brutto
il
criteri, le fon-
quale se a
potrebbe venir tollerato
tutti
cre-
di
a noi bensì lecito, e sotto
difetti, è
il mancamento non essere ancora por-
doveroso, sentire, che
suo maggiore è quello
di
tato più presso al tetto.
Dell'opera
accademica del Guasti come Re-
sidente e Deputato alla citazione dei Testi, par-
lano
gli
Atti verbali delle nostre adunanze: l'ar-
chivio nostro lessicografico ribocca di suoi spogli: la
Tavola
dei citati, nel suo estendersi
in
ser-
vigio d'una rappresentazione compiuta della lin-
gua per entro
al
tenere la lingua, di lui, le quali
Vocabolario che tutta deve consi
è arricchita di pubblicazioni
lumi dati,
ma
qui è impossibile enumerare,
maggiori son venuto già nominando. De' lui vivente, alla luce,
si
sei
le
vo-
può dire che
specialmente dalla lettera C in poi non vi sia linea
che non passasse sotto e di filologo e,
com'
i
suoi occhi,
egli talvolta
il
cui
acume
motteggiava,
di
vecchio tipografo ha servito meravigliosamente,
anche prima che fosse segretario, la nostra quinta impressione. Segretario, Voi F avete conosciuto
:
il
ha
Marco Tabarrini, antecessore
collega scritto ^
^
« le sue Relazioni
Nel Cenno necrologico che ho
annuali e
illustre, gli
citato a pag. 223.
Elogi
265
CESARE GUASTI
Accademici defunti sembrargli esemplari perfezione in quel genere di scritture, nelle
« degli « di
« quali
d'
suol
la retorica
ordinario
«campo».
Neil' onorare
qui la
tenere
memoria
il
degli
estinti, come nel difendere l' opera de' vivi, la sua nobile e franca parola non mancò mai alla
contro chi impugnava la verità
né
verità:
mancò
1'
animo
stro lavoro,
i
mantenerla.
di
I
criteri
gli
del no-
quali erano stati fìssati nella Pre-
fazione, furono da lui svolti con dottrina e sen-
timento di lingua in più porti;
d'
uno di que' suoi Rappagine illustrano la
de' quali molte altre
^
storia dell'Accademia.
A
quella storia apparten-
non delle meno importanti e gustose (gustosissimo volume è anzi il Lorenzo Panciaiìchi) ^ le quali io cosi accennandovi, scemo volentieri il numero di quelle
gono alcune sue
pubblicazioni,
;
che, in tanta e
sì
molteplice operosità letteraria,
mi rimangono, necessariamente, prive, non che
Ma
non so se potrà mai esdi non avere rammarico sere tolta ragione al avuta da lui, che solamente ne lascia gran quan-
altro, d'
tità di
un cenno.
materiali e d' appunti, la storia
dell'Ac-
cademia: « quella storia che l'Accademia ha « ritto d' avere
^
tre secoli di vita
di-
operosa »
;
Negli Atti della R. Accademia della Crusca; Firenze,
Cellini, 2
dopo
dall'anno accademico 1873-74 al 1887-88.
Scritti
vari
di
Lorenzo
Panciatichi
accademico
della
Crusca, raccolti da Cesare Guasti. Firenze, Le Monnier, 1856.
CESARE GUASTI
266
furono sue parole a questo uditorio medesimo,
quando
sono
sette anni or
il
^
consueto Rapporto
ebbe insolito e fausto argomento
dal trecente-
nario della istituzione. Quella ricorrenza non ec-
certamente nella parola del Guasti
citò
della retorica nuova, che ai centenari
duccia,
come
dovi
caler vitale che ormai
il
al
focolare
i
gli
sfoghi
si
riscal-
vecchi, quasi cercan-
troppo volger
di
Ma se uno di que' nostri un modesto marmo là da San Biagio ricorda « avere in quella casa com« pilato il primo vocabolario della lingua d' Ita« lia » ^ se uno di quei vecchioni fosse in cotesto ha portato con
soli
cominciatori,
sé.
quali
i
;
ombra
giorno intervenuto, credo
si
nepoti
tardi
r amore che
non troppo poche
li
rivela,
quelle
e
le
augurare che
tanto ai li
auspicata,
compiaciuto
sarebbe
intelletto
di
fra
noi;
trovare in
d'amore;
quel-
di
segreti del passato fa forza, travisa, ai presenti. storia
alla altre altri
e
Se non che
dell'Accademia
pagine, dalle
sì
quali
sono
resta ad
possa un giorno trarre
ispi-
razione ed esempio.
IX.
Fin da principio
vi
accennai una diligentis-
sima bibliografìa, che delle sue cose 1
gli
hanno
Neir adunanza pubblica del 26 novembre 1882. Vedi a
pag. 30 degli Atti del 1881-82. 2
Vedi a pag. 27
di quello stesso fascicolo degli Atti.
267
CESARE GUASTI compilata discepoli affezionati
dopo
avervi trattenuti
di
metta,
Signori.
^
Il
:
e a quella è forza,
a lungo, che io mi
sì
ri-
rimprovero, che certamente
ho meritato, d'avere abusato della cortesia vostra, mi risparmi almen V cose
molto
come anche e
di
:
questa lode egli possa abbellirsi;
V apertura della mente e
quanto
e
omesso. Ebbi occasione di mi manca agio a mostrarvi
degne,
addurvi suoi versi
altro dello avere molto,
quanto
alla ispirazione,
dell'
animo
la cultura della parola
poetico, debba cre-
nelle finezze del linguaggio
dersi aver giovato a colorir la sua prosa. Si provò anche a scritture di popolare argomento
^
Elenco
delle i^uhhlìcazioni di
Alessandro Giierardi
Cesare Guasti per cura di
Dante Catellacci, die
e
citai
n'Elenco contiene 489 rubriche, distribuite sotto I.
Pubblicazioni di
illustrazioni.
dì lingua
testi
- Edizioni curate
e
e
illustrate.
di
i
a pag. 180. -
seguenti capi
:
documenti con
- Memorie originali
storiche e letterarie.
Altre imhblicazioni come sopra in vari giornali
Recensioni
UT.
Biografìe
IV.
Iscrizioni.
y.
Traduzioni. {Dal francese
VI.
Lavori
VII.
Rajyporti accademici.
Vili.
Memorie
IX.
Lettere familiari
\.
Scritti vari.
e
e
e periodici.
Notizie bibliografìcìie. - Scritti polemici.
IL
Necrologie,
ec.
e
dallo spagnuolo.
- Dal
latino) e
scritti archivistici.
descrittive, critiche e biografiche di Belle
Arti.
XI.
Versi.
e
di soggetto letterario.
268
CESARE GUASTI
ed intonazione:
tenui
cose e gentili;^
quando
di quella
maniera
ma non
messo poco tempo,
so dolermi eh' egli ci abbia
di scrivere
(e
a bella
posta dico maniera) mi pare oggimai, in tanta pro-
che inonda
fluvio di libercoli
«A
le piazze e ostruisce
«0
possa esclamarsi:
le scuole,
che
vii
fine
tempo, del resto,
buon principio
convien che tu
caschi!»-
trovava per
egli lo
tutto.
Il
Un
Conservatorio femminile della sua Prato piange
un
in lui
r elenco alla
modello
stampe hanno
consigli
sione:
quale
le
la
d' amici,
ve
ebbe
egli,
avuto
1'
il
cui
manoscritto
conforto de' suoi
il
di
Storia Patria,
della
ho mostrato collaboratore prezioso,
anche suo Vicepresidente:
il
o deferenti
amorevoli della sua revi-
cure
Deputazione
dantesca italiana fra
ed
Operaio: lungo sarebbe
sua autorità e dirittura,
le
lo
di
dei libri e libretti
i
la
Società
suoi più efficaci iniziatori
;
quale nel 56, in una pubblica tornata
dell'Ateneo Italiano che sedeva in Firenze aveva
benaugurato dello studio di Dante presso gl'Italiani nel secolo
1
XIX,
^
potè allegrarsi non sola-
Se ne x30ssono vedere nella Rosa
d'
ogni mese, Calendario
fiorentino (tip. Galileiana), anni I-IV, 1863-1866. Citerò anche,
da un foglietto de' tanti del 1847 (Prato,
U
tip. Aldina),
un ^parroco di camjjagna e un suo popolano, cam^mnaio del Duomo, ovvero Tutti si può fare il
logo tra
tabile riproduzione di linguaggio
un Dia-
intitolato 6e;^e; no-
popolano, senza quella pes-
sima delle affettazioni che è l'affettazione del naturale. 2 Farad, xxvii, 59-60. ^
Questo è
il
titolo
del Discorso che lesse nella tornata
269
CESAEE GUASTI
mente
di
vedere promossa dalla nostra Accademia
nobile
quella
Re
« del
nome
il
ma
istituzione,
d'Italia »
^ ;
che
potuto
sia
si
suo albo l'augusto
« scrivere in fronte al
nome
del secondo re d' Italia; e
primo sta in fronte del nostro Vo-
del
cabolario.
Del carattere
e
dell'
animo
avemmo
argomentare pur da quanto di
veder
degli
del
eccellenza sia
fare
sempre,
sul
nei
possiate
occasione
grande, e ai
non riserbata
degno del nome
Letterato
dire
ed è lode
scritti:
oziosi e parolai
letterati
credo
è
dire,
rispetti
chi,
di certo.
sentendo la
vuole
che
morali
e
il
suo
sociali,
un fare, e un fare del bene. E il Guasti, secondo le alte idealità sue, lo ha sempre voluto. La fede assoluta e immutabile in quelle non detrasse
mandò,
un
in
sua mitezza e bontà:
fu
quando un povero padre
gli
naturale
alla
tollerantissimo.
E
vera, lacrime
libretto di poesia
sul figliuolo perduto,
^
non consolate da
de' 21 settembre, e che sta a pag. 39-49 della
degli Atti delV
1.
e
religione,
prima Dispensa
R. Ateneo Italiano; an. 1856-57; Firenze,
Barbèra. 1
Parole del Manifesto col quale
il
Sindaco di Firenze march.
Pietro Torrigiani annunziò e promosse la
a
nome
e del
l'opuscolo Società dantesca italiana. tip. dell'Arte
della R.
MDCCCXXXVII.
della Stampa, 1888; e a pag. 49-51
Accademia
della Crusca,
Dicembre 1888; Firenze, 2
nuova Società, parlando
Municipio e dell'Accademia. Vedi a pag. 3-5 del-
Cellini,
Lacrymae di Giuseppe
Adunanza
Firenze,
degli Atti
inibhlica del 2 di
1889.
Chiarini. Bologna, Zanichelli, 1879;
e seconda edizione, 1880. Vedi in questa
il
n.» VI, pag. 91-96.
CESARE GUASTI
270
Guasti, che allorché gli era
il
aveva a piangerla fuggito
il
mondo
Francescani, rispose a quel
di
morta
la
moglie
in
un eremo
padre
parole di
compatimento,
di
conforto, di amorevole rimpro-
vero, fraterne.
E
parole sue sono queste: « Sul
« libro di
Dio non troverò, s'egli m'aiuta, la par-
« tita dell'odio».^ e
maligno
Sdegnò
e certe
:
«
quanto fosse basso » di letterati
facevan ripetere, molti anni sono,
gli
tenza di Didimo Chierico «
tutto
meschine gare
tamquam
« coaluit »
che
i
:
^
la sen-
« malignitas in litteris,
necessitas superingruentis servitutis,
;
nuovi
ma
pur troppo non potè consolarsi
liberi
tempi abbiano da quella mali-
gnità liberate le lettere. Carattere aperto e leale, nulla ebbe mai da nascondere; nulla a castigare
Dio e Patria, Famiglia e congiungevano in quelle armonie per le quali, quando bene ascolti sé stessa, si sente fatta r anima umana. De' suoi doveri verso lo de' suoi affetti, ne' quali
Umanità,
si
Stato, eh' egli serviva, ebbe sentimento austeris-
simo; e
li
fezionava stima
adempì con di
cuore:
scemata, era
fedeltà claustrale. Si af-
ma
a chi
difficile
avesse tolta la
a renderla;
il
che
però non gl'impediva la benevolenza. Si accusava, in
questi
1
suoi
ultimi
Lettera del 1877,
« la
anni, di
non più
sera del Natale
visitare
».
Lettera de' 9 giugno 1850, a Enrico Bindi. La sentenza foscoliana è nella Lettera introduttiva alla Hypercalipsis ; a 2
pag. 113 delle Prose politiche, voi.
Mounier, 1850.
V
delle Opere; Firenze,
Le
271
CESARE GUASTI amici,
gli
né la famiglia, pur troppo non
quali,
i
ebber forza
strapparlo all'assidua consumatrice
di
E
tirannia del tavolino di studio.
«Faccio male;
diceva « dovrei venire da voi, e scusatemi.
trovarmi
« di
sé
»,
E
guardava, sorridendo, attorno
suo
quel
in
tante fatiche,
E
muto testimone
studiolo,
pensieri ed
tanti nobili
di
pareva udire com' un eco curva azzurra del cielo
numenti,
aveva
eh' egli
si
di
aifetti.
di suoni remoti
fragore cittadino che fluttuava la
Ma
questo di buono, che chi mi vuole è sicuro
« c'è
a
»
il
presso; mentre
lì
distendeva sui modella
illustrati,
nostra
antica grandezza.
Venne giorno che
ma
perchè tu
quello studiolo fu deserto
:
o mio Cesare, disteso sul letto
eri,
modesta stanzetta, piena anch'essa di ricordanze. Memorie della tua Prato, da te raccolte con amore e didi
morte. Giacevi
lì
presso, in un'altra
spendio, e legate alla sua biblioteca de' tuoi
amici, che custodivi
parte del cuor tuo appiè
cui
delle
:
la
avevi
1
il
Mori
il
eh' ella
ricongiungesse alla madre de' tuoi
ti
quel giorno fu appunto i
carteggio
pregato
figliuoli, e
sua festa:
il
imagine della tua Santa,
Lettere
un giorno ^
:
gelosamente come
il
ritratti tuo e di quella
giorno della
madre, gio-
12 di febbraio, vigilia di quella festa: era nato
4 di settembre del 1822. La preghiera, a pag. xxvi del Proe-
mio a quelle
Lettere, dice così: « Ella (la Ricci) dettò per lo
a suor Bernarda
«;
più le sue lettere
«
amabile donna, che visse tutta per Caterina,
Giachinotti fiorentina; e a lei
non
CESARE GUASTI
:il2
vani sposi;
con altre gentili memorie dome-
e,
del tuo vecchio Pezzana,
stiche, quelli di amici,
de' tuoi cari artisti, de'
compagni
di vita
che tu
avevi ossequiato, esultando, nella dignità di pastori
anime
delle
né
:
vi
mancava un
giovanile
ricordo di chi, da te beneficato d'affetto, d'am-
maestramenti,
figliuoli
conforti, d' esempi, alla
di
augura
d'oggi
parola sua
ricevano
Vicino al tuo capo che, com' era
il
ti
tuo
che da essa
nome
stato tuo voto,
ti
anche lontani, chiuso
e pe' fratelli
aveva, per sé gli
occhi alla
da prepararsi a degnamente morire. quando
tanto
«
sopravvisse
E come
«
a Dio piaccia riunirmi con la Madre de' miei
alla tua scrittrice ottenesti tal grazia; così,
« intercedi, o « e
suoi
la figliuola,
«
clie
i
benedizione.
in
pregavano pace ^
povera
fìgliolini,
la
Beata, anche a me, che radunai con lungo studio
con grande amore le reliquie de' tuoi santi pensieri
morì pensando a
lei:
».
E
preparava, da pubblicarsi nel 1890, com-
morte della Santa Autrice », un vedranno i figliuoli di Cesare Guasti » hanno annunziato, la « per cura del suo affezionato discepolo ed amico cav. Alessandro Gherardi ». [E a suo tempo vennero le Lettere di piendosi
« il terzo secolo dalla
volume di luce, come «
altro
Santa Caterina
Lettere, dirette alla famiglia, le quali
de' Ricci ec. alla famiglia,
con la giunta di
al-
da Cesare Guasti, e pubblicate per cura di Alessandro Gherardi: Firenze, Ricci, 1890]. ^ Nei versi citati a pag. 190-91:
cune
altre, raccolte
Di sospiro
in sospir, di riso in riso.
Cosi passiamo e qual d' ascosi germi Sboccia il fiore, si svela il paradiso Agli occhi infermi. Un' ora, che morir chiaman gli sciocchi. Verrà per me... La più santa parola Allor mi parli, e poi mi chiuda gli occhi. ;
La mia
figliuola!
CESARE GUASTI luce
del
mondo,
e
la
273
Sorella
sorella tua,
di
Carità a quanti ha miseri e travagliati la terra. Il
tuo Comune,
i
tuoi Archivi
Duomo, l'Accademia
del
toscani,
l'
Opera
delle Belle Arti, l'Isti-
tuto Superiore, le Biblioteche, le scuole, Firenze, il
Governo
cademia,
ti
Re, erano presenti. La tua Ac-
del
diceva, con lacrime, addio.
petto, coperto della veste che
ha da
secoli
ricordia,
mano
di amici e colleghi
de' tuoi
fiore
con
degnamente, affetti
di
per
ma
la
che
mise-
depose, tre-
onore, che vivente,
di
avresti curato d' indossare,
recava
popolo fiorentino
il
assunto per le sue opere
mando, un'insegna
Sul tuo
^
meno
al tuo feretro
Corona
d'Italia,
il
questa patria diletta.
Dietro a quel feretro, che, circuendo lentamente
Santa Maria del Fiore, portava la tua spoglia al riposo, ti seguivano universale compianto, reverenza e desiderio nali sentimenti, che
viverà,
nelle
unanimi.
A
questi
passeranno con
memorie
d'Italia,
perso-
noi, soprav-
l'onorato
tuo
nome. 1
Vedasi nel fascicolo degli Atti, dove fu pubblicato que129-137) contenente le Parole pro-
sto Elogio, I'Appendice (pag.
nunziate sul feretro
dall' Accademico
residente
Augusto Conti,
e la Iscrizione dettata dall'Accademico residente e
Pietro Dazzi
posta nel tubo plumbeo.
Del Lungo
18
UBALDINO PERUZZI
(*)
Onorevoli Soci,
Questa è cietà
prima adunanza che tiene la Sodopo la costituzione del
la
Dantesca
Italiana,
Comitato Centrale formato con
maggio 1889; i
e
Soci possano e
le elezioni del
Società nostra, considerare
gli
effetti
scito ottenere, quelli che sembrino quelli
31
dunque è la prima, nella quale debbano giudicare l'opera della che è riu-
non conseguiti,
che appariscano sperabili, avvisare insomma
quanto possa preparare efficacemente l'avvenire
Ma
di lei.
non doveva a questa prima nostra
adunanza, non doveva, mancare la voce autorevole del Presidente effettivo; doveva qui tra noi
non pure nel marmo ma viva, la sua « cara buona imagine paterna »; e a me, che, per fiducia
essere,
e
(*)
Lettura fatta all'adunanza generale della Società Dan-
tesca Italiana lazzo Vecchio
;
il
28 raarzo 1892 nella sala dei Duecento in Pa-
e pubblicata (pag. 9-36) nel n.« 9
(aprile 1892)
del BuUettino di quella Società, contenente (pag. 9-56) la
Com-
memorazione del presidente Ubaldino Peruzzi e Relazione sulVandamento della Società del vicepresidente Isidoro Del Lungo.
UBALDINO PERUZZI
276
primamente
di
voi, o Soci, e poi del Comitato,
ebbi r onore di cooperare con
lui,
e tenerne,
ove
occorresse, le veci, nell'avviamento che la Pre-
sidenza, concorde col Comitato, dette
me
lavori; a
che egli stesso onorò e
e d'affetto; meglio oggi
più
avrei
si
addiceva, e troppo
tacere
desiderato,
nostri
ai
di fiducia
ascoltando
quella
franca ed arguta parola, o che la parola mia fosse non, altro che interprete fedele e reverente del suo pensiero.
che, a ogni modo, mi stu-
Il
non prima però che, con la bretempo e il proposito della presente adunanza impongono, con la schiettezza la quale fu sempre una delle virtiì di lui, io abbia sciolto,
dierò di fare vità che
;
il
come meglio ha
la Società
sappia,
debito
il
di
rimpianto che
Dantesca Italiana verso quella
ve-
nerata memoria. Il
sentimento che nelle elezioni
nome
raccolse sul
di
Ubaldino
al
Comitato
Peruzzi
voti
i
de' Soci, quel medesimo sentimento mosse
il
Co-
mitato a designarlo Presidente effettivo della Società che nel
nome
in Firenze.
Parve
quale (così
il
«
ha
« del «
di
Dante
Sindaco
di
scritto in fronte al
Re
e d'Italia s'istituiva
bello che la Società nostra, la
d' Italia
Firenze la prenunziava) suo albo l'augusto
nome
non come pallida ombra
,
sovrana protezione,
ma come
lucente
di
vessillo
« di nazionalità »;
questa Società che « se in Fi-
«
renze ha sede
onore, in ogni città o terra,
«
dove nel nome
d'
di
Dante
si
raccolgano cittadini
UBALDINO PERUZZI può avere stanza
« (F Italia,
che
tesca Italiana,
»
;
la Società
suoi primi
i
277
Dan-
teneva
comizi
questo nostro Palagio, le cui rozze
nelle sale di
Dante de' Priori e patirono il sacrilegio dello sbandeggiamento di lui; avesse conducitor dell'opera propria non pure il promotore pareti videro
appassionato e indefesso d'ogni cultura e liberale gentilezza nella odierna Firenze,
che con mani « animose e pronte
tino,
gli
stranieri
il
cittadino
sangue ed animo fioren-
e lo statista di antico
che
ma
fuggirono per
l'
il
giorno
ultima
volta,
»,
piantò, segnacolo dell'unità nazionale, sulla torre di
Palazzo Vecchio la bandiera santa
d' Italia.
Perchè, o Signori, se è vero che gl'intendimenti della
Società nostra sono innanzi tutto
che noi abbiamo
sin
tinueremo ad evitare
da principio
critici,
evitato e con-
pompe, per così dire, del culto dantesco, adoperandoci invece a rafforzarne le
sul positivo de' fatti le basi
;
è vero altresì, che
qualsivoglia opera di studiosi intorno al nostro
maggior Poeta zialmente
riveste di per sé carattere essen-
civile: e
fin da' suoi
a imprimere sull'opera nostra,
primordi, tale suggello nobilissimo,
nessun nome fiorentino era oggimai più adatto
che quello
di
Ubaldino Peruzzi.
Le memorie
del suo
sua gente, attingono
mune
fiorentino
:
i
e tutti
cognome, se non
della
tempi primitivi del Coricordiamo le parole con
UBALDINO PERUZZI
278 le
quali messer Cacciaguida,
Dante, accenna
crociato avo di
il
nel « picciol cerchio » della Fi-
^
renze del secolo xi alla « porta che
si
nomava
da quei della Pera »; la porta, che Giovanni Villani ^ chiama « porta Peruzza ». Dubita il Villani che da quei della Pera antichissimi siano vera-
mente
derivati,
« stratti »
die' egli,
i
Peruzzi,
grandi mercatanti e prestatori del tempo suo. le
case degli uni e degli
erano pur in co-
altri
desta medesima parte della città, dietro a
Piero Scheraggio, in
mana che lascio
:
q\iel
i
Ma
lembo
di
San
Firenze ro-
ritiene le vestigia dell'anfiteatro o Par-
e la
doppia coincidenza,
topografica, rende
derivazione
dell'
piii
onomastica e
che credibile quella remota
un lignaggio
dall'altro.
Del
re-
Peruzzi non ha bisogno
sto, la storia certa dei
che la irraggino que' bagliori antelucani. La famiglia ha dato alla nostra Repubblica cinquantaquattro Priori delle Arti, nove Gonfalonieri di Giustizia.
Co' Priori, essa risale al secondo anno^
1283, dalla istituzione di questo magistrato della libertà popolare: e
il
primo
Pacino Peruzzi, teneva stizia nel
1297. Erano
il
gli
de' suoi Gonfalonieri,.
Gonfalone della Giuanni, in che la
demo-
crazia guelfa, agguerritasi delle terribili leggi sui
Grandi, difendeva contr' essi e contro la dema-
gogia plebea quell'ordine
dapprima
in
1
Farad, xvi.
2
IV,
XIII.
di cose, che,
Giano della Bella,
riuscì
combattuto
dopo qual-
279
UBALDINO PERUZZI che altro anno
Guelfi Neri di rovesciare, tra-
ai
volgendo Parte Bianca quali
nome d'uno
il
r infamia.
in quelle proscrizioni, alle
dei proscritti
ha raddoppiato
Pacino Peruzzi e F Alighieri ebbero
certamente comuni, fra sé e co' migliori, vagli della vita pubblica: e alla
come
immortale parola affidare
così di e
Pacino Peruzzi
contemporanea,
'^
si
di
tra-
l'Alighieri potè
testimonio della
il
conservata «fra
integrità sua cittadina,
che facevan guerra all'ovile
i
i
lupi
San Giovanni
»,
ha ricordanza espressa
avergli l'ardimentosa onestà
E ma non
meritato le inimicizie e gl'insulti de' capiplebe. misterioso verso
« Giusti
son duo,
se
il
vi
sono intesi»^ racchiudesse, come sembra
più probabile, una indeterminata allusione
scarso
numero
il
allo
Firenze di cittadini virtuosi,
in
scarso e insufficiente contro
il
prevalere de' mal-
non sarebbe meno probabile che per una que' pochi il buon Pacino occorresse alla me-
vagi, di
more crucciosa musa
dell'
umori
rimescolamento
di
la cittadinanza,
quando
il
Esule.
Che
e di passioni
setteggiare
se in quel'
per entro
fu,
non che
da famiglia a famiglia, ma nel seno stesso di piiì d' una di quelle famiglie, se in cotesto fazioso turbinio, il
non
violento
tutti
«
i
Peruzzi tennero fermo contro
sormontare »
di
Parte Nera me-^
diante l' indecoroso e vendereccio patronato diFrancia e della Curia Romana, le tradizioni della ^
Dino Compagni,
2
Inf, VI, 73.
I,
xviii.
280
UBALDINO PERUZZI
civile virtù
gue.
E
non vennero però meno nel loro san-
attraversati
i
tempi burrascosi de' Ciompi,
nel cui tumulto troviamo
i
Peruzzi tra
i
devotis-
simi al magistrato di Parte Guelfa, che voleva poi dire alla più assoluta e fiera espressione del
Comune ai
guelfo, idealizzato
quasi e sovrapposto
magistrati e alla cittadinanza e sue fazioni
allorché
successivo lentamente
dal
germogliano
della democrazia
le
;
corrompersi
ambizioni me-
Cosimo pater patriae addivengono una forza dello Stato; allora, mutate così profondamente le condizioni, sebbene integre le forme costituzionali, della vita civile, sovrastando alla libertà del Comune ben altri e troppo più gravi pericoli, un Peruzzi, Ridolfo, l'ultimo de' loro nove Gonfalonieri, tiene, nel 1432, dicee,
e in
esse medesime quasi
l'alto
ufficio
in
atteggiamento
quelle ambizioni, e
si
avversari di Cosimo, fra
i
resistenza
di
schiera fra
i
a
più possenti
più accesi partigiani
di Rinaldo degli Albizzi: e allorché Cosimo, da essi cacciato,
con Palla
ritorna,
Strozzi,
il
Peruzzi,
con
1'
Albizzi,
con Niccolò Barbadori, prende
e vi morrà, col figliuolo. E nessun Peruzzi, osservate bene, nessun di loro è più ne Gonfaloniere né de' Priori fin dopo al la via
dell'esilio;
1494, cioè ne' sessant' anni
dell'
assoluto predo-
minio dei Medici, ormai quasi principi.
Ma
questi
appena cacciati per la seconda volta, i Peruzzi sono riassunti al popolar magistrato, negli anni
1495
e 99,
1503, 5, 8, 12. Tornano nel 1512
i
281
UBALDINO PERUZZI Medici,
Giovanni
cardinal
loro
col
(poi
papa
Leone), circondato dalle armi de' saccomanni spagnuoli
cessa V onore della magi-
e ai Peruzzi
;
stratura
e
:
r ultimo
de' Priori di quella casa,
un
Giovanni, riseduto nel 1499, aspetterà, a ripren-
dere vecchio
le
insegne del magistrato del popolo,
1527, dopo rivendicata la libertà, e negli anni della suprema disperata difesa di, questa aspetterà
il
contro Medici, Spagna e papa Clemente. Nel principato,
Peruzzi
i
si
ecclissano
timedicea del loro sangue
:
la tradizione an-
esclude del servizio
gli
dei novelli padroni: la loro storia finisce co'Prio-
che è quanto dire con la Repubblica. Bensì loro ozi dalla vita civile rendono testimonianza
risti,
ai
onorata gistrati
i
nomi
negli
di
alcuni studiosi gentiluomini re-
annali
di
domestica cultura, che, frondosa,
delle
quella paesana e tutta all'
ombra
più
o
meno
Accademie, custodiva tuttavia, le vestigia, se non del pen-
per tempi migliori, siero,
almeno del sentimento
italiano, della ita-
liana parola. Signori, un
tempo
i
tate (né altro ufficio né virtù agi'
insegnamenti della storia)
delle famiglie, che di quelle
avi
popolani
si
le senili
magistrature degli
il
Principato allineava,
graduati e gallonati, quelli
ad essere
i
ambizioni
facevano merito alla iscrizione
nei libri d' oro, sui quali titolati
hanno alimenparevano rimanere
Prioristi
che forzava
suoi servitori. Tuttociò appartiene al
passato, della nostra e delle altre regioni italiche:
UBALDINO PERUZZI
282
ma
che una
famiglie
abbia nel
città
come
questa,
cui
la
nobiltà rimanesse
intatta di quei titoli che ne' secoli storia infunghirono
propria
patriziato
tristi di
nostra
tronco vigoroso delle vec-
il
chie stirpi italiane, per poi rinverdirsi in opere
degne, quando
l'alito
nuova
fiorire di vita
divino della libertà ha fatto
le terre d'Italia; ciò è gloria
che r Italia ha da Firenze, città qualsiasi.
Ed è
piiì
forse che
da altra
gloria da compiacersene quella
democrazia veramente liberale che non vuole
di-
sperse a folate di vento le tradizioni storiche del
paese; che eccita, suscita, le
le forze
già provate, non disdegna
le
nuove, accoglie consunte, e le
rallena e ravviva; che fidente nel proprio diritto,
non ha paura
di quello degli altri: quella
demo-
crazia, dinanzi alla quale nobili e plebei, lavoratori di
mente o
di braccia, dal
palagio e da' campi,
sulla piazza e nei parlamenti, tutti siam cittadini
dinanzi alla patria, che,
Non
è vero che
i
come
plebisciti,
sulla facciata de' nostri
abbiano can-
le
plebiscito unitario
sempre l'Italia de' tre della decadenza e della ser-
l'Italia dei Principati,
Pontefice
ma
il
70
e distrutta per
ultimi secoli, l'Italia vitià,
:
dal 59 al
scritti
Comuni,
cellate le nostre tradizioni
ha cancellata
la libertà, è di tutti.
re, l'Italia
l'Italia de'
degli stranieri, del
che non era più
Comuni
di sé stessa:
gloriosi, l'Italia del
Rina-
scimento, l'Italia iniziatrice della civiltà moderna,
r
Italia di
Dante, integrata da quei
plebisciti,
per
quei plebisciti fatta una e nazione, non può, non
283
UBALDINO PERUZZI deve,
non
vuole, rinnegare le tradizioni,
ma
del suo passato,
Patrizio
di
dite
della vita e dell' esser suo.
stampo,
quello
questa scuola, fiorentino di ruzzi era
non
tali
democratico origini,
ben degno che la vivacità
di
Pe-
il
dell'intelletto
da buoni studi erudito e stradato alla vita, la nobiltà del carattere, la pronta e spontanea partecipazione nel presentimento de' nuovi tempi che
occupava
le
menti più
elette, lo inalzassero,
giovanissimo, a reggere quell'
ufficio,
ancor
cui
le
in-
segne e i nomi avevano sopravvissuto alla cosa: degno che, lui Gonfaloniere, il Collegio de' Priori, magistratura ormai meramente comunitativa, riassumesse veste politica per richiamare il Principe alla osservanza de' patti giurati; degnissimo, che quel principe destituisse siffatto gonfaloniere,
ri-
servandolo e quasi destinandolo, sciolto cosi da ogni impaccio anni dopo.
,
Il
alle
animose
qual decennio,
al 59, altri titoli e
iniziative
del
benemerenze
al futuro triumviro del
Governo
di
resto, civili
di
dieci
dal
49
aggiunse
libertà.
Di-
rettore e solerte amministratore della Strada fer-
rata Leopolda,
egli
vagheggiò una linea
lilto-
ranea dalla Liguria a Civitavecchia,^ nella quale la
Toscana, ^
oltre
il
vantaggiarsene tanta parte
Lettere e documenti del barone Bettino Ricasolt, pubbli-
per cura di M. Tabarrini Le Monnier; II, 406 e segg. cati
e
A. Gotti; Firenze, Successori
284
U BALDINO PERUZZI suo
del
territorio
avrebbe avuto mente,
il
specialmente
,
benefìcio,
congiungersi,
del
maremmano,
non materiale solamodi che soli il
ne'
tempo consentiva, a due
altre regioni
italiche
:
e propriamente, a quello degli Stati italiani donde si
aspettava l'impulso per risorgere, e a quella
sacra terra laziale che doveva fra breve racco-
capo loro
gliere al
E quando
zione.
integrazione
del
le
membra
sparte della na-
addivenne imminente la diritto
giuste armi e mediante lo
spontaneo sollevarsi
degli animi verso le idealità della patria coli sospirate,
« e 49,
«un
il
son sue parole
da
con
Peruzzi, qui tra noi,
« già divisi »
valenti
felice
nazionale per forza di
altri
« nel
^
se-
48
quindi riuniti dall'amore alla patria in
e
felice
accordo»,
e alla Biblioteca civile
si
fece innanzi de' primi:
deW Italiano
fu
uno
de' più
cooperatori. Difendere con quelle pubblica-
attivi
zioni la legislazione per la quale Pietro
Leopoldo
restituì al poter civile e al culto religioso in
scana
la dignità sfregiata loro
tempi
di
dicare
Cosimo
come
III
e di
durante
Giangastone;
i
To-
miseri
— riven-
gloria di armi italiane la spedizione
de^ Piemo7itesi in
Crimea;
— indagando V Avve-
nire del commercio Europeo, far sentire all'Italia
quanto
la presente
ad essere per ^
Eloglx) del
neW Adunanza l'
sua condizione
la inabilitasse
la ricchezza e la civiltà del
mondo
march. Francesco Maria Gentile-Farinola,
letto
solenne del dì 3 febbraio 1861. (Negli Atti del-
Accademia dei
Georgofìli,
nuova
serie,
voi.
Vili, p. 35).
UBALDINO PERUZZI ciò ch'ella in lontani
285
tempi era stata;
—
e final-
mente, proprio alla vigilia della riscossa, denunziare alla coscienza della diplomazia, alla giustizia
Toscana
de' popoli, nelle condizioni respettive di e Austria^ la servitù
avevano
tati
dal più al
vendette
indegna nella quale i tratnon questa sola, ma tutte,
costituito,
meno, salvo una che Dio serbava
d' Italia,
le
italiane
ma
fu l'opera, breve, rapida,
blioteca civile deir Italiano, al
provincie
^
—
efficace, della
Ed
è
alle
tale
Bi-
grande lode
Peruzzi essere stato fra quelli che la pensa-
rono, la promossero, l'attuarono
come
egli altresì creduto,
tere al Ricasoli,
si
:
gli è
i
E
let-
limiti della politica e dell'eco-
nomia, per accogliervi geniali opere intendimento.
lode aver
vede dalle sue
che convenisse allargare quelle
^
pubblicazioni oltre
proponeva
Dottor Antonio
il
;
di
di nazionale
Lorenzo Benoni e
il
Giovanni Ruffini; quasi vo-
lesse restituire italiane quelle mirabili pagine, che le
sventure della patria invidiarono originali alla
lingua
d'
Alessandro Manzoni
sorgimento italiano, che
^
si
;
e perchè nel ri-
operava oggimai
— Apologia — / PieLeopoldo
Firenze, Barbèra, Bianchi e C, 1858-59.
leggi di giurisdizione,
amministrazione
inibUicate in Toscana sotto
il
regno di
e
delle
imlizia ecclesiastica, I.
montesi in Crimea, Narrazione di Martano D'Ayala. l'
avvenire del commercio eurojieo ed in
degli Stati italiani,
2
Voi.
cit.,
modo
pag. 399.
—
Del-
speciale di quello
Ricerche di Luigi Torelli.
Austria, Cenni storico-politici.
alla
—
Toscana e
^86
UBALDINO PERUZZI
non fosser dimenticate
luce del sole,
renze de' cospiratori generosi,
beneme-
le
morali dalla
le virtiì
forza brutale soffocate e soppresse,
i
ziosamente spezzati, lo strazio degli
esilii,
drammi
brosi
delle
prigioni
cuori silen-
degli
e
Signori, la proposta di quei due
tene-
i
ergastoli.
libri alla
Biblio-
teca civile dell' Italiano Ubaldino Peruzzi l'attin-
geva dal cuore.
Fu
triumviro del popolo toscano, che la pro-
pria libertà,
con
carpitagli
splendide
dai
arti
Medici; da questi medesimi, nel loro estinguersi, inutilmente difesa contro la prepotenza straniera
e
le
baratterie
diplomatiche;
dai Lorenesi
leggi savie e mite governo rispettata fin
consentirono la consanguinità e
lo
con
dove
aderenze
le
alla stirpe e alla politica austriaca; rivendicava,
senza conventicole settarie, senza quasi rivolu-
come per
zione, quasi
r
governo
aprile del 59. Quel
che può
diritto di postliminio, nel-
dino Peruzzi, suggellò cazione popolare,
e
il
atti,
due settimane,
mano
di
Ubal-
di
modo spiriti,
efficace
quella
e di-
quella fermezza di propositi, che
rigidamente impersonatesi dettero alla
a
carattere della rivendi-
avviò in
duraturo quella concordia gnità di
di
dirsi essere stato tutto
Toscana
in
Bettino
Ricasoli,
la gloria di essere
come
la
chiave della volta nel solenne edifìcamento della italiana unità.
287
UBALDINO PERUZZI
Ma
prima che questa
affermasse, sicura del
si
proprio diritto e del nostro avvenire; avanti che il
Re
leale e guerriero,
al
quale « dalle prode e
dal seno » della penisola « senza pace »^ levato l'antico grido
del
cogliesse nella reggia
parlamento «
sempre
«
vili »,
Italia
«
suoi
padri
il
rac-
primo
e annunziasse « chiusa per
d' Italia,
la serie infausta de' nostri conflitti ci-
e questa
addivenire
« d' ordine
mento
dolore italiano,^
dei
era
si
e
non più geografica ma politica una guarentigia all' Europa
pace,
di
ritornare
valido
instru-
prima che i rappresentanti della nazione dicessero al Re, « I « suffragi di tutto un popolo pongono sul vostro « capo, benedetto dalla Provvidenza, la corona «
della civiltà universale »
« d' Italia »
;
^
^
;
doveva nel breve giro
si
di
men
che due anni, attraversare pericoli, superar resistenze, combattere inimicizie, eludere insidie, profittare d'occasioni, frenare entusiasmi, dirigere e
talvolta ravviare alla
porre la verità de'
meta disparati
fatti alle
voleri, op-
partigiane menzogne,
conciliare all'indipendenza e alla libertà d'Italia
Purg.
1
VI,
85-87.
Re Vittorio Emanuele al Parlamento, de' 10 gennaio 1859. Vedi a pag. 142 del libro II risorgimento d'Italia narrato dai Principi di Casa Savoia e dal Parlamento (1848 2
Discorso del
1878). Firenze, G. Barbèra, 1888.
Discorso del
3
Re
al
Parlamento, de' 18 febbraio 1861
;
a
pag. 183-185 del citato libro. *
1861
Indirizzo della ;
Camera dei Deputati
a pag. 188-89 del
cit.
libro.
al
Re, de' 13 marzo
UBALDINO PERUZZI
288
simpatie della vecchia Europa diffidente.
le
E
in
questo lavorio complesso e malagevole, che accompagnò segreto e fedele Tetà eroica del risor-
gimento italiano;
questo combattimento prò
in
non meno meritorio nò meno
'patria^
quelli agitati e vinti sui
parte che sostenne
campi
di
;
la
ambasciatore to-
Peruzzi,
il
glorioso di
battaglia
scano a Parigi, può misurarsi dalla importanza, que' dì capitale, dell'ufficio in quella città; là,
in
dove la mano che a Villafranca aveva fermate armi liberatrici, sospesa ora tra i vincitori e
le i
pareva quasi divietare a
vinti,
vittoria
della
mente
alla
quale
Può
guidati.
renze inviò pel
mondo
fin
quella leggenda, per la quale
Ma
i
frutti
gagliarda-
che Fi-
de' tanti
da quando se ne creava
da Dante ebbe a chiamare elemento.
sì
che Ubaldino Peruzzi
dirsi
r ultimo ambasciatore
sia stato
quelli
aveva
li
questa volta
il
Papa condannata
Fiorentini
i
il
quinto
orator fiorentino pa-
l'
trocinava, con quelli di Firenze, gl'interessi e diritto
parole
1'
di
questa tempra, «
Ah
quand on regarde
« lafranca et
de Zurich
ne' quali
si
!
tentava
)>
:
qu'on est
^
rannide del 1815, ^
Vedi a pag. 440,
harom Bettino
egli
fier d'étre
Traités de Vil-
les
e contro quei trat-
per
riordire la tela sfilaccicata del
del
orator fiorentino
in petto, verso l'oltrapotenza straniera,
« Italien,
tati,
questa volta
d'Italia:
serbava
il
l'
ultima
di
di ti-
combatteva risolutamente,
voi. Ili, delle cit. Lettere e
Eicasoli.
volta
gran patto
Documenti
UBALDINO PERUZZI con ardore
grande causa,
col sentimento della
quale
era posta Firenze
s'
mondo
civile ch'ella
fabile sorriso
da
statista,
alla testa della
Firenze nostra, che
;
secoli irradiava
quella
delle
l'Appennino ormai più non tutela de' più eletti tra
con
al
l'inef-
avea raccolto dalla pro-
dell'arte,
pria storia e da
il
di
memorabili anni, più cara che mai
quei
in
con sagacia
patriota,
di
289
suoi
i
città
«partiva», figli
che
sorelle
e alla
avea confidato,
che dentro la sacra cerchia dell'Alpi e
diritto
del mare era per congiungere e costituire saldamente la famiglia italiana. « Il cuore d' Italia, a
questi giorni batte a Firenze »
vere di
il
utili
:
cosi
potè scri-
Peruzzi in un libretto, che, fecondo allora efietti
per la politica italiana ed europea,
conserva anch'oggi,
sì
per la sostanza e
non mediocre valore
la forma,
isterico.
per
sì
La To-
scane et ses Grands-ducs Autrtchiens, dettato da a Parigi nel
lui
nome d'autore,^
1859 ed in
padroneggiava
egli
studi
gli
e
ivi
pubblicato
senza
medesima lingua che da quando avea fatti colà
quella fin
conseguito
il
diploma nella Scuola
un riassunto storico, un memorandum diplomatico, e un appello alla pubdelle miniere, è insieme
coscienza;
blica
aspetti,
e
un lavoro
sotto di
ciascuno di questi tre
squisita
fattura.
In
esso
r ambasciatore toscano, dopo tracciata con brevi
ma
pittoresche linee la mutazione di stato del
^
Paris,
Del.
Dentu.
Lungo
—
Vedi a pag. 141. 19
27
UBALDINO PERUZZI
290 aprile
,
denunzia subito « V abuso
« grandi
Potenze
matosi su Firenze
a'
forza
di
danni del popolo xvi
dal
delle
consu-
»,
xviii secolo
al
da
;
Carlo V, nel colmo della imperiale potenza,
al
travagliarsi di questa per entro alla guerreggiata
successione fosse da
di
Carlo VI: espone
Casa d'Austria
come
sfruttato
ne'
tale
abuso
piìi
larghi
termini, e contro la fede stessa dei trattati, fino all'assoluto
assorbimento della indipendenza del
Granducato
:
dimostra come tale condizione
cose viziasse ab origine fra noi,
il
di
principato Lorenese
preponderando sinistramente alla sapienza Leopoldo I, e alle altre buone qua-
legislatrice di
sue e de' suoi successori, e rendesse quella
lità
dinastia sempre più straniera al paese,
più in esso, siccome in ogni altra parte si
diffondeva e
si
afforzava
quanto d' Italia,
sentimento nazio-
il
nale italiano: e dietro questa successione di narrati e descritti con
non minore
efficacia
fatti,
che so-
brietà di parole, conchiude, rapido, serrato, a di logica, senza
burbanzose declamazioni,
la energia di chi sente la propria
ne tollererebbe storia,
il
d'
una
di
vedersela calpestata, che la
diritto, la
pace e la sicurezza d'Europa,
per prima cosa,
Italia potente.
con queste
1
A
con
buona ragione
concordemente esigono l'indipendenza centrale,
ma
fìl
generose
pag. 148-60.
E
le
e
poi
la
dell'Italia
formazione
conchiusioni suggella
parole:
^
«
I
Ducati
e
le
UB ALDINO PERUZZI «
Legazioni hanno già più
« sotto le armi. ... «
perchè
«
Troppo a lungo
vi
« ormai tempo,
trentamila uomini
di
Ci vuol altro che protocolli,
siano restaurati
i
governi abbattuti....
ha registrato
diplomazia
la
danno
«fatti compiuti a
291
delle
che essa registri
nazioni; fatti
egli
è
compiuti a
«loro vantaggio». Signori, noi ripetiamo oggi queste parole dopo trent'anni di regno d'Italia;
dopo che la nostra Firenze, ricevuta dalla Torino la corona italiana, l'ha trasmessa tando
alla
che
città
Dante chiamavano
Fiorentini
i
« la loro nobile
Zurigo
Congresso della
,
che rivendicava
Toscana,
a
ma
sì la
»:
di
ma
datava de' 4
le
agosto 1859,
sull' aprirsi
esul-
de' tempi
madre
Ubaldino Peruzzi queste parole in
forte
quel
di
indipendenza
per impedirle, se avesse po-
grande patria
tuto, l'accessione alla
italica,
ma
per riconsegnarci, se avessimo lasciato fare, e
maggiore scherno)
sotto
(a
l'ombra profanata della
bandiera tricolore, riconsegnarci, indegni
di noi
medesimi, nelle mani degli stranieri, dei fuggiaschi, dei vinti.
Nella nuova
Italia,
che
egli
avea tanto coo-
perato a formare, fu deputato e ministro; deputato
di
Firenze, che
sempre
anche quando sopravvennero città:
gli i
rimase fedele,
tempi grossi per la
nel turbinare de' quali, però, la ingiusta e
sconsigliata
malevolenza
di
pochi non affievolì
~
UBALDINO PERUZZI
292
mai
memore
il
affetto
de' cittadini
presidenza (l'ultima pur
Fu
mij^liori. D
ministro dei Lavori pubblici nel 1861
troppo!)
la
sotto
,
Cammillo
di
Cavour, e sotto quella del successore che Firenze
ebbe la gloria mortale dall'
di
dare in Bettino Ricasoli all'im-
Non
piemontese.
statista
assumere quel portafoglio
lo
trattenne
conseguente
la
necessità di rinunziare all'antico e conveniente-
mente
suo
retribuito
di
ufficio
Strade ferrate toscane; perocché
direttore al
vava largo compenso nel poter italiano, attuare
i
tro-
ministro
egli,
generosi concetti pe' quali avea
vagheggiato diramazioni granducale verso
delle
danno
le altre
Toscana
di linee dalla
provincie della
comune
patria: ora erano le provincie meridionali, dalla
maravigliosa epopea garibaldina rivendicate all'
Italia,
chiedevano
che
d'
avvicinate
essere
e
agevolate a convivenza fraterna. Chiamato un'altra volta nei Consigli del Re,
per
le
cose del-
l'Interno, nel Ministero che
condusse e firmò la
Convenzione del settembre
1864,
presidente Minghetti e con gli
affrontò
col
co-
altri colleghi,
raggiosamente, la necessità, che
si
spostasse
il
centro della vita nazionale e dell'amministrazione,
trasferendo
il
polazioni, nò
segnatesi a
governo liberatore in mezzo alle poda questo conquistate, ne esse con-
lui,
sibbene
membra
medesimo corpo. Da questo ebbe ruzzi,
la
riunitesi
sua pagina dolorosa, incominciò
con
la
d'
fatto gravissimo,
caduta del Ministero tra
al
un
che Pe-
fratricidi
293
UBALDINO PERUZZI che
tumulti, quella parte della vita
meno
meritoria verso
il
non
fu,
la
paese, bensì la più tra-
vagliata.
Firenze divenne voto di
non per
d'Italia;
temè sagacemente
carico
bito,
capitale
che da quel glorioso, non però am-
lui,
danni alla
futuri
diletta città; e giudicò piiì valida a sopportarli, in
un avvenire più
scirle
men
quale tale
ufficio
solidare
benefici
i
meno prossimo,
maggior
e
da
contrastati
verso questa, fino
all'
effetti
dell'
dei doveri che
Ma
unità
ormai
compimento suo
assoluto
Roma, incombevano a ciascuna regione
penisola.
riu-
sorella Napoli; alla
poteva intanto affrettare e con-
T adempimento
nazionale, e
in
o
gravi, la
della
quando Firenze, nel cimento, a eventi la conduceva,
la forza degli
vocare l'opera de'suoi più valenti
cui
ebbe a
figliuoli;
in-
quando
Firenze, pure persistendo col suo Ricasoli nel mi-
rare
come a termine
essa intanto,
quale
fisso a il
Roma,
nobile
vecchi cronisti l'aveva chiamata,
Roma
accettò d'esser
orgoglio
«una
de' suoi
piccola
quando parve, per pochi anni, attuata r utopia luminosa di Dante, ^ d' una Corte rac»;
coglitrice
delle
italiche
membra,
nella quale
il
principe e la lingua d'Italia avessero seggio co-
mune, poiché Firenze raccoglieva ora quelle « membra disperse », aveva ora
di
fatto
di fatto
quel « principe », ospitava quella unità, non ce-
^
De
vul(j.
eloq.,
I,
xviii.
294
UBALDINO PERUZZI
ma
sarea
di
nazione, che F imperialista
nimo avea sentita
diffusa per le cittadinanze e
parlari d'Italia, e che poi nel
improntata
di fiorentino
della città
dove gl'Italiani
il
voto
d'
Ugo
magna-
Poema
i
s'era
gli
suggello; allora a capo sciogliendo
fatti liberi,
Foscolo, convenivano a trarre dai
gh
sepolcri de' grandi e de' forti
auspicii dell'av-
venire; allóra di Firenze capitale, portato grado
per grado dalla fiducia della cittadinanza, principal
cittadino,
anche prima che Sindaco, addi-
E
venne Ubaldino Peruzzi. agi' Itahani
onori
gli
per
molto
Firenze
opera sua fece degnamente
casa
di
che da ogni provincia della patria
si
facevano concittadini nostri: cosicché non è soverchio l'affermare che a dell'onore di quel voto,
debba gran parte
lui si
cui originale
il
una
con legittimo orgoglio in
si
delle sale di
mostra questo
nostro Palazzo, quel voto, dico, pel quale, nell'ul-
tima seduta del Parlamento dell'Arno, Firenze era
italiano
rive
sulle
unanimemente acclamata
benemerita della nazione.
Ma le
maggiori beneme-
renze del Peruzzi (possiam bene oggi chiamarle tali,
dopo che
gli
furono imputate crudelmente a
demeriti) incominciarono da stra,
allora accettò d'esserne
vette
quando
abbandonata a sé medesima il
Sindaco
da sé medesima attingere
tare quei danni, che se egli da
la città
(e
no-
solamente
effettivo),
do-
la forza a soppor-
buon
italiano
avea
preveduti e non deprecati, ora da buon fiorentino si
adoperò a distornare e combattere.
Da buon
295
UBALDINO PERUZZI fiorentino,
e
stampo
dello
da fiorentino di
i
stampo
antico
per le cui mani la
quelli,
artigiana diffondeva
dell'
suoi
commerci su
:
città
tutte le
piazze d'Europa e d'Oriente, e le dovizie di quel
commercio convertiva nianze perpetue propositi
in
civiltà.
di
non corrispose
monumenti e testimoChe se agli animosi
l'effetto, e
il
peso fu più
grave che non bastassero a sostenerlo se anche, in alcuna parte,
città,
^
peccò forse
di
ge-
come il Peruzzi in parlaaccusar se medesimo a difesa della
nerosa imprudenza,
mento
si
le forze;
volle
prevalsero
il
e,
cuore e
il
sentimento quan-
d'era tempo di procedere con altri criteri; rimane sempre un mirabile esempio quello che, per imlui, dette Firenze dopo 20 settembre del 1870; quando, non piiì capitale del Regno, continuò, in meno larga misura e dentro piìi modesta cerchia, ma con non mutati
pulso principalmente di il
intendimenti, la propria trasformazione: mediante la quale alle severe bellezze il
che
il
Medio Evo e
Rinascimento hanno impresso ne' suoi palagi,
nelle sue logge, nelle sue chiese, ne' tesori de' suoi
musei, delle gallerie, delle biblioteche, gessero le attrattive di
senza offesa
di
città
si
aggiun-
moderna, agevolando,,
quelle bellezze, gli ordinari
pubblica convivenza,
uffici
della privata
e
dendo
proprio seno agl'incanti della na-
ella
il
tura, che le distende
*
a' piedi
i
e
tappeti
dischiu-
del
suo
Nella seduta della Camera dei Deputati, de' 10 giugno 79.
UBALDINO PERUZZI
296
verde, la cinge tutt' intorno
conde
una
d'
colline, le piove da' gioghi
lavacri di salute e di
vita.
festa
di
fe-
dell'Appennino
che tutto veniva
Il
operandosi con tale risolutezza e gagliardia, da doversi ripetere quello che degli abbellimenti di
Atene per opera tarco
:
« nire
«
leggiamo
Pericle,
di
Plu-
in
laddove credeva ciascuno potersene ve-
con pena a capo in molte successioni e
« età d'uomini,
ebbero la lor compiuta perfezione
« dentro al tempo che durò l'autorità d'un solo « cittadino ».
^
Una
raccolta dai ge-
tradizione,
nealogisti, reca che alla costruzione
case
delle
dei Peruzzi, sulla estremità di quello che fu vo-
chiamare secondo cerchio, fossero adoperate
luto
mura appartenenti
le pietre delle
al
cerchio primo
antichissimo, cioè della primitiva Firenze romana, e che di queste stesse pietre fosse
murata
urbana, alla cui denominazione ne' tempi
Cacciaguida ruzzi.
Ben
tradizioni,
si
usava
il
cognome che
gli
d'
una
vali estendere, accresciutasi di
messer
i
suoi primi
indirizzare excelsius
Vita di Pericle,
i
xiii.
viali
tali
cerchie il
citta-
mura medie-
nuova benauspicata
dove
delle
animosi concetti,
dino che doveva di là dalle ultime
^
di
poi fu Pe-
era degno, che abitasse case di
che sul limitare
antiche maturasse
rente,
la porta
dalla valle fio-
fondatori
s'
accolsero,
che oggi la circondano
297
UBALDINO PERUZZI
come un immenso giardino;
uno de' più co-
e in
spicui e memorabili ripiani di quella verdeggiante
catena, là dove Michelangelo difese questa nobile
«in luogo aperto luminoso ed alto », Dante nel mondo eterno assegna stanza alle grandi idealità umane, piantare rinpatria,
come
quello che
novata nel bronzo la figura del David, simbolo immortale diritto
di gioventiì
e nella libertà.
e
di
Le
Michelangelo nel 75,
forza,
nel
fede
di
feste pel centenario di
distanti
dieci
di
anni
a
quelle del centenario di Dante, può dirsi .segnino
da quel decennio V effettivo ringiovanimento di ma singoiar Firenze nella vita nuova d' Italia :
vanto
uomo che oggi commemoriamo,
dell'
delle feste bonarrotiane siasi
è che
creduto poter con-
segnare alla durevolezza e alla preziosità de' metalli
un ricordo, che suona così « Firenze - nel Michelangelo - per Ubal:
« quarto centenario di « dino Peruzzi « vino
seppe mostrarsi degna del
aprile del 1889, un'altra
Peruzzi
al
r epigrafe «
,
nel « di
d'auspicata unità
che
lo
medaglia era presentata
« trigesimo libertà all'
di-
dopo, nel 27
artista». Quattordici anni
anniversario »
rivendicata Italia ».
E
così
Firenze,
a
quell'omaggio,
trovava fatto ormai vecchio,
piiì
che dagli
anni, dalle amarezze toccategli sul declinar della vita, l'
era
anche
ammenda, tarda ammenda,
la
addosso
ingratitudine cittadina aggravataglisi
tanto più impronta, quanto
al-
maggiore era stata
sua saldezza in quella che
presso
i
Romani
UBALDINO PERUZZI
298
somma benemerenza
era
non aver
civica,
dispe-
rato della patria.
Non quale
il
della patria,
cultori, tra
consegna. fede in
i
soldati piiì
E quando
né della
e
Peruzzi fu tra
i
e
devoti
valorosi e tenaci della
che senza romperle
credè,
una grande questione economica, non
avrebbe potuto rimanere con
compagni
di
parte
;
gli
quando,
l'unità italiana dai pericoli,
perte
Della
libertà.
più convinti
antichi amici e
assicurata
non pure
ormai
delle sco-
segrete inimicizie o delle teoriche ripu-
gnanze,
ma
anche delle generose impazienze, opinò
che r esercizio del governo
immutabile proposito
si
,
dal quale egli con
era ritirato per sempre,
potesse sperimentarsi alle mani di quanti da diversi
campi congiunga
il
giuramento prestato alla
patria ed al re; egli non esitò a proseguire,
non
curandosi se con amici e consorti o con avversari ed emuli, sulla via
che
gli
tracciava la co-
scienza, la
buona compagnia che 1' uom francheggia, r osbergo del sentirsi pura. ^
sotto
ma
buon viatore che ha sostenuto la sua fatica, che ha compito il suo corso, lo riconducevano pur sempre là Così
gli
stanchi suoi passi,
Inf. XXVIII,
116-17.
di
290
UBALDINO PERUZZI
donde giovanissimo si era partito: alla fede nella morale responsabilità, nelle iniziative personali, nei sentimenti generosi, che informa
da
lui,
cugino Bettino Ricasoli
Toscana ducevano pur sempre
tori
il
carteggio
studente a Parigi, tenuto col suo ;
i
due destinati guida-
all'italiana
della
degno
unità: lo ricon-
alla difesa e all'attuamento
su terreno politico di quei principii, per la cui diffusione negli ordini economici egli pur da' primi
anni della sua vita civile aveva cooperato nel-
l'Accademia dei Georgofili col Ridolfi, col Lambruschini, col Ricasoli, col Digny, col Capponi: e volgendosi indietro a riguardare di quella
vita le tante
e
tempi ne' quali
svariate
sì si
vicende,
sua
traverso
a
era in decennii consumata la
storia di secoli, egli
poteva
alle
amarezze
e
ai
disinganni trovare ampio conforto nelle generose
memoranda seduta
parole che in una
mento che
italiano
nome), « poter
« vere,
parlando
« sfera d'azione, « patria
«
Ricasoli (grande lode al Peruzzi^
debba spesso ripetere questo Bettino Ricasoli ebbe la gloria di pronun«Quegli il quale ha avuto la sorte di adempiere piiì generosamente il suo docompire il suo dovere in una più larga
di lui
ziare:^
il
del Parla-
si
d'onde una maggiore
ne venisse,
e l'abbia
utilità alla
veramente compito,
ha un dovere più grande ancora, quello, cioè,
1
Nella seduta de' 10 aprile 1861. Vedi a pag. 442,
delle citate Lettere e Documenti, ecc.
voi. V,
UBALDINO PERUZZI
300
«
che
Iddio
ringraziare
« di
abbia
gli
concesso
questo privilegio prezioso, che a pochi cilta-
« dini è dato, di poter dire
ho interamente compiuto
« tria,
La
consolazione di
debito mio!
il
durò assiduo in Firenze ed lo
ha veduto,
»
il
riposo inframmezzato
;
dall'adempimento de' pubblici doveri,
che
la pa-
sentimenti allietò
tali
riposo de' suoi ultimi anni
bene
Servii
:
agli estremi,
forze e della vita, prendere
può
si
in
Roma,
dire, delle
suo posto
il
per-
a' quali
Roma:
in
di
Se-
natore del Regno, giurare per l'ultima volta la
sua fede operosa per la quale
però
e
al
egli,
travagliò
Re
e alla patria; in Firenze,
pur sino
agli estremi,
nella legale costituzione della famiglia
r
alto
rha
seggio al quale su tutte
sollevata
il
si
ado-
specialmente perchè tenesse,
le
italiana,
nostre
città
genio de' suoi grandi antichi, da
Dante a Michelangelo, dal Petrarca al Machiavelli, da Leonardo a Galileo, il genio che negli ordini del pensiero e
dell' arte
anticipò
splendida agli occhi e nella coscienza del
A
l'unità della nostra nazione.
che sua
il
Peruzzi ebbe di Firenze
istancabile
Delle quali una quasi suggellò
tali
insigni
in
fece
mondo
questo concetto s'
ispirò
per tante istituzioni raccolse,
e
1'
opera
cittadine.
sua vecchiezza,
meriti
di
lui;
e
ed è
questa nostra: un'altra, a cui pure la memoria
UB ALDINO PERUZZI di
r
meriti
cotesti
301
congiunta,
strettamente
è
Superiore. Nel quale volle e seppe con
Istituto
energia tuttor giovanile ravvivare di
fu
Studio fiorentino, che nel
quell'antico
avrà comune
tradizioni
le
1921
sesto centenario della sua fonda-
il
zione con la morte di Dante; le tradizioni, la cui
rinnovazione nell'Istituto attuale dà
ai
due
patrizi
fiorentini, Cosimo Ridolfi e Ubaldino Peruzzi, che
a distanza
d'
un ventennio ne furono principal-
mente benemeriti, ragion d'essere comparati a quei loro nobilissimi antecessori, Niccolò da liz-
zano e Palla Strozzi, per
grande età
dell'
de' quali,
virtiì
Umanesimo,
il
nella
favore e la pro-
tezione della pubblica cultura non fu arte di stato
solamente per
le
ma anche
ambizioni medicee,
per coloro che, con più o
men
combattevano pure
in prò
della libertà. Piii av-
venturoso
antichi
videro
essi
di il
quelli
il
intenzioni,
rette
Peruzzi
:
perocché
sormontare della fortuna medicea
sulla cara libertà repubblicana, e lo Strozzi patì
nella
veneranda vecchiezza
tirio, di dieci in dieci
laddove e di
il
lungo lento mar;
Peruzzi ebbe nel trionfo della libertà,
italiana libertà,
il
tiche e alle traversie
meritato premio alle fa-
della
del suo riposo potè gustare, stri
il
anni rinnovatogli, dell'esilio
vita;
e
la
come pure a
buoni vecchi piaceva, nella
quiete
dolcezza que' no-
operosa
de' campi, fra le cure della villa e delle industrie
che servono a questa.
302
UBALDINO PERUZZI
La
sua
villa
avita
della
Torre
all'
Antella,
adagiata splendidamente sopr' una delle colline che dal pian
muovono con
di Ripoli
da
lenta ascen-
sommità piaVallombrosa e di Pratomagno; e propriamente sopra un fianco, adagiata, di quella stessa collina donde calando sione, intermezzate
vallicelle e
neggianti, verso le boscose giogaie
gli
Spagnuoli
assedio
all'
l'apparita della città
a'
di
salutavano
1530,
del
loro cupidi sguardi, gri-
« Signora Fiorenza, prepara
dando
tuoi broc-
i
che noi veniamo per comperarli a misura
cati,
di
picche »
di
ben diverse memorie,
^ ;
cotesta villa, di
ha ormai una storia memorie care, per
molti Italiani, e per molti altresì, e
che
stranieri
degli
nazioni
le
sperarlo)
a concorde
visitatori
del
civiltà
nostro paese.
piìi
i
insigni,
conciliate
(giovi
inviano benaccetti Storia di ospitalità
cordiale, di geniali conversazioni, di amichevoli ufìSci,
di
che ha congiunto per sempre,
tanti,
al
nome
di
Peruzzi; di questa
Ubaldino
gentildonna,
nel
cuore
quello
d'Emilia
nella
quale le
casalinghe e cittadine virtù delle antiche nostre
sono adornate da tanta e tanta finezza
di
mente
sì
amabil cultura, da
e gentilezza
quante mai abbian fatta regina del circolo
vegni
1
di
piiì
sentire,
brillante
una dama moderna. Ne' piacevoli convilla, come già nelle sale del
di quella
Varchi, Stor.
fior.,
X, xl.
303
UBALDINO PERUZZI palazzo
loro
laboriosa
tempi della capitale e della
a' bei
trasformazione
di
Firenze,
Peruzzi
adempirono, con una verso
idealità
concordia
forti
di
coniugi
i
le più alte
che
affetti
solo
la
morte ha potuto spezzare, adempirono, per anni ed anni, quell'ufficio che la conversazione de^ paese dovrebbe: far conoscere
palagi in libero
uni agli altri
gli
rattere solleva il
quelli
all'
onore
che l'ingegno e di
il
ca-
servire comecchessia
paese; far pregiare questo a coloro, che
tor-
nandone ne riportano ad altri paesi un giudizio, che spesso non è giusto, perchè non bene informato.
L'ultimo atto della sua
il
suo, com'egli
testamento politico (né poteva esser più
disse,
degno),
fu,
20 settembre
nel
gurazione del monumento nel
vita,
centro
del
a
1890, la inau-
Vittorio
nostra Firenze, «
della
Emanuele
Rimanga
»
diss'egli ai Reali d'Italia in quel lieto giorno pre-
«
rimanga sempre dove maggiore è la frequenza dei cittadini, in mezzo ai più insigni monumenti che ricordano le grandezze dei nostri
«
maggiori,
senti «
« ora
«
ruderi dell'antica Firenze^ che
sui
cedono
il
campo
« Firenze italiana. »
pevano
« dai
vecchi
Firenze
alla
nuova, a
Parole e voti che proromcuori »
così
egli
stesso,
l'onorando veterano dell'Italia novella « dai vec« chi
cuori,
i
cui
giovanili
palpiti
e
il
pianto
« furono per la patria italiana serva e divisa, e
UBALDINO PERUZZI
304 « «
che ora, mercè la gloriosa iniziativa di Casa Savoia e l'opera dei grandi Italiani, la salutano
« unita e avviata
a
piìi alti destini ».
innanzi, gli scavi che ivi
messo
costruzioni avevano che, in caratteri
recava
non
avanzi
gli
d'
secoli
ti
dedicato,
vecchia
una
il
iscrizione
poi
fra
genio
romano genio,
genio,
che dopo diciassette
città,
le
dedicatoria
Firenze: genio colo-
di
dove
eri stato
prima
rovine della civiltà
rove-
ritraevi dal luogo,
il
luogo, lietamente, ora
d' Italia, della
grande madre, magna
sciato e sepolto
che
alla
Buon
« niae Florentiae »:
della nostra
nuove luce un marmo, le
posteriori al secondo secolo,
Genio della colonia
« al
Pochi mesi
facevano per
si
;
cedevi
parensy nelle sembianze del re guerriero
unifi-
catore, sorgeva sul terreno dove Firenze fu co-
lonia di
Ne
Roma.
sia lecito
ricordare,
medesimi noi avemmo il
l'
che
onore
in
di
quei giorni
accompagnare
venerando Presidente nostro nella reggia de' a fare doveroso omaggio per la Società
Pitti,
Dantesca, siccome a patroni,
ai
Sovrani
d'Italia,
e ai giovani Principi ne' quali l'Italia confida. Af-
franto visibilmente, Ubaldino Peruzzi pareva rin-
giovanire a questi gentili e solenni egli
la
uffici,
pe' quali
tornava ancora a rappresentar degnamente
sua -Firenze. Pur di quei giorni, inaugurò
monumento
il
Manicomio
di
e di civiltà,
promosso anche quello efficacemente
San
Salvi,
di
carità
UBALDINO PERUZZI da
lui;
che anche
vendicazione
grande trionfo della V educazione de' ciechi al
di un'altro
carità e della civiltà,
lavoro manuale
305
arti
alle
studi, la loro
agli
ri-
convivenza sociale, fu propu-
alla
gnatore, sin dagli anni suoi giovanili, per tutta la
E
vita.
alle
cure sue estreme
nostra appartengono sollecitare,
quelle
come Presidente
Ed in
i
poche settimane,
di
diato,
ora
si
aprano
della
Giunta
Vi-
di
nuovo inaugurazione lo ha
gilanza, al loro termine tuto Tecnico, alla cui
per la città
che egli spese nel
lavori del
Isti-
invi-
la morte.
al cittadino,
per tanti
titoli,
tante maniere, per tante fatiche durate e
af-
ben sostenuti dolori, benemerito, si aprano in Santa Croce le tombe degli avi suoi, nel glorioso tempio, le cui porte alla sua salma frontati disagi e
dischiude nazione. pietà
di
il
La
voto del
Comune
e la volontà della
cappella, edificata dalla magnificente
que' vecchi valenti,
lo
accolga, fra le
da Arnolfo, istoriate da Giotto, a riposare presso il padre che seppe educarlo alla patria. Sia vanto alla Società nostra, sia
pareti
inalzate
auspicio, che fu
il
uomo
meritevole di tomba siffatta
primo suo Presidente. Egli,
il
quale nel 75
volle che delle feste per Michelangelo
una
delle
stazioni fossero le case degli Alighieri; e parlando ai
convenuti Del Lungo
colà
augurò
si
formasse in
Italia 20
UBALDINO PERUZZI
306
« un' associazione dantesca, intesa a raccogliere « le «
memorie
no Poeta
che oggi
promuovere
e a
», a
esiste,
gli
studi del divi-
questa Società Dantesca Italiana,
ha legato
di quelle tradizioni
il
suo nome, coni' una
che accrescendo
alla
istitu-
zione che le raccoglie, e aggravando, la
somma
de' propri doveri,
danno
altresì la
curezza d'un fecondo avvenire.
forza e la
si-
PER UBALDINO PERUZZI nell'inaugurazione d'una 3IEM0RIA A LUI SULLA PIAZZA DELL'aNTELLA
Quando,
l'
11 SETTE3IBEE 1892. (*)
ormai compito un anno,
è
la
morte
Ubaldino Peruzzi fu lutto nazionale, un
di
(*)
Per opera
di
un Comitato, che
bre 1891, annunziava così
propri
i
dall' Antella, il
intendimenti:
«
illu-
30 otto-
Interpreti
unanimi desiderii degli abitanti del Comune di Bagno a in Comitato per procui sottoscritti si costituiscono rare un pubblico segno di onore e di affetto, che nell'Antella, presso la villa, ormai storica, dove Ubaldino Peruzzi e la sua degna consorte han ricevuto per anni e anni il fiore
€ di
« Ripoli, « « « «
degl'ingegni d'Italia e stranieri, attesti la riconoscenza degli
«
abitanti e nativi di queste
«
che,
ospiti
suoi,
le
campagne a lui care, e dei molti e le rammentano. Se la più
conobbero
un cittadino
«
alta onoranza che possa coronare la vita d'
«
Hano, la tumulazione in Santa Croce, impedire che
« e
i
vigneti
nostre
delle
noi
colline
desideriamo
che
ita-
gli olivi
ombreggino quella tomba nella
sua Antella egli ab-
«
venerata,
«
bia dai compaesani, dai campagnuoli, dagli amici, dagli
«
miratori,
«
buto di riverenza
«
verrà dopo noi,
«
linguaggio, degno dell'uomo in cui ricordo sarà stata posta Il
di
questo tanto
busto in
e d'aifetto.
quella
marmo
Andrea Baccetti.
pili raoclestO;
e
quasi domestico,
E crediamo
che,
tri-
anche a chi
memoria parlerà un nobile ed
e opera di Italo Vagnetti;
am-
il
alto ».
basamento,
308
UBALDINO PERUZZI
amico e coetaneo suo/ nel raccogliere le memorie che si congiungono a quel nome, augurò che gli olivi e i vigneti dell'Anstre
splendide
già sua delizia e cura,
tella,
ombreggiassero
il
luogo del suo riposo; che la donna del suo "cuore custodisse
quel
come
moria,
sepolcro,
devota alla sua me-
consolatrice
fu
della sua vita.
A
cotesto sepolcro, rimasto vuoto per cagione della
massima onoranza
cui possa
aspirare
italiano; a quella gentildonna,
cuore,
col
mandiamo un mesto
mentre
luto;
verdeggianti
sima
fra
i
floridi
dell' Antella,
che
qui
assiste
e reverente sa-
vigneti,
fra
gli
collochiamo,
olivi
degnis-
essere circondata da questi tradizionali
di
simboli di prosperità e di pace, civiltà,
cittadino
r effigie
dell'
di
uomo che
lavoro e di
entrò primo,
il
27 aprile del '59, sulla via dove un altro dei Grandi nostri, Bettino Ricasoli, era per signoreggiare
in
nome
d'Italia le sorti di Firenze e
Toscana, e sotto
della
gli
auspicii dell'unità na-
zionale chiudere gloriosamente quella storia gloriosa.
Oggi
dente
angolo
con libere onoranze, di terra
toscana,
in
si
questo
ri-
commemora
grande patria italica, d'Italia le squadre di tutte le nazioni, nella città di Colombo, rendono all'Italia omaggio fraterno. uno
de' costitutori
mentre
1
dinanzi
ai
della
Reali
Marco Tabarbini, Uhaldino Peruzzi;
logia, fase, de' 16 settembre. 1891.
nella
Nuova Anto-
UBALDINO PERUZZI Di ricordanze sole città,
anche
le
ma
giova
si
adornino
campagne.
E
questa
Ubaldino sorge come
rjnor
denominata
la villa
modestamente
ricordanza al
onde è da
borgo,
che
si-
sua propria sede
in
qui nel popoloso e industre tutti
benemeriti, non le
cittadini
ai
309
i
Peruzzi, antichi
cittadini della Firenze antichissima,
possedevano
tempo innanzi che al primo Catasto fioren1427 Bartolommeo di Verano Peruzzi denunziasse « una casa con colombaia, corte et » altri difici, posta nel popolo di San Giorgio « a Ruballa, luogo detto alla Torre ». La città, assai
tino del
che dal contado
ricevè, o attrasse, o a sé tra-
scinò, nei tempi
eroici del
e potenti
famiglie,
tempi più
miti,
(una d'esse zione,
gnorile
contado,
al
Peruzzi), a incremento
di
delle
in
coltiva-
ornamento nostre perpetuamente belle e
colline
nella
diede o rese
forti
V attività benefica di parecchie
ad alimento
conde cercò
i
Comune, tante
e
d'industrie, a
fe-
Ubaldino Peruzzi poi
convalli.
tranquillità
si-
della villa
ristoro alle
fatiche e ai travagli e alle amarezze della vita:
non che,
se
abitata da tali
all'Antella addivenne altresì
gno
padroni, la Torre
luogo di conve-
il
de' più eletti spiriti della nostra e delle altre
nazioni.
Questo marmo, adunque, a voi dell'And'onore nella beneauspicata storia
tella è titolo
nuova Italia; ed è buon tempo antico, lungo della
il
nome
del vostro
altresì il
villaggio
memoria
quale si
per
unisce
del
secoli
e
con-
UBALDINO PERUZZI
310
serta a quello che
hanno
Periizzi
i
nobilitato coi
fatti.
Anche da una delle r immagine veneranda per nascita,
ma
difesa a
uomo non
Venezia
l'Italia
leva
sovrana potenza egli, che avea
del bello, e la
Niccolò Tommaseo,
si
fiorentino
fiorentino V alto in-
Dante, e l'aver
di
sua più intima
d'
che fecero
gegno innamorato nell'idioma
colline fìesolane
che cadeva, l'aver
egli,
ricercata in Firenze, nella
e vivente idealità, l'Italia risorta;
ricercatala nella lingua di questo popolo, ispiratrice;
ciechi
sione
monumenti, che i vedevano ancora con la vi-
nella severa poesia de'
occhi di lui
dell'anima;
ricercata
l'estremo amplesso e
abbracciata con
e
come sacra
la terra d'Italia,
nel destinare le stanche sue ossa al camposanto di
Settignano, egli venuto a noi da quelle marine
dove l'insegna
adriatiche
di
San Marco fermò
con la branca del suo leone vestigia naturali d' italianità
Unisco,
che non o
cancellano.
si
cittadini,
questi
nomi
:
Antella e
Settignano, Firenze e Venezia, Ubaldino Peruzzi
Tommaseo e l' uomo di
e Niccolò
Firenze,
:
il
cittadino della vecchia
altra regione e stirpe, che
cittadino di Firenze volle morire;
polare, e di
la
il
democratico austero
:
il
patrizio po-
ministri, l'uno
Repubblica, l'altro del Regno, ambedue sotto
bandiera e
per la bandiera
ambedue, con antica semplicità,
d'Italia: devoti alla patria e al
dovere: ne' magistrati l'uno, nei pubblici
uffici,
p 311
UBALDINO PERUZZI
nei Parlamento; l'altro, con la meditazione, con la
penna, con l'opera, con
Ed sto,
l'esilio,
con l'esempio.
auguro, che da quella statua, da questo bu-
uno
sia
pensiero, uno l'affetto, uno
il
che sappiano trarne nire sta,
le
generazioni
il
il
culto,
cui avve-
non senza trepidanza, davanti a noi: ne auguro, l' amore operoso, non amor
imparino,
godereccio
ma
di fatica e di
terra italiana, che Dio riso
della
fortemente difenderla.
natura ci
e
ha
patimento, per questa
abbellita di tanto sor-
dell'arte,
perchè l'amarla
faccia fortemente servirla, onorarla^
w^
CARLO BELVIGLIERI
Nella vasta necropoli
non ancora
lapidi
cui
gnomi ormai
membra
sulle
tempo
co-
attestano
sparte al nostro capo
sorge, dal 12 giugno
monumento a Carlo
desto
Campo Verano,
ingiallite dal
di tutte le regioni italiche
la riunione delle
Roma,
di
(*)
un mo-
del 1886,
veronese,
Belviglieri
rapito nel suo cinquantanovesimo agli studi stoeh' egli giovò
rici,
coi libri.
I
suoi
Liceo hanno
reso
omaggio con
simo
dei professori Dalla
(*)
scuola e
efficacemente nella
colleghi alla
dell'
Università
memoria
e
del
di lui nobilis-
la eloquente e dotta parola
Vedova, Zambaldi,
Da\V Archivio Storico
Cigliutti:
Italiano, quarta serie,
^
tomo XIX
(1887), pag. 140-148. ^
della
Carlo Belviglieri. Commemorazione
R. Università
Romana
il
letta
nelV aula
da G. Dalla Vedova. Roma, tip. Pallotta, 18^5. è un elenco delle pubblicazioni del Belviglieri.
La Commemorazione
magna
giorno xxi giugno mdccclxxxv
letta dal prof. F.
A
pag. 32-33
Zambaldi
il
7 feb-
braio 1886 nella Scuola Superiore femminile, e le Parole inau-
CARLO BELVIGLIERI
314
sarebbe presunzione
quale
alla
volessi ag-
s' io
giungere. In quelle pagine potranno del
tori
dal
gli
estima-
nostro povero amico cercarne, ritratta
vivo, la imagine
vicende dei
cara, e nelle
modesto naa operoso passaggio di questo valentuomo, fra il 1826 e V 85, vedere specchiata qualche notabile condizione di vita italiana, dai tempi che preparavano la libertà, a questi
ne godranno
nerne
il
frutto
peso e avvisarne
sopravviverà
alla
i
pericoli.
ammirazione insegnare,
tore di libri alle cui
amor
dei
colleghi
suoi
sopravviverà nei molti,
ma
suo, per la scuola,
indagatrice e comprensiva,
egli
affidò
i
animo elevato
pili
lo
fu
del-
aue
nutriti;
dotti o, i
supremo resultati
d'una mente
giudizi retti
e
ap-
e sereno.
meglio de' suoi lavori sparsi e
per lo
opera
Non
pensati e ben
sicuri delle ricerche ed osservazioni
Il
che
affettuosa
all'
nell'
libri.
pagine, o fossero pei
propriati d' un
nome suo
11
gratitudine dei tanti
ebbero non dimenticabile maestro,
l'
che
degno, se sapranno soste-
d'
occasione,
scolastica, raccolse egli stesso in
un
gurali per una iscrizione onoraria nel R. Liceo E. Q. Visconti dette il 30 dicembre 1885 dal Preside prof. V. Cigliutti si ,
leggono a pag. 49-65 del libretto In morte di Carlo Beiviglieri, xx Maggio mdccclxxxv, pubblicato a V^erona, tip. Franchini, 1886, per cura del fratello dottor Giovanni.
Altre testimonianze di onore sono nell'opuscolo Monumento posto alla memoria del prof. C. B. a Campo Verano. Relazione piale del Comitato. Roma, Civelli, lc86 (con fototipia del mo-
numento).
,
315
CARLO BELVIGLIERI
volume
di Scritti storici^
^
a
indirizzati,
lungo
il
filo di
tigiani sistemi, tessute:
vigorose
e
soil
sintesi,
ne' confini de' fatti,
non
questi,
la
tendeva, ed erano
larghe
circoscritte però fedelmente e
e
suo ingegno e
il
tenore de' suoi studi. Quello questi
varietà
la
dezza dei quali caratterizza
de' vaporosi o par-
che mi sembrano es-
di
sere insigne esempio, e da servire altrui di modello imitabile, specialmente
Discorso sulle cause
il
che nel Medio Evo impedirono
l'
unificazione po-
Saggio sulla Repubblica dei Romani nel Medio Evo, Oggi prevalgono altri litica
d' Italia e
come accade,
principii, e,
Ed e
il
invero, che
poi
scuole
abbiano
nella
sintetici,
malagevolmente
storia
che sia stata studio
ottima
di critica, certe
quali cercare'
sarebbe
lo
politiche
abusato
esagerano.
si
nostro
del
procedimenti
dei
potrebbe negare; e
cosa tornare
de' fatti individui.
levare a cielo,
si
filosofismo del passato secolo,
il
diverse
le
volentieri
Ma
al
diligente
quando sentiamo
come esemplari
unici e assoluti
scarne e ossute monografie, nelle
un
alito
di
meditazione e d'affetto
stesso che chiedere
il
respiro ad
uno
1 Verona, Drucker e Tedeschi, 1881; in 16.o, di pag. 387. Contiene: Sulla efficacia morale della Storia. - Delle cause che
nel
medio evo impedirono l'unificazione polìtica d'Italia. -
Grecia nel 1821. - Dante a Verona. -
mani
nel
medio
evo.
vita,
le
La
opere,
i
- Cesare Balbo. - Caio Plinio Segeografiche. - La Rejyubhlica dei Ro-
tempi, di L. A. Muratori.
condo. - Sulle scojjerte
La
316
CARLO BELVIGLIERI
quando
scheletro;
assenza
tale
vita costitui-
di
sce merito scientifico; allorché, inneggiando l'analisi,
al-
giunge ad affermare che tutto Pedi-
della nostra storia, specialmente medievale,
fìzio
è
si
da
né da potervi por mano se non
costruirsi,
dopoché questo lavorio di minutaglie abbia avuto, quando, suo termine; allora è debito
chi sa poi
ricordarci che già da
un secolo
Lodo-
e mezzo,
vico Antonio Muratori « rese possibile la storia « nazionale, «
non tanto per
quanto per averne
stabilito
« noscenza critica dei fatti: « poetico
«
« lori «
di
«
Tito
di
lo
studio sulla co-
non come soggetto
da potersi
vestire
colle
Tacito, o lumeggiar coi co-
non ravvolgendoli in un la mente di
Livio;
fumoso idealismo, che ingombra
« nebbie, «
od oratorio,
forme scultorie
che diede alla luce,
ciò
tra le quali
ondeggiano figure che
si
assomigliano tutte; non scelti a spizzico, mu-
male accozzati, a conforto
tili,
di sistemi che,
« per
quanto ingegnosi, sono pur sempre
« dell'
uomo,
« dai quali
che
role,
io
ma
dei fatti nella
voce
parla la voce di Dio ». Queste trascrivo da
una
delle
piiì
scritture del Belviglieri,^ molto altresì
ci
degl' intendimenti e dei criterii a' quali
tenne nel professare L' opera
la
interezza,
loro
poi
le
pa-
efficaci
dicono egli
si
storiche discipline.
che ce
li
mostra praticamente comunicare
attuati, e lui stesso quasi nell' atto di ^
Dal Discorso
storici.
sul
Muratori
;
pag. 164-65 dei citati Scritti
CARLO BELVIGLIERI agli altri
bio le
molto eh'
il
sapeva, sono senza dub-
ei
Tavole sincrone e genealogiche di Storia
306
italiana dal
essere
tutte
in
scuole
nato
a quel libro,
sparmia agli
al 1870^
le
Le poche
colto Italiano.
che dovrebbe
libro
^
e
mani
alle
linee
da
lui
d'
ogni
premesse
sua scuola e che
nella
ri-
ogni lode di essa, espongono
altri
con mirabile lucidità e dirittezza
concetto che
il
informa, e attestano ampiamente F assennata
lo
dottrina e
la
consumata esperienza
latore. « Tutti riconoscono, » «
317
compi-
del
egli dice «
come
la
cognizione degli avvenimenti umani, delle loro
« relazioni,
loro
delle
cause
efficienti
ed occa-
remote e prossime, della loro dipenda certi generali principii, costituisca denza
« sionali, «
« essa sola quella scienza storica alla
guise
« varie
« morali. «
bene
Ma
si
è
taluni,
« noscerlo),
riducono
ancor fuori
col fatto
che
le
al
scienze d'
quale per politiche e
ogni dubbio (seb-
almeno, mostrino disco-
conseguimento
di
essa scienza
«
sono apparecchio necessario la contezza e
«
ricordanza precisa ed ordinata dei
«
tenere le quali non basta già lo studio
fatti:
la
a otdegli
ma richiedesi minuto e costante lavoro mente per ispogliare gli avvenimenti di
« storici, « della
« tutte le parti ce
aneddotiche ed accessorie, ridu-
cendoli alla espressione più semplice; vederne ^
Firenze, Successori
1885: in
4.",
di
pag.
Le Monnier, 1875;
101.
Sono
cinquanta
cronologiche, ventuna genealogiche.
e
Nuova ristampa,
tavole: ventinove
CARLO BELVIGLIERI
318
« la concatenazione;
coordinarne
non solo per di procedimento
e
ri-
ma
in
le serie,
« tenerli
atto di
memoria,
« virtìi
logico.
Ed appunto
« «
gran parte
« devesi in
« frutto
che
« storie,
la
tanti
riferire la scarsezza
del
traggono dalla lettura delle
poca o nessuna comprensione che
mostrano, non appena involgano mol-
« di esse
Le Tavole
« tiplicità di luoghi e di tempi.
hanno per iscopo
« senti....
306
«Italia dal
accaduti in
volgare fino al 1870,
dell'era
« riferendoli ed ordinandoli ai principali
a cui ne' secoli andati
« intorno
pre-
rendere evidente
di
« la successione dei fatti principali
«
alla
mancanza di questo lavoro, che alcuni sdegnano impazienti, altri fatuamente dispregiano,
si
centri,
svolse
mag-
giormente la vita politica della nostra nazione
« e
di
metterne in evidenza
« eventi
di quelli fra gli Stati esterni,
pur troppo per legge
« (e
di
;
sincronismo cogli
il
che ebbero
suprema numerose maggiore effi-
giustizia
« e per nostra follia furono molti) piiì « e
diuturne relazioni con noi e
« cacia sulla nostra storia. « giche, scelte
«
conoscenza
medesimo
ordinate a rendere
di storie parziali
inten-
precisa la
ed a chiarire par-
dinastiche, le quali,
« ticolarità
anche
lievi
in
non raro contengono la causa occasionaie, e porgono la spiegazione, di eventi gra-
« sé, «
e compilate col
sono
« dimento,
Le Tavole genealo-
di
« vissimi ».
dovranno,
Se
le
Tavole sincrone e genealogiche
in desiderabil
servigio
della
cultura
319
CARLO BELVIGLIERI nazionale, ritornar sotto
che
Belviglieri,
il
quale,
il
continuò a lavorarvi
cate,
fra le sue carte
Un
assai e mi-
in parte sul
Sommario
manuadell' Alt-
Storia della Grecia dai tempi remoti
di
conquista
sino alla
corredo
arricchire
edizione.
sostanzioso e ben proporzionato
letto (tracciato
meyer)
che
di
una seconda
gliorare
è
bene si sappia anche dopo pubbliintorno, ha lasciato
torchi, è
i
romana^
che ha pure
^
il
Tavole cronologiche e genealogiche,
di
da ricordarsi opportunamente dopo l'altra magdidattica del Belviglieri. Coerente
giore opera a'
suoi principii,
il
lettore
minute indicazioni
« e
narrazioni
« le
« detto di
avvertiva in questo
di
cose o di
particolareggiate
Cousin
Il
;
numerose
fatti, come memore del
Nella geografia e nella storia,
:
che importa è T insieme
« ciò
il
« procurai »
« di evitare tanto le troppo
».
Belviglieri tentò anche la storia d'arte: e
desiderio, del quale io posso rendere testimo-
nianza, di forbire
il
1814
d' Italia dal
dettato di quella sua Storia
al
1866, che Cesare Cantù
accolse nella Collana di Storie e
temporanee,
^
Memorie con-
mostra che della sua scienza
egli
sentiva le armonie col magistero universale del
pensare e dello scrivere,
ai lavoratori di
mestiere
ignote; lo dimostra, pur con le sue imperfezioni, 1
2
lano,
Firenze, Paggi, 1872; in I6.0, di pag. 304.
In sei volumi, dal
Corona
XXIV
e Caimi, 1867.
al
XXIX
di detta Collana;
Mi-
CARLO BELVIGLIERI
320
stessa, che fra le molte, troppe
r opera da per sé
forse e troppo vicine ai fatti, di
tunosa, credo
quella età for-
destinata a tener
io
revole ed utile.
E
questa
che
Notizia,
come valente non
luogo
prepose parole,
vi
uomo
un
di
ono-
le quali in
modesto
così
disdice fare quanto
posso
piiì
autocritica, meritano di essere testualmente, esse
pure,
«Ho
trascritte:
tentato di narrare
« accaduti in Itaha dal
1814
1861,
al
che dapprima intendesse arrestarsi
»
i
fatti
(sembra
alla procla-
mazione del Regno d'Italia, poi con un altro volume attinse la liberazione della sua cara Venezia) « nel qual tempo dalla dipendenza stradalla servitù civile, dalla divisione ter-
« niera,
« ritoriale, per propria virtù « suoi
nemici, unità,
« che, nel
volgere
.«
per concetto
libertà,
e
nostra
patria
la
« stando
lo
e per insipienza de'
sguardo
per forma,
« in parte svolsero
il
venne conqui-
indipendenza. Confesso a' i
molti
scritti,
egregi
quali o in tutto od
medesimo tema,
Ma
sentii più
« volte
mancarmi
« forto
a perdurare, nel sentimento di patria
«
il
coraggio ....
neir amore alla storia.
« sato
del quanto
sventure
« glorie «
ancora e
«
conservare
gli
«i sanguinosi «
a
«
lunque
tutti,
utile
della
ricordare non solo
nazione,
non
ma
le
colpe
rinnovarli, e per
saviezza civile e colla virtù
colla frutti
della
vittoria:
utilissimo ai liberi. ella sia,
e
primo mi fece avvi-
Il
sia
errori, per
trovai con-
La
studio utile
verità poi, qua-
impone ad ogni
onesto,
che
CARLO BELVIGLIERI
321
prepotente bisogno di annunziarla,
«
la conosca,
«
«
come adempimento di un dovere .... Non dico di essere immune da amore e da odio amo
«
r
«
sua indipendenza, la sua unità; ne aborro po-
:
prosperità, la sua
sua
Italia, la
« liticamente
nemici.
i
«
farmi dissimulare
«
il
bene
.
«
troppo
.Del
.
il
il
la
Ma
non T amore valse a male, non l'odio a tacere
resto, figlio della rivoluzione,
con lealtà
« accetto
Ma
.
libertà,
il
perchè ricordo
presente,
passato, e perchè fido nell'avvenire ».
dell'avvenire, nell' ultima pagina dell' opera,
altre parole scriveva,
che a distanza
parecchi bisognerebbe fossero,
sono pur troppo, « torio
Emanuele
di
meno
anni ormai
di quello
opportune a ripetersi:
V Italia
diceva,
che
« Vit-
ma non
è fatta,
«
compiuta; espressione eh' ebbe plauso, come una speranza, come una promessa. Ma un altro significato, che forse non era nella mente del dicitore augusto, avevano quelle parole. Ciò che
«
manca
«
che non qualche lembo
« «
«
Italia è
all'
ben
di
maggior momento
di territorio...
.
Manca
« air Italia quello spirito dì operosità infaticabile,
quale possa trarre profitto da
« pel «
a
lei
« se
stessa,
« suoi «
natura
dalla
ma
« di
Stato;
cultura,
« veri,
tutti
i
doni
non per bastare a
per far che
le
sue industrie,
i
non soccombano al paragone grandi ed anche di qualche pic-
commerci,
con quelli dei
« colo
largiti,
che
Del Lungo
manca quella
servano
all'Italia
quella
gravità di studi di
norma
e
d'
diffusione
sani e se-
incremento 21
CARLO BELVIGLTERI
322 « alla sapienza « l'intelletto
pratica della vita, invigoriscano
senza inaridire
cambia
in religione
« tanto nel più « gistrato
coscienza
la
pasciuti o famelici,
la
nazione rimarrà sepolta
paga
moveranno per
di
una cultura
maggior parte nell'
ignoranza,
superficiale e vanitosa,
«dell'ignoranza peggiore; finché tra che
foga
non
di
«
« «
« «
« «
classi,
di
potere e
di
possedere,
1'
esempio
dell'
ed
il
ossequio alla legge
non parta costantemente da coloro che devono esserne esecutori e vindici, ed il popolo non sia tanto educato da rispettarle, anche quando possa infrangerle impunemente; finché la professione delle opinioni politiche non sia verace espressione del convincimento, e come tale con lealtà serbata o con ischiettezza mutata, non già un valore da trafficarsi a norma d' inte-
« resse; finché « dine,
«
godere,
curando o schernendo l'onesto
« giusto; finché
«
le
dicono calte ed elevate, predomini la
si
« cieca
«
dovere,
del
modesto artigiano come nel maE fino a che frotte
« lidi ed abbandonati; finché
«
manca
.;
mentre moltissimi campi stanno squal-
« le città,
« della
.
.
eccelso ....
piiì
« d' oziosi,
«
cuore.
educazione morale, che
« all'Italia quella salda «
il
il
umanità
petto,
patria
e
e Dio,
popolo, libertà ed or-
non
iscaldino
veramente
né cessino al tutto d' essere lustre di pur troppo
dovrassi ripe-
«
ciurmadori
€
tere con Vittorio
Emanuele: L'Italia è
«
ma
».
politici;
non compiuta
fatta,
323
CARLO BELVIGLIERI
Uno
anno
triste
e
Roma
nel
beneficenza,
nel
tenuto in di
effetto
delle inondazioni nel Veneto,
che lodarono
giornali,
i
ad
Rossini,
teatro
Verona nella
degli ultimi suoi scritti fu
storia e nell'arte^ discorso
1882:
simpatico oratore,
il
ne riferirono la conchiusione concettosa ed gante, col titolo
cuore pari gli
la il
d' italiano
Le
confessioni
tornava
ele-
Il
suo
alla città natale, e in
tempo ad antichi studi, che l'amor di questa aveva ispirati e fatti cari; poiché Verona e
sua iprovincia tiene, fra i lavori suoi notevoli, primo posto nell'ordine del tempo, come pub-
blicato,
lume
59 e il 60, a far parte del IV voGrande illustrazione del Lombardo
fra
il
della
Veneto diretta dal Cantù,
Cesare Balbo
^
teggiando, non mi ricordo felicemente, su questo
strata dal
dove né so quanto che del verbo dice
«
Verona
illu-
marchese Maffei non parergli guari che anch' egli volen-
« piti illustre ». Il Belviglieri, tieri
mot-
abbellirsi
illustrare fanno gli eruditi, «
deW Adige,
^
cercava
senza volerlo,
l'
arguzia,
con
s'
credo bensì
incontra,
questa
del
ma
Balbo,
modesta reverenza dichiara che
o:
lasciando
con al-
« l'immortale Maffei la gloria di avere illustrata «
Verona^
1
II
gli
parrà molto se
CajìHan Fracassa di
Roma
di lui
del 27
si
dirà che
novembre
;
V Aretta
e VAdige, di Verona, del 27 e del 28 novembre. 2
Di quel volume IV (Milano,
monografia veronese occupa la data 11 dicembre 1860.
le
Corona
pag.
e Calmi,
1859) la
289-679, e porta in fine
CARLO BELVIGLIERI
324
«non
E
oscurata».
l'abbia
sua monografia
la
è veramente, in quella importante Collezione,
una
degna della città, che «tempi dell'ingrandimento romano fino
a:
dai
ai
re-
delle più pregiate, e
«
contissimi » ebbe vicende ed uomini nella storia
osservabili e insigni. Fino anche in un tema municida quelle pagine, e pale, che si presta ad essere impicciolito da menti della patria
piccine,
italiana
programma di vedemmo aver vori
«
:
formula e applica
Belviglieri
il
studio e
il
metodo
informato
egli
quale
critico al
gli
altri
suo
il
suoi la-
Delle cose veronesi, con estensione varia,
«
partitamente, trattarono parecchi
«
sieme
«
piamo, nessuno. Per la qual cosa, se da molti
che intendesi qui
(ciò
fare),
:
di tutte in-
che noi sap-
potemmo aver lume ed appoggio,
«
egregi
((
rimaseci tuttavolta
ti
gliere, unire, ordinare, tanti materiali, a
«
del pregio
«
opera .... Delle cose generali quel tanto
scritti
il
difficile
compito
di sco-
norma
loro e dell'intendimento di questa di-
«
cemmo che
bastasse a legame delle particolari.
a
In queste
poi
«
luta concisione coli' interezza de' fatti, col nesso
«
che hanno fra loro, e con
«
scaturisce la parte ideale della storia, »
Vidi dell'
il
85, in
ci
studiammo concihare
Belviglieri
Roma,
1'
la
certi principii
vo-
onde
ultima volta nel maggio
pochi giorni prima che
ci
fosse
quando nulla sembrava minacciarne i preziosi. Però egli era, contro al suo solito,
rapito, e
giorni
malinconico e stanco: e
di
questa stanchezza mi
325
CARLO BELVIGLIERI incomodi
parlò, e d'
dosi ai sessanta sentiva
dell'insegnamento
aifatto, »
soggiunse, e
commosso
cert' di
gli
la
:
e
brillavano voce,
«
nobile
anima
a spegnersi
ma
bisogno
il
Era sempre
la scuola,
che accendevano
in quella
si
d'
spetta senza dubbio onorato
cultori della scienza storica:
i
erano
alle future
un fuoco, vicino solamente con la .vita. Perchè a
Carlo Belviglieri
luogo fra
occhi,
gli
scolastica che m'invi-
estreme faville
l'
ritrarmene
perchè a una
giovani, era la educazione di questi
sorti deir Italia diletta,
diminuire
di
ma non
ora del giorno, proverei sempre
sentire la campanella
tasse ad entrare». i
bisogno
il
le fatiche
e vibrava
e che avvicinan-
di salute,
ma
egli
fu soprattutto, e volle essere, educatore e maestro.
E
questo è a
lui titolo
d' altissima lode.
volte invero, con tanto fervore
namenti e provvedimenti la
Troppe
teorico di ordi-
scolastici, è poi nel fatto
scuola sacrificata alla scienza, e dimenticato
supremo scopo educativo e umano di quella, cosicché non sia consolante, quanto raro, spettacolo, questo d' un uomo, che, come insegnante e come libero cultore degli studi e come cittadino il
della patria risorta, volle tutto vivere nella scuola e per essa.
E
scuola intendeva
egli, la
dell'animo mediante l'erudizione
educazione
dell'intelletto.
LOUISA GRACE BARTOLINI
Louisa Grace, gini fiorentine,
del
nata
famiglia
nobilissima
(*)
1818 a Bristol
nel
dì
irlandese che vantava ori-
morta a Pistoia
3
il
di
maggio
1865, passò in Italia gran parte della vita,
e di questa sua patria
seconda coltivò
e la poesia con rara felicità.
venne pubblicando
in
le lettere
brevi scritti ch'ella
I
giornali
e
riviste,
ovvero
in opuscoli miscellanei o in fogli volanti, le con-
ciliavano r affetto e la stima delle poche persone
che
li
conobbero, e facevano
e pregiato
il
nome
di
lei
cara
a quanti in Toscana s'occuparono di
lettere in quei tre lustri
dopo
il
1846, che molte
cose videro operarsi e prepararsi, e che se non
per profondità e pazienza
non so quale serena
{*;
Avvertimento
al
di
studi,
almeno per
e quasi presciente alacrità.
Lettore,
premesso
ai
Canti di
Roma
Macaulay e Poesie sulla schiavitù e Frammenti di E. W. LoNGFELLow tradotti in versi da Louisa Grace. Bartolini; Firenze, Successori Le Monnier, 1869. antica di T. B.
LOUISA GRACE BARTOLINI
328 fufrono tali
da aver poi dovuto presto, anche prima
d'invecchiare, rimpiangerli.
Non
dirò che la Louisa
sia uno de' personaggi più importanti di cotesto
periodo
delle
toscane:
lettere
un
lodarla, sarebbe,
modestia, che a
lei
che
un
che
piii
far torto a quella femminile
piacque più della fama. Questo
è bensì vero, che forse niuna persona eulta visitò quelli anni
in i
suoi ricordi
due righe
foglio di
qualche
E
tista.
nome di
dama
tutti,
vavano
la quale
Pistoia, il
non avesse
fra
della Grace, e nel porta-
presentazione a o di qualche
per parte
lei
letterato
od ar-
partendone, riportavano e conser-
piacevole
memoria
di
quella
elegante
casetta, del grazioso giardino, delle conversazioni serali
tempo
nella
del fare disinvolto a
biblioteca,
e signorile di
lei.
La Louisa
un
era tale, che
dopo averla conosciuta dappresso, dopo uditala recitar versi o toccare
il
piano, o vedutala trat-
tare i pennelli, l' idea che te ne rimaneva era pur sempre più d'una buona e amabile donna €he d' una letterata e d' una artista. Preziosa virtù, la
quale un savio legislatore di repubbliche
o letterarie e
civili
dovrebbe imporre
come prima condizione per aver
alle
donne,
facoltà di pro-
fessare gli studi.
Ma
dell'ingegno e degli
parlò non
uno
de' più
studi della
Louisa
brevemente, e con l'usata acutezza, illustri
fra gli amici di lei,
il
Car-
una raccolta di Pinose e Rime cui il vedovo marito Francesco Bartolini volle consa-
ducci, in
329
LOUISA GRACE BARTOLINI crata al proprio ed
all' altrui
dai manoscritti, che
il
dolore.
^
E quando
Bartolini con gelosa cura
conserva, sarà sceverata materia per un volume di
ristampandosi, accresciuto
Saggio
quel
originali,
scritti
essere
e
documenti, sopra
gli
potrà,
nuove osservazioni
di
confortato
e
critico
da maggior copia
di
che com-
medesimi
scritti
il volume. ^ Ponendo intanto a luce lunghe più e più corrette fra le traduzioni poetiche lasciate dalla Louisa, si rende buona
porranno
le
non alla meno notevole, degli studi suoi. Perocché V ufficio letterario a cui forse ella avrebbe avuta maggiore testimonianza ad una parte,
e
attitudine, e al quale, se le bastava la vita,
mostra
già dato rivolger
tare ciò
l'
di
volere
animo, parmi sarebbe stato
che per
lei
avea
più particolarmente d' interpre-
era nativo, a coloro la cui
come nativa parlava. Tra le cose che quel volume farà conoscere, sono alcuni roman-
lingua
imitati
zetti
lecito
dall' inglese,
dir così,
rabile che
l'
arte,
se
mi
è
del trapiantare, in ciò è più mi-
meno
vace e fedele
dove
quanto
apparisce, ed in
espressione
di
cose
la vi-
forestiere è
conciliata con l'osservanza al genio della lingua e della letteratura d'Italia.
1
Prose
e
2
Rime
e
Rime a ricordo Prose originali
di L. G. B.; Firenze, Cellini, 1866. e tradotte di
Lodisa Grace Bar-
tolini raccolte per cura di Francesco Bartolini; Firenze, coi tipi
Le Monnier, 1870.
A
pag. iv-lvii, Louisa Grace Bartolini,
incordi di Giosuè Carducci.
LOUIS A GRACE BARTOLINI
330 Il
Macaulay, che nella storia ha
poeta e F evidenza del pittore,
e
fuoco del
il
conserva la dignità e la serietà dello dell' erudito;
e
il
verso
potente
il
germanico e
il
indirizza
affetti, e
latino
degno rappresentante
^ ;
ed
il
il
ed insieme
intelletto
eloquente e abbondevole, un
scrittore
e
ispi-
santa meta del bene;
alla
Macaulay, lucido e solido fra
storico
Longfellow, che cerca la
razione poetica ne' più gentili il
poesia
nella
di
mezzo
Longfellow,
della giovane arte anglo-
americana, e interprete
a' suoi
concittadini
dili-
gentissimo delle letterature europee; dovean piacere alla Louisa, a questa irlandese che poetava
animo suo conciliava quelle delle due razze a lei care. Del Macaulay ella volgarizzò, prima e sola, eh' io sappia, i toscano, e nelle
Canti di
modo
doti
Roma
all'Italia
gnosamente
dell'
rivendicando
antica^
un
libro
in
certo
dove è ricostruita inge-
la vecchia storia della
grande
città
danno la mano a riempiere i vuoti che i monumenti letterari presentano alla critica. Dal Longfellow tradusse àeW Evangelina e del Canto d' Hiaioatha latina, e la erudizione
alcune parti,
piiì
e la poesia
si
per esercizio o per occasione
che con l'intendimento
di
compiere
il
lavoro;
frammenti deìTHiawatha per facile i vena od eleganza invoglino del rimanente; e sebbene e quello,
^
assai
lungo,
dell'
Evangelina^
H. Taink, Histoire de la Uttératuve anglaise.
in
molti
381
LOUISA GRACE BARTOLINI
non
luoghi,
tanto, forse, per artificio di
stile
e
leggiadria di numeri, quanto per fedeltà e sostenutezza, possa parer degno di venire accanto ad altre traduzioni
Ma
poemetto. sione,
meritamente lodate del bellissimo
tutte,
ed alcune
italiane le Poesie
fece
tosi versi d'
piiì d'
sulla
mo'
volle premessi, a
alle quali
in
una ver-
Schiavitù,
d' epigrafe, pie-
un antico poeta inglese, Massinger,
quasi raccogliendo da quella letteratura varie e
contro la
disperse voci di protesta
umane
delle
piìi
atroce
ingiustizie.
Se a nessuno converrebbe essere a un tempo
meno
editore e critico d' un' opera nuova, molto
a
me
di
queste traduzioni.
E vano
sarebbe, con
qualche osservazioncella su' metri non felicemente appropriati e sopra
i
forse
tutti
caratteri dello
stile
poetico della traduttrice, preoccupare l'animo
e
giudizio de' lettori. A' quali però
il
non voglio un autorevole giudice di verso italiano sorta lavori, il cav. Andrea Maffei, letto,
tacere che e di tal
a mia istanza,
lodando
« lo
il
canto sopra Orazio^ mi scriveva questa valorosa donna; non
stile di
ma
«
contorto ne affaticato,
«
gante ; » e ripensava con maraviglia, eh'
«
non ebbe succhiato
Non
lucido, preciso, ele-
col latte la lingua d'Italia».
dirò se questo pensiero debba,
giudizio
si
« essa
qualunque
rechi del libretto, crescere la misura
censure; né se, oltre la
delle lodi e
temperar
maraviglia,
debbano traduzioni
le
italiane
straniera ispirarci un po' di gratitudine.
d'
Ben
una con-
332 fesso
LOUISA GRACE BARTOLINI volentieri che a me,
raccogliendo
coleste
pagine da' manoscritti della Louisa, pareva non tanto
di
adempiere
il
mio buon
desiderio del
amico Francesco Bartolini e
di
lei
stessa,
che
poco innanzi la morte preparava questa pubblicazione, quanto di sodisfare, così com'io poteva,
un debito
del nostro paese verso
volle nostri fetti
il
una donna che
suo ingegno e V animo,
e gli scritti.
i
suoi af-
RAFFAELLO MAZZANTI
la
(*)
Sulla tomba d' un mio caro parente chiedono mia parola la Pia Associazione degli alunni
del già Istituto
Dirò
le virtù
agrario di Meleto e la vedova.
dell'ingegno e dell'animo
faello Mazzanti,
modesta sua alcuni
vita;
caratteri
cultura
in
avviavano quant' anni
brevemente, come modesta,
notevoli
della
Toscana, quali agli fa,
uffici
prima
ma
del
esse
viver
si
di
Raf-
addice alla
che pur ritrae società e
della
erano, e quali civile,
un
cin-
de' nuovi tempi.
Nato nel 1815 nel Valdarno d' Empoli, da come siamo parecchi della borghesia operante oggi nelle città nostre, prima
famiglia campagnola,
occasione a far studiare
ebbero
ranza
i
suoi,
di farne
il
giovinetto ingegnoso
come allora accadeva, dalla speun prete. Ma al sollevarsi del-
l'ingegno dalle umili condizioni della vita, altre
(*)
Ricordo pubblicato nel novembre del 1891 dalla Fia As-
sociazione degli Alunni del già Istituto agrario di Meleto.
RAFFAELLO MAZZANTI
334
mutata disposizione della cir avvenire d' un giovane meno aveva
vie dischiudeva la viltà;
e
ormai da chiedere
privilegi
ai
dello
abbraccerebbe, che non alle proprie forze
qualunque quello stato domestiche,
ambizioni
che
stato
di lui,
Quindi coteste
si
fosse.
che
in
altri
tempi
spesso
anzi
addirittura
erano state innocenti, colpevoli, conservavano
vantaggio
il
ad
non
eccitare
di
mediante
parenti
e
studi,
quali poi erano liberamente rivolti verso
i
giovinetti
inalzarsi
gli
quella professione di vita che la natura, non
studi
larghi che a prima giunta
piti
derebbe;
Ed
fosse per consigliare.
losco interesse,
non
si cre-
a molte cose non
sebbene
perchè,
il
erano
si
distendessero, avevano nel latino, cioè nella con-
versazione
grandi
pensiero
col
di
scrittori
che
cultura,
Roma,
scuole
le
col
e
sentimento
quel fondo di
speciali
de'
umana
danno;
non
le
scuole, dico, tagliate com'
un
questo
condannato, già prima
di quell'esercizio,
ad
eh' e' nasca,
essere,
vestito al dosso di
nonostante la scuola,
rimaner sempre mestiere. Così quando
il
e
mar-
chese Cosimo Ridolfi, cercando un maestro pel
suo
agrario, rivolse gli occhi
Istituto
giovine Mazzanti,
roco
della
questi aveva,
Tinaia, poi da uno
chiotti, poi nelle
zio
prete
deva
pe' suoi
il
Pic-
scuole comunali d'Empoli, im-
non per l'appunto quel po' Storia che il marchese agronomo
parato, forse liano e di
verso
prima dal par-
alunni,
ma
traducendo
d'Itachie-
Virgilio
EAFFAELLO MA ZZANTI aveva dischiuso l'animo
335
alle impressioni
quel
di
ha fondamento nel vero, a quella apforme ritratto, ha da certi libri, ma non la insegna il
bello che
prensione del buono sotto belle
che
si
maestro. Dell' Istituto
anche
Meleto, nel quale, del resto,
di
al latino (per la
classe dei possidenti)
si
era trovato suo luogo, ha scritto nella biografìa del Ridolfì
il
Lambruschini:
da ogni
« collegio dissimile
di
^
« quel rusticano
altro, e
meglio d'ogni
« accolti e «
voleano
i
figli
de' possidenti e
divenire
erano
quale
« altro ordinato e fruttuoso,.... nel i
amministratori »
giovani che :
« tutti
e
dovevano studiare, e tutti lavorare... Il Ridolfì, « direttore e primo maestro, era il padre; e, ve« ramente consorte di lui in ogni cosa, la mo« glie sua era della numerosa famiglia la ma« dre ». In quello e nell'Istituto che il Lambruschini stesso aveva a San Gerbone presso Figline, e dal quale usciva la Guida deW educa«
iore,
«gli alunni
dell'uno e dell'altro
«
vano un giornale, e
«
famiglie
lo
scambiavano. Erano due
ma
divise di luogo,
« di
pensiero e d'affetto; in
« al
cospetto
«
delle
grandi
parava a meditare, a
giunge
^
il
Elogi
125 e segg.
degno biografo,
e
scrive-
ambedue opere
fare, «
quali,
le
di Dio,
ad amare
che
Biografie', Firenze, Succ.
insieme
viventi
l'Istituto
s'
».
di
im-
Sog-
Me-
Le Monniei*; 1872; pag.
RAFFAELLO MAZZANTI
33G ((
leto
non era soltanto una scuola per
«
che
vi
« reso
erano raccolti; scuola per
le
sei
37
« dal
Da
alunni averlo
agrarie che vi
riunioni
53.
al
gli
tutti si
tennero
Toscana
tutte le parti della
accorreva là per vedere e per apprendere.
« si
«
Ogni cosa era
«
chiarata con
rispondeva,
« si
i
dubbi
erano
chiariti, le
congiungeva più che mai
« vito
di-
obie-
animi aperti
gli
ammirazione, e chiudeva la villereccia
A
« sta. »
siffatta
opera
altri
giovane in sui venticinqu' anni,
e la fiducia,
fe-
educativa,
d' istruzione
da tale uomo, fu chiamato con tori,
cosa
domande
Alle
discorsi.
accolte ed esaminate; e un allegro con-
« zioni
« air
conoscere, ogni
fatta
familiari
il
collabora-
Mazzanti
:
della quale era onorato, fu da lui
corrisposta e ricambiata per modo, che può dirsi
averlo
il
Ridolfì fin d'allora
piuttosto
ricevuto,
che nella scuola, nella famiglia sua propria.
E
sono parole del buon marchese, da una stu-
già,
penda sua
lettera, queste,
poli e collaboratori di
che
«
giovani,
«
mia famiglia
a proposito de' disce-
Meleto
ormai non ».
La
lettera
:
«
.
.
.
distinguo ^
è
.
carissimi piìi
dalla
da Meleto^
il
9
febbraio 1842, a Giampietro Vieusseux, nel chiu-
Si legge, insieme coi Ricordi (notevolissimo documento,
1
ancor
essi,
Meleto
a'
morale
e didattico)
del
Direttore
dell' Istituto
di
suoi alunni, datati del 28 Dicembre 1842, a p. 68-71
mar-
d'un
libretto meritevole d'essere conosciuto da molti: Del
chese
Cosimo Bidolfi e del suo Istituto agrario di Meleto, Brevi di Cesare Taruffi; Firenze, Barbèra, 1887.
cenili
337
EAFFAELLO MAZZANTI dere T Istituto, dopo otto anni,
compiuta
educazione
i'
durante
in esso,
agraria de' suoi alunni,
e dopo avere ottenuta l'istituzione d'un pubblico insegnamento d'Agraria e Pastorizia nelP Uni-
A
versità di Pisa. guitò
il
Pisa
il
nostro
marchese Cosimo, come e con
gliuoli di lui:
con quanta fede,
si
Raffaello se-
istitutore dg'
cuore, con che
qual
fi-
zelo,
facesse loro nella vita e
isti-
tutore e compagno, lo dicono gli affettuosi versi, pe' quali,
loro
alle
primavera del 1865,
nella
egli
proprie lacrime, sulle ossa
le
recentemente
composte,
univa di
lui,
com' aveva desiderato,
nel pubblico oratorio di Santa Croce a Meleto
:
versi proprio di figliuolo, e pure che interpreta-
d'una schiera numerosa
vano
l'affetto
ficati
paternamente da quell'insigne gentiluomo:
di
Mosser piangendo a queste sacre soglie, Dov' è r urna pietosa, Che il tesor delle care ossa raccoglie,
E
la baciaron
E
la
come santa
cosa.
prece de' morti
Sale, col pianto de' tuoi
Questa voce
Come
di
figli,
al
cielo..
duolo e di lamento,
dolente squilla.
Scorre la valle di Meleto, e lento S'alza un canto lugubre in ogni villa,
Che lacrime
distilla
Torna a veder questo tuo Questi Del.
Lungo
fior,
loco eletto,
queste fronde.
bene-
338
RAFFAELLO MAZZANTI
E
queste balze, che con tanto affetto
Coltivasti, e cangiasti in liete sponde.
Qui ogni albero risponde Al tuo nome adorato;
Qui Il
bosco,
il
Parlan di
Prega
E
di te qui l'aura è piena.
te,
un amplesso
in
animo buono
altro che
varie
lui,
non
bizioncelle letterarie
non
figli tuoi.
i
come
versi dettava egli così
altri
dall'
buoni; ed erano per
fetti
benigno a noi,
sia
a te d'intorno
Questi ed
uscivano
amena,
prato,
il
Signor che
il
tutti
Raccolga
gli
colle e questa valle
il
ruscelletto,
si
e facile agli af-
cbe
una testimonianza,
contingenze
am-
alle fatue
lasciò andare, quasi
della vita,
la quale, nelle
compiaceva
si
rendere a sé medesimo, della gentilezza
di
di
sen-
timenti che venne conservando sino a' tardi anni
immutata mostrano
e giovanile
ingegno,
e
altresì la felice
modesto suo tificare
pur sempre.
la
buona
Ma
que' versi
disposizione
istituzione
del
suo
letteraria nel
tirocinio ricevuta e saputa far frut-
sanamente.
E
della
poesìa
come
della
musica: destinate l'una
e l'altra ad allietare comunicano a più largo persone, che non sia di altre arti del
l'umano consorzio,
si
numero di bello; come più a mano naturale »
^
^
di tutti,
sono la parola ed
Dante, Farad, xxvi, 130.
il
perchè
suono.
E
«
opera
purché
339
RAFFAELLO MAZZANTI il
dilettante
stro,
non
si
non pretenda
passare per mae-
di
atteggi a ispirato,
verseggiare
del
per diporto non faccia la professione della vita, sottraendo questa
doveri e agli
ai
servigi
utili
può con lode raccogliere qualche fronda poetica anche sulla tomba di uomo non letterato. Soavi imagini di donna, della convivenza
le
speranze
sociale;
dell'
si
avvenire
e
malinconie
le
del
passato, religione e patria, qualche fantasia ro-
mantica
qualche ottava rima nate fra pagina
e pagina
di
nozze
lettura
amici,
di
Berchet o del Grossi,
del
una
una tomba, un ono-
culla,
mastico, le dolcezze domestiche,
ha dimorato, della
vita
gli
uffici
ornava
tenuti: queste ricordanze
agevoli e affettuosi.
di versi
Sul quadernetto che
li
paesi dov'egli
i
raccoglie, anche l'antica
iscrizione sibt et musis sarebbe, per le intenzioni
superba troppo:
di lui, il
dappoiché musa sua fu
suo cuore; cuore disposto a quanto
l'umana
non
lo intor-
natura, se le tempeste
bidano, ha di
Mazzanti, fatto
Il
fattore
della
vita
gentile e di buono.
pili
all' illustre
conoscere
fisico
Carlo
de' primi ufficiali che ebbe in
Matteucci,
Toscana
mondiale istituzione del Telegrafo carriera,
dov' entrò
corse onoratamente città
parecchie,
:
la
e di
fu
grande quella
apprendista nel 1848, peri
gradi sino
prima
Lucca, Livorno, Firenze, i
suo bene-
dal
nel poi,
destini d'Italia, in Firenze
ai
più alti e in
Granducato,
Pisa,
mutati felicemente stessa
e.
Direttore
RAFFAELLO MAZZANTI
340
de' respettivi compartimenti, in Bari, in in
Napoli, e novamente in Firenze,
nuta neirSO la pensione
non di
di riposo,
Palermo,
dove, otte-
sopravvisse
due anni. Che dalle cure d'istitutore
interi
giovani egli passasse a
sì
preparazione di
coscienziosa
diverso ufficio con
ne è bella
studi,
che nel 1861, essendo Segretario della Direzione in Pisa, ebbe, e sostenne
prova questo
fatto:
con sodisfazione l'incarico
Matteucci per primo,
di tutti, del
d'un corso teorico e pratico
di
Tele-
grafìa nel Gabinetto di Fisica in quella Università.
E quando
promozioni, accompagnate da
le
quei segni di onorificenza che hanno
valore se
susseguono al merito con tardo passo, lo ebber condotto
ai
maggiori
uffici di
quella
non agevole
amministrazione, seppe in essi conciliare le quasuperiore autorevole con le altre di amo-
lità di
revol
compagno
de' propri
e
doveri,
aiutatore
che
adempimento uguale ai mag-
nell'
incombe
giori ed ai sottoposti.
Benvoluto dai
Ridolfì
com' uno
di
casa, e
specialmente da quella gentildonna egregia che
marchesa Luisa, la quale egli ebbe in luogo di madre; avvezzo ad amare e venerare per sua quella patriarcale famiglia; Raffaello non sentì il bisogno d' averne una propria, se non quando il
fu la
pubblico servizio lo allontanò di molto dalla
dove questi telli,
e
affetti,
geniali
e
l'
amicizie,
amore vivissimo si
città,
pe' fra-
alimentavano nella
giornaliera consuetudine. Allora ebbe la fortuna
RAFFAELLO MAZZANTI
341
d'incontrare un'anima, nella quale la gentilezza
ammendavano
e nobiltà del sentire
la
disegua-
glianza dell'età; e con essa ha vissuto
chiuso
riposatamente,
gli
anni
felici,
e
declinanti della
Per opera di quella sua cara, e compagni suoi di Meleto, nel Camposanto della Misericordia, a Pinti, una lapida porta scolpite le buone ed espressive sembianze di lui, e queste non mendaci parole:
vita laboriosa.
de' vecchi
e fidi
RAFFAELLO MAZZANTI M.
N.
A LIMITE
IN
FIRENZE
IL
XV NOVEMBRE MDCCCXV
IL XII
GIUGNO MDOCCXCI
CHIAMATO DAL MARCHESE COSIMO RIDOLFI A INSEGNAR LETTERE E STORIA nell'istituto AGRARIO DI MELETO INCOMINCIÒ SOTTO QUE' PATERNI AUSPICII DEGNAMENTE LA SUA CARRIERA CHE PROSEGUI PRECETTORE E QUASI FRATELLO DE' FIGLI DI LUI POI NEL SERVIZIO De' TELEGRAFI DELLO STATO GIUNGENDO SINO AI GRADI MAGGIORI MENTE ADORNA DI UMANI STUDI ANIMO GENTILE E PIO APERTO E PRONTO AL BELLO E AL BUONO
DA VOLERGLI BENE CHIUNQUE MA PIÙ
IL
CONOBBE
DI TUTTI LA MOGLIE AMATISSIMA
SILVIA SOTTILI
NEL CUI AFFETTO SUL DECLINAR DELLA VITA GLI RIFIORÌ QUELLA GIOVINEZZA DEL CUORE CHE È NEL MONDO IL MIGLIOR PREMIO DELLA VIRTÙ
CESARE FEDERICI «
Mi
sia
lecito,
nome
in
della
dell'amicizia,
gratitudine, e del vincolo di studi con quel va-
lentuomo,
che
coltivò
delle lettere,
studi
anche gli mio compianto
squisitamente
aggiungere
il
onorata memoria del nostro collega consi-^
alla
Federici.
glier
Egli
appartiene
quella schiera di medici
insigni
degnamente a (basti
il
ricor-
dare Puccinotti e Bufalini) che la scuola fioren^ tina
ha avuto
sime regioni
in questo
d' Italia, le
Medici che furono anche
esempio
di
secolo da due nobilis-
Marche filosofi e
Romagna. letterati, dando
e la
quella unione tra le varie parti del
sapere, esempio di quelle armonie fra scienza ed arte, intelletto
e sentimento, la cui disgiunzione
di tempi non lieti. L'annunzio doloroso della sua morte mi ha ricordato, e fatto riprendere in mano, alcune
è
pur troppo segno
(*)
Parole dette nel Consiglio comunale di Firenze, adu-
nanza pubblica de' 30 maggio
1892, e pubblicate negli
AttU
344
CESARE FEDERICI
sue notabili
come
possono
che
pagine,
considerarsi
testamento dello scienziato e del mae-
il
stro alla gioventù nostra. Intendo dire della pro-
lusione agli studi, che egli lesse, non sono an-
cora
due anni, con
massima di G. B. ralista,
E
Sopra una Commento di un natu-
questo
VicOj
quest'aula,
in
onorato de' suffragi degli
voce autorevole
di
di scrittore, in
meno
lano non
dacché
dove,
mi par
scienziato,
di
egli
fu
risonò la sua
elettori,
consigliere,
ripetuta la sua parola
e
titolo:
alcune sentenze
bello sia
di
filosofo
quali rive-
le
l'altezza dell'ingegno che la no-
biltà dell'animo suo.
d'
discorso
quel
In
una massima
facendosi
egli,
grande
del
interprete
napoletano,
filosofo
studiava la vita morale dell'uomo con della
moderna
il
lume
fisiologia: la vita dell'uomo, nelle
relazioni sue con sé stesso,
co' suoi simili,
con
la famiglia, con la patria, con Dio.
Rispetto alle relazioni con sé medesimo, egli
diceva: «Noi dobbiamo custodirci un patrimonio
meno caro
« non
« stessa:
il
ricchezze
delle
patrimonio
delle
della
vita
opinioni, dei
con-
« vincimenti, delle speranze, che « fatica e «
mondani
«
piti
non va soggetto ».
tanto
« pronti nelle
scriveva:
acquista con
si
alla fortuna de' beni
Della famiglia afferma « che quanto
nella casa saranno
« fette,
e
« Il
meglio virtù
stretti
vincoli di af-
i
cresceranno cittadine ».
E
i
giovani
e
della patria
sentimento della patria comprende
345
CESARE FEDERICI
« quanto è di terra e di mare, di città e di bor-
mano, guarcomprende pure la
« gate, di bellezze naturali e fatte a « date entro
«
comune
«
arti,
«
si
confini; e
certi
salvezza,
libertà,
la
gloria
nelle lettere e nelle scienze....
La
nelle
patria
estende a tutto quello che in un paese tro-
« vasi
entro
cerchia
la
di
« monti, e a tutto quello «
la
r ingegno
« patria
« della
mari, di fiumi e di
che produce Parte e
un popolo. Sente amore per la si adopra a conservarle il tesoro
di
chi
sua grandezza, o a procurarle
quei be-
« nefizi che la natura o la violenza le disdissero « chi tiene in pregio le vìrtìi e « passati.
Noi finora non
ci
il
macchiammo
« cato d'ingratitudine; e ciò fa
;
valore dei tradel pec-
sperar bene della
generazione. In breve corso di anni
« presente
massimo d'ogni bene, «la libertà esteriore ed interna, e stringersi ad « unità. Quegli uomini che operarono un tale « l'Italia potè ricuperare
« prodigio, « ci «
«
eroi,
fuggiti dal nostro
cercammo
e
di
sguardo,
onorarli
con
monumenti in cento città, sebbene un monumento sol esso degno della gloria loro sieno
« le Alpi «
appena
parvero
il
tornate a guardia del bel paese, e
mare che
ci
si
il
volge intorno solcato e difeso
« dall'armata nostra ». Del sentimento religioso
scrive
che
«
dove termina la scienza comincia
« la religione » «
si
;
che « se dalle regioni della fede
trascorre entro
il
dominio della scienza, per
« tiranneggiare la libertà del pensiero e coartare
CESARE FEDERICI
346 « le vie
della ricerca, allora
« zione,
mostro abbominevole,
«
crea la supersti-
E
congiungendo
conda
tempi più
i
in
« carceri e
cui
« le
differenze,
La
compone
mente
Queste parole
Comune
sentimenti
sinceri e
alle
dell'illustre pensatore, del
caro
ai
del suo cuore.
di
Fiorentino,
autentica del pensiero di peto, all'altezza
animi, e schiude la
gli
mi onoro
collega nostro, io
le
libertà ragionevole
rasserena
cuore
aprì
pensiero
convinzioni profonde ».
l'aula del
d'incredulità furono
il
«
il
gloriosa e fé-
roghi, per legare
i
«
e
sentimenti
Inquisizione infuriando
l'
accese
« e disperderlo.
fertili
piiì
di
quella delle perse-
di virtù cristiane fu
« cuzioni: « quelli
«L'età
».
con quelli su-
ogni ordine
e di idee, conchiudeva:
mondo
il
principii
tali
in
quale di tanto-
il
pianto e di tante miserie empì
premi della libertà «
si
della
lui,
ripetere qui nel-
come testimonianza come omaggio, ri-
sua mente, alla
nobiltà
PAOLO MATTEINI
(*)
Con questo ricordo d'un virtuoso giovane, morto a ventitré anni, vogliono gli amici suoi, dopo avere a
lui
reso l'ultimo segno d'affetto e
d'onoranza accompagnandolo alla tomba in San
Monte, dare alla madre vedova e
Miniato
al
fratello
un conforto non piccolo
come
:
al
mostrar loro
ventitré anni a quella egregia indole sian
bastati,
perchè molto fosse
di lui
sperato in vita,
molto nella morte compianto. il 26 di novembre 1837 in LiBartolommeo Matteini nobile pistoiese primi Cammilla Uccelli cortonese. Passò
Paolo nacque vorno, e di
di
i
anni col padre,
il
che tenne,
in
in Firenze,
dove
quale nelle armi meritò
Pisa, gli
nell'
Elba,
mancò
in
i
gradi
Lucca,
poi
nel cinquantasette,
mentr' egli in Siena dava opera allo studio delle leggi. Quivi
(*)
due anni dopo, men che
riaprile
G. Barbèra, 1861.
MDCCCLXI. A
Ire
innanzi
Paolo Matteini. Firenze, tip.
PAOLO MATTEINI
348 di
morire, conseguiva
sta
adorna
vita,
di
onori della laurea. Que-
gli
gentili costumi, di
lettere, di virtiì sincere e
eleganti
modeste; a molti amici
carissima, alla famigliuola speranza unica e be-
naugurata;
mdccclxi, dalla
la sera del vi aprile
malattia polmonare, con cui due mesi ebbe combattuto, fu spenta.
Lo
morte
impedì
prova degli studi
suoi,
a giovani suole,
di
pubblicamente
dare
dal
ne a Lui piacque, come
produrre acerbi
frutti
che
Ma
noi,
sconcian l'albero e guastano la coltura.
sua modestia,
cui l'amicizia die diritti sopra la
dobbiamo oggi rendergliene quella lode, che pareva potesse egli medesimo promettersi. A chi conobbe la ben proporzionata tempera dell'ingegno suo, non parrà fuori del vero, se dirò aver egli posto nelle scienze legali quell'amore
con che nella verde età e in
queste portato
attende alle lettere,
si
che dalle leggi sa attingere cade,
credè
che
la semplicità
la severità e
ivi
anco
chi, si
non
schietta e profonda poesia. Perciò giuridici volle al largo ciali
applicati, e delle
campo lettere
principale fosse la politica tori nostri
ebbe Dante
agevole
mente; fra
i
traduceva; fra
rinvenire i
principii
delle scienze so-
desiderò che fine
utilità.
Fra
gli scrit-
reverenza,
memoria, cosicché
ripeterne
Latini Tacito, i
e
in singoiar
se lo era impresso nella .tornasse
affatto ar-
possa
i
e gli
versi
opportuna-
e per
esercizio lo
Tedeschi (nella qual lingua fu
349
PAOLO MATTEINI
versatissimo, e alcuni amici lo ebbero precettore
amorevole) lo Schiller, del quale fra
le altre cose,
un
voltò in franchi e nitidi sciolti la Semele: e a
che
libretto
si
stampava
in
Livorno mandò, pre-
gato, un saggio del suo lavoro. gieri studi
chi consideri in
!
Non
scarsi
nò
leg-
quanto picciol tempo
passarono; ahi ben conviene il dire, passarono! inutilmente, senza il dolce premio della pubblica
A
lode.
guadagnarti la lode degli amici Paolo,
vano,
Con quale amore
tilezza dell'anima tua. le
sventure
scenti ti
patria
della
libertà
basta-
soavi costumi e la gen-
tuoi
i
compiante e
tu abbi le
rina-
dolendoti pure che non
salutate,
fosse dato aiutarne col braccio le lotte; con
quale
alle
cure e
benefìzi
ai
della
famiglia
sposto; con quale le fatiche nostre, che
vamo compagno fitto
nel cuore.
dilettissimo,
Né
consolate,
ci
ri-
avesta
senza lacrime possiamo leg-
gere l'ultima pagina
di
quel libricciuolo dove
i
non erano
i
segreti tuoi deponevi:
tuoi segreti
miseri vaniloqui!, con
cui la
moderna gioventù
canta salmi alla propria superbia; la famiglia, l'amicizia, le letture, ai tuoi
ti
ma
la patria,
davan soggetto
più cari ricordi. In quella ultima pagina,
scritta, quasi fra
il
tempo
e l'eternità, dieci giorni
innanzi la morte, nella breve e ingannevole tre-
gua che
il
nella vita
morbo che
giovane corpo;
ti
ti
concesse; piena di speranza
fuggiva, senza l'avvertisse
di fiducia in Dìo,
il
che all'anima
cristiana s'avvicinava; tornasti col pensiero agli
PAOLO MATTEINI
350 amici.
E
rendevi loro
grazie
t'aveano mostrato nella
per
malattia;
l'affetto
che
prima però,
cura di quelV angelo di mia madre, che non potrò mai giungere a ricompensare neppure nella minima parte. scrivevi, all' impareggiabile
Nella religione, fermamente creduta e amata
per tutta
la
vita,
trovò
della fede e dell'amore,
Paolo, premio
una tranquilla
degno e placi-
dissima morte. Ciò sentì bene Egli, che nel penultimo de' suoi giorni, volgendosi a chi lo assisteva, pronunziò queste parole solenni: di' agli
amici che credano. Le quali, a chi non
le rac-
come eredità, potrebbe venir tempo che pesassero come un rimorso. cogliesse
186L
CARLO POERIO
Una nieri,
generazione
gloriosa
ricordo
all' Italia
monianza ed esempio
(*)
d' esuli
e
prigio-
di dolori ineffabili, testidi
severe virtù, va
guandosi da' nostri occhi. Questi uomini,
dile-
le cui
malinconiche figure spirano vita e patimento nel libro
immortale del Pellico,
un' altra
età,
rimasti
qui
li
diresti avanzi di
per insegnare a noi
giovani, serbati a' benefizi del loro martirio, che la
amava anche quando ciò non era né premiato né pagato, si amava ne' peamava negli si amava nella rovina, si
patria
lodato ricoli,
ergastoli.
si
Di questi uomini poco resta: parte
dentro sfigurato Carlo Poerio
;
il
vita politica, e là
più, rapito
da morte. Anche
!
Quando a Torino,
Parlamento che detto delle prime annessioni, cadde parola lega del Governo borbonico, da lui chiesta,
(*)
fu
nuova
travolto ne' torbidi della
nel
Nella Nuova Antologia,
fase,
di
maggio 1867.
fu di
col
352
CARLO POERIO
Regno
nascente, bastò
scorso,
ma
la voce
il
a
risposta,
nome
non un
di-
del Poerio. Egli se-
deva deputato d' un collegio toscano. Era venuto in Piemonte dall' Inghilterra; in Inghilterra trafugato con altri, mentre dalle galere napoletane, dopo otto anni di ferri, lo deportavano in America. Il nome Poerio suonò in codesta assemblea di mezza Italia quel che oggi il presidente del Parlamento italiano, annunciando questo
nuovo
lutto della nazione, formulò: martirio
delle provinole meridionali. Fratello di Carlo era
Alessandro, poeta e soldato per Venezia, e per
Venezia morto
:
padre, un de' più eloquenti giu-
99
reconsulti napoletani, oratore della libertà nel e nel 21, carcerato in
gliuoli,
E
esilio.
Poerio furono
due
ben
volte, poi cacciato co'
carcerazioni
le
di
fi-
Carlo
quattro, fino all'ultima
del
48 era nella sua Napoli deputato e finì con la galera. Egli aveva raccolte con religione le tradizioni domestiche Chi scrivesse le memorie di quelle carceri napoletane, quanta traccia troverebbe pel triste 1849
(nel
ministro) la quale
!
sentiero, segnata dall'eroica famiglia che nel ba-
rone Carlo
riamo
un
degnamente libro
di
tali
spenge! Noi augu-
si
memorie,
monumento degno, innanzi a al
quale
decretano
fratellevole
gara
onori
d'uffici
ultime imagini
d'
che
sarebbe
a quest'
Parlamento
materni,
uomo e,
in
Napoli e Fi-
commosso serbiamo queun passato, non lontano
renze. Intanto nel cuore ste
il
tutti,
353
CARLO POERIO no,
ma
a cui
ci
sentiamo già vecchi: che è vec-
chiaia dove non
si
ha vigoria
negazione, concordia, onestà, fede. costanza, la virtù modesta,
an-
di propositi,
La
amore
di
rassegnata sacrifizio,
fermezza eguale a osare e patire, a disprezzare, a perdonare, quella là era, quella torni sere, sugli esempi
di
chi
ad
es-
muore compianto,
nostra giovinezza.
1867.
Del Lungo
25
la
ISCEIZIONI
In Santa Croce di Firenze.
intitolato al
Questo marmo nome di Benedetto Varchi
in secolo letteratissimo
letterato di universale autorità
in corte
medicea
scrittore di libera istoria
ammendi tempo
e la incuria degli uomini rimase vuoto d'effetto il concorde proposito de' municij)ii di Firenze e di Montevarchi che" le ossa di lui dopo cccv anni dalla tumulazione inutilmente cercarono nella chiesa di Santa Maria degli Angioli
le ingiurie del
per
le quali
per trasferirle in questa sacra alla croce di Cristo e alle glorie
d'' Italia.
MDCCCLXXI
356
ISCRIZIONI Nel chiostro che fu di
Maria
S.
degli Angioli, in Firenze.
Lapides adiacentes qvos legis nominibvs inscriptos .
.
.
.
Benedicti Yarcliii .
hìstorici
philologi
.
.
praeclarissimi
Didaci lohannis Ramirez de Montalvo Antonii Ramirez de Montalvo Ivliae Pervzziae Philipp© Ramirez de Montalvo conivgis .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
secvndis nvptiis .
Ramiri Stanislai Bianchii Ambrosii Soldanii et Mavri Ceccherinii monachorvm camaldvlensium itemque monumentum Hieronymi Minvccii hvic parieti adfixvm Praefectvs Nosocomii maioris ad Mariae Novae ab aede continenti Mariae Sanctae ab Angelis .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
pristinis
.
.
.
.
.
.
.
bibliothecae vsvm conversa cvivsque sepvlcri locis indice adposito
in '
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
anno mTdTcccTlxxI hvc transferri cvravit .
.
.
II.
In Santa Croce di Firenze.
il
A Napoleone III vin febbraio mdccclxxui trigesimo dalla sua morte procurava in questo tempio di
solenni esequie
amor
patrio di cittadini ricordevoli
che da
lui guidati
gli eserciti francesi
associarono
armi le proprie per adempiere con la libertà d'Italia i disegni della Provvidenza alle italiane
357
ISCRIZIONI
III.
In Santa Croce di Firenze.
Cammillo Benso di Cavour ebbe in questo tempio solennità di funerali dai cittadini di Firenze
auspice
Comune
il
giugno MDCCCLXII primo anniversario dell'acerba sua morte il
dì VI
agi' Italiani
che fra
acerbissima
restitutori della nazione
i
lui
riconoscono
per altezza di mente
maestro
IV. JPer
le
solenni esequie in Santa Croce,
il
dì 7
maggio 187é.
All'anima cristiana di
Niccolò
Tommaseo
dalmata le
dall'
genti italiane
un mare
unite nel dolore della
all'
altro
comune sventura
e nella religione di quelli affetti
pe' quali egli in prò d' Italia
scrisse operò pati
pregano pace da Dio in questa chiesa
dove tanto tesoro di grandi
memorie
Firenze
all'
e di speranze immortali Italia custodisce
358
ISCRIZIONI
V. Xella sala del Consiglio comunale in Grosseto,
Questa del
effigie
comm. Alessandro
Marietti fiorentina
posero gli abitanti della
Maremma
toscana
grati all'architetto e idraulico insigne
che per XXX anni fino al mdccclix direttore del bonificamento i
provvidi intendimenti del principe volle e seppe mettere in atto
con animo pari all'ingegno.
MDCCCLXXIV
VI. In Montepulciano.
Angelo
di
Benedetto Ambrogini
in queste case
che poi dal mutato cognome della famiglia si
dissero de' Cini
vide la luce vi passò tra pericoli la fanciullezza e fatto orfano
da crudeli nemici
giovinetto e povero le lasciava
per rivederle famoso col nome di Poliziano sotto il quale salutato innovatore della toscana poesia all'Italia e degli umani studi alla universale civiltà lo festeggiammo con solenne commemorazione noi suoi concittadini nel luglio dell' anno
mdccclxxv
ccccxxi° dalla nascita
359
ISCRIZIONI
VII. Per
le
solenni esequie in Santa Croce,
il
dì 9 febbraio 1878»
Nel tempio ove all'ombra della Croce Firenze serba accolte l'itale glorie pace prega Italia da Dio all'anima del suo primo re
Emanuele
Vittorio
VIII. In Montopoli. Sulla porta della chiesa.
A
Dio delle anime redentore
inalzano preci e supplicazioni gli abitanti di
Montopoli
anima di Vittorio Emanuele II primo e glorioso re d' Italia per
1'
nelle solenni esequie
Comune
che decretate dal il
di xxi-^
si
celebrano
da quello alla nazione infausta della sua morte Sulla facciata del Municipio.
municipio di Montopoli che nel di xxx gennaio MDCCCLXXvni fé' celebrare solenni esequie all' anima del primo re d' Italia Il
Vittorio volle che
il
fatto e
Emanuele i
II
sentimenti de' cittadini
avessero durevole testimonianza accanto a quella degl'italici plebisciti pe' quali nel
nome
del
Re
liberatore
fu costituita una e potente la patria
360
ISCRIZIONI IX. In Castiglione della Pescaia. Sulla facciata del Municipio.
I
nomi
gloriosi di
re Vittorio
Emanuele
Cammillo Cavour Giuseppe Garibaldi restitutori della nazione italiana
scrive in
memoria
e
onoranza
volenteroso interprete
il
del sentimento popolare Municipio di Castiglione della Pescaia nell'
anno
estremo di vita al Solitario di Caprera MDCCCLXXXII
X.
Questa effigie del capitano Andrea De Benedictis uno degli eroi dell'esercito d'Affrica che nelle strette di Dogali rinnovarono i miracoli dell'antico valore è offerta
dai portalettere di Firenze al fratello di lui «cav.
Giovan Batista direttore provinciale perchè a quella gloriosa si
accompagni
un
nell'
e sacra
delle poste
memoria
animo suo
ricordo
della reverente affezione de' suoi dipendenti
XI. Sulla facciata del palazzo Corsini in Firenze.
Che qui ebbero
i
Compagni
le
case
demolite alla fine del secolo xvii
per dare luogo al palagio dei Corsini
degno
è si ricordi
361
ISCRIZIONI perchè in esse
Dino Compagni terzo gonfaloniere della Repubblica con cuore di cittadino e
mente
d' istorico
descrisse dal vero
tempi suoi
i
Dante
e di
XII. Per una pergamena.
Montevarchi v agosto MDCCCLXXXvni. Al prode generale Manfredo Cagni Montevarchi che si onora d'averlo avuto ospite comandante il campo del 1888 dice addio con desiderio .
e gli ricorda
che dove pongono la bandiera i soldati d'Italia ivi batte più forte il cuore della nazione e di aifetto profondo tra esercito e popolo nel
nome
del
Re
ravvivano le memorie si alimentano le speranze per le quali è santa cosa la patria si
XIII. Per una medaglia commemorativa.
xxvii aprile mdccclxxxix
trigesimo anniversario a Firenze di libertà rivendicata
che fu auspicio d'unità all'
(*)
Fu
Italia
invece incisa la seguente: xxvii aprile mdccclxxxix di libertà rivendicata a Firenze
d'auspicata unità all'Italia trigesimo anniversario
(*)
''^62
ISCRIZIONI
XIV. In Prato.
mdcccxc
XII febbraio
Perchè di bene feconda è la ricordanza dei cittadini i
quali con virtuose opere hanno onorato la terra nativa e la patria italiana il
Comune il nome
vuole che
nelle lettere e negli studi storici insigne di
Cesare Guasti sia scritto sulla casa dov' egli nacque il
di IV di settembre del
MDCCCXxn
XY. Per
le
solenni esequie in Montevarchi,
il
dì 12 febbraio 1890.
Sulla porta della chiesa
A
Dio
giusto giudice e retributore
preghiere di cuori italiani per l'anima in Cristo di
Gesù
Amedeo
di
fiduciosa
Savoia
delle sante battaglie d'indipendenza soldato valoroso
nella reggia nativa principe e cittadino esemplare nella straniera sovrano leale generoso
magnanimo
fedele sempre al dovere
onor di sua stirpe della quale
il
lutto è lutto della patria
Ai
lati del
Figliuolo del
tumulo
Re
liberatore
crebbe alle speranze d'Italia ne le deluse
363
ISCRIZIONI Custoza confermò nei Reali d' Italia il battesimo di valore che Novara Balestro San Martino avevano impresso
Chiamato
al trono di Carlo
V
ne discese quando alla corona del re senti mancare la concordia del popolo L'ultimo suo pensiero ai figliuoli e all' esercito
in
un medesimo
affetto accoglieva
la famiglia e la patria
XVI. Per una medaglia.
Amedeo di Savoia Duca d'Aosta 1845-1890
Ai congiunti destini della stirpe e della patria
fedelmente servì principe soldato re cavaliere
degno
figlio del liberatore d'Italia
XVII. Pel monumento a Daniele Manin, in Firenze.
A Daniele Manin nella ospitale Firenze i Veneti fraternamente memori
364
ISCRIZIONI degli anni che precedettero
quello di liberazione
MDCCCLXVI
La
resistenza a ogni costo
contro lo straniero oppressore
nome
di Dio e del Popolo Venezia affidava al suo Presidente
decretata in
Manin Esule le sue virtù
onorò con
nel cospetto degli stranieri le
sventure e il nome della patria che si preparava a risorgere
ed esser
l'Italia
Fedele alla sua bandiera d'indipendenza e unificazione repubblicano virtuoso volle promosse raccomandò morendo 1'
unità
d' Italia
con Vittorio Emanuele re
XVIII. Kel chiostro che fu di
la Società di
S. Sfarla degli Angioli, in Firenze.
xxvii aprile mdcccxc. Nel vigesimo anniversario dalla sua fondazione mutua beneficenza ed onoranza funebre fra
i
comjjonenti
il
servizio
de' rr. spedali riuniti
con
ricordava benemeriti dovuta
la gratitudine ai il
cav. dott.
Anton Luigi Reali
3G5
ISCRIZIONI che
le
infermerie degli uomini di questo arcispedale
ebbero direttore
primo presidente
e la Società
e autore principalissimo
che agii uffici di pietà verso i trapassati si aggiungesse la provvidente assistenza per la quale sono agevolate e confortate le necessità della vita
fraternamente
ai congiunti
nella santità del lavoro
Presidente della Società
Antonio Bernardi della Rosa
XIX. Pel giubileo artistico di Giuseppe Verdi. {Nell'Albo offertogli dal Comitato universitario di Genova).
Giuseppe Verdi
mantenne
all'
Italia
nei giorni estremi di sua indegna servitù
una per
delle glorie
le quali
dominava ancora
il
nome
italiano
sulle nazioni civili
;
Egli che in quell'arte della quale Rossini fu
Bellini
il
il
Dante
Petrarca
raccolse entro se
come già
ma le
il
Donizzetti
con potenza non superata
dovizie fantastiche e gli splendori dell'Ariosto la intima elegiaca soavità del Tasso.
Italia
rinnovasti
il
madre
quatuorvirato immortale
nell'arte divina il
cui linguaggio
ha presso tutte le genti il medesimo idioma
^^^
ISCRIZIONI
XX. In Firenze.
All'Istituto Tecnico
che
lo
Stato e la Provincia
vollero avesse da Galileo
il
nome
e gii auspicii
questa nuova sede edificò
il
Comune
Governo del Re v'inaugurava le lezioni il XXIX ottobre del mdcccxci Governo Provincia e Comune concordi nell'intento che anche da queste scuole e
il
Firenze
onorando
le
sue tradizioni
contribuisca scienza operosa benefica ai destini della patria italiana
XXI. In Firenze.
MDCCCLXXXIV - MDCCCXCI. Alla memoria e nel
nome
di
Anna Meyer nata Fitz-Gerald fece costruire
questo asilo di carità per il *
i
comm. Giovanni Meyer
bambini malati di Pietroburgo
cittadino italiano
marchese di Montagliari consacrando in un' opera d' affetto
materno
le virtù di quella gentile
che gii fu buona e cara compagna della vita. Il consiglio d'amministrazione del r. arcispedale di Santa Maria Nuova scrive su questo marmo la gratitudine dei concittadini
che
si
perpetuerà
fra le lacrime consolate di molte
povere madri
367
ISCRIZIONI
XXII. Nella Biblioteca Medicea Laurenziana.
Qui ampliata la sede della biblioteca nel MDCCCxci
ebbero propria stanza i codici che migrati già d'Italia
quando
le
spoglie dell'antica nostra grandezza
brame degli
allettavano più agevolmente le
stranieri
tornarono dal castello di
Ashburnham
alla patria reintegrata
decretandone l'acquisto il Governo del Re con la legge de' xxi luglio MDCCCLXXxrv'
XXIII. In Santa Croce di Firenze. Sulla porta della chiesa,
di
il
27 aprile 1892.
Nel tempio che alle glorie d'Italia preparavano gli antichi Fiorentini
Ub aldino
Peruzzi
ha onoranza d'esequie per decreto del
Comune
e pel compianto della nazione
solenni Sulla sepoltura
XXVII aprile mdcccxcii Ubaldino Peruzzi
per voto del
che
il
Parlamento
Comune
e la
Maestà del Re
fecero legge
qui ha sepoltura
368
ISCRIZIONI
XXIV. Nel castello di San Gimignanello, in provincia di Siena.
Questo castello dai Guidini che per due secoli ne furono signori legato insieme col nome nel 1740 ai Sansedoni feudo dei conti della Scialenga nel secolo nel xni'^ sottomesso al Comune Senese combattuto dai Fiorentini nel 1234
xi<*
è di storia italiana
ricordevole
monumento
XXV. Pel centenario colombiano 1892. {Nell'Albo di onoranze internazionali a Cristoforo Colombo).
Nel secolo in clie l'Italia
restituiva alla civiltà universale
mondo
le sepolte reliquie del
antico
Colombo scopriva il nuovo
Cristoforo
divinava e
ma
non per
l'Italia
sua
già minante in servitù e le catene
grande Ammiraglio volle seco nel sepolcro furono anche simbolo di quelle che per più di tre secoli hanno aggravata la patria degna oggi finalmente che
il
espiate le colpe con lunghi dolori di
commemorare sotto
i
i
suoi grandi
santi auspicii
della libertà e dell'unità di nazione
369
ISCRIZIONI
XXVI. In Firenze, Via Maggio.
Giovacchino Taddei samminiatese chiraico di
fama universale
professore in Santa Maria
Nuova
Senatore del Regno abitò per lunghi anni questa casa sulla quale nel 1892 centenario della sua nascita il Comune di Firenze e l'Associazione Chimico-farmaceutica fiorentina scrivono il nome di lui che dalla cattedra nei libri con l'esercizio della professione servi la scienza e l'umanità
animoso e integerrimo meritò gli onori della patria italiana e cittadino
con l'aver partecipati i travagli e i pericoli del suo rivendicarsi a libertà di nazione
XXVII. In Firenze^ nel Palazzo nel Potestà.
Luigi Carrand francese che e al
Comune
morendo
il
amò
l'Italia
di Firenze
21 settembre 1888 lasciò
questi tesori d'antichità
conquista cura ed amore di tutta la sua vita
ha
in mezzo ad essi testimonianza
di gratitudine cittadina
Del Lungo
^"70
ISCRIZIONI
In Palazzo Vecchio.
Luigi Carrand munifico donatore al
Comune
di Firenze
della collezione antiquaria
che perpetua l'onorato suo nome nel Palagio del Potestà ha in questo de' Priori ricordanza di gratitudine cittadina al francese che amò l'Italia
sagace raccoglitore che del suo retaggio più caro
al dotto e
volle erede Firenze
I.
A
Matteo Pierotti
a cui la schietta religione la carità costante della patria
l'amore operoso degli uomini meritarono dai concittadini l'onore di seder deputato
nel
memorando parlamento toscano del MDCCCLIX pongono questo ricordo
moglie Anna Giovanni Vincenzo e Luigi pregando da Dio pace alla cara anima che li educava a virtù con l'efficacia dell' esempio. la
e
i
Ma
figliuoli
una pietra non dice
il
il
loro dolore
Mori a LVii anni maggio MDCdCLXi
IX
ir.
A Francesco di Vincenzo Tiezzi morto nel xlix" anno il xvn agosto mdccclxiv questa memoria pone la sua famiglia Caterina e i figliuoli Olinto Augusto Carolina Alduina a cui lasciava l'esempio d'una vita onesta operosa tranquilla e
il
frutto di costanti fatiche
durate sui dolci campi nativi
372
ISCRIZIONI
ITI.
Sposa e madre rapita ahimè di XLViii anni in XIII giorni
il
xxvn
ottobre mdccclxvi
a noi poveri figliuoli
Enrico Pietro Alberto Eugenia Gherardo Francesco Pia a me Tito Cangini vissuto in te felicissimo xxx anni
madre nostra mia manda dal cielo alla una
diletta
Fanny
famiglia desolata
delle virtù,
esempio troppo raro sulla terra rassegnazione cristiana a dolore senza nome di che fosti
IV.
Qui accanto
alle
ossa della madre diletta
composte le sue Enrico Gangini morto in su' xxxii anni a Livorno il xxvn luglio mdccclxix. Agli studi giuridici che coronò con l'avvocatura volle
e a quelli della storia che furono e ai pubblici uffizi che tenne
i
suoi propri
con lode
nel Ministero dell' Istruzione e nell'
insegnamento
liceale
consacrò ahi forse con troppo zelo la
sua operosa
e taciturna giovinezza.
Povero Enrico
Non rimanere che
la
e
!
di te a' tuoi cari
memoria tua benedetta i
tuoi manoscritti
testimoni di tante fatiche e di tanta modestia
O
Enrico de' santi affetti dell'anima tua Dio la patria la famiglia gli studi
!
373
ISCRIZIONI tu godi ora in quello che tutti gli spogliati dell'umano dolore
altri
comprende
V.
A Zelinda Banti madrefamiglia esemplare benefattrice de' suoi
mancata al loro affetto riconoscente il XV dicembre MDCCCLXxni nell'età di lviii anni le figlie
Diomira Cini che
il
nome
e Zaira Tiezzi
di lei
nelle famiglie proprie invocano
siccome auspicio d'ogni virtù
VI.
A
Fortunato Banti
cittadino onesto padrefamiglia coscienzioso
il
morto a lix anni mdccclxxiv
xviii gennaio
questa tomba disposero piangendo e adornarono le figlie
Diomira Cini
presso
le
alla quale in si lo
e Zaira Tiezzi
ossa di colei
breve termine
ricongiunse la morte
VII.
Anna Taglialagamba moglie di Francesco Bruni nel dare alla luce la sua terza creatura il XXV agosto MDCCCLXXIV suo xxxm^ fu rapita all'amore del marito e de' congiunti all'affetto de' fanciulli
374
ISCRIZIONI essa con la vecchia zia Caterina
via
comune scuola
nella
educati maternamente e all'avvenire de' figlioletti suoi
Elena Umberto e
nella quale
il
Anna nome
della
madre
dolorosamente si rinnova pegno e augurio di benedizione per la desolata famiglia
Vili.
All'anima tua d'angelo
nostre preghiere
le
e sulle tue ossa
o Cecchino il
pianto di noi poveri genitori
Olinto Tiezzi e Zaira Banti che tanto godemmo tanto sperammo della tua indole buona e del pronto ingegno ne' pochi anni che fosti di questo mondo dal di 24 dicembre 1868 al di 27 ottobre 1875
IX.
di vita
Settanta anni innocente pia laboriosa
tutta per altri nulla per se
furono sino al XXII
maggio ìidccci.xxxv
passaggio mortale Marchi dal MDCCCLXiv vedova di Francesco Tiezzi di Foiano in ogni condizione madrefamigiia esemplare il
di Caterina
375
ISCRIZIONI
X. Gino delizia dei genitori
dottor Tito e Laurentina Barlacchi e corona delle loro speranze
rapito in brev'ora da crudel
volava
morbo
al cielo
da due altri angioletti fratello aspettato XXX giugno del quinto anno di sua vita MDCCCLXXVI.
il
O figliuolo o fratellino nostro com' è deserta senza te la tua casa
!
XI.
Nel il
cielo
dove ascesi angelo
di stesso che
un mio
fratellino
scendeva a voi per voi mamma e babbo mio prego il Signore. Questa voce da questa tomba
dove giace il corpicciuolo della nostra Norina si accompagna al pianto di noi poveri genitori Andrea Nasini e Matilde Niderosfc clie la
perdemmo
appena il
cosi cara e graziosa
due anni e mezzo XVl luglio MDCCCLXXVI di
XII. Sulla
tomba di
Elena Mariani vedova A ni chini morta a trent'anni il xxvii gennaio MDCCCLXXvn noi povere orfane
Eduvige e Gemma chiediamo a Dio per la madre nostra
376
ISCRIZIONI la
pace che
il
'mondo
le
negò
e per noi
che
ci faccia
le
degne d'imitare
sue cristiane
virtù.
XIII.
Carolina Dazzi vedova
Stumm
mite e schietto animo pronto ingegno cuore buono cercò nella famiglia nella religione nella carità conforto alle gioie perdute di brevi nozze e in questi conforti
che meritamente Dio rasserenò
le
le
concesse
ore della morte angosciosa
incontrata con cristiana pietà
XV aprile del mdccclxxvii suo quarantacinquesimo. Questo marmo non dice tutto il compianto della famiglia e degli amici il
di
il
desiderio
XIV. Ossa di Antonio Girelli morto a xvn anni il in maggio mdccclxxi trasferite accanto a quelle
della
madre amatissima
che in lui buono e studioso pose tanta speranza oh Dio si presto dispersa
di il
Beatrice Girelli nata Baldini persona d' animo d' ingegno eletta VI dicembre mdccclxxvii suo xlvi" ricongiunta col qui ha con esso
il
figlio
sepolcro
377
ISCRIZIONI
XV. Pace nel Signore all'anima
comm. Carlo Ghinozzi il iv novembre mdcccxi m. in Firenze il xv dicembre MDCCCLXXvn discepolo prediletto e successore degno del prof.
n. in
Forlimpopoli
di Maurizio Bufalini
medica insegnamento gli meritamente lodato
nella cattedra di clinica
per
la pratica dell' arte
l'
scritti
natura schietta affettuosa integerrima dalla patria che amò con fede dalla famiglia dagli amici desideratissimo
XVI. Guido Bini dottore in medicina e chirurgia
da lunghi
e severi studi
negli ospedali di Firenze di Parigi
preparato all'esercizio dell'arte sua e in sul primo cominciare di quello
inopinatamente rapito speranze della famiglia della scienza della patria d' ingegno e d' animo in bella armonia temperati
alle
cosi che
amor
del vero e alto senso di rettitudine
fossero in lui
un
solo e nobilissimo affetto
amico esemplare medico condotto prescelto fra quasi cento a Figline di Valdarno e colà dopo appena un mese morto a xxvn anni e lv giorni il xxvi novembre mdccclxxvii morto nelle braccia nostre Francesco Bini e Virginia Nespoli
figliuolo fratello discepolo
genitori ora infelicissimi
378
ISCKIZIONI che da te o Guido invocati nell'agonia qui accanto a te
abbiam disposto e presso di te
il
nostro sepolcro
chiediamo a Dio pace
XVII. Emilia Compagni nata de' conti Chimelli negli affetti e nei dolori della famiglia
con pio animo curante più che di sé
e d' altrui
trascorse la vita
che il
di
le cessò
a lxvii anni
XXX ottobre mdccclxxix
fra
il
rimpianto de' suoi.
Questo ricordo posero il
marito
il
fratello la figlia e
il
genero
XVIII. Valente Panerai morto a lxxxii anni nel mdccclxxix pio benefico coscienzioso nobilitò l'esercizio d'umili industrie
con l'operosa onestà con la forza del volere col vivo affetto per la famiglia la quale da lui ebbe civile educazione ed ora consacra in questo marmo il
proprio dolore e la gratitudine
verso
il
padre e l'avo
desideratissimo
XIX. Al canonico Luigi Goracci di Foiano della Chiana
379
ISCRIZIONI Priore di Santa Cecilia alla Pace e professore di retorica lodatissimo
poi proposto di Laterina
dove morì a lxxv anni
il
ix
marzo MDCCCLXXXin
dottore e protonotario apostolico rettore del collegio di Castiglion Fiorentino in divinità e nelle classiche lettere
fondatamente enidito e di latine e italiane eleganze
maestro
intelletto gagliardo e geniale
animo pio integro benevolo che dal pergamo e dalla cattedra e nel silenzio di studi operosi
onorò servi la chiesa la letteratura la patria lasciando monumento del proprio ingegno forbite scritture nell'uno e nell'altro idioma e versioni poetiche dal profano e dal sacro
degne
de'
tempi migliori
questo marmo nel primo anniversario dalla morte gli eredi riconoscenti
XX. Che abbia
in
la sorella la
Dio pace cognata
la zia dilettissima
Carolina Nideròst
pregano Matilde e Andrea Nasini e
i
loro figliuoli
al cui affetto riconoscente
questa cara compagna di vita questa pei nipotini seconda madre fu tolta in brevi giorni il
di soli XLiii anni in aprile mdccclxxxiv
380
ISCRIZIONI
XXI.
Sulla
tomba
del dottore Tito Barlacchi
Figline di Valdarno nel mdcccxxxiii
n. in
m.
il
IV agosto
MDCCCLXXvni
in Firenze
dove per xxn anni esercitò l'arte della medicina con mente e cuore esemplari con onore e plauso della scienza la moglie Laurentina Ristori e
figli
i
superstiti Arturo e Ida
e la famiglia
paterna piangono affetti e speranze sostegno e vanto nell'acerba sua morte miseramente perduti
XX IL
n. in
Salerno
Al comm. ing. Enrico Pellegrino 1' 11 giugno 1825 m. in Roma il 22 gennaio 1884 ispettore generale dei telegrafi il
quale onorò
l'alto ufficio
esercitandolo con zelo pari al valore della mente e alla nobiltà dell'animo
e con quella sicurezza che viene dal molto studiare e sapere la i
moglie Carolina Carosini
parenti gli amici
unanimi nell'amarlo p. q.
i
e nel
m.
colleglli
rimpiangerlo
ISCRIZIONI
XXIIL Ida Landi nata Chiostri morta a f l anni il vn marzo mdccclxxxv buona e gentile creatura che visse d'amore per la famiglia di carità verso
il
prossimo
pia benefica
pensosa più d'altrui che di se stessa forte alla sventura e al patire dal marito avv. Giovan Batista dai figliuoli
Emma
e Attilio
dal cognato Carlo
compianta e desiderata marmo non dica
troppo più che questo
XXIV.
A
Carlo Belviglieri
nato in Verona
il
xn settembre mdcccxxvi
delle storiche discipline
in più scuole d'Italia e nei libri
benemerito dovere
alla patria e al
in ogni condizione di vita
con severa coscienza Dio e nel bene saldissima operosamente devoto
e fede in
d'
animo affettuoso schietto sereno
nella Università
Romana
nel Liceo E. Q. Visconti
e nella Scuola superiore femminile
gli
insegnante non dimenticabile i colleghi i discepoli la famiglia
amici
sul terreno dal
Comune per onoranza concesso posero
il
un anno dalla morte XX maggio mdccclxxxvi
381
382
ISCRIZIONI
XXV. Memoria
domestico e cittadino compianto Giovanni Procacci (*) nato il 4 agosto 1836 morto il 18 maggio 1887
di
al cav.
che prima nelP esercizio forense poi nell' insegnamento
come professore
nel Liceo e Direttore nel Ginnasio della sua Pistoia
servi
sempre
utile e operoso cittadino la patria
amata da
la patria italiana
voluta
lui e
(*) Alla memoria di questo mio carissimo consacro altresì, qui soggiungendole, alcune parole che non mi resse il cuore di pronunziare dinanzi alla bara:
Io porto qui al tuo feretro, o mio Giovanni, il saluto, le lacrime, l'estremo addio, di quanti con te fummo giovani e con te negli stud ci preparammo a vivere la vita nuova d'Italia; dell'Italia, che in quei tristi e pur belli anni, belli di poesia santa e severa, anni di ansietà e di speranze, fu la donna del cuor nostro, il supremo desiderio dell'anima. e questo alto amore della giovinezza tu non rompesti mai fede r amasti, la patria, nel modo più degno e come i nostri buoni antichi facevano, lavorando. E tutta la vita tua rende testimonianza alle parole che tu scrivesti per i tuoi poveri figliuoli, e che essi certo si scolpiranno nel cuore Sien forti e buoni abbian la patria e Dio
A
:
:
:
Non
Ora r
il
premio che
sulle labbra, ti
ma
nel cor profondo.
serbava, nelle dolcezze della degna famiglia, nel-
affetto reverente della tua
all'improvviso, da morte.
E
cara noi
città,
la
vecchiaia,
qui, dinanzi
al
ti
è tolto cosi,
tuo corpo
esanime,
quasi non credendo a noi stessi, ci prostriamo sopraffatti dal dolore. Non si chiedono dinanzi a un cadavere lunghe parole a chi amò!
non si chiedono alle persone di famiglia; ed io ti ho amato, o mio Giovanni, d'amore fraterno. Altri dica del tuo ingegno, del cuor tuo; della tua prosa e del tuo verso, eleganti, gagliardi, incisivi; pieni di pensiero, d'affetto, di verità; sonanti di toscane, d' italiane, armonie: il rimpiangere l'opera tua d'insegnante e di cittame, accorso qui con 1' anima percossa e straziata, non è possibile che il dirti Addio Addio, in nome dei tanti amici lontani, che da molte parti d'Italia, all'annunzio della tua morte, piangeranno con noi
a' tuoi concittadini,
dino,
A
!
!
383
ISCRIZIONI anche quando
ciò
non era senza pericolo
artefice di prosa e di verso
toscanamente italiani pensato acume anima entusiastica d'ogni bella e buona cosa che a' figliuoli lasciò scritto ne' libri suoi e nella sua vita « Abbian la patria e Dio « non sulle labbra ma nel cor profondo » critico di
XXVI. Zaira Banti pisana
sposa
e
(*)
madre virtuosissima
seco nella tomba
che
(*) D'
le sì
una moglie,
d'
aperse quasi improvvisa
una madre, egualmente esemplare, mancata
nel fiore degli anni e della domestica operosità,
nominando Zaira Banti, che
Olinto
l'avv.
si
ricorda e
Tiezzi e
si
piange,
figliuoli
i
hanno
perduta quasi a un tratto la sera di lunedi 4 luglio. Donna di forte e schietta tempera, come quelle di generazioni più gagliarde e più sane, uè altro che per essa visse la eir era tutta, e tutto, per la famiglia vita breve e troppe volte provata dalla sventura. Se a chi la conobbe, e ne pregiò l'animo buono ed efficacemente virtuoso, pare un sogno che, così fiorente di salute e d'energia, ella sia morta; si pensi che fantasmi di dolore e che strazio di lacrime abbia cotesto, che pur troppo non è sogno, per la desolata atterrita famiglia; per le figliuole giovinette, le per gli altri figU, quali hanno perduta la scorta più .fidata e. sicura cui la tenera età non salva dal sentire una tal morte per il padre infelicissimo di questi orfani, che è colpito nel fondo dell'anima, quando r amore e le cure di Lei erano il farmaco più potente e benefico a riaversi da una lunga e pertinace infermità. Oh povero nostro amico, oh sorrisi la vita umana tracome rapida e più fra il pianto che fra scorre Vent' anni fa, le gioia delle nozze, le speranze, la balda sicuOggi quali acerbe memorie quale sconforto rezza dell' avvenire quante trepidazioni e quante tombe E tu su questa, la più lacrimabile, declini il capo che incanutisce e a Dio, che solo è tua forza e de' vostri figliuoli, ripeti l'antico, 1' eterno lamento dell' uomo « Che farò io ? « Se parlerò, non poserà il mio dolore; e se tacerò, non si partirà ;
;
;
i
1
!
!
,
!
!
!
;
:
«
da
me
».
384
ISCRIZIONI a XLi anno
mdccclxxxvh
iv di luglio
il
avrebbe portato ogni affetto ogni speranza ogni gioia del marito avv. Olinto Tiezzi delle giovinette figliuole
bambini dell'umano dolore e delle promesse celesti non confortasse non affidasse de' suoi
se il.j)ensiero
la desolata famiglia
XXVII. Olinto Tiezzi
Foiano della Chiana
di
giureconsulto valente
ingegno eultissimo animo buono lasciò ai figliuoli
poco innanzi orbati della madre esempio di vita laboriosa e di fermezza ne' suoi principii confortò di sj)eranze immortali il
lento patire
nel quale la sua vita
a il
soli
si
estinse
cinquanta anni
XXIV di gennaio del mdocclxxxix
XXVIII. I
gennaio mdcccxc
Larga eredità
d' affetti
nella famiglia e nella cittadinanza lascia il
morendo a trentanove anni cav. Giorgio Yalensin
mite d'animo caldo
di
mente generoso d'idee
zelante e benefico promotore di cose utili
con lode operoso nei Consigli del musicista gentile
Comune
385
ISCRIZIONI di alacrità al
buono ed
al bello
nobilissimo esempio
che la vedova
Emma
Lumbroso
raccomanda piangendo figliuoli Guido e Maria Luisa
ai
XXIX. In Montevarchi. {Sulla porta della chiesa)
Alla chiesa
dove
vostro proposto Natale Battagli per voi con affetto fraterno pregava il padre comune il
venite a rendere o Montevarchini
fraterne preghiere santificate dal
memore pianto
della riconoscenza
'
Intorno al tumulo, {di
faccia
all' altare)
Sacerdote di Cristo alla
sua legge
d'
amore
ordinò la vita
breve
di
anni copiosa di opere buone
{dai lati)
Sventure da soccorrere dolori da consolare offese da perdonare trovarono il cuore di lui sempre il medesimo
Dei>
Lungo
386
ISCRIZIONI Prete e cittadino invocò dal regno della giustizia e del vero
benedizione ed aiuto alle sante libertà della patria italiana
faccia alla porta)
{di
La memoria sua in benedizione il suo nome vincolo di carità religiosa e civile
nel popolo che fu sua famiglia
XXX.
•
Il canonico Natale Battagli Proposto della Collegiata di San Lorenzo dal suo popolo che di lui pastore e cittadino sperimentò in più modi l' animo buono la virtù operosa
la
mente
eletta
ebbe compianto unanime morendo a li anni il
XV
di
maggio
del
mdcccxc
e dal fratello cav. Emilio
questo ricordo di affetto
XXXI.
A
Giacomo Betti
guardia campestre che l'intrepido zelo del suo dovere pagò con la vita questa memoria del triste giorno 13 novembre 1890 pone il
marchese Niccolò Ridolfì
387
ISCRIZIONI
xxxn. Nel Camposanto della Misericordia^ in Firenze.
(*)
A Cesare Guasti
che della storia e della lingua d'Italia benemerito negli Archivi Toscani e nell'Accademia della Crusca e la forma della mente e del cuore improntò in pagine mirabili per ispirata toscanità squisitezza di concetti potenza a sollevarsi verso le idealità supreme alle quali Dio fece e dispose lo spirito
umano questo ricordo colleghi e gli amici
i
posero nel terzo anno dalla morte
MDCCCXCII
XXXIII. Gaetano Bianchi pittore fiorentino n.
xxviii febbraio mdcccxix
il
m. senti
mdcccxcii magistero degli antichi
l'viii aprile il
comm. Cesare Guasti
(*)
Prato Firenze
n. in
m.
in
il il
iv febbraio mdcccxxii xii febbraio
mdccclxxxix
ascritto alia ven. Arciconfraternita della Misericordia
giornante buonavoglia il
V novembre mdccclxix
Porteremo alla tua tomba o padre preghiera rivolgeremo la speranza immortale la nostra
ma
al cielo
388
ISCRIZIONI
come e nel restituirne
fosse 1'
tanto benemerito
un
di loro
opere con dell'
mano
d'
autore
arte e della patria
quanto più gravi ad esse dal malcustodito e dal guasto
vengono danno
e
vergogna:
antico anche nella semplicità del costume e nella bontà dell'
visse tutta per
1'
animo arte
integra e modesta la vita
rimpianto dalla figlia Elettra e dal genero Giuseppe Conti che gli posero questa memoria
EICORDANZE NAZIONALI
CONFRONTI E SPERANZE «
Rinnovare e onore
a
«
rata,
a
della città. »
rifare la nostra
Dio, di Maria,
di
(*)
Santa Repa-
Comune,
del
Queste semplici parole segnano
1294 l'incominciare dell'opera, compimento è oggi in Firenze una festa
nei Consigli del il
cui
di
tutto
il
mondo
civile.
Parole semplici, e
fatti
grandi: ispirazioni schiette e dal cuore, e monu-
menti per l'eternità. Così que' nostri vecchi, cari e gloriosi.
Così
avemmo Santa Maria
del Fiore.
Quattrocent'anni dopo, tanta semplicità non
sembra più
possibile,
né
si
concepisce l'operare
come nelle arti non basta più la espressione,
disgiunto da strepitose parole: del bello figurato,
ma
vuole la ostentazione,
sì
nel verso e nella prosa,
(*)
'NeWAlbo d'arte
e
il
del
sentimento; e
pensiero è destinato.
letteratura: Santa
Maria
del Fiore.
Firenze, Ricordo del maggio 1887 (scoprendosi la facciata del
Duomo).
.
390
EICORDANZE NAZIONALI
innanzi tutto, a sonare e romoreggiare.
E
allora
un erudito non dubita di profferir come autentiche, e da quelli uomini del Dugento parlate e scritte,
« per esordio »
« fabbrica
>>,
« intraprender le cose del
« la gran non doversi
decretare
nel
magnifiche
le
frasi
a
Comune, se il concetto ad un cuore, che
«
non
«
vien fatto grandissimo,
«
l'animo di più cittadini uniti insieme in un sol
è di farle corrispondenti
perchè composto dal-
« volere »
A'
dì nostri, se la critica restituisce la verità
per
delle cose, lo fa ella
informa troppo spesso
anche il
piiì
l'acre
sue
le
diffidenza
sentenze,
talvolta
presto che le sue indagini? o perchè
senno della vecchiezza
la ingenuità
ci
abbia fatto ritrovare
serena degli anni giovanili; e l'orec-
chio nostro, stanco de' fragori superbi, le naturali
che
armonie fra
la parola decente e
il
ricerchi
sentimento profondo e
composta?
In questi giorni benaugurati e solenni, l'ani-
mo
si
apre volentieri a sperare
a Dio che
confermino
i
fatti
tali
meglio. Piaccia
sempre, come oggi, e la parola
speranze
Firenze, nel
il
maggio
!
dell'
87.
RICORDANZE NAZIONALI
391
PER FRANCESCO PETRARCA Agl'Italiani
Per
quanta
tutta
genti del
(*)
Po
alle
è terra italiana, dalle sor-
costiere Adriatiche, dalle balze
Trentine alla marina
di
a'
due mari d'Italia;
case, la
ma
libere,
memoria
i
nostri fiumi corrono
i
circondò
diroccati
castelli
dei nostri
dove
sulle verdi colline,
Comune
braccio potente del
ubertose
Sicilia; nelle
pianure, traverso alle quali
dal popolo;
Grandi irraggia della pro-
come
pria luce cosi le città gloriose,
borgate de' loro antichi contadi.
Da
le
oscure
quelle me-
morie, finché è durata l'oppressione straniera,
alimentarono care,
il
il
umili
di
si
sentimento della libertà da rivendi-
la coscienza di nazione,
il
concetto d'una
che fosse Italia politica, com'era Italia nella storia del pensiero, nelle manifestazioni immortali dell'arte.
ni di
Quelle memorie sono state bandiera
combattimento
nel reintegrato
dino verso
di
;
diritto
sono
nazionale.
esse preparò
alla luce del sole, ha,
a'
gior-
titolo di nobiltà oggi,,
i
11
culto citta-
nuovi tempi: oggi^
senza discordanza
di
opi-
nioni o di parti, gli onori del trionfo.
Onori nazionali, se
al
domestico aifetto d'una
piccola cittadinanza risponda
il
gran cuore d'Ita-
(*) Manifesto del Comitato per le onoranze e la erezione di un busto a F. Petrarca in Incisa di Valdarno: marzo 1892.
3U2 lia.
RICORDANZE NAZIONALI
E
questo
chiedono
oggi
agli
Italiani
altri
gl'Italiani dell'Incisa in Valdarno, terra d'origine
Francesco Petrarca,
di
« dolce nido »
chiama, con linguaggio
Poeta laureato,
il
(come
la
popolana semplicità,
di
cortigiano corteggiato esso
il
« dolce nido de' suoi
stesso dai Principi)
primi
« anni, paese de' suoi buoni vecchi, gente sveglia
« sebbene senza lettere, specchiata ancorché senza « titoli
e
renze, che
memorie d'antenati il
».
da Fi-
L'esilio
padre suo ser Petracco ebbe comune
€on Dante e con Parte Bianca, la quale difendeva l'indipendenza della Repubblica contro le cupidigie degli Angioini e della Corte di
Roma,
dette ad Arezzo la gloria della sua nascita, l'
Incisa quella che «
al-
campicelli di casa sua »
i
fossero asilo all'infanzia di lui travagliata. Se la vita venturosa e l'ingegno lo portarono poi tanto
lontano e tant'alto, riore
l'
Valdarno supe-
scritto
lo
nome suo;
del
sulle pareti
di
genio del
l'Incisa
lo
della casa che fu de' suoi
sangue ha consacrato nella chiesa dove pregali
avi e di lui fanciullo
suo;
il
hanno conservato, anche come
luogo, la ricordanza
ha
Incisa e
e de' discesi
suo popolo; chiede oggi che pisca ella sulla
Municipii
che
piazza nel
di
nome
Italia
dal
madre
questo, uno
santo
di
lei
lo scol-
de' mille
sono la
Patria.
Francesco Petrarca
è della
patria italiana,
sopra qualunque altro forse de' grandi antichi, il
poeta che secondo la coscienza della moderna
393
RICORDANZE NAZIONALI possiamo
civiltà
meglio
pittore,
liano;
dir nazionale.
il
poeta che quella realtà oggettiva rispec-
chia nella mente
camente, e dentro
sono
lo scultore,
Dante è il solenne del Medio Evo ita-
gli
la
fremono. L'
le visioni
dello spirito,
hanno
capace, e la plasma fantasti-
spira
le
che
dove
passione che
vita e la
Italia,
il
Papato, T Impero,
Poeta reduce dal mondo
il
« le
muse
e l'alto
ingegno
»
trasumanandolo, «ridice» può chi di lassìi discende ». Il Petrarca, poeta sempre dell'amore, lo è anche
lo
quanto
sollevato
« sa e
dell'amor di patria. t'altro
che
il
La
calunnia ch'egli sia nien-
cantore de' begli occhi di
madonna
Laura, e delle «chiare fresche e dolci acque», sfatata dalla
moderna
critica,
più; restando bensì nel
non
si
ripete
ormai
Canzoniere amoroso
manifestazione forse più efficace, che mai
si
la
avesse,
delle potenze di nostra lingua a significare nella
loro intima essenza
i
segreti dell'umano
affetto;
l'atteggiamento forse più squisito, che l'arte abbia
mai dato a questa musica del parlar toscano, che lungo le rive del nostro Arno si tramanda perpetua sulle labbra del popolo. Poeta e pensatore nazionale,
il
Petrarca sente nel proprio cuore la
romanità d'Italia; e nel nome augusto della cui antica letteratura
mondo
civile,
nel
nome
di
si
di
Roma,
fa restauratore al
Roma
e delle idealità
il Medio Evo vagheggia in quel nome, egli argomenta detergere dalle loro macchie i due massimi poteri, che pur da quella, l'uno a gara
che si
394
RICORDANZE NAZIONALI
dell'altro, s'intitolano:
ma
vorrebbe saldare
piaghe mortali
corpo »
d' « Italia
che
cui
di
Roma
sua»,
ciascun
le
»
del « bel
è « capo », del hoì
corpo
dell'Italia di fatto, della terra
noi « tocca »
di
«madre benigna
tempo,
altresì, e in pari
e
nascendo, e che
pia» ha, accolto nel suo grem-
bo « l'uno e l'altro nostro parente
».
Fu
lui
che
già da più di cinque secoli, al « bel paese, ch'Ap-
pennin parte,
il
mar circonda
e l'Alpe », afflitto
allora e insanguinato dalle discordie de' e
de' Signori,
paesana e
più tardi funestato
poderosa immagine,
naturali
i
servitù
con quella semplice
e straniera, segnò,
secolo che or
dalla
Comuni
confini.
Ma
il
volge al suo termine, può lieta-
mente ripetere quei
oggi che essi sono
versi,
qualche cosa più che una perifrasi geografica.
Un opera
ricordo di Francesco di
nel paese
dove
egli
quanti più
si
possa
Petrarca, che, per Italiani,
sia posto
donde ebbe origine la sua famiglia, e la prima sua stanza, sarà monumento con la virtù de' quali,
de' pensieri e degli
affetti,
Laura più possente,
trionfatrice della morte, che
Dio divietò
alle nazioni,
Incisa di Valdarno,
è risorta l'Italia.
marzo 1892.
RICORDANZE NAZIONALI
395
PEL MONUMENTO A VITTORIO EMANUELE IN PISA
Ai due capi della ghibelline, stanno
rigo VII, e
primo
Re
il
(*)
città dalle
degnamente
monumento a
d'Italia.
grandi memorie
la
tomba di ArEmanuele,
Vittorio
Arrigo, l'Imperatore giusto,
non partigiano, messo dì Dio ad ancidere curialità
Romana
fornicante coi. venturieri d'ol-
tralpe, porta seco nel la
magnanima
Camposanto
sprigiona
secoli di colpe e d'espia-
Re Galantuomo, e da quella tomba e dal Sacro Poema non piiì imperiale e ghibellino, ma na-
impugna
il diritto,
della sua Pisa
visione italica di Dante. Vittorio
Emanuele, dopo cinque zione,
la sozza
la
spada
di
zionale, dell'odierna Italia nostra: dell'Italia fan-
tasiata da Mazzini, concepita da Cavour, propu-
gnata da Garibaldi;
l'Italia degl'Italiani.
Firenze, nell'agosto 1892.
(*)
Nell'Albo Pisa al Padre della patria. Pisa, Ciro Valenti,
20 settembre 1&92.
396
RICORDANZE NAZIONALI
PEL TERZO CENTENARIO CATTEDRATICO DI GALILEO IN PADOVA (*)
Con l'animo commosso da questa
italica, anzi
universale, solennità della scienza, e pei ricordi gloriosi che
in
quesf aula da secoli veneranda
sono oggi evocati, adempio V
alto
mandato, del
quale sento tutto, quanto è grave, l'onore: porto alla Università e alla città di
Padova
il
fraterno
saluto della città di Firenze. Il
fu
saluto della patria di
una
Dante
sua parte; una
delle ospitali all'esilio di
di quelle
alla città che
che fraternamente accolsero quei pro-
confortarono quei colpiti nel difendere la
scritti,
democrazia fiorentina dalla violenza faziosa della Curia
Roma
di
e del Guelfìsmo oltramontano.
Il
saluto a Padova, della città dalla quale veniva Giotto, e nella Cappella degli Scrovegni allego-
rizzava col pennello innovatore della vita
umana, che
il
figurava nell'immortale
il
bene e
il
male
Poeta delle cose eterne
Commedia: ne veniva
Donatello, e nelle forme semplici e gagliarde d'un
valoroso condottiero italiano scolpiva la forza
di
quella Repubblica, che per tanti secoli portò sulle
sue navi, con la bandiera
(*) Il
a
nome
7
del
di
San Marco, onorato
dicembre 1892, nell'Aula magna dell'Università,
Comune
di Firenze.
^97
RICORDANZE NAZIONALI e temuto
il
d'ebbe
i
«
nome
saluto della città on-
d' Italia. Il
cari parenti e l'idioma »
Poeta delle
il
cose alte e gentili, che doveva nella quiete lu-
minosa dei
ma
colli
Euganei consegnare a Dio
affaticata dalle visioni dell'antica
italiana e dalle ansietà tormentose
spicato Rinascimento.
Il
l'ani-
grandezza
del
suo au-
saluto di Firenze a Pa-
dova, nel terzo centenario cattedratico padovano di
Galileo.
Delle tre città nostre, Pisa, Firenze e Padova, fra le quali
tuale del
si
divise la vita
sommo
filosofo
(la
e
l'opera intellet-
Roma
de' Barberini
v'incombe sopra come un destino), Firenze ha della vita le pagine dolorose, la catastrofe tragica.
E
in quel processo, nefasto nella storia della
dovè Galileo pur troppo rammaricarsi di aver volontariamente cessato d'essere il Lettore civiltà,
di
di
un libero Studio per diventare il Matematico un principe; pentirsi d'aver fatto improvvido
getto della protezione di quella Repubblica, che
ben sapeva, quand'era rilmente ne' suoi
il
moménto, difendere
filosofi e ne'
dello Stato e della libertà;
quel divino perseguitato,
suoi teologi
vi-
i
diritti
dovè più d'una
volta,
ricordare la sua Pa-
dova.
Dinanzi alla tomba, adunque, che nell'austera
Santa Croce racchiude
come
sulla
le
ossa sue travagliate,
verdeggiante collina d'Arcetri dove
aleggiano le ricordanze della sua indegna relegazione,
si
ripensa a
Padova con dolorosa
gra-
398
RICORDANZE NAZIONALI
titudine, la quale per Firenze è sentimento altresì di
rammarico; e
pure per una colpa da do-
sia
verne piuttosto accagionare la pi
che propriamente la
sin d'allora che
città,
infelicità dei tem-
la quale
si
gloriò
anche quel grande nome italiano
fosse fiorentino.
Ma
nessun omaggio
piìi
degno
di Galileo,
né
più lieto e fausto alla civiltà universale, potrem-
mo
noi
oggi
recare
che questo,
il
quale
a
commemorazione,
tanta
io v' invito,
o Signori, a ren-
dere solenne col vostro assenso sieme, che
Padova
sono, città
illustri
del
mare
del
Re
e
delle
prode e
e Firenze,
come quante
Alpi, tutte,
sotto gli
i
le
esul-
colpe e l'am-
destini, nel
nome
pel
Grandi nostri meditarono, immaginarono,
operarono, morti
auspici!
accomunano oggimai
leale,
menda, memorie, speranze, i
altre
o umili borgate, nella cerchia
tanze e dolori, glorie e sventure,
quale
rallegrarci in-
:
soffersero
;
nostri-martiri e
nel i
augusto e santo d'Italia.
nome
pel quale son
nostri soldati; nel
nome
RICORDANZE NAZIONALI
399
NELLE NOZZE D'ARGENTO DEL RE E DELLA REGINA D' ITALIA 22 APRILE 1893
(*)
Maestà,
La
città di Firenze,
che noi abbiamo l'onore
di
rappresentare, non potrebbe a più cara memoria
congiungere l'anniversario argenteo delle vostre benauspicate nozze, che a quella, sempre viva fra noi, del vostro giungere, giovani sposi, nella
reggia de'
Pitti, in
fiorentino,
altero,
in
quelli
anni,
della
Corona
che affidatagli dalla nazione egli custo-
d'Italia,
diva
me^zo all'esultanza del popolo
gloriosi finali destini.
ai
Allora quella corona cingeva l'augusta fronte del
Re
trice
liberatore, che con la
del
italico
diritto
madre Roma: oggi
Roma
la
spada propugna-
accennava
corona
da Voi, Re prode e
alla
d'Italia,
leale,
grande cinta in
da Voi, graziosa
Signora nostra, su Voi raccoglie l'amore riconoscente e devoto della nazione rivendicata a sé stessa.
Firenze saluta
oggi nella domestica
felicità
dei Sovrani d' Italia l'adempimento de' voti, for-
mando un solo
(*)
i
come sempre, in Patria. Con eguale
quali congiunse, allora affetto
Dettato pel
il
Re
Comune
e la
di Firenze.
KICORDANZE NAZIONALI
400
concordia, un solo affetto sono per Voi la Patria e la Famiglia: e
il
che rinnovaste nel
nome
di Vittorio
figlio vostro,
sacra memoria e una
lieta
Emanuele,
è all'Italia
Questi ricordi e queste speranze, che di
Umberto
e di Margherita, dischiuso
bontà, vuole sopravvivano
opere
di
una
promessa.
ai
il
cuore
ad ogni
festeggiamenti, in
beneticenza consolatrice; questi ricordi
e speranze, che, dalla vostra carità per tal
consacrati,
adducono
alla casa del
Re
la
unanime
dizione di Dio; Firenze vostra,
modo bene-
nel re-
verirvi e nell'amarvi, circonda coi fiori del ven-
ticinquesimo aprile. Firenze,
22
aprile 1893.
Delle Maestà Vostre
Devotissimi (-firmati
FINE
il
Sindaco
e la
Giunta)
INDICE
A
PiETBO Dazzi
Pag.
V
PAGINE LETTERARIE Il
Parinì nella storia del pensiero italiano
1
Diporto dantesco
47
Ritratti fiorentini
91
Divagazioni grammaticali, in proposito degli « irrevocati dì » neìV Adelchi
Sapavamcelo
:
129
divagazioni storiche
147
RICORDI Cesare Guasti Ubaldino Peruzzi
177
275 313
Carlo Belviglieri
Louisa Grace Bartolini Raffaello Mazzanti Cesare Federici Paolo Matteini
327
Carlo Poerio
351
Iscrizioni
333 343 347
355-388
Ricordanze Nazionali. Confronti e speranze (maggio 1887) Per Francesco Petrarca
389 391
Pel monumento a Vittorio Emanuele in Pisa (20 settembre 1892) 395 Pel terzo Centenario cattedratico di Galileo in Padova (dicembre 1892) 396 Per le Nozze d'argento del Re e della Regina d'Italia 399 .
PQ 4026 L8
Lungo, Isidoro del Pagine letterarie e ricordi
PLEASE
CARDS OR
DO NOT REMOVE
SLIPS
UNIVERSITY
FROM
THIS
OF TORONTO
POCKET
LIBRARY
K